Nè femminista nè sinodista, ma vera focolarina

Maria Voce mostra che “la scommessa di Emmaus” è vinta

di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 24 settembre 2012 (ZENIT.org).– Nessuno neanche lei, aveva immaginato di essere eletta. Fuori del Movimento dei Focolari era sconosciuta. All’interno del Movimento non era nel gruppo delle fondatrici. Eppure, il 7 luglio del 2008, a quattro mesi dalla dipartita in cielo di Chiara Lubich, carismatica fondatrice del Movimento dei Focolari, 496 delegati provenienti da tutto il mondo hanno eletto Presidente Mondiale Maria Voce.

Una donna tanto schiva quanto forte e determinata. Settantuno anni quando è stata eletta, nata a Aiello Calabro, prima donna avvocato nella Calabria, focolarina dal 1959, responsabile del movimento in Turchia per sei anni, aiutante della Lubich per la revisione degli Statuti, conosciuta tra i focolarini con il nome di “Emmaus”.

Nel libro “La scommessa di Emmaus”, scritto da Paolo Loriga e Michele Zanzucchi, edito da “Città Nuova” e presentato ieri 22 settembre nella cittadella di Loppiano, la Voce ha raccontato che non gli passava minimamente per la mente che sarebbe stata candidata a proseguire il carisma della Lubich.

“Quando le preferenze hanno cominciato a coagularsi intorno al mio nome – ha raccontato – ho sentito il pericolo di venire eletta”.

Con il movimento in una situazione di sgomento per la perdita del leader carismatico, la Voce, che è di spirito ottimista e non è solita avere paura, si è ritirata nella cappella ed ha detto a Dio “eccomi io sono pronta”.

Appena si comincia a parlare con Maria Voce ci si rende subito conto di trovarsi di fronte una donna forte nella fede. Racconta nel libro che suo padre pur di averla a casa non pensava di farla andare fuori dal paese a studiare. Ad Ajello Calabro non c’erano insegnanti, ma La Voce studio a casa il Ginnasio e superò gli esami da privatista.

La Voce mostra anche una grande libertà nel comprendere il carisma che Dio offre distinguendolo dalle persone che lo diffondono. Ha conosciuto il Movimento dei Focolari in un modo semplice su invito dei suoi amici universitari. Voleva sposarsi e avere dei figli. Ha resistito all’idea di entrare nel Movimento dei Focolari. Non era particolarmente attirata dalla Chiara Lubich.

Ha scritto nel libro “La scommessa di Emmaus”: “io non sono andata dietro a Chiara, anche se so di esserne l’erede come Presidente nel movimento. Io sono andata dietro a Dio, dietro a Gesù in mezzo nel Movimento, quello che Chiara ha ispirato e provocato”.

Ed ancora: “Non sono Presidente perché Chiara mi ha designato, ma perché è volontà di Dio. Lui ha dato a Chiara il dono dell’unità per me e per tutti gli altri, e seguo lui”.

Maria Voce è certa che la sua elezione segna una fase nuova del Movimento, una discontinuità che necessita dell’incarnazione e dell’istituzionalizzazione del carisma.

Secondo la Presidente dei Focolari bisogna “iniziare e dare maggiore concretezza a quello che Chiara ci ha indicato nella sua visione profetica (…) per portare avanti l’Opera verso quegli orizzonti che ancora sono inesplorati e che scopriremo insieme”.

In un incontro che si è svolto ieri a Loppiano, la Voce è stata intervistata da Lucetta Scaraffia, editorialista de l’Osservatore Romano, e Marco Politi vaticanista de “il Fatto”.

Lucetta Scaraffia ha invitato la Voce ad appoggiare certe sua posizioni in merito alla necessità di una maggiore e più autorevole presenza delle donne nella Società e nella Chiesa.

Nella Chiesa in particolare, la Scaraffia, vedrebbe bene una presenza di una donna cardinale che partecipa ad un prossimo conclave.

La presidente dei Focolari, ha spiegato che il “genio femminile” è autorevole ma non necessariamente ha bisogno di ricoprire posti di potere formale.

A questo proposito ha parlaton della Vergine Maria e la sua presenza nella Chiesa: “una presenza che è il massimo dell’amore, ma Maria è anche Regina, quindi con una potestà e con un’autorità che nella Chiesa primitiva faceva raccogliere gli altri intorno a sé. Non era lei che comandava, ma era lei che conteneva; e conteneva tutti, compresi gli Apostoli, compreso Pietro”.

Marco Politi, ha chiesto alla Voce di sostenere la proposta del Cardinale Martini di organizzare una sorta di terzo Concilio Vaticano III, che a suo giudizio potrebbe risolvere molti problemi della Chiesa.

Maria Voce ha precisato che prima di pensare ad un Concilio Vaticano III, “abbiamo ancora tanto da vivere e realizzare dello straordinario patrimonio del Concilio Vaticano II “.

Per la presidente dei Focolari “la questione non è tanto riunire nuovamente tutti i Vescovi a Roma (…) piuttosto quello che serve è un lavoro più a livello di conferenze episcopali. di sinodi locali, per dare compimento effettivo all’opera di recezione del Concilio Vaticano II”.

La Scaraffia e Politi hanno cercato di muovere la Presidente del movimento dei Focolari su posizioni diverse, ma lei, pur con garbo e gentilezza, ha mostrato il tutta la sua libertà e originalità, la grandezza di una donna che non ha timori.

Ha detto ad un certo punto, “non bisogna avere paura perché è Dio che fa la storia”.

Sentiremo parlare della Presidente del Movimento dei Focolari perché è “donna di Dio”.

Udienza speciale del Rinnovento nello Spirito

Il Santo Padre riceverà il movimento il 26 maggio, in occasione del suo 40° anniversario

CITTA’ DEL VATCANO, martedì, 22 maggio 2012 (ZENIT.org) – Il Santo Padre Benedetto XVI concederà un’Udienza Speciale al Rinnovamento nello Spirito Santo, in occasione del 40° anniversario della nascita del Movimento in Italia. Un regalo straordinario per il popolo del Rinnovamento che il giorno di Vigilia di Pentecoste, sabato 26 maggio p.v., si riunirà in Piazza San Pietro per essere ricevuto dal Pontefice.

Migliaia di pellegrini provenienti da tutta Italia affluiranno in Piazza San Pietro per l’appuntamento più importante di quest’anno “giubilare”, rinverdendo con questo gesto i precedenti incontri con i Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II. Alle 09.00 un momento di preghiera, di canto e di testimonianze, curato dal Comitato Nazionale e dal Servizio Nazionale della Musica e del Canto del RnS, segnerà l’inizio del grande raduno.

Alle ore 10.00, nel segno della comunione con tutte le Chiese dove il RnS è presente e operante, si svolgerà la Concelebrazione Eucaristica presieduta dal card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Al termine della S. Messa, il Santo Padre arriverà nella Piazza e incontrerà i fedeli che ascolteranno le parole di indirizzo al Rinnovamento. A nome di tutti gli aderenti, il presidente nazionale Salvatore Martinez porgerà al Papa un saluto di ringraziamento.

In questa speciale occasione, Benedetto XVI ha voluto riservare un altro dono al Rinnovamento: l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni, a tutti coloro che parteciperanno all’Udienza in Piazza San Pietro.

Con queste parole Salvatore Martinez invita all’evento straordinario del 26 maggio: «Si prepara una grande festa. Non vorremmo che mancasse nessuno dei nostri amici, dei nostri familiari, di quanti simpatizzano con la nostra esperienza o vorrebbero provare ad accostarla. Saremo lieti di accogliere tutti e insieme, ad una sola voce, ringraziare il Papa per questo speciale dono che ci concede. Non ci siamo stancati di gridare al mondo le meraviglie della Pentecoste.

In questi primi quaranta anni abbiamo iniziato a sentire il gusto della vita nuova nello Spirito ed esperimentato una gioia di vivere nuova che vogliamo condividere con tutti. Noi crediamo ancora, più di ieri, nelle sorprese dello Spirito e ci attendiamo che questo incontro con il Successore di Pietro, nell’Anno della Fede e del Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, segni un nuovo slancio testimoniale, un nuovo inizio nella nostra storia. Desideriamo che l’espressione «rinnovamento» non rimanga un ideale astratto da perseguire, ma un cammino, una prassi già in atto da condividere».

Il RnS è un Movimento ecclesiale che in Italia conta più di 200 mila aderenti, raggruppati in oltre 1.900 gruppi e comunità.

Ulteriori informazioni su www.rns-italia.it.

Per gli accreditamenti rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (av@pccs.va) oppure all’Ufficio Stampa del RnS che provvederà a inoltrare le richieste al Pontificio Consiglio.

Ufficio Stampa RnS: Via degli Olmi, 62 – 00172 Roma – cell. 3349974314

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Il Cardinale Sepe con 30.000 giovani neocatecumenali

Il Cardinale Sepe con 30.000 giovani neocatecumenali

Oltre 30.000 giovani del Cammino Neocatecumenale riuniti, domenica 20 maggio 2012, in Piazza del Plebiscito per un incontro con gli Iniziatori del Cammino, sotto la presidenza del Card. Crescenzio Sepe e con la partecipazione di altri Presuli. I giovani provengono da tutto il Centro-Sud Italia, con rappresentanze da altri Paesi dell’Europa (Croazia, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Albania e Malta)

Quasi 500 autobus porteranno a Napoli tanti giovani del Centro-Sud Italia e ad essi si uniranno i giovani e i fratelli delle Comunità Neocatecumenali della Campania – per un totale di oltre 30.000 persone – per un incontro particolare: testimoniare la propria fede oggi, davanti ad un mondo sempre più scettico e sempre più senza speranza, in un momento anche politicamente ed economicamente tanto difficile.
Gli Iniziatori del Cammino Neocatecumenale, gli spagnoli Kiko (Francisco) Argüello e Carmen Hernández, accompagnati dal presbitero italiano D. Mario Pezzi, animeranno l’incontro, sotto la presidenza del Card. Crescenzio Sepe. E’ un evento squisitamente religioso, fatto di canti, di ascolto della Parola di Dio, dell’annuncio della Buona Notizia del Vangelo, fatto da Kiko e dalla predicazione del Card. Sepe.
All’interno di esso Kiko farà una chiamata vocazionale: metterà cioè i giovani davanti al mistero dell’amore di Dio, che li ha voluti, che li ha creati, tutti, uno ad uno, con una vocazione e una missione, illuminata dal mistero della Pasqua di Cristo, della sua morte e risurrezione, che li ha strappati dal vivere solo per sé, chiusi egoisticamente in se stessi, per dare la propria vita a Cristo. Chiederà se tra i presenti ci sono alcuni che si sentono chiamati a dare la loro vita a Cristo ed essere formati come presbiteri, a servizio della Chiesa; se ci sono ragazze che si sentono di offrire la propria vita consacrandola a Dio, nella vita religiosa.
L’incontro di questi 30.000 giovani a P.za del Plebiscito è il frutto di un lavoro pastorale che va nella direzione giusta: il Cammino Neocatecumenale ha sostenuto e sostiene la famiglia all’interno di una comunità cristiana che riscopre la propria fede, e la famiglia risponde a questo dono e a questa bellezza della fede, aprendosi alla vita con coraggio e l’apertura alla vita salva la Chiesa e la società di oggi.
La presenza di tanti giovani provenienti da diversi paesi dell’Europa, accolti in un luogo così significativo come Piazza del Plebiscito, davanti ad un’Europa che invecchia e perde i suoi valori è un grido di speranza: Cristo dà senso, senso vero, pieno alla vita dell’uomo e questo senso, questi uomini nuovi costruiscono una società nuova, che guarda avanti con fiducia.
Il Cammino, nato in Spagna nel 1964, si è esteso in oltre 100 paesi dei cinque continenti, e conta oltre 20.000 comunità in circa 800 Diocesi. Alla Giornata Mondiale di Madrid lo scorso anno ha portato 300.000 giovani e alla chiamata vocazionale, seguita al’incontro con il Santo Padre, si sono alzati 5.000 giovani e 3.500 ragazze.

Il Cammino Neocatecumenale in Campania

I 30.000 giovani, che animeranno il pomeriggio di domenica 20 maggio, fanno tutti parte di comunità neocatecumenali dove, in un cammino di iniziazione cristiana, stanno scoprendo tutta la bellezza e la ricchezza del proprio battesimo, della propria fede cristiana, tutta la gioia di sentirsi figli di Dio oggi.
Il Cammino Neocatecumenale, iniziato in Campania nel 1974, è presente in Campania in quasi 200 parrocchie, con oltre 650 comunità (40 parrocchie e 200 comunità nella Diocesi di Napoli). E’ stato riconosciuto dalla Chiesa come “un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e i tempi odierni” (Giovanni Paolo II), ed è una “modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede”, come afferma lo Statuto del Cammino, approvato definitivamente dalla Santa Sede nel 2008. Anche i suoi contenuti catechetici hanno ottenuto, dopo accurato studio, l’approvazione della Santa Sede nel dicembre del 2010 e a fine dicembre dello scorso anno il Papa Benedetto XVI ne ha approvato la prassi liturgica che accompagna i vari passaggi e le vari tappe.
Nelle Parrocchie che accolgono questa modalità di iniziazione cristiana si formano delle comunità che danno inizio ad un processo di maturazione della propria fede cristiana, rivivendo tappa dopo tappa il proprio battesimo, così come faceva la Chiesa primitiva.
Queste comunità non sono dei gruppi “in più” nella Parrocchia. Sono una risposta al processo di secolarizzazione in atto oggi nel mondo. Il Beato Giovanni Paolo II lo ha detto espressamente: “In una società secolarizzata come la nostra, dove dilaga l’indifferenza religiosa e molte persone vivono come se Dio non ci fosse, sono in tanti ad avere bisogno di una nuova scoperta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, specialmente di quello del battesimo. Il Cammino è senz’altro una delle risposte provvidenziali a questa urgente necessità”.
L’attenzione catechetica posta sulla famiglia cristiana e sulla trasmissione della fede ai figli ha fatto sì che le famiglie del Cammino siano numerose e che i figli, in una percentuale altissima, restano fedeli al loro battesimo, inserendosi in altre comunità neocatecumenali per il loro cammino di fede.
Da questa iniziazione cristiana profonda che coinvolge tutta la vita, che conduce ognuno a porre gradualmente la propria vita sotto la lampada della Parola di Dio, tanti matrimoni sono ricostruiti dal perdono e dalla misericordia del Signore.
La gratitudine che nasce da questo amore di Dio, sperimentato nella grazia della comunità cristiana e dei sacramenti, mette in movimento la famiglia: nasce la disponibilità di tante coppie alla missione, l’amore alla vita, la gioia di avere figli presbiteri: e dalla famiglia parte la prima opera vocazionale che sbocca in queste chiamate.
Nei suoi 40 anni di vita, il Cammino ha già aiutato 86 Diocesi ad aprire un Seminario Diocesano Missionario, dove sino ad oggi sono stati ordinati oltre 1.500 sacerdoti e dove altri 2.000 giovani si stanno formando.
Insieme all’opera vocazionale, le famiglie sono state coinvolte direttamente nella missione, come “famiglie in missione” e come “missio ad gentes”: nuclei familiari (3/4, con numerosi figli) si inseriscono in zone scristianizzate, dove i segni cristiani non sono più presenti o sono rifiutati, costituendo una comunità cristiana, una chiesa viva che dà i segni della fede, mediante l’amore: “Amatevi come io vi ho amato, in questo segno vi riconosceranno come miei discepoli”, e l’unità: “Padre, che siano perfettamente uno come tu ed io siamo uno perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.
E’ il contributo che il Cammino sta dando direttamente alla nuova evangelizzazione. Le Parrocchie che accolgono il Cammino e che lo fanno secondo le indicazioni volute dalla Santa Sede ed approvate nello Statuto, senza decurtazioni o interpretazioni personali, hanno in esso uno strumento prezioso, certamente non l’unico, per ravvivarle e renderle veri centri di fede, vere sorgenti di vocazioni. La Parrocchia, perché il Cammino “è una modalità diocesana di iniziazione cristiana”, ha qui un “dono di Dio per la sua Chiesa” (Benedetto XVI) per rianimare la missione della Chiesa.

da http://www.julienews.it

TRENTA RABBINI A NEW YORK AD ASCOLTARE LA SINFONIA DI KIKO ARGÜELLO

Grande successo al Lincoln Center per l’esibizione del Coro e l’Orchestra del Cammino Neocatecumenale ne “La Sofferenza degli Innocenti”

di Álvaro de Juana

NEW YORK, domenica, 13 maggio 2012 (ZENIT.org) – Il prestigioso auditorium Avery Fisher Hall di New York, ha visto, lo scorso 8 maggio, l’Orchestra e il Coro del Cammino Neocatecumenale esibirsi nella Sinfonia che vuole rendere omaggio alle vittime della Shoah, l’Olocausto degli ebrei.

A Symphonic Homage Prayer: Una Preghiera Sinfonica di Omaggio” è, infatti, il titolo di questa celebrazione in cui la Parola di Dio si è intrecciata con la  musica, attraverso la lettura del profeta Ezechiele, del Vangelo di Luca e il sottofondo della Sinfonia “La sofferenza degli innocenti“.

L’opera è stata eseguita davanti a 3.000 persone, la maggior parte ebrei, tra cui più di 30 rabbini e circa dodici vescovi e autorità civili. Nel pubblico, inoltre, si contava la presenza di numerosi sopravvissuti all’Olocausto e delle loro famiglie.

“La sofferenza degli innocenti” è stata composta da Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale, ed è stata eseguita da un coro e un’orchestra di 180 professionisti, provenienti da questa realtà ecclesiale.

La composizione musicale è nata davanti “alla realtà di scandalo di tanti innocenti che oggi portano i peccati degli altri”, ha dichiarato Kiko a ZENIT ed è stata creata, “tenendo come punto di riferimento la profezia di Simeone alla Vergine: Una spada le avrebbe trafitto l’anima nel vedere la morte di suo Figlio sulla croce”.

Questa celebrazione Sinfonico-Catechetica è una delle nuove iniziative del Cammino Neocatecumenale che ha come obiettivo costruire ponti con il popolo ebraico, dal momento che molti ebrei, per loro stessa affermazione, si sono sentiti identificati con la musica e il messaggio che essa veicola.

Dopo aver fatto tappa in diversi luoghi di tutto il mondo – Madrid, Parigi, Galilea, Betlemme e Gerusalemme – la Celebrazione ha, quindi, raggiunto con successo anche alcune importanti città degli Stati Uniti.

La celebrazione dell’Avery Fisher Hall è iniziata con due dei più importanti rabbini della città di New York: il rabbino Greenberg e Rabbi Rosenbaum, che hanno offerto un saluto e guidato un momento di preghiera.

Subito dopo, Kiko Argüello è stato presentato a tutti da David Rosen, rabbino e direttore dell’American Jewish Committee, assessore per gli Affari interreligiosi del Gran Rabbinato di Gerusalemme e responsabile per le relazioni con la Santa Sede.

Prima dell’esibizione dell’Orchestra Sinfonica, Kiko ha spiegato l’origine della Sinfonia e l’importanza della sofferenza degli innocenti nella propria vita spirituale. L’iniziatore del Cammino ha raccontato, infatti, quando da giovane andò a vivere tra i “poveri più poveri” delle barracche di Palomeras Alta a Madrid, dove, tra l’altro, nacque la realtà ecclesiale del Cammino Neocatecumenale, ai tempi del Concilio Vaticano II.

L’evento è proseguito poi con le parole del rabbino Rosen, che ha confermato, ancora una volta, “il riconoscimento che il popolo ebraico trova nel Cammino Neocatecumenale per la riconciliazione e l’amicizia con la Chiesa”.

Uno dei momenti più emozionanti della serata è stato l’esecuzione dell’Orchestra e del Coro della preghiera dello Shema Israel, che tutti i partecipanti, di cui molti in lacrime, hanno accompagnato con il canto. La celebrazione si è conclusa ancora con il canto di un prestigioso coro ebreo e con la preghiera in memoria delle vittime dell’Olocausto.

In tutto questo tempo, il Cammino Neocatecumenale ha ricevuto numerose manifestazioni di affetto e di sostegno per questa iniziativa a New York e nelle altre città degli Stati Uniti che ha toccato, come Boston o Chicago. Molte di queste provengono da rabbini e dagli stessi ebrei che vedono come questo possa essere un supporto importante e un passo avanti delle relazioni tra il popolo ebraico e la Chiesa cattolica.

[Traduzione a cura di Salvatore Cernuzio]

Lunedì della VI settimana del Tempo di Pasqua

Dal Vangelo secondo Giovanni 15,26-27.16,1-4.
Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato. Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.
IL COMMENTO di don Antonello Iapicca

Vi è una religiosità che non può accettare l’annuncio del Vangelo. Una forma di intendere e vivere la religione che non ha mai conosciuto Dio e il suo Figlio Gesù Cristo. E uccide il Signore, e crede così di rendere culto a Dio. E’ fin troppo facile pensare all’Islam e all’Induismo nelle loro versioni più violente. Ma Gesù non parla di questi. Gesù parla di sinagoghe, e quindi di rabbini, e quindi dei suoi fratelli. Non era prevista, in quel momento, alcuna fondazione di una nuova religione. Si tratta di qualcosa di molto serio, angosciante, scandalizzante.
San Paolo scrive nel capitolo 8 della Lettera ai Romani che “chi non ha lo Spirito di Cristo non gli appartiene”. Esiste dunque un solo Spirito, ed è quello del Padre e del Figlio, e solo colui che lo ha ricevuto appartiene a Cristo, ed in Lui, al Padre. Non conta essere circonciso ed appartenere al Popolo eletto. Lo ha ripetuto anche Gesù, e lo avevano annunciato molte volte i profeti. Non basta essere battezzato. Appartenere a qualcuno implica la sua conoscenza, che, secondo la Scrittura, significa una rapporto esistenziale profondo; il “conoscere” nella Bibbia è il verbo che descrive l’amore sponsale: una conoscenza che coinvolge l’intero essere. Lo Spirito Santo Consolatore inviato da Cristo dischiude la soglia di questa conoscenza e rivela così la Verità: uno Spirito, una Verità. Conoscere la Verità è essere ricolmi dello Spirito Santo Consolatore, permanere nell’intimità divina. E’ questa la Verità fondamentale, un’esperienza esistenziale, una conoscenza da cui sgorgano, naturalmente, una visione delle cose, un discernimento e un agire conseguenti.
Chi non ha lo Spirito di Cristo non lo conosce e quindi non conosce neanche il Padre. Anche se profondamente religioso, anche se teologo o impegnato come nessun altro nel sociale. Anche se anima le messe parrocchiali e fa catechismo ai bambini. Anche se scrive cose ragionevoli sui giornali, le più ragionevoli. Anche se è onesto, e paga le tasse, e rispetta il codice della strada. Anche se è fedele a sua moglie e dialoga con i suoi figli. Conoscere il Padre ed il Figlio implica qualcosa di diverso e di più: aver ricevuto dall’alto lo Spirito Consolatore e vivere nella Verità, la più assurda, quella sulla quale tutti inciampano e si scandalizzano. La Croce Gloriosa del Signore. La sua cruda realtà. La Verità è l’amore rivelato in Cristo crocifisso. Chi dimora in Lui, chi lo conosce, chi ha il suo Spirito, vive crocifisso, sempre.
Solo chi è stato con Cristo sin dal principio, solo chi lo ha conosciuto nel suo intimo – il principio che fonda la sua natura – può riconoscere la Verità della Croce; solo chi è stato ferito dalla spada dello Spirito, dalla Parola di Dio penetrata in lui sino “al punto di divisione dell’anima e dello spirito, nelle giunture e nelle midolla”, solo chi ha accolto, per pura Grazia, l’annuncio del Vangelo e da esso si è lasciato giudicare e amare, solo chi ha sigillata la Verità nel proprio spirito può vivere crocifisso. Si tratta infatti di una sapienza che il mondo non può conoscere, è scandalo per i religiosi e stoltezza per gli atei e pagani. La sapienza della Croce è il dono dello Spirito Consolatore che testimonia allo spirito di chi appartiene a Cristo, la sua adozione a figlio, l’amore di Dio che si rivela sulla Croce, come un diamante incastonato nella roccia.
La croce è l’amore al nemico, la Parola che Gesù ha annunciato nel Discorso della montagna: essa invita a non resistere al male, a lasciarsi defraudare sul lavoro, a non opporsi all’ingiustizia, a non difendere il proprio onore, a non rifiutare il disprezzo, ad occupare l’ultimo posto. La Croce è la vita di Cristo, e chi gli appartiene vive con Lui crocifisso, come un morto in questo mondo, e la sua vita è nascosta con il Signore in Dio. Chi è di Cristo conosce intimamente la Verità della Croce, il segreto di un’intimità che ogni istante vince la morte, che fa vivere ogni situazione, anche le più terribili, dolorose e fallimentari, come un passo al Cielo. Chi appartiene a Cristo ripete nel suo intimo l’Abbà, Papà pieno di confidenza sgorgato all’apice dell’angoscia del Getsemani.
Ciascuno di noi è stato scelto per appartenere a Cristo e vivere la sua vita, che non è più quella della carne: “Lo Spirito Santo, che è Dio insieme col Padre e col Figlio, ci libera dal peccato e dalla morte, e da terreni che siamo, cioè fatti di polvere e terra, ci rende spirituali, ci permette di partecipare alla gloria, divina, di essere figli ed eredi di Dio Padre, di renderci conformi all’immagine del Figlio suo, suoi fratelli e coeredi. Invece della terra ci dà generosamente il cielo e il paradiso” (Didimo di Alessandria,Trattato «Sulla Trinità»). Lo Spirito Santo, che ha spinto Gesù nel deserto, è Colui che ha condotto la sua natura umana a compiere la volontà del Padre, custodendo in essa l’intimità con Lui; è in questa volontà paterna che risiede la Verità, ed essa prevedeva la Croce. Si tratta dunque di una conoscenza reale, esistenziale che si realizza sull’aspro terreno del Giardino degli Ulivi, il crinale decisivo, la soglia fondamentale che Gesù ha attraversato con la sua carne, introducendola nell’obbedienza alla volontà di Dio, diversa e in antitesi a quella umana, pienezza dell’intimità di amore con suo Padre. Conoscere il Padre e conoscere Cristo è dunque ricevere e accogliere lo stesso Spirito che ha guidato Gesù nel Getsemani, l’abbandono totale alla volontà di Dio in ogni circostanza, per salire e non scendere dalla Croce che essa ha preparato per noi.
““Non la mia volontà, ma la tua sia realizzata”. Che cos’è questa mia volontà, che cos’è questa tuavolontà, di cui parla il Signore? La mia volontà è “che non dovrebbe morire”, che gli sia risparmiato questo calice della sofferenza: è la volontà umana, della natura umana, e Cristo sente, con tutta la consapevolezza del suo essere, la vita, l’abisso della morte, il terrore del nulla, questa minaccia della sofferenza. E Lui più di noi, che abbiamo questa naturale avversione contro la morte, questa paura naturale della morte, ancora più di noi, sente l’abisso del male… E possiamo capire come Gesù, con la sua anima umana, sia terrorizzato davanti a questa realtà, che percepisce in tutta la sua crudeltà: la mia volontà sarebbe non bere il calice, ma la mia volontà è subordinata alla tua volontà, alla volontà di Dio, alla volontà del Padre, che è anche la vera volontà del Figlio. E così Gesù trasforma, in questa preghiera, l’avversione naturale, l’avversione contro il calice, contro la sua missione di morire per noi;trasforma questa sua volontà naturale in volontà di Dio, in un “sì” alla volontà di Dio. L’uomo di per sé è tentato di opporsi alla volontà di Dio, di avere l’intenzione di seguire la propria volontà, di sentirsi libero solo se è autonomo; oppone la propria autonomia contro l’eteronomia di seguire la volontà di Dio. Questo è tutto il dramma dell’umanità. Ma in verità questa autonomia è sbagliata e questo entrare nella volontà di Dio non è un’opposizione a sé, non è una schiavitù che violenta la mia volontà, ma è entrare nella verità e nell’amore, nel bene. E Gesù tira la nostra volontà, che si oppone alla volontà di Dio, che cerca l’autonomia, tira questa nostra volontà in alto, verso la volontà di Dio. Questo è il dramma della nostra redenzione, che Gesù tira in alto la nostra volontà, tutta la nostra avversione contro la volontà di Dio e la nostra avversione contro la morte e il peccato, e la unisce con la volontà del Padre: “Non la mia volontà ma la tua”. In questa trasformazione del “no” in “sì”, in questo inserimento della volontà creaturale nella volontà del Padre, Egli trasforma l’umanità e ci redime. E ci invita a entrare in questo suo movimento: uscire dal nostro “no” ed entrare nel “sì” del Figlio. La mia volontà c’è, ma decisiva è la volontà del Padre, perché questa è la verità e l’amore” (Benedetto XVI, Catechesi di mercoledì 20 aprile 2011).
Possiamo oggi entrare in questo “movimento” del Signore, passare dal nostro “no” al “si” del Figlio alla volontà del Padre, perché questa è la verità e l’amore, e così, pur non avendo conosciuto Cristo secondo la carne, essere “tirati verso l’alto”, verso il principio, e sperimentare d’essere stati con Lui sin dal principio, di conoscerlo intimamente, e in Lui, il Padre. Uscire dai vincoli della carne per l’opera del Consolatore, e vivere la Verità di un amore crocifisso, quello che seguendo il mondo, non abbiamo potuto gustare. La libertà di una Verità che ci fa assaporare l’amore infinito di Dio, nella tribolazione, nel rifiuto, nello scatenarsi del male. Vedremo certo i religiosi fremere contro di noi, ucciderci in mille modi, con gli insulti, con il mobbing, con l’irrisione, con l’esclusione dal gruppo di amici o colleghi, e sarà perchè non conoscono né il Padre né il Figlio. Sarà scandalo sul luogo di lavoro, in famiglia, a scuola, con gli amici, con il fidanzato; forse anche lui ci lascerà, spaventato dalla Croce. Sarà lo scandalo di imbattersi in chi vive crocifisso con Cristo nella Grazia dello Spirito Santo, amando i nemici, pagando le tasse per chi non le paga e senza giudicare, lasciando che rubino dallo stipendio e facciano ingiustizia nel condominio, perdonando le ingiurie e non difendendosi dalle calunnie, prendendo su di sé il rifiuto di chi non comprende e disprezza e vuol cancellare dalla propria vista una “religione” tanto diversa da quella che fabbricata con le proprie mani e i propri criteri. Condividere il destino del Signore e dei suoi piccoli discepoli all’alba della Chiesa, la via che gli zelanti custodi dell’ortodossia e della tradizione ebraica consideravano un’eresia da estirpare, così come avevano fatto con quel blasfemo del suo iniziatore, Gesù il Nazareno. Così chi si oppone al nostro modo vivere il matrimonio, il rapporto con il denaro, il primato di Dio nella gerarchia dei valori – al di sopra di tutto, del lavoro, della scuola, degli stessi affetti – chi ravvede nel nostro camminare con Cristo un’eresia dell’autentica religione moralistica, legalistica e di facciata, anche nelle parrocchie, anche in famiglia, le tenterà tutte pur di dissuaderci, ci getterà fuori, illudendosi di dar culto a Dio.
Non sia questo per noi motivo di scandalo e di scrupoli. Non sia questo il motivo per nascondere il talento sotto terra, e rinunciare alla primogenitura. Il Signore ce lo annuncia e profetizza prima che avvenga proprio per testimoniare l’autenticità della nostra elezione, la bellezza e la pienezza dell’appartenere a Lui. Lo Spirito Santo che ci lega alla Croce, lo stesso che faceva pregare Isacco a suo Padre con quell’Aquedà (legami) così pieno di intimità e confidenza, ci testimonia nel profondo del nostro cuore la Verità di questa elezione: nell’amore incondizionato del Signore, crocifissi con Lui, morendo della sua stessa morte, come Stefano protomartire, guadagneremo a Cristo i tanti Paolo che, ora accecati, attendono l’unica via di salvezza, la misericordia che brilla nell’umile agnello immolato, la Verità che ci ha liberato e che offre a tutti le chiavi del Paradiso. Stefano, tu ed io; Paolo, i nostri amici, i colleghi, il fidanzato che ci ha lasciato, la suocera che non ci accetta, il collega che ci deride, il figlio che è scappato di casa: tutti in attesa della rivelazione dei figli di Dio, dello splendore della Gloria di Dio sui nostri volti crocifissi per amore, uno spicchio di Cielo dischiuso su tutti loro.
Il cristianesimo non è una religiosità solita.
Di Luigi Giussani
Anzi, io mi sono corretto mentre parlavo, volevo dire che il cristianesimo non è una “religione” (ma non è del tutto giusto questo, è troppo complicato difenderlo). Il cristianesimo non si presenta come una religiosità di cui non si sentono influssi, pretese, aiuti, delusioni, nella vita quotidiana (“nella vita quotidiana”: ma già questo è un debordare nella pretesa che una religione deve avere). Cristo, comunque, non è un profeta, un parlatore che richiami la gente a qualcosa che a lui prema. Meglio, la religiosità propria del cristianesimo svela che il problema dell’uomo non è tanto ciò che, rendendosi ostile alla sua vita, viene indicato come tale, perciò odiato, eluso o escluso, o che, se è interessante per la sua vita, viene adottato come alternativa ad altre cose (così che si ha, da una parte, il “problema religioso” e, dall’altra, la vita). Io vorrei, insomma, sottolineare che la cosa che mi ha fatto più colpo di ciò che si è detto è che il problema della vocazione è il problema della vita, non del rapporto con Dio, con Cristo; immediatamente è il problema della vita. E Cristo interessa noi più di tutti gli altri innanzitutto perché tutto quel che dice, tutto quel che fa è espressione di una volontà di risposta alla vita. Questa è la prima cosa che, così come l’ha detta Carrón, rende quasi passabili le frasi che ho detto prima: che il cristianesimo non è una religione e che Cristo non è un profeta. Cristo è un uomo, è un uomo che non si può sentire o che non si può incontrare, con cui non si può stare, se non in una febbre di vita, in una volontà di vita, in un gusto della vita, nella passione per la vita. Perciò c’entri tu con lui, tu. Sei tu che c’entri con Cristo. Ma tutto tu. Dico che questa è la prima cosa per cui il cristiano è qualificato; squalificato nel mondo, ma qualificato (uno si “qualifica”, via!) da chi lo conosce, da chi si interessa.
LUIGI GIUSSANI, settembre 1999
Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato; ma il nostro compito permane identico come agli albori della nostra storia.

Benedetto XVI, discorso pronunciato ricevendo in udienza i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
lunedì, 30 maggio 2011
Il termine “nuova evangelizzazione” richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana. Il Vangelo è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla ad un futuro di speranza affidabile e forte. Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore. Il Concilio Vaticano II ricordava che “i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, così che possono scaturire situazioni del tutto nuove” (Decr. Ad Gentes, 6). Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile. Proprio questa mutata situazione, che ha creato una condizione inaspettata per i credenti, richiede una particolare attenzione per l’annuncio del Vangelo, per rendere ragione della propria fede in situazioni differenti dal passato. La crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell’esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica. Nei decenni passati era ancora possibile ritrovare un generale senso cristiano che unificava il comune sentire di intere generazioni, cresciute all’ombra della fede che aveva plasmato la cultura. Oggi, purtroppo, si assiste al dramma della frammentarietà che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede.
Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato; ma il nostro compito permane identico come agli albori della nostra storia. La missione non è mutata, così come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cfr At 2,1-4), è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo. Sant’Agostino afferma che non si deve pensare che la grazia dell’evangelizzazione si sia estesa fino agli Apostoli e con loro quella sorgente di grazia si sia esaurita, ma “questa sorgente si palesa quando fluisce, non quando cessa di versare. E fu in tal modo che la grazia tramite gli Apostoli raggiunse anche altri, che vennero inviati ad annunciare il Vangelo… anzi, ha continuato a chiamare fino a questi ultimi giorni l’intero corpo del suo Figlio Unigenito, cioè la sua Chiesa diffusa su tutta la terra” (Sermo 239,1). La grazia della missione ha sempre bisogno di nuovi evangelizzatori capaci di accoglierla, perché l’annuncio salvifico della Parola di Dio non venga mai meno, nelle mutevoli condizioni della storia.
Esiste una continuità dinamica tra l’annuncio dei primi discepoli e il nostro. Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai smesso di proclamare il mistero salvifico della morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma quello stesso annuncio ha bisogno oggi di un rinnovato vigore per convincere l’uomo contemporaneo, spesso distratto e insensibile. La nuova evangelizzazione, per questo, dovrà farsi carico ditrovare le vie per rendere maggiormente efficace l’annuncio della salvezza, senza del quale l’esistenza personale permane nella sua contraddittorietà e priva dell’essenzialeAnche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità. Mi auguro che nel lavoro di questi giorni possiate delineare un progetto in grado di aiutare tutta la Chiesa e le differenti Chiese particolari, nell’impegno della nuova evangelizzazione; un progetto dove l’urgenza per un rinnovato annuncio si faccia carico della formazione, in particolare per le nuove generazioni, e sia coniugato con la proposta di segni concreti in grado di rendere evidente la risposta che la Chiesa intende offrire in questo peculiare momento. Se, da una parte, l’intera comunità è chiamata a rinvigorire lo spirito missionario per dare l’annuncio nuovo che gli uomini del nostro tempo attendono, non si potrà dimenticare che lo stile di vita dei credenti ha bisogno di una genuina credibilità, tanto più convincente quanto più drammatica è la condizione di coloro a cui si rivolgono. E’ per questo che vogliamo fare nostre le parole del Servo di Dio Papa Paolo VI, quando, a proposito dell’evangelizzazione, affermava: “È mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41).
Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942), carmelitana, martire, compatrona d’Europa. Poesia, Pentecoste 1937

« Il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità »

Chi sei, dolce luce ? …
Sei forse il raggio che scaturisce come il lampo
dall’alto trono del Giudice eterno,
penetrando come il ladro nella notte dell’anima
che misconosceva se stessa (Lc 12, 39) ?
Misericordioso, eppure inesorabile,
penetri fino alla sua profondità nascosta.
L’anima è spaventata da ciò che vede di se stessa
e sta in un sacro timore
davanti al principio di ogni sapienza
che viene dall’alto
e ci ancòra saldamente in alto,
davanti al tuo operare che nuovamente ci ricrea,
Spirito Santo, raggio che nulla può fermare !
Sei forse la pienezza di spirito e di potenza
che permette all’Agnello di sciogliere i sigilli
del decreto eterno di Dio (Ap 5, 7) ?
Sul tuo ordine i messaggeri del giudizio
cavalcano per il mondo e separano,
con il taglio della spada, il Regno della luce
dal regno della notte (Ap 6, 2).
nuovo sarà il cielo e la terra nuova (Ap 21,1)
e tutto ritroverà il suo giusto posto,
sotto il tuo soffio leggero :
Santo Spirito, potenza vittoriosa !
COMMENTI
Ratzinger – Benedetto XVI « Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome»
Ratzinger – Benedetto XVI. SPIRITO DELLA VITA – SPIRITO NELLA CARNE
Ratzinger – Benedetto XVI. L’intelletto, lo spirito e l’amore.
Ratzinger – Benedetto XVI Lo Spirito Santo e la Chiesa nella Lumen Gentium
Giovanni Paolo II. Egli vi darà un altro Consolatore
Giovanni Paolo II. Dominum et vivificantem
F. Manns. Gerusalemme ci ricorda il dono dello Spirito
Il Consolatore. P. R. Cantalamessa
P. R. Cantalamessa. Lo Spirito di Verità
Fisichella. Il Consolatore, lo sconosciuto oltre il Verbo

ESEGESI

F. Manns. Gerusalemme ci ricorda il dono dello Spirito
Ratzinger – Benedetto XVI. “Vedere Gesù” nel Vangelo di Giovanni
Verità nel Dizionario dei termini del Nuovo Testamento
I. De la Potterie. Che cos’è la verità

COMMENTI PATRISTICI

Sant’Agostino. Io sono nel Padre mio, e voi in me ed io in voi.
Sant’Agostino. Il dono di un altro Paraclito.
San Basilio. Dal Trattato sullo Spirito Santo
S. Ilario. Il dono del Padre in Cristo

TEOLOGIA
Giovanni Paolo II. Dominum et vivificantem
Spirito. Dizionario interdisciplinare di Scienza e fede
Fisichella. Il Consolatore, lo sconosciuto oltre il Verbo
L. Bouyer. La Chiesa, volto e vita di Cristo perchè il mondo veda Dio, il Padre
Ratzinger. Verità del cristianesimo?
I. De la Potterie. Che cos’è la verità
Verità nel Dizionario dei termini del Nuovo Testamento
P. R. Cantalamessa: Gesú di Nazareth tra storia e teologia
Don Bruno Forte. La fede e il problema della verità

TERMINI NOTEVOLI

Verità nel Dizionario dei termini del Nuovo Testamento
Don Bruno Forte. La fede e il problema della verità

Da giovane comunista a sacerdote

Come l’esperienza del Rinnovamento nello Spirito ha cambiato la vita a don Fulvio Bresciani

di Antonio Gaspari

RIMINI, lunedì, 30 aprile 2012 (ZENIT.org).- Aveva nove anni quando ha perso il padre. Il dolore lo ha allontanato dalla Chiesa. E’ diventato un dirigente dei giovani comunisti. Ha iniziato a interessarsi del Rinnovamento nello Spirito (Rns) per capire come facevano ad attrarre i giovani. L’incontro con la preghiera, con i canti, con l’amicizia con lo Spirito, gli ha aperto il cuore, così quanto aveva poco più che ventiquattro anni ha chiesto di entrare in seminario. Da laico ha accompagnato monsignor Dino Foglio, da sacerdote è stato segretario del cardinale Tonini, ora è il delegato nazionale per i giovani del RnS.

Questa è la storia di Don Fulvio Bresciani, che ZENIT ha incontrato a Rimini il 30 aprile, alla convocazione Nazionale dei Gruppi e delle Comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo.

La perdita del padre lo aveva allontanato da Dio e dalla Chiesa. Fulvio divenne un giovane comunista “ci credevo davvero” – ha sottolineato- “ero convinto che il comunismo avrebbe cambiato il mondo “.

Lavorava sodo, nei volantinaggi e nel tesseramento. Divenne segretario bresciano della Federazione dei Giovani Comunisti Italiani. Venne preso nella segreteria nazionale del partito.

Studiava come reclutare i giovani. Era preoccupato dei movimenti cattolici che toglievano tesserati ai comunisti.

Bisognava capire come facevano i cattolici ad attrarre i giovani. A Fulvio toccò di studiare e spiare il Rinnovamento nello Spirito. C’era il professore di religione, un salesiano, che lo invitava ad andare ai loro incontri. Fulvio andò con lo scopo di carpirne i segreti, invece ne rimase sconvolto.

Venne accolto con affetto, nessuno gli chiese da che parte stava, gli parlarono di Gesù e della rivoluzione cristiana, gli testimoniarono che si poteva vivere con fraterna amicizia liberati da paure e ideologie.

Quelle che sembravano certezze politiche inossidabili cominciarono a vacillare. Fulvio andava sempre meno al partito e sempre più da quelli del Rinnovamento nello Spirito. Il partito era preoccupato cominciò a spiarlo, ma Fulvio non aveva nessun secondo fine, era stato affascinato da Cristo.

Divenne aiutante, autista e amico di monsignor Dino Foglio, che stava fondando comunità del Rns ovunque in Italia. Nel corso di un incontro chiese a Fulvio di raccontare la sua storia, dopodiché lanciò un appello perché i giovani potessero donare la vita al Signore.

Più di trecento giovani si alzarono e cominciarono il cammino per diventare sacerdoti e religiosi. Di questi 190 hanno raggiunto la meta. Tra cui una ragazza che è entrata nelle Piccole Sorelle di Gesù di Charles de Foucauld ed ora è la superiora generale.

Il messaggio del RnS affascina i giovani. Si tratta di un carisma che non nasce da un essere umano ma che prepara la strada affinché lo Spirito Santo possa operare.

Il carisma del movimento si basa su tre attrazioni: la parola di Dio la preghiera, la gioia e l’entusiasmo.

Fin dalle origini nel RnS ha praticato fiducia nella Chiesa, nei Vescovi, passione per la parola pratica dei sacramenti, preghiera incessante e gioiosa, senza bisogno di imporre nulla.

“Il RnS – ha sostenuto don Fulvio – nasce da un azione dello Spirito, lo Spirito è nella Chiesa e quindi obbedienza alla Chiesa”.

Fulvio partì per il militare ed al ritorno avrebbe dovuto sposarsi, erano già state fissate le date.

Ma in quell’anno di leva, il tanto bene che aveva ricevuto lo ricambiò con i commilitoni. Parlava di Gesù, dava consigli e cercava Dio.

Molti tra quelli che lo conobbero si sono convertiti, hanno messo su famiglia, hanno battezzato i figli. Fulvio parlò con la sua fidanzata e gli spiegò che Dio voleva qualcosa d’altro per lui. E così di ritorno dal militare entrò in seminario.

Secondo don Fulvio, il compito delle comunità del RnS non è quello di creare seminari secondo la propria spiritualità, al contrario il RnS deve continuare a creare comunità che alimentano vocazioni.

Il centro della cultura della Pentecoste di cui parla il RnS è incentrato sulla Cresima, perché – ha concluso don Fulvio – “se lo Spirito è in noi, possiamo essere soldati di Cristo a servizio della Chiesa”.