da Baltazzar | Set 19, 2013 | Benedetto XVI, Chiesa, Cultura e Società
di Lorenzo Bertocchi da www.lanuovabq.it

Nella lectio magistralis del Cardinale Carlo Caffarra, tenuta a Bologna all’apertura dell’anno formativo di educazione cattolica per insegnanti, c’è un passaggio chiave. I commentatori si sono soffermati sul passo mediaticamente più forte, vale a dire la netta contrarietà dell’Arcivescovo di Bologna alla sostituzione delle parole “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2”, ma c’è un concetto che davvero merita molta attenzione. Anche rispetto alla recente polemica nata intorno alla lettera che Papa Francesco ha inviato al quotidiano Repubblica.
«Avete notato che mi sono ben guardato dall’usare la parola ‘amore’ – dice Caffarra – come mai? Perché è avvenuto come uno scippo. Una delle parole chiavi della proposta cristiana, appunto ‘amore’, è stata presa dalla cultura moderna ed è diventata un termine vuoto, una specie di recipiente dove ciascuno vi mette ciò che sente». Così – conclude il Cardinale – «la verità dell’amore è oggi difficilmente condivisibile».
L’affondo è di grande rilevanza, qui il Cardinale ricorda a tutti noi, in particolare a quelli che vorrebbero una verità liquida, che anche l’amore, la misericordia, ha una sua realtà ineludibile, una sua verità. Il riferimento era legato all’affettività umana, ma il Cardinale, per rafforzare ulteriormente il concetto, ha citato un passo dell’enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI, un passo molto chiaro: «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo, l’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità».
Questa è la dottrina cattolica, quella stessa che il Santo Padre ha voluto arrischiare nel tentativo di dialogo con il non-credente Scalfari, un tentativo che, tra l’altro, ricorda all’interlocutore che la verità non è né variabile, né soggettiva. “Tutt’altro”, scrive Francesco.
Caffarra, che fu il primo preside dell’istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia, era già intervenuto sul tema delle unioni omosessuali lo scorso luglio, per rispondere ad una dichiarazione del sindaco di Bologna. In quell’occasione aveva espresso in modo efficace il rammarico di molti: «Affermare che omo ed etero sono coppie equivalenti, che per la società e per i figli non fa differenza, è negare un’evidenza che a doverla spiegare vien da piangere. Siamo giunti a un tale oscuramento della ragione, da pensare che siano le leggi a stabilire la verità delle cose».
Oggi riprende quel suo ragionamento e lo fa con una considerazione che, appunto, vien da piangere a doverla porre: il matrimonio omosessuale – riconosce lapalissianamente Caffarra – «è incapace di porre le condizioni del sorgere di una nuova vita umana». Eppure, aggiunge, diverse legislazioni che hanno riconosciuto una coniugalità omosessuale «hanno riconosciuto alla medesima il diritto all’adozione o al ricorso alla procreazione artificiale». Siamo già alla netta separazione tra coniugalità e procreazione, ormai è indifferente che la nuova vita sia generata o prodotta. Il tema dell’utero in affitto qui è sotto traccia, ma evidente.
Ma allora, conclude Caffarra, «che ne è della persona umana che entra nel mondo? (…) Ritenere che la coniugalità sia un termine vuoto di senso, al quale il consenso sociale può dare il significato che decide, è la devastazione del tessuto fondamentale del sociale umano: la genealogia della persona».
La via intrapresa, quella che fa dell’amore un concetto vuoto di verità e pieno solo di sensazioni soggettive, ci conduce verso questo baratro in cui anche la dimensione biologica come elemento costitutivo della genealogia scompare.
da Baltazzar | Set 19, 2013 | Bioetica, Biopolitica, Cultura e Società
di Benedetta Frigerio da www.tempi.it
Lo ha detto Ann Furedi, direttrice della più grande clinica abortiva della Gran Bretagna, a sostegno della decisione dei giudici che non hanno voluto perseguire due medici che hanno fatto aborti selettivi
«Se le donne non sono felici del sesso dei figli possono abortire (…). O accettiamo fino in fondo ogni scelta della madre, oppure no». È il ragionamento di Ann Furedi (nella foto), la direttrice della più grande clinica abortiva della Gran Bretagna, la British Pregnancy Advisory (Bpas), a margine della decisione del Procuratore generale inglese di non perseguire i due medici che hanno acconsentito alla richiesta di abortire di due donne che non volevano una figlia femmina.
IL POTERE DELLA SCELTA. Il discorso della nota pro choice non fa una grinza: «Non puoi essere pro choice, salvo quando la scelta non ti piace». Ed è la logica della legge che permette l’aborto dei bambini malati, ma anche sani nel caso in cui la loro nascita leda la psiche della madre e della famiglia. Furedi ha continuato spiegando che la legge permette l’aborto nel caso in cui «il sesso del figlio danneggia la salute mentale della donna che non lo accetta», così come lo autorizza se «una donna non vuole il bambino perché povera, abbandonata o ancora non se la sente». Qual è la differenza? Nessuna, in entrambi i casi il figlio è un peso per la madre o la sua famiglia e questo basta ad abortirlo.
200 MILA ABORTI L’ANNO. In Inghilterra si verificano 200 mila aborti all’anno e il colosso Bpas, che ne pratica circa 55 mila (più di un quarto del totale), riceve 26 milioni di sterline dallo Stato, in gran parte pagate dai contribuenti. Il fenomeno dell’interruzione di gravidanza in base al sesso sembra sia in crescita con l’immigrazione asiatica. Non a caso Furedi ha concluso: «È giusto che una donna incinta di una femmina non possa abortire se la sua famiglia la disonorerà, se lei perderà la casa, suo marito e chi ama?». La domanda è retorica, e a ragion veduta, dal momento che la legge prevede che una difficoltà della donna sia sufficiente per giustificare l’eliminazione di una vita.
da Baltazzar | Set 19, 2013 | Cultura e Società, Papa Francesco
Dopo la lettera a Repubblica, nei suoi scritti e in tv il fondatore attribuisce al pontefice frasi che non ha mai detto su relativismo, panteismo e rottura con Wojtyla e Ratzinger
Ma Eugenio Scalfari cosa ha capito della lettera che papa Francesco gli ha inviato? A leggere e a vedere certi suoi interventi in tv viene il sospetto che il fondatore di Repubblica si spinga in interpretazioni che offendono il buon senso. Ci è o ci fa? Già nella sua prima risposta al Pontefice aveva cercato di contrapporre papa Francesco ai suoi predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI («Queste parole sono al tempo stesso una rottura e un’apertura; rottura con una tradizione del passato, già effettuata dal Vaticano II voluto da papa Giovanni, ma poi trascurata se non addirittura contrastata dai due pontefici che precedono quello attuale; e apertura ad un dialogo senza più steccati»).
Oggi, poi, un lettore di Avvenire in una lettera al quotidiano nota giustamente: «Non è grave che Scalfari non abbia capito, è grave che abbia cercato di attribuire al Papa ciò che non ha detto».
Il lettore racconta di aver assistito alla puntata di Otto e Mezzo andata in onda venerdì 11 settembre su La7, in cui la conduttrice Lilly Gruber ha intervistato Scalfari. Questi, parlando della lettera del Papa, ha detto testualmente: «Il Papa dice: la verità non è assoluta, è una verità di relazione, ciò vuol dire che i cattolici giudicano dal loro punto di vista… papa Francesco accetta che la verità anche per i credenti è sempre un verità in relazione al loro giudizio; per i non credenti la verità è la propria coscienza e quindi l’autonomia. Il suo predecessore disse che il relativismo è il nemico principale della fede, lui (Francesco) non dice questo, dice il contrario».
E ancora: «Gli ho anche detto che quando la nostra specie finirà non ci sarà più nessuno che potrà pensare a Dio e quindi Dio sarà morto. Lui mi ha risposto dicendo… che quando la nostra specie finirà a quel punto la luce di Dio entrerà tutta in tutti, il che vuol dire che Dio non diventa più trascendente ma immanente. Vuol dire che Dio si identifica con le anime. E questa è l’immanenza, non è più la trascendenza».
Ora, il Papa ha detto ben altro. E cioè questo: «Mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: “Io sono la via, la verità, la vita”? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt’uno con l’amore, richiede l’umiltà e l’apertura per essere cercata, accolta ed espressa».
E questo: «Nell’ultima domanda mi chiede se, con la scomparsa dell’uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio. Certo, la grandezza dell’uomo sta nel poter pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui. Ma il rapporto è tra due realtà. Dio – questo è il mio pensiero e questa la mia esperienza, ma quanti, ieri e oggi, li condividono! – non è un’idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell’uomo. Dio è realtà con la “R” maiuscola. Gesù ce lo rivela – e vive il rapporto con Lui – come un Padre di bontà e misericordia infinita. Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell’uomo sulla terra – e per la fede cristiana, in ogni caso, questo mondo così come lo conosciamo è destinato a venir meno -, l’uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui. La Scrittura parla di “cieli nuovi e terra nuova” e afferma che, alla fine, nel dove e nel quando che è al di là di noi, ma verso il quale, nella fede, tendiamo con desiderio e attesa, Dio sarà “tutto in tutti”».
Quindi, nota giustamente il lettore Brizio, «papa Francesco ha detto e scritto che la Verità è una relazione (tra un io e un tu: Quid est veritas? Vir qui adest) e non che è relativa come suggerisce Scalfari. Il papa rimanda ancora al concetto di relazione-rapporto per rispondere all’altro punto sulla scomparsa dell’uomo sulla terra e in nessun modo scade in una visione panteistica di una luce di Dio che si stempera nelle anime. Dire che Dio sarà “tutto in tutti” non è la stessa cosa che dire che la luce di Dio sarà tutta in tutti e che si identifica con le anime».
da www.tempi.it
da Baltazzar | Set 19, 2013 | Chiesa, Papa Francesco
Durante l’Udienza Generale, papa Francesco ricorda che i dieci Comandamenti non sono un “insieme di no” ed invita a “pensarli in positivo”
da www.zenit.org di Luca Marcolivio
Nel corso dell’Udienza Generale odierna, tenutasi stamattina in piazza San Pietro, continuando il ciclo di catechesi sul Mistero della Chiesa, papa Francesco si è riallacciato all’immagine della “Chiesa-mamma”, già evocata nell’omelia di ieri mattina a Santa Marta.
“A me piace molto questa immagine – ha spiegato il Santo Padre – perché mi sembra che ci dica non solo come è la Chiesa, ma anche quale volto dovrebbe avere sempre di più la Chiesa”.
Il Pontefice ha quindi sottolineato alcuni principi che dovrebbero animare l’educazione di una madre verso i propri figli. In primo luogo, essa “insegna a camminare nella vita”, indicando la “strada giusta” e lo fa “con tenerezza, con affetto, con amore, sempre anche quando cerca di raddrizzare il nostro cammino perché sbandiamo un poco nella vita o prendiamo strade che portano verso un burrone”.
Ogni mamma, inoltre, sa cosa è importante per un figlio, non perché l’ha “imparato dai libri” ma perché l’ha “imparato dal proprio cuore”.
Anche la Chiesa, come una madre, orienta i suoi figli nella vita, attraverso insegnamenti la cui base sono i dieci Comandamenti, anch’essi “frutto della tenerezza, dell’amore stesso di Dio che ce li ha donati”. Sebbene qualcuno possa obiettare si tratti semplicemente di “comandi” o un “insieme di no”, papa Francesco ha invitato a “leggerli” e a “pensarli in positivo”.
Tra le altre cose, i Comandamenti, ha sottolineato il Papa, ci invitano “a non farci idoli materiali che poi ci rendono schiavi, a ricordarci di Dio, ad avere rispetto per i genitori, ad essere onesti, a rispettare l’altro”: tutti insegnamenti che una mamma normalmente trasmette e “una mamma non insegna mai ciò che è male, vuole solo il bene dei figli, e così fa la Chiesa”, ha aggiunto il Santo Padre.
Anche quando un figlio “diventa adulto” e “si assume la sua responsabilità”, una mamma continua a seguirlo “con discrezione” e, quando sbaglia, “trova sempre il modo per comprendere, per essere vicina, per aiutare”.
Una mamma per i suoi figli sa “metterci la faccia” – ha detto Bergoglio, usando un’espressione tipica della sua terra – cioè è “spinta a difenderli” anche nelle situazioni più controverse: ad esempio, se finiscono in carcere, le mamme “non si domandano se siano colpevoli o no, continuano ad amarli e spesso subiscono umiliazioni, ma non hanno paura, non smettono di donarsi”.
Allo stesso modo, la Chiesa si dimostra una “mamma misericordiosa” con i figli che “hanno sbagliato e che sbagliano” e, senza giudicare, offre loro il “perdono di Dio”. La Chiesa non ha paura di entrare nella nostra “notte”, ovvero “nel buio dell’anima e della coscienza” e lo fa sempre “per darci speranza”.
La Chiesa, infine, come tutte le mamme, “sa anche chiedere, bussare ad ogni porta per i propri figli, senza calcolare, lo fa con amore”, in particolare pregando Dio, specie per i figli “più deboli” o che hanno preso “vie pericolose e sbagliate”.
A tal proposito, papa Francesco ha citato l’esempio di Santa Monica e delle sue tante preghiere e lacrime versate per il figlio Agostino, fino a farlo diventare anch’egli santo.
“Penso a voi, care mamme: quanto pregate per i vostri figli, senza stancarvi! Continuate a pregare, ad affidare i vostri figli a Dio; Lui ha un cuore grande! Bussate alla porta del cuore di Dio con la preghiera per i figli”, ha esortato il Pontefice.
Anche la Chiesa, quindi, prega per i propri figli in difficoltà: in essa vediamo “una buona mamma che ci indica la strada da percorrere nella vita, che sa essere sempre paziente, misericordiosa, comprensiva, e che sa metterci nelle mani di Dio”, ha poi concluso il Papa.
da Baltazzar | Set 19, 2013 | Biopolitica, Flatulenze, Segni dei tempi
Madre e padre nei moduli per l’iscrizione all’asilo nido stavano proprio antipatici, tant’è che a Bologna si cambieranno. Che poi a ben guardare i documenti in questione l’intera faccenda assume toni paradossali. Prima di tutto perché nei moduli del Comune c’era già scritto “genitore richiedente” e “altro genitore”, che l’assessore alla Scuola Marilena Pillati ha annunciato come cambiamento. Scorrendo il foglio, verso la fine, si parlava poi di “madre” e “padre” quando si accennava alla condizione lavorativa e ai numeri di telefono.
Dopo la riunione della commissione Affari Generali di Palazzo d’Accursio la decisione è stata presa e a poco sono valse le resistenze di Pdl, Lega e parte del Pd che si sono opposti con decisione. Il cambiamento, a detta dell’assessore Pillati, pare essere semplicemente un affare burocratico, e come tale non deve passare dal Consiglio: “Per un fatto di coerenza interna – ha specificato – stiamo valutando di sostituire i termini distinguendo sempre tra il genitore che ha fatto richiesta e l’altro genitore”.
Naturalmente non è solo un affare burocratico, ma altamente simbolico, come dimostrano le reazioni da una parte e dall’altra che a partire dalle prime ore della mattinata di ieri non hanno tardato a farsi sentire. Il Pd frena l’entusiasmo trionfalistico di Sel, che aveva presentato pochi giorni fa la proposta, e dimostra tutto il suo imbarazzo davanti alle intenzioni del sindaco Virginio Merola: “In fondo l’assessore ha parlato di una valutazione in corso d’opera – ha detto il capogruppo Pd Francesco Critelli –. C’è ancora spazio per una riflessione, una decisione non è stata ancora presa”. Critelli ha assicurato che ci sarà un confronto tra la maggioranza e la Giunta per trovare la soluzione migliore. Al momento comunque non è in programma nessuna riunione.
Molto meno positivo il Pdl, che affila le armi per una battaglia campale chiamando in causa direttamente il ministero dell’Interno: “Quando usciranno i moduli – avverte la consigliera Valentina Castaldini – farò un interpello al ministero per chiedere se è corretta la modifica o se interviene sulla legge vigente”. Secondo Castaldini, del resto, “i moduli non vanno cambiati, perché non discriminano nessuno: per legge c’è un padre e una madre”.
Dopo lo stesso episodio accaduto a Venezia, dove la consigliera Camilla Seibezzi aveva fatto in Consiglio comunale la stessa proposta, che era stata stoppata, la questione ormai è nazionale: “Non è così che si tutelano i diritti delle minoranze – ha dichiarato il senatore dell’Udc Antonio De Poli -. Le parole “mamma” e “papà” sono le più belle. Pensare che discriminino i gay offende non solo chi crede nella famiglia ma chi, pur schierandosi dalla parte dei gay, ritiene la famiglia un valore fondamentale da tutelare”.
Ignazio la Russa bolla come “pagliacciata” la decisione della Giunta di Palazzo D’Accursio: “Fratelli d’Italia contrasterà in tutti i modi questi provvedimenti e invita le altre forze di centrodestra a far sentire il proprio dissenso”.
Interviene nella polemica anche Gian Luca Galletti, bolognese dell’Udc e sottosegretario all’Istruzione: «È solo una stupida provocazione. Stupisce che la giunta di Bologna, davanti ai problemi che i cittadini vivono, a cominciare dalla scarsità dei servizi e dall’aumento ipotizzato delle imposte, perda tempo su temi che poco hanno a che fare con l’amministrazione della città».
«Ci siamo fatti ridere dietro da tutta Italia, vedrete che alla fine si torna indietro e si corregge la cosa», sintetizza il consigliere comunale Pd, Tommaso Petrella.
Caterina Dall’Olio da www.avvenire.it