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La Santa Sede: no al tentativo di imporre l'ideologia di genere

In merito alle conclusioni della 55ª Commissione sullo Status Femminile
Tratto dal sito ZENIT, Agenzia di notizie il 19 marzo 2011

New York – La Santa Sede ha denunciato un nuovo tentativo di imporre, anche contro il parere di molti Paesi, una visione basata sull’ideologia di genere nelle conclusioni della 55ª sessione della Commissione sullo Status delle Donne e delle Bambine del Consiglio Economico e Sociale dell’ONU (ECOSOC).

Nel suo intervento del 14 marzo, l’Osservatore Permanente, monsignor Francis Chullikatt, ha affermato chiaramente “la necessità di rispettare il valore e la dignità inerenti a tutte le donne e le bambine, fondamentali per il loro autentico progresso”.

Ha anche espresso le riserve della Santa Sede di fronte alla redazione finale delle conclusioni della Commissione sullo Status Femminile dell’ECOSOC, che, ha denunciato, tentano di imporre nuovamente – come in occasioni precedenti – l’ideologia di genere.

Rispetto all’inclusione del termine “genere” nelle conclusioni della Commissione, monsignor Chullikatt ha lamentato che nel testo attuale sia stato adottato “un nuovo paragrafo del preambolo con l’intenzione di eliminare i dubbi sulla promozione di una nuova definizione di genere”.

“Questo programma non può trovare posto in un documento patrocinato dalle Nazioni Unite, soprattutto riguardo alle donne e alle bambine”, ha affermato.

Il presule ha quindi ricordato che nel diritto dei trattati l’unica definizione di “genere” che vincola gli Stati membri è quella contenuta nello Statuto di Roma del Tribunale Penale Internazionale, che dichiara che “il termine ‘genere’ si riferisce ai due sessi, maschile e femminile, nel contesto della società”.

“A ragione, durante i negoziati, molte delegazioni hanno ribadito l’uso di ‘genere’ per riferirsi a ‘donne e uomini’, maschile e femminile, in base al suo uso concordato in precedenza, durante e dopo la negoziazione della Dichiarazione di Pechino e della Piattaforma d’Azione”.

Contro i diritti umani
Purtroppo, ha denunciato monsignor Chullikatt, “durante i negoziati del testo attuale, alcune delegazioni hanno cercato di avanzare ancora una volta, attraverso gli ‘studi di genere’, verso una radicale definizione di ‘genere’, che afferma che l’identità sessuale in qualche modo si può adattare indefinitamente con fini nuovi e diversi, non riconosciuti nel diritto internazionale”.

I promotori di questo tentativo di ridefinire il genere hanno inoltre eliminato nel testo il riferimento ai diritti umani, “nonostante il sostegno schiacciante a favore della loro inclusione”, e si sono anche opposti “al riferimento alla dignità inerente e al valore delle donne e degli uomini, un principio profondamente radicato nel sistema dei diritti umani”.

“Alla luce di queste tendenze, la comunità internazionale deve essere consapevole del fatto che questo programma per ridefinire il ‘genere’, a sua volta, mette in discussione la base stessa del sistema dei diritti umani”, ha sottolineato il presule.

L’Osservatore vaticano ha anche denunciato che “questo avvicinamento radicale è legato alla mancanza di riferimento ai ‘diritti’ dei genitori, in particolare al loro diritto di scegliere l’educazione per i propri figli, inclusa l’educazione sull’autentico valore umano, il matrimonio e la famiglia”.

Anche se i diritti dei genitori “sono specificati nell’UDHR, il Patto Internazionale di Diritti Politici e Civili e il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali”, vari “tentativi di includere il linguaggio dei diritti umani dei genitori nello stesso modo rispetto ai termini delle responsabilità genitoriali sono stati respinti”.

“E’ una questione importante, quando si considera che i diritti dei genitori e i doveri sono fermamente radicati nel diritto internazionale e questi diritti sono correlativi ai doveri, essendo i primi necessari per poter realizzare i secondi”, ha ribadito.

Il presule ha anche ricordato le riserve della Santa Sede, come in occasioni precedenti, “riguardo al significato della definizione di ‘salute riproduttiva e sessuale’, che non dovrebbe includere l’aborto o i servizi dell’aborto”.

La Santa Sede, ha sottolineato, “non sostiene in alcun modo gli anticoncezionali o l’uso del preservativo, sia come misura di pianificazione familiare che come parte dei programmi di prevenzione dell’Hiv/Aids o di lezioni/programmi di educazione sessuale”.

“La Santa Sede – come molte donne di tutto il mondo – è convinta che il vero progresso della donna sia fortemente legato al riconoscimento e all’effettiva applicazione dei suoi diritti, dignità e responsabilità. Entrambi, donne e uomini, sono chiamati ad accoglierli, difenderli e promuoverli, per un rinnovato impegno nei confronti dell’umanità”, ha concluso monsignor Chullikatt.

Ciao Fiorello…

Stanotte dopo circa un’anno dalla scoperta di un tumore, Fiorello è tornato alla Casa del Padre. Dopo aver vissuto un matrimonio cristiano che il Signore ha benedetto con 5 figli, e aver vissuto con semplicità e onestà tutta la sua vita, nel momento più importante, non si è tirato indietro e ha affrontato la morte a viso aperto, preparandosi con le armi che il Signore ci ha donato (la preghiera, i sacramenti), senza maledire colui che della vita ne è l’autore Dio.

Ciao Fiorello, arrivederci in Paradiso.

Mons. Brandmüller: l’ateismo è irragionevole

Il Papa sfida Zapatero sul matrimonio naturale

Il monito di Ratzinger nel cuore del Paese più progressista d’Europa: “Lo Stato tuteli la famiglia”. Al suo passaggio 200 gay hanno protestato con un “bacio collettivo”.
di Andrea Tornielli
Tratto da Il Giornale dell’8 novembre 2010

«L’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio» vanno «sostenuti dallo Stato, la vita «inviolabile e sacra» dei figli va difesa «fin dal momento del concepimento». Servono «adeguate misure economiche e sociali» perché la donna possa trovare «la sua piena realizzazione in casa e al lavoro».

Dal cuore del Paese di José Luis Zapatero, di quella che Spagna che ha introdotto i matrimoni gay, il divorzio veloce e – da un anno – l’aborto per le minorenni senza la necessità del consenso dei genitori, Benedetto XVI fa sentire la voce della Chiesa. È un pronunciamento quasi obbligato, quello del Papa, che ieri, nella seconda e ultima giornata del suo viaggio, ha consacrato la cattedrale della Sagrada Familia progettata dall’architetto Antonio Gaudì, per il quale si è aperto il processo di beatificazione. Un’opera straordinaria, unica, ammirata dai visitatori di tutto il mondo, che da ieri è diventata una chiesa officiata a tutti gli effetti. Essendo dedicata alla sacra famiglia di Nazaret, ha offerto l’occasione a Ratzinger per ripetere, con parole gentili ma al tempo stesso inequivocabili, un appello per la difesa della famiglia e della vita, legando il perdurare di una «vera libertà» proprio all’esistenza dell’amore e della fedeltà.

Mentre la papamobile, stava arrivando alla Sagrada Familia, un gruppo di duecento gay e lesbiche hanno inscenato al suo passaggio una protesta, consistita in un «bacio collettivo» durato circa cinque minuti e scandito da slogan e invettive contro il Pontefice.

Benedetto XVI è stato accolto davanti alla cattedrale in costruzione da 128 anni, dal re Juan Carlos di Borbone e dalla regina Sofia, con i quali si è brevemente intrattenuto prima dell’inizio della messa. Nell’omelia del rito di consacrazione della nuova chiesa, il Papa, ha ricordato che oggi «si è progredito enormemente in ambiti tecnici, sociali e culturali». Ma «non possiamo accontentarci di questi progressi». Con essi, ha detto ancora Ratzinger, «devono essere sempre presenti i progressi morali, come l’attenzione, la protezione e l’aiuto alla famiglia, poiché l’amore generoso e indissolubile di un uomo e una donna è il quadro efficace e il fondamento della vita umana nella sua gestazione, nella sua nascita, nella sua crescita e nel suo termine naturale».

«Solo laddove esistono l’amore e la fedeltà – ha ribadito il Papa – nasce e perdura la vera libertà. Perciò, la Chiesa invoca adeguate misure economiche e sociali affinché la donna possa trovare la sua piena realizzazione in casa e nel lavoro, affinché l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio e formano una famiglia siano decisamente sostenuti dallo Stato, affinché si difenda come sacra e inviolabile la vita dei figli dal momento del loro concepimento, affinché la natalità sia stimata, valorizzata e sostenuta sul piano giuridico, sociale e legislativo». «Per questo – ha concluso – la Chiesa si oppone a qualsiasi forma di negazione della vita umana e sostiene ciò che promuove l’ordine naturale nell’ambito dell’istituzione familiare».

Il Papa è tornato a parlare della «dignità» e del «valore primordiale del matrimonio e della famiglia, speranza dell’umanità, nella quale la vita riceve accoglienza, dal suo concepimento fino al suo termine naturale», anche all’Angelus.

Poi, nel pomeriggio, Benedetto XVI ha visitato l’Istituto «Obra Benéfico-Social del Nen Déu», istituto per bambini malati e bisognosi creato nel 1892 dalla beata Madre Carmen del Niño Jesús per accogliere e aiutare i bambini down. Da quando è stato introdotto l’aborto, nascono sempre meno bambini con questo handicap e oggi l’istituto aiuta anche piccoli con altri problemi. Nel suo discorso, il Papa ha invitato le autorità «a prodigarsi perché i più svantaggiati siano sempre raggiunti dai servizi sociali, e a coloro che sostengono con il loro generoso aiuto entità assistenziali di iniziativa privata, come questa scuola». E ha chiesto «che i nuovi sviluppi tecnologici nel campo medico non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignità umana».

All’aeroporto, prima di ripartire per Roma, il Papa ha incontrato brevemente il premier spagnolo Zapatero appena rientrato dall’Afghanistan. Al colloquio ha assistito il Segretario di Stato Tarcisio Bertone.

Magdi Cristiano: “Mi impegno a portare il dibattito sulle radici giudaico-cristiane nella Commissione Cultura del Parlamento Europeo”

Per la presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo, la tedesca Doris Pack, la cultura europea non deve tradursi in 12 stelle gialle tutte ugualmente luccicanti. Il riferimento è alla bandiera dell’Unione Europea che ha corona di 12 stelle giallo su sfondo blu.

Per la Pack la cultura europea è plurale, deve salvaguardare la pluralità che esiste tra i diversi paesi europei. Una tesi accolta con il plauso di molti dei presenti alla riunione della Commissione svoltasi stamane nella sede del Parlamento a Bruxelles.

Il discorso della diversità si era posto dopo una domanda posta dal filosofo Gianni Vattimo, membro della Commissione Cultura: con quale lingua intende l’Europa parlare in giro per il mondo? Attualmente la Ue ha accreditato come lingue ufficiali le 24 lingue dei 27 paesi membri.

La domanda di Vattimo sulla lingua veicolare dell’Europa, aggiungo io qui non avendo voluto intervenire in aula, richiama ad un’altra domanda di fondo: esiste una cultura europea? La cultura europea è solo un contenitore in cui vivono le differenti culture dei 27 paesi attualmente membri dell’Unione, che potrebbe avere connotazioni ancora diverse quando i paesi membri aumenteranno includendo magari anche la Turchia?

Può esserci una cultura europea senza il riconoscimento della verità storica delle radici giudaico-cristiane che hanno favorito la nostra civiltà laica e liberale, che è stata la culla dei diritti fondamentali della persona e la patria della moderna democrazia? Può esserci una cultura europea senza la condivisione dei valori non negoziabili, a partire dal bene inalienabile della vita, dalla centralità della dignità della persona e dalla certezza della libertà di scelta? Può esserci una cultura europea senza l’orgoglio dell’identità cristiana che è l’unico collante che ha forgiato la costruzione dell’Europa come realtà distinta e contrapposta all’islam e all’invasione degli eserciti musulmani che dal settimo secolo hanno posto fine all’unità del Mediterraneo che si reggeva sulla comune fede in Gesù Cristo?

La Pack dovrebbe rivalutare le 12 stelle che nella bandiera europea sono non a caso uguali e parimenti luccicanti. Perché sono la corona di stelle che San Giovanni nell’Apocalisse preannuncia la visione della Madonna, simboleggianti pertanto la fede cristiana che, come scrisse Goethe, è la lingua comune dell’Europa.

Mi impegno per il futuro a richiedere alla Commissione Cultura, di cui sono membro effettivo, un dibattito sulle radici giudaico-cristiane, i valori non negoziabili e l’identità cristiana della civiltà dell’Europa. Se non sappiamo chi siamo, se non siamo certi di chi siamo, se non siamo orgogliosi di chi siamo, l’Europa continuerà ad essere solo un contenitore al cui interno ci sarà tutto e il contrario di tutto, compresi i nemici delle radici giudaico-cristiane, dei valori non negoziabili e dell’identità cristiana. Noi condividiamo quanto detto da Robert Shuman, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea insieme a Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi: o l’Europa sarà cristiana o non sarà.

Magdi Cristiano Allam

(Bruxelles, 2 settembre 2010)