Il sì del Cammino Neocatecumenale alla legge Tarzia

Intervista a Giampiero Donnini

ROMA, mercoledì, 1° dicembre 2010 (ZENIT.org).- Anche il Cammino Neocatecumenale, nato su iniziativa di Kiko Argüello, sostiene con entusiasmo la legge Tarzia affinché gli uomini e le donne possano davvero essere liberi di scegliere la vita.

Il Cammino Neocatecumenale, in quanto itinerario di iniziazione cristiana per la riscoperta della fede è diffuso ad oggi in più di 900 diocesi di 105 Nazioni, con oltre 20 mila comunità in 6.000 parrocchie.

Dalla voce di Giampiero Donnini, responsabile della Iª comunità neocatecumenale nata a Roma nel 1968 nella parrocchia dei Martiri Canadesi, abbiamo appreso le ragioni di questo sì alla proposta di legge regionale del Lazio di “Riforma e riqualificazione dei consultori familiari” presentata dalla Consigliera Olimpia Tarzia.

Cosa pensa della Legge Tarzia?

Giampiero Donnini: Penso che la proposta dell’on. Tarzia sia un’iniziativa encomiabile e da sostenere, anche alla luce del discorso fatto dal Santo Padre sabato scorso a S. Pietro in occasione della veglia per la vita nascente. “Esorto i protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale a fare quanto è nelle loro possibilità – ha affermato il Papa – per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno all’accoglienza e allo sviluppo di essa”.

Il Cammino Neocatecumenale è da sempre dalla parte delle famiglie. Basti ricordare il Family Day nel 2006 a S. Giovanni, da noi promosso. Una grande manifestazione di famiglie con tanti, tanti bambini. Questa apertura alla vita nasce da un incontro con Gesù Cristo, il quale ci dona il Suo amore in modo totalmente gratuito. Un amore effusivo che si dona ad altri tenendo presente che ogni figlio che nasce è l’inizio di un ramo di eternità che nasce nell’umanità. Per questo sosteniamo Olimpia!

Perché è così importante che venga attuata una riforma e una successiva riqualificazione dei consultori?

Giampiero Donnini: Partiamo dal presupposto che chi arriva al consultorio si trova in un momento di difficoltà e per questo va ancora di più aiutato e sostenuto. Il fatto è che la persona si trova di fronte ad una scelta e la scelta non è tra una cosa buona ed una cattiva, si sceglie tra due cose apparentemente buone. Ma le conseguenze sono ben diverse!

Le donne che hanno abortito non si perdonano più, ma restano “ferite” nell’anima. Solo l’amore di Gesù Cristo, che non giudica, sana queste ferite. Nella proposta di legge Tarzia si intende chiaramente e validamente rispettare la libertà vera delle famiglie, che è tale solo quando può essere esercitata unitamente ad una conoscenza completa della realtà delle scelte possibili; solamente dopo aver ricevuto un’informazione corretta e completa su ogni aspetto, la donna, la famiglia possono scegliere il loro personale agire con vera responsabilità umana.

La libertà di scegliere, si diceva, nasce da un’informazione corretta e completa. Proprio su questo aspetto della comunicazione della cultura della vita oggi c’è molto da fare. Cosa ne pensa?

Giampiero Donnini: Penso che proprio sabato scorso il Papa durante la veglia per la vita nascente ci abbia lanciato un messaggio molto chiaro. “Ci sono tendenze culturali che cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose – ha affermato il Santo Padre -. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo, la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana”.

Proprio in forza di questo il Cammino Neocatecumenale conferma il suo sì all’amore per la vita, così strettamente legato all’amore per la libertà della persona; proprio in virtù di questi ideali, ribadiamo il nostro più attivo sostegno alla legge Tarzia e soprattutto al suo iter di approvazione, invitando soprattutto i più giovani a far parte di questo impegno comunitario al servizio della conoscenza, della corretta informazione, per la difesa della verità e del bene comune.

Il Papa ha ricevuto gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale

Si è parlato delle iniziative per la nuova evangelizzazione dell’Europa

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 16 novembre 2010 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha ricevuto sabato mattina in udienza privata gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, gli spagnoli Kiko Argüello e Carmen Hernández e il sacerdote italiano Mario Pezzi.

Secondo quanto ha confermato a ZENIT Álvaro de Juana, portavoce del Cammino Neocatecumenale in Spagna, uno dei temi trattati è stato quello della nuova evangelizzazione in Europa, un argomento al quale questa realtà ecclesiale ha sempre dato grande importanza.

“Il Pontefice si è mostrato in ogni momento molto contento per l’opera del Cammino Neocatecumenale”, ha affermato de Juana.

Gli iniziatori del Cammino hanno spiegato al Papa l’opera che i neocatecumenali svolgono da alcuni anni in città di Olanda, Germania e Francia – dove la presenza della Chiesa è a volte scarsa – mediante la missio ad gentes.

La missio ad gentes è una forma di evangelizzazione che consiste nella implantatio ecclesiae, cioè nell’invio di missionari volontari (in genere due o tre famiglie con i loro figli e accompagnate da un sacerdote) in luoghi decristianizzati, dove la Chiesa è già scomparsa o è sul punto di scomparire.

L’Esortazione Apostolica Verbum Domini, pubblicata di recente, allude alla necessità della missio ad gentes nel paragrafo 95, in cui i Padri sinodali ribadivano l’importanza che la Chiesa non si limiti “ad una pastorale di ‘mantenimento’”.

In questo senso, Kiko Argüello, che stato proprio uditore al Sinodo sulla Parola di Dio, ha spiegato come la pratica del Cammino si rifletta al punto 73 di questa Esortazione, quando si afferma che “è bene che nell’attività pastorale si favorisca anche la diffusione di piccole comunità, formate da famiglie o radicate nelle parrocchie o legate ai diversi movimenti ecclesiali e nuove comunità”.

Un altro dei temi trattati dal Papa e dagli iniziatori del Cammino Neocatecumenale è stata la prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011.

Secondo quanto ha spiegato Argüello a Benedetto XVI, più di 200.000 giovani di questa realtà ecclesiale provenienti da tutto il mondo percorreranno itinerari di tutta Europa evangelizzando e realizzando missioni per 10 giorni.

Dopo aver partecipato agli atti della GMG di Madrid, assisteranno a un incontro con gli iniziatori del Cammino in cui ci si attende che migliaia di giovani esprimano la propria volontà di consacrarsi a Cristo.

“Questi giovani sono frutto della comunità cristiana e, in concreto, di piccole comunità radicate nella parrocchia e che salvano la famiglia”, ha sottolineato Argüello.

I rappresentanti neocatecumenali hanno infine comunicato l’avvio, su richiesta dei Vescovi locali, di tre nuovi seminari diocesani missionari Redemptoris Mater, a San Paolo (Brasile), Bruxelles (Belgio) e Trieste.

Con queste tre nuove fondazioni, i seminari Redemptoris Mater nel mondo diventano 78.

Queste realtà, dipendenti da ogni Vescovo locale e aperte su sua richiesta, hanno la vocazione specifica di formare sacerdoti per la missione in qualsiasi parte del mondo, in base alla spiritualità propria del Cammino Neocatecumenale.

Sette diaconi per la sfida missionaria

Nella basilica di San Giovanni in Laterano l’ordinazione di seminaristi del Redemptoris Mater, presieduta dal cardinale Agostino Vallini di Marta Rovagna

I frutti del carisma del Cammino neocatecumenale sono tangibili nelle vocazioni, molte, che fioriscono ogni anno: domenica sera (31 ottobre) sono sette i seminaristi del Redemptoris Mater che sono stati ordinati diaconi dal cardinale vicario Agostino Vallini. I giovani, che hanno dai 30 ai 37 anni, si sono formati presso il seminario neocatecumenale di Roma e presso quello di Goma, nella regione del Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Per tutti, dopo gli anni di studio, un periodo di vita come itineranti: un’esperienza di almeno un anno di evangelizzazione in missione, a sostegno di un sacerdote, di laiche consacrate o di famiglie.

«I seminari Redemptoris Mater nascono a supporto della missio ad gentes, voluta da Giovanni Paolo II – spiega monsignor Claudiano Strazzari, rettore del seminario – e in questo contesto la formazione dei seminaristi lascia ampio spazio anche all’educazione missionaria». I luoghi di missione sono i più diversi, «da luoghi lontani, ancora pagani – sottolinea don Claudiano – a luoghi scristianizzati, come in Europa centrale e orientale».

Per i seminaristi questa è un’occasione seria e importante di incontrarsi e scontrarsi con la povertà e con la Provvidenza di Dio. A raccontarlo è Jacob, uno dei sette nuovi diaconi, che si è formato al Redemptoris Mater di Goma e che è andato come itinerante nel Sud del Congo: «È stata un’esperienza molto forte – racconta il seminarista madrileno – sono stato in Katanga, una regione molto povera con una famiglia in missione, abbiamo evangelizzato e vissuto giorno dopo giorno sperimentando una grandissima povertà e precarietà. All’inizio questa condizione, che si vive anche a Goma, mi spaventava: troppe differenze, dal colore di pelle, di cultura, di razza. Tanta povertà e questo essere guardato continuamente come “bianco”. Pensavo di non farcela e avevo davvero paura. Ma in questa dimensione – ricorda Jacob – ho incontrato il Signore, molto da vicino. Sono ancora lì perché è lì che Dio mi è apparso come segno vivente». Accettare questa sfida per il seminarista spagnolo è stato aprirsi a una vita diversa e piena: «Studiare in Congo mi ha anche aiutato a riconciliarmi con la mia famiglia e con la mia storia: ero molto irrequieto quando sono entrato in seminario a 20 anni; ora, a quasi 30, sono grato a Dio di tutti i doni che mi ha fatto».

Non tutti i sacerdoti formati nei Redemptoris Mater partiranno per la missione: «Sarà il cardinale Vallini a scegliere la loro destinazione chiaramente – sottolinea don Claudiano – quasi tutti vivono infatti la loro prima esperienza di presbiterio incardinati nelle parrocchie romane. Nella Capitale, per coloro che sono già diventati sacerdoti, il Redemptoris Mater continua a offrire, accanto alla formazione permanente della diocesi, anche una formazione per coloro che hanno studiato e vissuto con noi da seminaristi». Un modo per condividere, respirare e rafforzare il proprio carisma, «quello suscitato dallo Spirito Santo – ricorda il rettore del seminario – nella Chiesa attraverso il Cammino neocatecumenale, un percorso di riscoperta del proprio battesimo che porta alla nascita e al fiorire di tante vocazioni» e che confluiscono nei vari seminari neocatecumenali, 78 in tutto il mondo.

L’esperienza di Paolo, romano di Tor Sapienza, è diversa: «Mi sono laureato in statistica – racconta il seminarista, oggi quasi 37enne – e ho iniziato a lavorare, con una carriera promettente per la quale mi spendevo tanto. Poi ho sperimentato la misericordia di Dio, il Signore ha lavorato dentro di me lentamente. Un giorno, mentre mi trovavo a Milano per lavoro ho iniziato a leggere “Le Confessioni” di Sant’Agostino, e ho cominciato a pensare a una vita diversa». Il percorso, lungo otto anni, non è stato facile: «Ogni anno scegliere di continuare il seminario è stato un combattimento – spiega Paolo – pian piano diversi amici sono usciti, si sono sposati e hanno avuto figli, io rimanevo, mi sembrava che non fosse la strada per me ma sentivo che il Signore mi chiamava a restare, giorno dopo giorno». Per Paolo, itinerante in Costa Rica e in Israele, la cosa più bella di questo percorso di formazione che si sta per concludere è un’opportunità unica da poter cogliere: «Quella di portare Gesù Cristo agli altri, e questo è possibile – conclude – grazie alla sua misericordia per me. Sono contentissimo perché avevo in mente un progetto di vita tutto diverso, il Signore ha stravolto completamente questi piani e ora sono davvero felice».

2 novembre 2010 da Romasette.it

In pace con Israele, in nome di Gesù.

La cittadella neocatecumenale affacciata sul lago di “Tiberiade”

Roma. “All’apertura della Domus Galilaeae moltissimi ebrei  hanno cominciato a visitarci e a tornare. Solo l’anno socrso ne sono passati più di centomila… Noi sentiamo che dobbiamo accoglierli e servirli come fratelli”. Lo ha detto, intervenendo al Sinodo sul medio oriente, padre Rino Rossi, dal 2003 responsabile della Domus Galilaeae, il centro per la formazione dei missionari del Cammino neocatecumenale che sorge sul Monte delle Beatitudini, non lontano dal lago di Tiberiade. Era stata benedetta nel 2000, mentre era ancora in costruzione, da Giovanni Paolo II, e da allora non ha mai smesso di essere un simbolo di amicizia tra il movimento fondato dallo spagnolo Kiko Argilello e il popolo ebraico (a partire dal progetto, opera dell’architetto di Haifa Dan Mochly e dell’argentino padre Daniel Cevilan). Al punto che alla Domus, affrescata dallo stesso Argüello, qualcuno ha ritenuto di dover rimproverare un eccesso di contaminazione, con l’esposizione di una Torah del XV secolo, del candelabro di Hanukkà, o per il canto-preghiera “Shemah Israel” che accoglie i visitatori.
Al Foglio, padre Rossi spiega che il Cammino neocatecumenale “è in contatto stretto sia con le chiese locali sia con la realtà ebraica, che ci ha offerto una buona accoglienza. Naturalmente è stata fondamentale la visita di Papa Wojtyla, e l’opportunità che ci fu data di organizzare la grande messa sul Monte delle Beatitudini, a fianco della Domus. Per la prima volta tutte le televisioni israeliane trasmisero una cerimonia cristiana di quell’imponenza, con più di centomila persone riunite”. I simboli ebraici nella Domus Galilaeae, spiega ancora padre Rossi, “dicono che dobbiamo andare alle nostre radici e mettere al centro la parola di Dio, come ha raccomandato il Concilio Vaticano II. Questo ci porta a riscoprire la nostra fondamentale connessione con il popolo ebraico e con le sue tradizioni. Gesù Cristo è ebreo e non possiamo capire la sua predicazione nel Nuovo testamento se non conosciamo l’Antico. Il Cammino neocatecumenale si inserisce nella scia del Concilio, e poi del magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI”.
E’ capitato qualche fraintendimento, racconta padre Rossi: “Alcuni arabi si sono scandalizzati per il decalogo di Mosè scolpito in ebraico su marmo all’ingresso della nostra biblioteca. Ma quello è un richiamo al momento cruciale che stiamo attraversando. La nostra cultura europea nasce da radici giudaico-cristiane, mentre oggi il nuovo ordine europeo vuole dimenticare quella radice, e cerca di introdurre norme che le sono completamente contrarie (sulla famiglia, per esempio). Il cammino della vita, rivelato da Dio sul Sinai con i dieci comandamenti, è stato ripreso da Gesù sul Monte delle Beatitudini, con quello che è il cuore della sua predicazione: il sermone della montagna”. In quella circostanza, conclude il responsabile della Domus Galilaeae, “Gesù riprende la Torah, non la abolisce ma la porta a compimento: amate coloro che vi odiano, ci dice. Nella Domus è stato messo in evidenza qualcosa che abbiamo in comune con l’ebraismo: il compito di realizzare quel contenuto, questione di vita o di morte per il mondo futuro”.

(da IL FOGLIO del 23/10/2010)

TRECENTO PELLEGRINI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE IN MISSIONE CON IL PAPA DALLA SCOZIA FINO IN INGHILTERRA

di Jesús Colina

LONDRA, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Un gruppo di circa 300 pellegrini del Cammino Neocatecumenale di Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna, composto da giovani e famiglie con i loro bambini e accompagnato da cinque sacerdoti, segue Bendetto XVI nella sua visita apostolica in varie città del Regno Unito.

ZENIT ha raccolto questa esperienza dai catechisti del Cammino Neocatecumenale in Gran Bretagna che hanno guidato questo pellegrinaggio: Lorenzo e Maurizia Lees, una coppia con dieci figli, e don Maurizio Pallù, presbitero della Diocesi di Roma.

“Il nostro desiderio era di vivere un po’ quello che è scritto nel Vangelo quando il Signore manda avanti i suoi discepoli in quei villaggi dove lui sta per recarsi, perche preparino le persone ad accoglierlo”, ha spiegato Lorenzo Lees, residente a Londra.

“Anche noi siamo certi che la venuta del Papa è per la Gran Bretagna un vero evento in cui Gesù viene a visitarla”, ha aggiunto.

I pellegrini sono stati ospitati nelle parrocchie di Saint Thomas the Apostle and St Philip, dove i parroci hanno offerto loro il salone parrocchiale, che è servito come refettorio e si è poi trasformato in dormitorio. Molte famiglie hanno anche offerto ospitalità nelle proprie case.

Nel viaggio in pullman verso la Scozia, i pellegrini si sono fermati a Saint Helen, vicino Liverpool, per celebrare la Messa e pregare sulla tomba del Beato Domenico Barberi.

“Questo Sacerdote Passionista, grande Apostolo dell’Inghilterra del secolo XIX, ci ha ispirato durante il percorso. Ricevette John Henry Newman nella Chiesa Cattolica nel 1845. Predicò 100 missioni in 5 anni, consumandosi perché Gesù Cristo fosse conosciuto ed amato”, ha spiegato don Maurizio.

“La sua presenza è stata sicuramente molto importante per gli operai delle Midlands al tempo della rivoluzione industriale, ma anche per molti anglicani che, attirati dalla sua santità, chiedevano di essere ricevuti nella Chiesa Cattolica”.

“Naturalmente John Henry Newman, che il Papa beatificherà a Birmingham domenica, è stato il punto di riferimento più forte di questo nostro pellegrinaggio – ha riconosciuto il sacerdote –. Il suo coraggio nell’annunziare la verità e la sua visione profetica ci hanno dato forza per andare nelle strade a portare il lieto annunzio di Gesù Cristo Risorto”.

“Durante le otto ore di viaggio in pullman abbiamo pregato le Lodi e abbiamo proseguito leggendo alcuni brani dei sermoni di John Henry Newman – ha proseguito Lorenzo Lees –. Dopo la breve lettura di singoli passaggi chiedevamo ai giovani di intervenire ed esprimere il loro pensiero o di formulare domande. E’ venuto fuori un dialogo molto bello dove si è vista l’attualità e la profondità delle intuizioni profetiche del Cardinale Newman, e come i giovani sono attratti da ciò che è vero e bello”.

“Uno dei temi che ci ha più colpito è stato quello in cui Newman parla di chi sono i veri cristiani e di che cosa è la santità. Non si tratta di avere molto entusiasmo o sentimenti; la santità consiste soprattutto in azioni fatte in segreto per amore del Signore. I santi sono disprezzati dal mondo ma attirano a sé e a Dio molte persone”, spiega.

Tra i pensieri del Cardinale Newman che hanno impressionato i giovani, c’era per esempio quello che dice che “più un uomo è santo, meno è compreso dagli uomini del mondo. Tutti coloro che hanno una scintilla di fede vivente lo comprenderanno, e più è santo più ne verranno attirati; ma quanti servono il mondo saranno ciechi nei suoi confronti, o lo disprezzeranno o avverseranno quanto più è santo”.

La mattina del 15 settembre, i pellegrini si sono riuniti nella chiesa benedettina di Saint Columba, dove hanno pregato le Lodi e ricevuto il sacramento della riconciliazione con confessioni private in una celebrazione presieduta dal parroco, Fr. Euan, con altri 10 presbiteri.

“L’ascolto della parola di Dio e ricevere il perdono dei peccati nel sacramento ci ha aiutato ad andare incontro agli altri”, ha dichiarato Lees.

“Abbiamo trascorso il pomeriggio nel centro di Glasgow, nelle strade e nelle piazze di St Enochs e di George Square, portando bandiere vaticane e striscioni di benvenuto al Papa. Lì abbiamo danzato in cerchio, cantato salmi e cantici spirituali con chitarre, tamburi, cembali e trombe. Nello stesso tempo alcuni di noi avvicinavano le persone che incuriosite si erano fermate”.

“Abbiamo parlato di argomenti esistenziali che di solito non si affrontano – ha aggiunto don Maurizio –: la vita, la morte, la sofferenza e la paura. In un mondo che si è liberato di tutti i tabù sessuali ma che ha smarrito la presenza di Dio, ci si contenta di sopravvivere invece che vivere. L’annunzio diretto del Vangelo ci ha permesso di entrare rapidamente in sintonia con tante persone”.

“Non è mancato chi si è professato ateo o ha espresso sentimenti di amarezza o di ostilità nei confronti della Chiesa Cattolica, per quello che la Chiesa dice riguardo alla morale sessuale e alla difesa della vita; alcuni hanno parlato degli scandali di pedofilia. Il solo fatto di poter parlare delle proprie delusioni e sofferenze ha aiutato alcuni a rasserenarsi e ad ascoltare l’annuncio del Vangelo”, aggiunge il sacerdote.

Per Lorenzo Lees, “l’esperienza della comunione tra noi e con le persone a cui ci siamo rivolti, annunciando la pace di Cristo Risorto e il perdono dei peccati, è stata il fatto sicuramente più rilevante”.

“Abbiamo potuto cantare e ballare in queste piazze per mostrare la gioia di Cristo Risorto ad un mondo che ha smarrito la speranza e la gioia, gioia che è grande nelle cose piccole della vita di ogni giorno, perché il Signore la riempie del suo amore”.

I pellegrini hanno accolto il 16 settembre in Scozia il Santo Padre partecipando all’Eucaristia nel pomeriggio al Bellahouston Park, nello stesso luogo in cui l’aveva celebrata nel 1982 Giovanni Paolo II.

“È stato un momento molto intenso. Ci ha colpito in particolare l’ esortazione rivolta ai giovani”, ha spiegato Lees.

Il Santo Padre li ha avvertiti che “vi sono molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno – droga, denaro, sesso, pornografia, alcool – che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione. C’è una sola cosa che permane: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi”.

Dopo la Messa, i pellegrini sono saliti sui pullman per viaggiare tutta la notte e seguire il Santo Padre nella sua missione a Londra.

“Negli atti degli Apostoli l’ombra di Pietro curava i malati ai lati della strada. Siamo sicuri che il passaggio del successore di Pietro in questa nazione potrà guarirci dalle nostre infermità ed aiutarci a seguire Cristo nella sua missione”, ha concluso Lees.