Egitto, i Fratelli prendono tutto

L’Assemblea costituente egiziana, che dovrà lavorare alla nuova Carta fondamentale del Paese, continua a perdere pezzi. Dopo il ritiro dei membri appartenenti al fronte politico liberale, del rappresentante della Corte costituzionale e di quelli della moschea universitaria di al-Azhar, ieri è stata la volta della Chiesa copta, che ha deciso di ritirare i suoi delegati per protesta contro un organismo considerato troppo sbilanciato in favore dei Fratelli musulmani.

Nel comunicato del sinodo si invoca «una rappresentanza più equilibrata delle forze in Egitto, evitando che un’unica forza domini la riscrittura della Costituzione», che dovrebbe essere basata sull’intesa nazionale e «non sulla maggioranza parlamentare». L’Assemblea costituente, formata da 50 deputati delle due Camere del Parlamento e da 50 figure della società civile e delle istituzioni, è ora monocolore: riflette la maggioranza politica, formata dal partito Libertà e giustizia, che fa capo alla Fratellanza musulmana, e dai salafiti di al-Nur (La luce). Ora c’è attesa per la sentenza di un tribunale del Cairo sulla validità giuridica della Costituente, prevista per il 10 aprile.

La scorsa settimana, l’Assemblea ha eletto come proprio presidente il numero uno della Camera bassa del Parlamento, Saad el-Katatny, esponente di spicco di Libertà e giustizia. Il voto è avvenuto nonostante l’assenza di circa un quarto dei componenti.

Ad accrescere la tensione politica l’annuncio della Fratellanza musulmana di aver scelto il proprio vice presidente, Khairat al-Shater, come candidato alle elezioni presidenziali, in programma il 23 e 24 maggio. Finora la confraternita, uscita dalla clandestinità dopo le dimissioni del presidente Hosni Mubarak (11 febbraio 2011), ha sempre negato di voler correre per la presidenza. Ma da tempo la stampa liberale riferisce di un accordo fra giunta militare e islamisti per la spartizione del potere. Accettando la prestigiosa investitura, al-Shater si è dimesso dalla sua carica «per concentrarsi sulla campagna elettorale». Ora la confraternita è impegnata a chiarire la posizione di al-Shater di fronte alla legge: in prigione sotto Mubarak (dal 2007 al 2011) per aver contribuito all’organizzazione di milizie paramilitari, adesso il candidato sostiene di aver recuperato diritti civili e politici.

Intanto, fra i candidati già usciti allo scoperto, l’ex segretario generale della Lega araba, Amr Mussa, risulta in testa nei sondaggi del centro al-Ahram di studi politici e strategici del Cairo. La previsione di voto per Mussa è del 31,5%. Al secondo posto il predicatore salafita e avvocato Salah Abu Ismayl, al 22,7%. Al terzo posto l’ex premier Ahmed Shafiq, al quarto, con il 9,2%, Omar Suleiman, ex numero uno dei servizi segreti e braccio destro del raìs Hosni Mubarak. Seguono l’ex esponente dei Fratelli Musulmani, Abdel Muniam Abu al-Futuh, con l’8,3%, e al-Nasri Hamdin Sabahi (4,9%), ex deputato e presidente del partito al-Karama (La Dignità). Per il sondaggio, condotto tra il 25 e il 29 marzo scorso, sono state interpellate 1.200 persone di diverse aree egiziane prima della candidatura di al-Shater.

Federica Zoja da Avvenire

Iran, voglia di cristianesimo

Secondo un’organizzazione statunitense il fenomeno delle conversioni è diffuso soprattutto tra i giovani e riguarda le confessioni protestanti

MARCO TOSATTI da Vatican Insider

Nel Paese in mano agli Ayatollah, uno dei pochi al mondo in cui impera la teocrazia islamica, sembra che si stiano registrando conversionidalla fede del Profeta al cristianesimo con un ritmo che un’organizzazione specializzata americana, “Open Doors Usa”, giudica“esplosivo”.

A quanto sembra il fenomeno è particolarmente diffuso fra le giovani generazioni. Un elemento che ci viene confermato da sacerdoti e religiosi che viaggiano in Medio Oriente e nella penisola arabica, e vengono contattati, nelle zone “extraterritoriali” degli aeroporti, da giovani che vogliono porre loro domande ed entrare in contatto con religiosi cristiani. Di converso sembra anche che in misura minore stia avvenendo una rinascita di interesse per lo zoroastrismo; in opposizione all’islam, visto e vissuto soprattutto dai giovani come un elemento arabo, non nazionale né persiano.

Il fenomeno in Iran riguarderebbe soprattutto le confessioni protestanti non tradizionali; un movimento di “chiese domestiche” che avrebbe dato a vita a “molti raduni segreti”; il fenomeno sarebbe diffuso a livello nazionale, e toccherebbe soprattutto le grandi città. Inutile dire che la situazione incontra tutta la possibile opposizione da parte del regime. L’Iran fra l’altro è al quinto posto nella lista di “Open Doors” fra i cinquanta Paesi considerati i peggiori persecutori di cristiani.

“Gli operatori di Open Doors pensano che la crescita del cristianesimo sia collegata al fatto che gli iraniani si rendono conto del volto reale dell’islam come religione ufficiale del Paese, e con la crescente sfiducia della gente verso il governo e i leader, in seguito alle elezioni, truccate del 2009 da cui Mahmoud Ahmadinejad è stato confermato alla presidenza”, ha dichiarato un esponente di “Open Doors” che ha chiesto l’anonimato per ragioni di sicurezza.

Per Carl Moeller, presidente di “Open Doors” il fenomeno non è limitato solo all’Iran: in tutto il Medio oriente la chiesa “invisibile” sta crescendo. Invisibile perché il passaggio dall’islam al cristianesimo è pericoloso, se non impossibile, in quella regione. “Uomini e donne, a causa di una situazione spirituale in cui vivono, si rivolgono alla fede in Gesù Cristo nonostante i rischi mortali che corrono in questa scelta. E di questo si può dar credito solo allo Spirito Santo”. Quarant’anni fa in Iran vivevano circa 400 cristiani provenienti da un background islamico. Ora alcune fonti parlano di addirittura 370mila cristiani convertiti. Secondo il governo, in Iran vivono circa 200mila cristiani, membri delle Chiese ufficiali.

Una conferma indiretta che il fenomeno di passaggio da una fede all’altra deve avere un fondamento reale viene da alcune disposizioni recenti del governo. Solo qualche giorno fa la Chiesa anglicana armena di Teheran ha ricevuto l’ingiunzione di far cessare i suoi servizi religiosi del venerdì in lingua farsi. La chiesa Nader Shah avenue è una delle poche chiese ufficiali in Iran che ancora può disporre di un servizio in lingua locale e per i cristiani che parlano persiano.

“Farsi Christian News Network” (Fcnn) afferma che funzionari del Tribunale islamico hanno avvertito i responsabili anglicani che se continueranno a celebrare in farsi il venerdì, il giorno sacro ai musulmani, la loro chiesa verrà bombardata “come succede in Iraq tutti i giorni”. Fcnn aggiunge che altre due chiese, che svolgevano servizi religiosi in lingua locale, sono state costrette a rinunciare. Questo genere di attività è continuata per decenni senza nessun problema. Nello stesso modo sono state proibite le lezioni del sabato e la catechesi per i nuovi cristiani; anch’esse si erano svolte per decenni, senza nessuna limitazione ufficiale, da parte delle Assemblee di Dio nella capitale Teheran. Il ministero della Sicurezza dello Stato, da cui dipendono queste decisioni, non ha voluto commentare il cambiamento di politica.

Di conserva si è avuto un aumento della repressione nei confronti dei cristiani “non ufficiali” in tutto il Paese. Nelle scorse settimane si è avuta notizia di arresti ad Ahwaz, Shiraz, Esfahan e Kermanshah. Secondo “Mohabat” un sito cristiano specializzato nella difesa dei diritti religiosi, oltre ai cristiani non ufficiali anche Chiese riconosciute non sono state esenti da pressioni: “Anglicani, e pentecostali siriaci, e le Chiese presbiteriane hanno dovuto chiudere i servizi del venerdì. Di recente un leader anglicano in farsi  a Isfahan è stato arrestato. E sono state chiuse d’autorità chiese pentecostali siriache”.

Isfahan, la terza città del Paese, è da qualche settimana al centro di questa attività repressiva. Sette leader cristiani sono stati arrestati nelle loro case e materiale religioso, oltre ai computer e ad altri documenti, è stato oggetto di confisca. In un caso anche fotografie che ornavano un muro sono state portate via. Quello che è appare straordinario è che gli arrestati appartengono non solo a “chiese domestiche” da sempre nel mirino delle autorità, ma anche a Chiese ufficiali. Uno degli arrestati infatti è Hekmat Salimi, convertito di 30 anni, e pastore alla chiesa anglicana di San Paolo, autore di libri di teologia; è stata arrestata anche Giti Hakimpour, di 78 anni, una pastora alla chiesa anglicana di San Luca. Analisti vedono in questi arresti una tattica diretta a scoraggiare conversioni dall’islam.

Stragi islamiche in Europa. Così stiamo armando chi ci vuole eliminare

Stragi islamiche in Europa. Così stiamo armando chi ci vuole eliminare

Sveglia Europa! Siamo diventati terra di conquista degli integralisti, estremisti e terroristi islamici con cittadinanza europea non solo senza rendercene conto ma addirittura aiutandoli, giustificandoli e persino condividendo la loro diabolica strategia volta a ridurci ad adoratori del loro Allah! Ormai il nemico pubblico della nostra civiltà laica e liberale dalle radici giudaico-cristiane, l’aspirante carnefice di tutti noi che non crediamo nel Corano e in Maometto, non solo è radicato dentro la nostra casa comune con una rete incontenibile di moschee, scuole coraniche, enti finanziari ed assistenziali islamici, tribunali sharaitici, ma è formalmente dei nostri, cittadino europeo al pari di noi, anche se di fatto ci odia al punto da legittimare il nostro massacro.

Solo quando all’improvviso sopraggiunge un terremoto, quale l’attentato alla scuola ebraica di Tolosa il 19 marzo costato la vita a trebambini e a un giovane rabbino, siamo costretti a uscire dal torpore ideologico del relativismo, buonismo e islamicamente corretto. Il trauma è ancor più dirompente quando si scopre che l’attentatore è anche lui un giovane francese che, prima ha subito un lavaggio di cervello nelle moschee locali, poi ha completato la sua formazione di terrorista islamico in Afghanistan e in Pakistan, infine ha consumato la follia omicida nei confronti degli ebrei che, al pari dei cristiani, degli infedeli e degli apostati, devono essere sterminati quali nemici dell’islam.

Così come non può non sconcertare l’attentato contro la moschea sciita a Bruxelles lo scorso 12 marzo, andata distrutta dalle fiamme, costato la vita all’imam, situata nel quartiere di Anderlecht a maggioranza islamica. Bruxelles, considerata la capitale dell’Unione Europea che ha elevato l’euro al dio supremo, è l’emblema della conquista islamica avendo ormai una popolazione che tra il 20 e il 25% è musulmana. Finora gli attentati contro le moschee sciite da parte di terroristi sunniti, anche suicidi, si verificano in Iraq, Afghanistan e Pakistan. Ebbene ora accade anche a Bruxelles!

Sempre dal Belgio era partita per Amsterdam lo scorso 7 dicembre una spedizione punitiva di un commando di Sharia4Belgium che fece irruzione in un convegno patrocinato dalla European Foundation for Democracy, con la presenza della scrittrice Irshad Manji e del deputato olandese Tofik Dibi, entrambi musulmani moderati, accusati pubblicamente di apostasia che si traduce nella loro condanna a morte. Nel loro sito Sharia4Belgium ha profetizzato la sottomissione dell’Europa all’islam:
“Così come in passato i musulmani hanno salvato l’Europa dalle tenebre, ora noi vogliamo fare parimenti. Ora abbiamo la giusta soluzione per tutte le crisi e questa è l’osservanza della legge divina, la sharia. Vogliamo che venga introdotta la sharia in Belgio. Invitiamo quindi la famiglia reale, il parlamento, l’aristocrazia e ogni residente in Belgio a sottomettersi alla luce dell’islam. Salvate voi e i vostri figli dal doloroso castigo dell’aldilà e garantitevi la vita eterna in paradiso”.

Ugualmente ha avuto vita brevissima la notizia dell’arresto a Brescia il 15 marzo di un giovane ventenne marocchino che risiede nel nostro Paese dall’età di sei anni, arrestato perché coinvolto in attività di addestramento all’uso di armi e di esplosivi per finalità di terrorismo attraverso Facebook. Il ministro dell’Interno Cancellieri si è affrettata a rassicurare che nulla è cambiato sul piano della sicurezza.

La verità è che tutto è cambiato in quest’Europa cieca, vile, irresponsabile e connivente con i carnefici islamici. Dopo aver favorito l’avvento al potere di regimi estremisti islamici dal Marocco allo Yemen, ora stiamo collaborando con i Fratelli Musulmani e con Al Qaeda per scalzare la dittatura laica di Assad abbandonando due milioni e mezzo di cristiani siriani che finiranno o per sottomettersi alla futura tirannia islamica o ad abbandonare la loro terra. Non solo foraggiamo il nemico alle porte di casa nostra, ma ci odiamo a tal punto da sostenerlo anche dentro casa nostra. Sveglia Europa! Liberiamoci dal relativismo, dal buonismo e dall’islamicamente coretto prima di ritrovarci sudditi dei fanatici di Allah dentro casa nostra!

Magdi Cristiano Allam

“Tutte le chiese della penisola araba vanno distrutte”

E’ la dichiarazione-shock del Gran muftì, massima autorità religiosa dell’Arabia Saudita, in risposta a una ong kuwaitiana

MAURO PIANTA da Vatican Insider

Le chiese nella penisola araba? Vanno distrutte. Tutte. Parola del Gran muftì, Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah, massima autorità dell’Arabia Saudita, che si è espresso in questi termini rispondendo a un’organizzazione non governativa kuwaitiana, la Society of the Revival of Islamic Heritage.

La delegazione, come riferisce l’agenzia missionaria AsiaNews, voleva un chiarimento – sulla base della legge islamica – a proposito della proposta avanzata da un parlamentare del Kuwait, proposta tesa a vietare la costruzione di nuove chiese nel Paese. Ipotesi respinta dal Parlamento.

La risposta del Gran muftì, che è anche a capo del saudita Supreme Council of Islamic Scholars, il Consiglio supremo degli studiosi islamici, ha chiamato in causa Maometto secondo il quale la Penisola arabica deve vivere sotto una sola religione. Conclusione del Gran muftì: distruggiamo le chiese presenti sul territorio.

La risposta della massima autorità religiosa dell’Arabia saudita – dove non esiste alcuna chiesa, malgrado ci siano almeno un milione di cristiani – ha superato la stessa proposta del parlamentare kuwaitiano, Osama al-Munawar, per il quale le chiese esistenti potevano restare, ma andava vietata la costruzione di nuovi edifici di religioni diverse da quella musulmana.

L’affermazione del Gran muftì saudita è stata accolta con preoccupazione dai cristiani che vivono nei Paesi arabi e ha suscitato reazioni nei media del Medio Oriente. Nella vecchia Europa, invece, è stata praticamente ignorata. Un omaggio al galateo dell’ecumenismo?

Per i divorzi rapidi andate in Iran

di Marcello Veneziani
Tratto da Il Giornale

Corrado Augias auspicava ieri il divorzio veloce, segno di progresso. Io vorrei ricordare che il divorzio più breve vige nel Paese più antimoderno, l’Iran.

Là è possibile sposarsi e separarsi nell’arco di una giornata davanti al mullah; anzi è possibile chiudere con le persiane nel giro di un’ora. In Iran puoi sposarti in due modi: uno classico, col divorzio come facoltà esclusiva del maschio, a cui affidano i figli oltre i due anni. Divorzio facile e nozze ripetute fino a tre volte con la stessa sposa, perché all’adulterio gli iraniani preferiscono il ripudio, con riassunzione della moglie a tresca finita. Ma in Iran puoi sposarti a orologeria, da un’ora a 99 anni.

L’uomo può sposarsi nel contempo con più donne in virtù della poligamia; la donna no, uno alla volta per carità. Il matrimonio a tempo serve per testare la vita coniugale o per farsi un week end in coppia ed essere accettati in albergo; anche un flirt dev’essere ratificato dall’autorità religiosa. Infine le nozze con disco orario servono a legalizzare la prostituzione e garantire i suoi utenti. Una donna di piacere deve passare dal visto religioso del mullah e non dal pappone. Si prostituisce, ma col chador.

La donna iraniana in pubblico è castigata ma in casa usa ardite lingerie. Anche l’eros è sotto regime teocratico. Nel contratto nuziale devi indicare la durata e cosa dai in cambio. Anche pegni simbolici: libri di poesie, fasci di rose. Un’ora sola ti vorrei. Pensavate di trovare l’America dei divorzi rapidi e invece sbarcate nell’Iran degli ayatollah.

Attacchi alle chiese e rappresaglia: 16 morti in Nigeria

Tratto da Il Giornale

Jos (Nigeria) Prima l’autobomba lanciata contro la chiesa che ha provocato sei morti fra i fedeli. Subito dopo la rappresaglia con un bilancio di 10 persone uccise.

Cresce la tensione in Nigeria tra cristiani e musulmani dopo l’ennesimo attacco contro una chiesa avvenuta ieri mattina nella città di Jos, nel centro del Paese, già teatro di un altro attentato il 26 febbraio scorso, sempre contro una chiesa, che ha provocato tre morti.

In base a una prima ricostruzione, un attentatore suicida ha fatto esplodere la propria auto nei pressi della chiesa di Saint Finber, nel distretto di Rayfield, alla periferia di Jos. Quattro i morti, compreso il kamikaze, e diversi i feriti, anche se il numero non è stato ancora confermato, molti in condizioni gravi. Alcuni testimoni hanno invece parlato di otto persone morte di cui tre uccise dai soldati che hanno aperto il fuoco per disperdere la folla dopo l’esplosione. Poco dopo l’attacco suicida, è giunta la rappresaglia da parte di giovani cristiani che hanno ucciso più di dieci persone. «La situazione è grave», ha detto il funzionario della Sanità di Jos, Sati Dakwat. «Diverse persone sono rimaste uccise negli attacchi di rappresaglia, più di dieci».

Jos e le città vicine sono una delle zone più instabili della Nigeria. Migliaia di persone sono state uccise negli ultimi anni in scontri tra etnie cristiane e musulmane. Gli attacchi sono in aumento nel centro della Nigeria, zona a maggioranza musulmana, e nel sud, dove si trova il petrolio e a dominanza cristiana. I fondamentalisti islamici dei Boko Haram hanno rivendicato una serie di attentati mortali negli ultimi mesi, soprattutto nel nord della Nigeria. Il gruppo ha già preso di mira i cristiani in diverse occasioni: l’attacco più grave è quello avvenuto il giorno di Natale quando un’autobomba è esplosa in una chiesa di Abuja provocando 44 morti. I Boko Haram rivendicarono la strage minacciandone altre.