Il Cardinale Sepe con 30.000 giovani neocatecumenali

Il Cardinale Sepe con 30.000 giovani neocatecumenali

Oltre 30.000 giovani del Cammino Neocatecumenale riuniti, domenica 20 maggio 2012, in Piazza del Plebiscito per un incontro con gli Iniziatori del Cammino, sotto la presidenza del Card. Crescenzio Sepe e con la partecipazione di altri Presuli. I giovani provengono da tutto il Centro-Sud Italia, con rappresentanze da altri Paesi dell’Europa (Croazia, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Albania e Malta)

Quasi 500 autobus porteranno a Napoli tanti giovani del Centro-Sud Italia e ad essi si uniranno i giovani e i fratelli delle Comunità Neocatecumenali della Campania – per un totale di oltre 30.000 persone – per un incontro particolare: testimoniare la propria fede oggi, davanti ad un mondo sempre più scettico e sempre più senza speranza, in un momento anche politicamente ed economicamente tanto difficile.
Gli Iniziatori del Cammino Neocatecumenale, gli spagnoli Kiko (Francisco) Argüello e Carmen Hernández, accompagnati dal presbitero italiano D. Mario Pezzi, animeranno l’incontro, sotto la presidenza del Card. Crescenzio Sepe. E’ un evento squisitamente religioso, fatto di canti, di ascolto della Parola di Dio, dell’annuncio della Buona Notizia del Vangelo, fatto da Kiko e dalla predicazione del Card. Sepe.
All’interno di esso Kiko farà una chiamata vocazionale: metterà cioè i giovani davanti al mistero dell’amore di Dio, che li ha voluti, che li ha creati, tutti, uno ad uno, con una vocazione e una missione, illuminata dal mistero della Pasqua di Cristo, della sua morte e risurrezione, che li ha strappati dal vivere solo per sé, chiusi egoisticamente in se stessi, per dare la propria vita a Cristo. Chiederà se tra i presenti ci sono alcuni che si sentono chiamati a dare la loro vita a Cristo ed essere formati come presbiteri, a servizio della Chiesa; se ci sono ragazze che si sentono di offrire la propria vita consacrandola a Dio, nella vita religiosa.
L’incontro di questi 30.000 giovani a P.za del Plebiscito è il frutto di un lavoro pastorale che va nella direzione giusta: il Cammino Neocatecumenale ha sostenuto e sostiene la famiglia all’interno di una comunità cristiana che riscopre la propria fede, e la famiglia risponde a questo dono e a questa bellezza della fede, aprendosi alla vita con coraggio e l’apertura alla vita salva la Chiesa e la società di oggi.
La presenza di tanti giovani provenienti da diversi paesi dell’Europa, accolti in un luogo così significativo come Piazza del Plebiscito, davanti ad un’Europa che invecchia e perde i suoi valori è un grido di speranza: Cristo dà senso, senso vero, pieno alla vita dell’uomo e questo senso, questi uomini nuovi costruiscono una società nuova, che guarda avanti con fiducia.
Il Cammino, nato in Spagna nel 1964, si è esteso in oltre 100 paesi dei cinque continenti, e conta oltre 20.000 comunità in circa 800 Diocesi. Alla Giornata Mondiale di Madrid lo scorso anno ha portato 300.000 giovani e alla chiamata vocazionale, seguita al’incontro con il Santo Padre, si sono alzati 5.000 giovani e 3.500 ragazze.

Il Cammino Neocatecumenale in Campania

I 30.000 giovani, che animeranno il pomeriggio di domenica 20 maggio, fanno tutti parte di comunità neocatecumenali dove, in un cammino di iniziazione cristiana, stanno scoprendo tutta la bellezza e la ricchezza del proprio battesimo, della propria fede cristiana, tutta la gioia di sentirsi figli di Dio oggi.
Il Cammino Neocatecumenale, iniziato in Campania nel 1974, è presente in Campania in quasi 200 parrocchie, con oltre 650 comunità (40 parrocchie e 200 comunità nella Diocesi di Napoli). E’ stato riconosciuto dalla Chiesa come “un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e i tempi odierni” (Giovanni Paolo II), ed è una “modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede”, come afferma lo Statuto del Cammino, approvato definitivamente dalla Santa Sede nel 2008. Anche i suoi contenuti catechetici hanno ottenuto, dopo accurato studio, l’approvazione della Santa Sede nel dicembre del 2010 e a fine dicembre dello scorso anno il Papa Benedetto XVI ne ha approvato la prassi liturgica che accompagna i vari passaggi e le vari tappe.
Nelle Parrocchie che accolgono questa modalità di iniziazione cristiana si formano delle comunità che danno inizio ad un processo di maturazione della propria fede cristiana, rivivendo tappa dopo tappa il proprio battesimo, così come faceva la Chiesa primitiva.
Queste comunità non sono dei gruppi “in più” nella Parrocchia. Sono una risposta al processo di secolarizzazione in atto oggi nel mondo. Il Beato Giovanni Paolo II lo ha detto espressamente: “In una società secolarizzata come la nostra, dove dilaga l’indifferenza religiosa e molte persone vivono come se Dio non ci fosse, sono in tanti ad avere bisogno di una nuova scoperta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, specialmente di quello del battesimo. Il Cammino è senz’altro una delle risposte provvidenziali a questa urgente necessità”.
L’attenzione catechetica posta sulla famiglia cristiana e sulla trasmissione della fede ai figli ha fatto sì che le famiglie del Cammino siano numerose e che i figli, in una percentuale altissima, restano fedeli al loro battesimo, inserendosi in altre comunità neocatecumenali per il loro cammino di fede.
Da questa iniziazione cristiana profonda che coinvolge tutta la vita, che conduce ognuno a porre gradualmente la propria vita sotto la lampada della Parola di Dio, tanti matrimoni sono ricostruiti dal perdono e dalla misericordia del Signore.
La gratitudine che nasce da questo amore di Dio, sperimentato nella grazia della comunità cristiana e dei sacramenti, mette in movimento la famiglia: nasce la disponibilità di tante coppie alla missione, l’amore alla vita, la gioia di avere figli presbiteri: e dalla famiglia parte la prima opera vocazionale che sbocca in queste chiamate.
Nei suoi 40 anni di vita, il Cammino ha già aiutato 86 Diocesi ad aprire un Seminario Diocesano Missionario, dove sino ad oggi sono stati ordinati oltre 1.500 sacerdoti e dove altri 2.000 giovani si stanno formando.
Insieme all’opera vocazionale, le famiglie sono state coinvolte direttamente nella missione, come “famiglie in missione” e come “missio ad gentes”: nuclei familiari (3/4, con numerosi figli) si inseriscono in zone scristianizzate, dove i segni cristiani non sono più presenti o sono rifiutati, costituendo una comunità cristiana, una chiesa viva che dà i segni della fede, mediante l’amore: “Amatevi come io vi ho amato, in questo segno vi riconosceranno come miei discepoli”, e l’unità: “Padre, che siano perfettamente uno come tu ed io siamo uno perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.
E’ il contributo che il Cammino sta dando direttamente alla nuova evangelizzazione. Le Parrocchie che accolgono il Cammino e che lo fanno secondo le indicazioni volute dalla Santa Sede ed approvate nello Statuto, senza decurtazioni o interpretazioni personali, hanno in esso uno strumento prezioso, certamente non l’unico, per ravvivarle e renderle veri centri di fede, vere sorgenti di vocazioni. La Parrocchia, perché il Cammino “è una modalità diocesana di iniziazione cristiana”, ha qui un “dono di Dio per la sua Chiesa” (Benedetto XVI) per rianimare la missione della Chiesa.

da http://www.julienews.it

TRENTA RABBINI A NEW YORK AD ASCOLTARE LA SINFONIA DI KIKO ARGÜELLO

Grande successo al Lincoln Center per l’esibizione del Coro e l’Orchestra del Cammino Neocatecumenale ne “La Sofferenza degli Innocenti”

di Álvaro de Juana

NEW YORK, domenica, 13 maggio 2012 (ZENIT.org) – Il prestigioso auditorium Avery Fisher Hall di New York, ha visto, lo scorso 8 maggio, l’Orchestra e il Coro del Cammino Neocatecumenale esibirsi nella Sinfonia che vuole rendere omaggio alle vittime della Shoah, l’Olocausto degli ebrei.

A Symphonic Homage Prayer: Una Preghiera Sinfonica di Omaggio” è, infatti, il titolo di questa celebrazione in cui la Parola di Dio si è intrecciata con la  musica, attraverso la lettura del profeta Ezechiele, del Vangelo di Luca e il sottofondo della Sinfonia “La sofferenza degli innocenti“.

L’opera è stata eseguita davanti a 3.000 persone, la maggior parte ebrei, tra cui più di 30 rabbini e circa dodici vescovi e autorità civili. Nel pubblico, inoltre, si contava la presenza di numerosi sopravvissuti all’Olocausto e delle loro famiglie.

“La sofferenza degli innocenti” è stata composta da Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale, ed è stata eseguita da un coro e un’orchestra di 180 professionisti, provenienti da questa realtà ecclesiale.

La composizione musicale è nata davanti “alla realtà di scandalo di tanti innocenti che oggi portano i peccati degli altri”, ha dichiarato Kiko a ZENIT ed è stata creata, “tenendo come punto di riferimento la profezia di Simeone alla Vergine: Una spada le avrebbe trafitto l’anima nel vedere la morte di suo Figlio sulla croce”.

Questa celebrazione Sinfonico-Catechetica è una delle nuove iniziative del Cammino Neocatecumenale che ha come obiettivo costruire ponti con il popolo ebraico, dal momento che molti ebrei, per loro stessa affermazione, si sono sentiti identificati con la musica e il messaggio che essa veicola.

Dopo aver fatto tappa in diversi luoghi di tutto il mondo – Madrid, Parigi, Galilea, Betlemme e Gerusalemme – la Celebrazione ha, quindi, raggiunto con successo anche alcune importanti città degli Stati Uniti.

La celebrazione dell’Avery Fisher Hall è iniziata con due dei più importanti rabbini della città di New York: il rabbino Greenberg e Rabbi Rosenbaum, che hanno offerto un saluto e guidato un momento di preghiera.

Subito dopo, Kiko Argüello è stato presentato a tutti da David Rosen, rabbino e direttore dell’American Jewish Committee, assessore per gli Affari interreligiosi del Gran Rabbinato di Gerusalemme e responsabile per le relazioni con la Santa Sede.

Prima dell’esibizione dell’Orchestra Sinfonica, Kiko ha spiegato l’origine della Sinfonia e l’importanza della sofferenza degli innocenti nella propria vita spirituale. L’iniziatore del Cammino ha raccontato, infatti, quando da giovane andò a vivere tra i “poveri più poveri” delle barracche di Palomeras Alta a Madrid, dove, tra l’altro, nacque la realtà ecclesiale del Cammino Neocatecumenale, ai tempi del Concilio Vaticano II.

L’evento è proseguito poi con le parole del rabbino Rosen, che ha confermato, ancora una volta, “il riconoscimento che il popolo ebraico trova nel Cammino Neocatecumenale per la riconciliazione e l’amicizia con la Chiesa”.

Uno dei momenti più emozionanti della serata è stato l’esecuzione dell’Orchestra e del Coro della preghiera dello Shema Israel, che tutti i partecipanti, di cui molti in lacrime, hanno accompagnato con il canto. La celebrazione si è conclusa ancora con il canto di un prestigioso coro ebreo e con la preghiera in memoria delle vittime dell’Olocausto.

In tutto questo tempo, il Cammino Neocatecumenale ha ricevuto numerose manifestazioni di affetto e di sostegno per questa iniziativa a New York e nelle altre città degli Stati Uniti che ha toccato, come Boston o Chicago. Molte di queste provengono da rabbini e dagli stessi ebrei che vedono come questo possa essere un supporto importante e un passo avanti delle relazioni tra il popolo ebraico e la Chiesa cattolica.

[Traduzione a cura di Salvatore Cernuzio]

Andrea e Francesca: come famiglia siamo portatori di un annuncio speciale

I coniugi Macina, con 4 dei dieci figli, operano in diverse diocesi del Paese africano, trovandosi in mezzo ad attacchi cruenti

In Nigeria sperano di rientrare fra qualche mese, in estate: «Lì Dio parla in modo speciale: quando hai paura, ti appoggi davvero a Lui», dice Andrea Macina, 48 anni, da 19 missionario itinerante in varie diocesi nigeriane con la moglie Francesca e quattro dei dieci figli.

«I più grandi vivono a Roma e ci raggiungono quando vogliono, mentre i più piccoli stanno con noi», racconta. Una passione e una vocazione, quella missionaria, che vive nella coppia ancor prima del matrimonio. Lei ex hostess, lui impiegato «con lunghe aspettative» in uno studio notarile, fanno parte di una comunità neocatecumenale, nella parrocchia dei Martiri Canadesi.

Hanno dato la loro disponibilità e sono partiti quando erano sposati da 6 anni, con cinque figli e uno in arrivo. Destinazione: la città di Kaduna, capitale dell’omonimo Stato al centro-nord della Nigeria, con circa 3 milioni di abitanti, dove cattolici e musulmani si equivalgono numericamente. E dove le tensioni non mancano, «ma le religioni vengono strumentalizzate politicamente», osserva Andrea. Lo scorso anno, a causa degli scontri in prossimità delle elezioni presidenziali, «abbiamo vissuto la Pasqua chiusi in casa e la Pentecoste in un luogo protetto, aspettando l’alba per poter celebrare l’Eucaristia». Insieme a loro, anche don Eduardo, cileno, che condivide da due anni la missione in una terra complessa, difficile da decodificare attribuendo le violenze al fondamentalismo islamico.

«L’intolleranza è anzitutto politica, poi entrano in gioco fattori etnici e religiosi, ma non sono scatenanti e, anzi, vengono strumentalizzati. Gli attuali estremisti, ad esempio, uccidono anche musulmani; il loro obiettivo è arrivare al potere, attaccando le istituzioni».

Per il crescendo di violenze, il 7 dicembre la famiglia Macina è rientrata temporaneamente in Italia: «Era difficile fare catechesi, vedersi per le riunioni e per gli incontri con le comunità», confida il capofamiglia, che la prossima settimana festeggerà la laurea in matematica della primogenita Benedetta, 23 anni, mentre a novembre sarà il turno di Miriam, la seconda figlia, che ha scelto di laurearsi in storia. Poi c’è Tommaso, che studia ingegneria, fino all’ultimo arrivato, che frequenta la seconda elementare. «I presidi ci concedono di farli studiare con noi, quando siamo in Nigeria, così quando rientrano nella loro classe si trovano in pari con il programma svolto», assicura il papà.

Che ci tiene a sottolineare: «Non facciamo niente di speciale: l’annuncio che portiamo è infinitamente più grande di noi stessi. Ci muoviamo in diverse diocesi, da Kaduna e Zaria al nord, a Minna, nel centro-nord del Paese, fino ad Awka (nella zona orientale) e a Ekiti, a sud-ovest». Non è la prima volta che i Macina si ritrovano in mezzo ad attacchi cruenti, «nella precarietà più assoluta»: è successo anche nel 2000 e nel 2002. Allora preferiscono rientrare a Roma, riunendo tutta la famiglia. «Non ci andiamo a cercare il martirio», precisa Andrea, che insieme a Francesca e ai suoi figli ha visto frutti evangelici. Qualche esempio? «Il perdono: fratture secolari risanate tra persone di tribù diverse, che stanno da 27 anni nella stessa comunità. E il regredire di una mentalità abortistica: non è facile essere aperti alla vita e fidarsi della Provvidenza in un Paese dove le scuole e la sanità si pagano».

Laura Badaracchi

fonte: www.avvenire.it

Nella vita  della grande comunità ecclesiale

Nella vita della grande comunità ecclesiale

Liturgia e Cammino neocatecumenale nell’insegnamento di Benedetto XVI

I Padri della Chiesa (in particolare Cirillo di Gerusalemme, Giovanni Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia) nelle loro catechesi prebattesimali predicate soprattutto durante la Quaresima, introducevano, si potrebbe dire portavano per mano, guidavano i catecumeni, cioè coloro che si preparavano a ricevere il battesimo nella notte di Pasqua, a scoprire, conoscere e memorizzare la fede cristiana attraverso la professione di fede, il Credo, e dando loro un modello di preghiera, il Padre nostro. Durante tutto questo periodo di preparazione, nell’attesa del battesimo che, come tutti i sacramenti, è un dono che si riceve, che si accoglie nella grande Chiesa, nel suo grembo che rigenera, i catecumeni erano iniziati alla fede, all’ascolto e alla comprensione della Parola di Dio, e partecipavano soltanto alla prima parte della celebrazione dei santi misteri. Dopo il Vangelo infatti — e di questo abbiamo una testimonianza ancora oggi nelle liturgie orientali — il diacono congedava i catecumeni, intimava loro di uscire dalla chiesa, mettendoli in qualche modo in attesa, una gioiosa attesa, di partecipare all’unico sacrificio di Cristo, quello celebrato la notte di Pasqua dal vescovo nella grande e unica madre Chiesa che nel Battesimo li rigenerava in Cristo. Perciò i catecumeni, accolti nella chiesa al canto del versetto paolino «Tutti quelli che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo, alleluia», non venivano più chiamati “catecumeni” bensì “neofiti”, cioè innestati, inseriti. Dove? In Cristo nell’unica e grande Chiesa; e da quel momento partecipavano pienamente ai santi misteri del Corpo e del Sangue di Cristo che erano — e sono tuttora — non più una tappa nel catecumenato bensì la pienezza dell’appartenenza di tutti i fedeli cristiani alla vita di Cristo nella Chiesa.

Sulla scia dei grandi Padri della Chiesa, delle loro catechesi e delle loro mistagogie, possiamo collocare il discorso di Benedetto XVI ai membri del Cammino neocatecumenale dello scorso 20 gennaio; udienza, che lo stesso Papa situa nell’insieme di udienze da lui concesse ai fondatori e agli aderenti a questa realtà ecclesiale. Si tratta di una lezione di teologia liturgica valida e utile per il Cammino neocatecumenale e per tutta la Chiesa. Il Papa sin dall’inizio sottolinea il valore dell’impegno missionario e di evangelizzazione del Cammino neocatecumenale, impegno che deve essere fatto sempre — e il Santo Padre lo ricorda per ben due volte — «in comunione con tutta la Chiesa e con il Successore di Pietro»; cercando «sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i pastori delle Chiese particolari nelle quali siete inseriti». Si direbbe che il Vescovo di Roma non dimentichi mai il suo ruolo di principio di comunione con tutti i pastori della Chiesa cattolica: «l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo». Benedetto XVI, da buon pastore, ancora e giustamente non si risparmia nel mettere in luce la generosità e lo sforzo missionario del Cammino neocatecumenale — e anche le difficoltà che incontra nel suo impegno evangelizzatore — e nell’incoraggiare i suoi membri, sacerdoti, laici, famiglie intere a continuare nello zelo di annunciare ovunque, anche in luoghi molto lontani dal cristianesimo, il Vangelo, sempre nell’amore a Cristo e alla Chiesa.

Dopo le parole introduttive, il Papa spiega il senso dell’approvazione per il Cammino neocatecumenale di quelle celebrazioni che «non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita della fede». Benedetto XVI ricorda al Cammino neocatecumenale e a tutta la Chiesa che le celebrazioni liturgiche sono quelle approvate dalla Chiesa nei diversi testi del magistero del vescovo di Roma o dei vari concili ecumenici che hanno regolato e approvato la liturgia della Chiesa. Il Papa mette in evidenza come l’approvazione delle celebrazioni presenti nel Direttorio Catechetico del Cammino neocatecumenale vada letta in maniera strettamente vincolata al sensus Ecclesiae e in sintonia con le esigenze della costruzione del corpus Ecclesiae. Il Papa mostra il suo cuore di Pastore della Chiesa «che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae».

Ancora una volta, lungo il pontificato di Benedetto XVI, vediamo Pietro come fondamento di comunione e di unità nella Chiesa. Quanto detto sul ruolo e l’impegno nell’annuncio del Vangelo da parte del Cammino neocatecumenale e sull’approvazione delle celebrazioni non strettamente liturgiche previste dal Direttorio Catechetico, offre a Benedetto XVI anche l’occasione per parlare del valore della liturgia. In fondo il Papa si intrattiene col Cammino neocatecumenale parlando della liturgia, cioè di quella realtà della vita ecclesiale che precisamente non ha nessuna necessità di specifica approvazione perché già esaminata, approvata e regolata dalla Sede romana e dallo stesso Vaticano II. Il Papa non pretende di “spiegare” cos’è la liturgia, bensì ne vuol mettere in luce il “valore”, cioè quello che essa ha di centrale e di valido nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. Volendo fissare dei principi chiari nel suo ragionamento, Benedetto XVI inizia la sua riflessione partendo dal n. 7 dellaSacrosantum concilium: la liturgia è «opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa». Mette al centro della sua catechesi l’anno liturgico che non soltanto ricorda ma celebra, fa presente e attuale con una forza veramente epicletica tutto il mistero di Cristo per e nella Chiesa: «La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso Mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di Sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del Mistero pasquale». La Chiesa, quindi, celebrando il mistero di Cristo ne diventa il suo corpo. E Benedetto XVI corrobora la sua riflessione citando sant’Agostino: «Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della Liturgia (…) è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo — Christus totus caput et corpus».

Fedele alla tradizione catechetica e mistagogica dei Padri della Chiesa, Papa Benedetto situa l’Eucaristia come «culmine della vita cristiana»; essa è la piena comunione con Cristo attraverso il sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, e con la Chiesa che a sua volta ne è anche corpo e suo custode. Le Chiese orientali, fedeli all’antica tradizione cristiana, celebrano sempre i sacramenti dell’iniziazione cristiana tutti e tre insieme: Battesimo, Cresima, Eucaristia. Quindi il culmine del cammino del catecumenato che finisce col battesimo nella notte di Pasqua è la partecipazione — nella piena comunione della Chiesa — ai santi e divini misteri. Il Papa, citando gli statuti del Cammino neocatecumenale, che contemplano anche l’Eucaristia come una sorta di catecumenato post-battesimale, situa questa particolare visione dell’Eucaristia soprattutto in vista «di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata». È come se il Papa volesse in fondo ricondurre l’Eucaristia da una visione e un contesto di catecumenato verso quel contesto di mistagogia vera e propria che le è specifico. In tal modo intende ricondurre anche l’Eucaristia celebrata dal Cammino neocatecumenale o da qualsiasi altro gruppo o movimento ecclesiale, al contesto ecclesiale fuori dal quale la celebrazione stessa dei divini misteri si vedrebbe privata dal suo fondamento cristologico ed ecclesiologico: «Ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale».

Benedetto XVI ancora una volta ribadisce il ruolo, unico e insostituibile, del vescovo come custode e liturgo della Chiesa. La liturgia non appartiene — magari adattata, modificata, fatta a propria misura — a nessuno, si tratti di persone o gruppi o movimenti, ma appartiene alla Chiesa stessa avendo come garante colui che per l’imposizione delle mani ha ricevuto la pienezza della grazia divina e del dono dello Spirito Santo, per pascere il gregge, per essere colui che “veglia dall’alto” (questo è il senso vero e proprio del termine epìskopos). Oserei dire che la liturgia, in qualsiasi Chiesa cristiana d’Oriente e d’Occidente va rispettata e accolta quasi come i santi doni che si ricevono come tali, come doni, non come qualcosa che ognuno si prende o di cui si serve a propria misura e piacimento. Concludendo il suo discorso, il Papa ricorda al Cammino neocatecumenale — e a tutti i membri della Chiesa — la necessaria fedeltà ai libri liturgici che sono lo strumento che regola la celebrazione liturgica, evita qualsiasi arbitrarietà e soggettivismo e che in fondo sono al servizio della comunione ecclesiale che ne deriva. Il necessario inserimento nella piena vita ecclesiale viene ancora sottolineato dal Papa: «Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato, la sua forma ordinaria». Infine, Benedetto XVI ribadisce il filo conduttore di tutto il suo intervento: «Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo. La teologia, la liturgia, la comunione ecclesiale. Ecco tre argomenti che stanno a cuore a Papa Benedetto. Nel testo del 20 gennaio sono trattati da teologo? Sì, ma soprattutto da mistagogo che sa portare per mano i fedeli alla vera comprensione dei misteri, nella piena comunione con Cristo nella Chiesa.

Manuel Nin da L’Osservatore Romano

La nuova evangelizzazione in Francia

Maurizio Moscone racconta il riemergere dei cristiani

di Antonio Gaspari

ROMA, sabato, 10 marzo (ZENIT.org).- Sono molti gli articoli ed i rapporti che indicano la Francia come un Paese dove il cattolicesimo sta trovando molte difficoltà.

Dopo oltre due secoli dalla rivoluzione giacobina infatti la secolarizzazione sembra prevalere, ma non mancano segni di speranza e un rinnovato zelo apostolico dei nuovi movimenti e delle famiglie missionarie.

Nel contesto del progetto di rievangelizzazione dell’Europa rilanciato da Roma con l’istituzione del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, ZENIT ha intervistato il professor Maurizio Moscone, docente di filosofia nei seminari diocesani ‘Redemptoris Mater’.

Il prof. Moscone è già stato ad insegnare Filosofia nei seminari di Taiwan, Pola in Croazia e di recente è tornato dal seminario di Tolone in Francia.

Cosa può dirci della situazione della fede in Francia?

Moscone: Sono stato in Francia a tenere un corso di Filosofia presso un seminario cattolico. Sono partito dall’Italia con delle idee sulla Chiesa in Francia, e in generale della vita cristiana, che sono state contraddette dalla realtà.

Pensavo che la Chiesa fosse ricca perché inserita in uno dei paesi più prosperi d’Europa, invece ho scoperto che è povera. Infatti non riceve alcun aiuto finanziario dallo Stato, il quale è proprietario di tutti i templi costruiti fino all’anno 1906 (da questa data in poi sono proprietà della Chiesa) e non contribuisce alla manutenzione degli edifici, per cui quasi tutti necessitano di opere di restauro, vivendo la Chiesa delle offerte di pochi laici, per lo più anziani.

Credevo che la partecipazione alla liturgia da parte dei fedeli fosse analoga a quella riscontrata in Italia, invece sono rimasto colpito dalla loro scarsa presenza.

Parlando con un sacerdote, di una parrocchia che comprende un territorio con circa 28.000 persone, ho saputo che mediamente si confessa un solo fedele ogni settimana e che, in generale, la pratica della confessione in Francia è limitata alle grandi ricorrenze: Natale, Pasqua.

Ho assistito personalmente a un funerale in cui erano presenti molte persone, che, in attesa del feretro, parlavano tra di loro sulla scalinata antistante la chiesa. Quando la bara è stata trasportata all’ingresso della chiesa, nessuno si è fatto il segno della croce e nessuno ha risposto all’invito alla preghiera rivolto dal prete.

Alcuni amici mi hanno detto che questo comportamento è diffuso perché in Francia il popolo è molto secolarizzato e sono presenti anche forme di apostasia.

Ho parlato con diversi sacerdoti e tutti sono stati concordi nel dirmi che la maggior parte dei francesi non è più cristiana e vive in modo pagano: le convivenze sia tra i giovani e che tra gli adulti sono molto diffuse, la famiglia è fortemente in crisi e, di conseguenza, i ragazzi vivono un vuoto esistenziale che spesso cercano di riempire con la droga, il sesso ed espedienti vari per cercare di sfuggire a una situazione di sofferenza per loro insopportabile.

Quali secondo Lei le cause di questa situazione?

Moscone: Visitando le chiese, un aspetto che mi ha colpito è lo stato di degrado in cui, salvo eccezioni, versano. In alcune chiese le statue hanno le teste mozzate, oppure sono prive di statue e di quadri. Conseguenza questa della Rivoluzione francese, la quale per odio alla Chiesa ha non soltanto deturpato, ma anche distrutto molti templi. I rivoluzionari, afferma Pierre Chaunu, membro dell’Institut de France, uno dei maggiori studiosi della storia moderna, “fecero a pezzi le statue di Notre Dame, distrussero Cluny, e quasi tutte le chiese romaniche e gotiche”.

Per un caso fortuito dalla barbarie rivoluzionaria si è salvato il Palazzo dei Papi ad Avignone, dove hanno risieduto i pontefici durante il periodo della cosiddetta “cattività avignonese”.

La costruzione è stata usata come carcere dal 1791 fino al 1810 e successivamente fino al 1906 come caserma militare. L’esterno del palazzo è stupendo e maestoso, ma l’interno è desolante: una lunga serie di enormi stanze completamente vuote, perché gli arredi sono stati distrutti dai rivoluzionari.

Eppure la Rivoluzione Francese è conosciuta come espressione di progresso…

Moscone: La Rivoluzione francese viene presentata ancora oggi nei manuali scolastici, che formano il modo di pensare di milioni persone, come un avvenimento benefico per la Francia e per l’umanità intera, poiché avrebbe liberato gli uomini dalla tirannia della monarchia e dall’oppressione della Chiesa e avrebbe affermato i diritti dell’uomo: égalité, liberté, fraternité.

Molti studi dimostrano l’infondatezza storica dei tanti luoghi comuni sulla Rivoluzione francese che i mass media diffondono. Storici come Jean Tulard, Pierre Chaunu, Paul Hazard e soprattutto François Furet documentano come la Rivoluzione francese non sia stata un evento improvviso, causato dal popolo affamato che si voleva liberare dalla tirannide, ma è stato un evento originato dalle idee elaborate da un’élite di intellettuali che invece di servirsi della ragione come uno “strumento” per conoscere la verità  l’hanno idolatrata trasformandola in oggetto di culto. La ragione ha preso il posto di Dio e l’odio verso Cristo e la sua Chiesa è stato il vero movente che ha animato i capi rivoluzionari, imbevuti di idee illuministiche, come Jaques Danton e Maximilien Robespierre .

Gli studi effettuati da René Sedillot attestano come gli effetti della Rivoluzione francese sulla popolazione sono stati disastrosi: 600.000 morti nelle guerre interne (dei quali 117.000 in Vandea), 400.000 morti nelle guerre esterne, un milione di morti nelle guerre napoleoniche, forte aggravamento del deficit economico, distruzione del patrimonio culturale.

Il danno più grave provocato dalla Rivoluzione è però di carattere spirituale. Come insegna Gadamer esiste una “storia degli effetti”: idee elaborate in epoche passate perdurano nel tempo e fanno sentire i loro effetti nelle epoche successive.

Gli “effetti” delle idee illuministiche radicalmente anti-cristiane e propagate dalla rivoluzione sono la secolarizzazione e l’apostasia silenziosa del popolo francese.

Lei ha notato però segni di risveglio cristiano vero?

Moscone: Di fronte a questa situazione la Chiesa non si chiude in un atteggiamento vittimistico e rinunciatario, ma rilancia la “nuova evangelizzazione”, tramite i nuovi movimenti e le nuove comunità, che, con zelo, annunciano Cristo salvatore.

Dagli anni ’70 – ‘80 operano in Francia realtà ecclesiali missionarie, come Chemin Neuf, Comunità Emmanuel, Rinnovamento nello Spirito, Cammino Neocatecumenale, che hanno portato una nuova linfa vitale nella Chiesa.

La Comunità Emmanuel accoglie persone svantaggiate senza famiglia o emarginate,

Chemin Neuf è una comunità apostolica che si ispira alla spiritualità di Sant’ Ignazio di Loyola e al Rinnovamento carismatico, il Rinnovamento nello Spirito opera nella Chiesa per il rinnovamento della vita cristiana, il Cammino Neocatecumenale è una delle modalità di attuazione diocesana dell’iniziazione cristiana e dell’educazione permanente della fede.

Queste nuove realtà ecclesiali, insieme alla Comunità di Taizé iniziata negli anni ’50, stanno realizzando un “risveglio cristiano vero”: conversioni di adulti e giovani, famiglie unite e aperte alla vita, vocazioni al presbiterato e alla vita consacrata, accoglienza delle persone emarginate e disabili. Tutti segni questi dell’azione dello Spirito Santo nella Chiesa.