Richard Dawkins difende la pedofilia?

Richard Dawkins difende la pedofilia?

da http://www.uccronline.it

Richard Dawkins E’ ufficiale ormai, Richard Dawkins ne combina di più perfino del nostro simpatico Odifreddi. Dopo essersi classificato tra i peggiori misogini del 2011 per aver chiesto di tacere ad una donna che si lamentava degli abusi subiti in una conferenza di atei militanti, in questi giorni “l’ateo più famoso del mondo” (che però ha cambiato idea dicendo di essere agnostico) ha difeso la “pedofilia mite”. Questo è quanto dicono i media, in realtà non è vero.

In un’intervista al “Times”, il 72enne inglese ha raccontato che nel 1950 uno dei suoi maestri di scuola una volta lo ha messo sulle sue ginocchia infilando la mano dentro ai suoi calzoncini. «Era estremamente sgradevole e imbarazzante», ha ricordato, «appena ho potuto divincolarmi dal suo grembo l’ho raccontato ai miei amici, molti dei quali avevano avuto la stessa esperienza con lui. Non credo che questo fatto abbia avuto alcun danno duraturo su di noi».

Le dichiarazioni non sono terminate: «Sono molto consapevole del fatto che non si possono condannarele persone di un’epoca precedente usando gli stessi standard di oggi». Questo è purtroppo vero, la pedofilia era decisamente sottovalutata anni fa, non a caso i casi di abusi commessi anche da sacerdoti e religiosi risalgono in massima parte tra gli anni ’50 e i ’70 come ha dimostrato l’indagine nel 2006 dal John Jay College della City University of New York. In un periodo culturale di libertinaggio sessuale ed esplosione della pornografia, com’è stato quel periodo storico, anche la pedofilia ha trovato meno resistenze ad affermarsi, anche giustificata dalla teoria della “liberazione sessuale” dei bambini, portata avanti dagli antenati di Dawkins come gli intellettuali laici Simone de BeauvoirMichel Foucault, e Jean-Paul Sartre.

«Proprio come noi, se guardiamo indietro ai secoli 18° e 19°, non condanniamo le persone per razzismo allo stesso modo di come noi le condanneremmo oggi, se guardo indietro alla mia infanzia vedo cose come una lieve pedofilia e non riesco a trovare gli stessi motivi per condannarla come invece farei o chiunque farebbe oggi», ha aggiunto lo scienziato inglese. «Il signor Dawkins sembra pensare che se un reato è stato commesso da molto tempo dovremmo giudicarlo in modo diverso»ha commentato Peter Watt, direttore del Child protection at the National Society for the Prevention of Cruelty to Children. «Ma noi sappiamo che le vittime di abusi sessuali subiscono gli stessi effetti, indipendentemente se abusate negli ani 50 o ieri»Peter Saunders, presidente del National Association for People Abused in Childhoodha aggiunto«L’abuso in tutte le sue forme è sempre stato sbagliato. Il male è male e dobbiamo sfidarlo ogni volta e ovunque si manifesti».

Leggendo le dichiarazioni di Dawkins è evidente che non intendeva giustificare l’abuso di bambini o la pedofilia lieve, tuttavia la sua uscita è stata davvero infelice e ambigua. Oltretutto sorprende che abbia completamente omesso una parola di aperta condanna verso la pedofilia (lieve e non), nonostante fosse sul principale quotidiano inglese. In Italia si direbbe un’odifreddura o come ha commentato il suo amico PZ Myers, un vero disastro. In ogni caso si tratta dell’ennesima gaffe di Dawkins & Co. che ha portato Martha Gill sul “Telegraph” a definire questi “atei impegnati” come “persone imbarazzanti” ed il non credente Brendan O’Neill ad affermare che «gli atei stanno diventando le persone più fastidiose del pianeta».

Curioso che l’unica ad aver difeso integralmente Dawkins, senza nemmeno sottolineare che la sua è stata oggettivamente un’uscita poco prudente, è stata la sua laica devota Chiara Lalli. La militante italiana si è preoccupata di difendere a tutti i costi le buone intenzioni del suo Dawkins, temendo che se venisse screditata la figura dello scienziato inglese per una dichiarazione tanto controversa potrebbe per molti risultare compromesso anche il suo pensiero in favore della religione ateista e di condanna dei credenti. Ecco perché si è sentita chiamata ad intervenire. Peccato che la Lalli non abbia fatto l’avvocato difensore quando Dawkins ha umiliato la donna abusata nel 2011 e non abbia pensato di correggerlo quando, sempre lui, pochi mesi fa ha affermato che educare i bambini alla religione è un maleparagonabile alla pedofilia. In questo caso, siamo certi che Dawkins lo ritenga una terribile violenza anche quando lo si faceva negli anni ’50.

Si scrive “laicità”, si legge anticlericalismo

Si scrive “laicità”, si legge anticlericalismo

di Ruben Razzante da www.lanuovabq.it

Laicità giacobinaQuanti elettori di Hollande immaginavano che la Francia potesse raggiungere livelli così imbarazzanti di anticlericalismo? Anche cittadini d’oltralpe vicini alla sinistra manifestano il loro disagio di fronte a talune scelte del governo in carica in quello Stato, che demoliscono i cardini di una democrazia pluralista, riportando pericolosamente le lancette della storia all’epoca giacobina del terrore e del furore iconoclasta.

La decisione del ministro dell’istruzione, Vincent Peillon di far affiggere in tutte le scuole pubbliche la “Carta della laicità” risponde a un preciso disegno ideologico di impronta apparentemente liberale, ma in realtà di stampo profondamente autoritario. I 15 articoli della Carta, presentati nei giorni scorsi in un liceo della regione parigina come strumenti “per migliorare l’armonia nelle classi”, in realtà alimentano un concetto di laicità segnatamente antireligioso e rischiano di rivelarsi l’anticamera di nuove laceranti fratture tra Stato e confessioni religiose e tra i diversi gruppi sociali.

Tra lo Stato teocratico di memoria medievale e lo Stato ateo di matrice marxista, esistono enormi praterie per affermare una moderna e conciliante visione della laicità come approccio alle realtà terrene, che si nutre di pluralismo delle idee, dei culti e delle religioni e che rispetta le identità di ciascuno, senza demonizzazioni né preclusioni preconcette. L’impostazione del governo francese appare, al contrario, settaria, gretta e antistorica, oltre che intimamente illiberale.

Il divieto di esporre o indossare qualsiasi simbolo religioso è uno dei più controversi punti della nuova Carta della laicità e appare un proclama da Stato etico, basato sull’assenza o sulla negazione della libertà di manifestazione della fede religiosa. L’identità religiosa diventa, dunque, nella Francia di Hollande, un fattore di menomazione della sfera della cittadinanza, a partire dal diabolico presupposto di una dicotomia insanabile tra religione e libertà: la religione ammazza la libertà, dunque va soppressa, arginata, sganciata da qualsiasi percorso educativo e di formazione.

Al fondamento dei principi sanciti nella Carta della laicità c’è una concezione di Stato onnivoro che vuole fagocitare e orientare tutte le espressioni dell’agire individuale e collettivo e disintegrare la libertà religiosa per sostituirvi un’unica massiva “religione repubblicana”, un’educazione di Stato uguale per tutti e negatrice dell’identità individuale e delle tradizioni famigliari. È una dittatura mascherata, un autoritarismo di Stato ammantato di finto liberalismo.

In questo contesto, infatti, lo Stato diventa l’unica agenzia educativa, il solo soggetto titolato a trasmettere valori “neutrali” ai cittadini, mentre la Chiesa viene marginalizzata da qualsivoglia circuito pedagogico in quanto portatrice di una visione del mondo contraria a quella rigidamente immanentista veicolata dal governo francese.

È una logica aberrante che affonda le sue radici nel pensiero della rivoluzione francese, di stampo illuminista, negatore di qualsiasi contributo della religione alla formazione dell’individuo. Non a caso il ministro socialista francese che ha proposto la Carta è un filosofo riconducibile a quella tradizione e teorico dell’irriducibile diversità e incompatibilità tra religione e vita, tra libertà e vincolo morale.

Nei 15 articoli della Carta della laicità francese si rintracciano alcune affermazioni forti: «La laicità implica il rigetto di tutte le violenze e di tutte le discriminazioni, garantisce l’uguaglianza tra maschi e femmine e riposa su una cultura del rispetto e della comprensione dell’altro»; «Nessun allievo può invocare una convinzione religiosa o politica per contestare a un insegnante il diritto di trattare un tema che fa parte del programma»; «È proibito portare segni o abiti attraverso i quali gli allievi manifestino in modo ostentato un’appartenenza religiosa», dunque anche un crocifisso o un velo islamico e magari anche un albero di Natale. Altro che libertà, neutralità e rispetto.

Piccolo sollievo è dato dal fatto che questa Carta sarà obbligatoria, come la bandiera nazionale, in tutte le 54.000 scuole statali francesi, mentre l’obbligo non varrà per gli 8.800 istituti scolastici privati, che diventeranno le uniche oasi di libertà nell’arcipelago educativo francese.

Al di là del comprensibile sconcerto suscitato da iniziative di questo tipo, si possono fare alcune amare riflessioni. Anzitutto la svalutazione del ruolo dei docenti, ridotti a meri burocrati esecutori di rigide direttive ideologiche impartite dall’alto, tipiche di uno Stato etico. La libertà d’insegnamento si immola sull’altare del pensiero unico e del relativismo antireligioso. In secondo luogo, c’è da chiedersi quale disorientamento si produrrà nel tessuto scolastico francese, considerato che queste norme certamente verranno applicate in modo distorto e con accenti differenti sul territorio d’oltralpe e, magari, saranno modificate radicalmente da un qualsiasi governo di segno politico diverso da quello di Hollande (ci sono tutte le premesse perché i francesi tornino a votare il centro-destra alle prossime elezioni). Infine, c’è l’incognita dell’islam, che si sente attaccato da queste norme sulla laicità e medita plateali manifestazioni di dissenso, destinate a turbare l’ordine sociale.

Francia, il signor Lebouvier vuole sbattezzarsi e denuncia la sua diocesi. Ma il tribunale gli dà torto

Francia, il signor Lebouvier vuole sbattezzarsi e denuncia la sua diocesi. Ma il tribunale gli dà torto

La diocesi di Coutances ha scritto di fianco al suo nome sul registro: la formula: «Ha rinnegato il suo battesimo». Ma l’uomo voleva l’annullamento del Sacramento
di Leone Grotti da www.tempi.it 
René Lebouvier, ateo di 73 anni, già cattolico e ora «libero pensatore» ha denunciato la diocesi di Coutances, in Francia, perché si è rifiutata di cancellare dai registri parrocchiali il suo battesimo. La lunga battaglia dell’uomo contro la Chiesa francese, cominciata nel 2001, si è chiusa l’altro giorno quando la Corte d’appello di Caen ha dato ragione alla diocesi.

«VOGLIO SBATTEZZARMI». Quando Lebouvier ha manifestato l’intenzione di “sbattezzarsi”, nel 2001, la diocesi ha scritto nel registro, di fianco al nominativo dell’uomo: «Ha rinnegato il suo battesimo». Lebouvier ha ottenuto così la rinuncia pubblica al suo battesimo e si è ritenuto soddisfatto. Ma nel 2009, «scandalizzato dall’atteggiamento del Papa in Africa sul preservativo», ha chiesto alla diocesi di «cancellare completamente il mio battesimo». Davanti al rifiuto del vescovo, l’uomo si è rivolto al tribunale, che il 6 ottobre 2011 ha sentenziato che il suo nome doveva effettivamente essere cancellato dai registri.

BATTESIMO NON SI ANNULLA. La Chiesa ha fatto ricorso perché, come spiega al Le Figaro il cappellano di una scuola di Seine-et-Marne, «il battesimo non è un contratto o un abbonamento che apre a dei diritti o che si può cancellare. Dio infatti non viene mai meno al suo giuramento, contrariamente agli uomini». Il battesimo dunque non può essere annullato perché, per quanto l’uomo lo rinneghi, il Sacramento divino non si cancella. Inoltre è un atto pubblico celebrato alla presenza di testimoni: non si può far finta che non sia mai esistito. Ma poiché la Chiesa riconosce chi rinuncia pubblicamente alla religione cattolica, la diocesi ha aggiunto di fianco al suo nome la dicitura: «Ha rinnegato il suo battesimo».

«LIBERTÀ RISPETTATA». Ispirandosi a tutti questi motivi, la Corte d’appello di Caen ha dato ragione alla diocesi di Coutances, stabilendo che «la libertà del signor Lebouvier di non appartenere alla religione cattolica è rispettata anche senza la cancellazione o un’ulteriore correzione del documento in questione». In Francia si celebrano circa 300 mila battesimi all’anno e secondo le statistiche della Chiesa sono circa mille le persone che ogni anno chiedono di sbattezzarsi.

Torte nuziali gay: negli Stati Uniti se non le prepari sei denunciato

Torte nuziali gay: negli Stati Uniti se non le prepari sei denunciato

di Gianfranco Amato da www.lanuovabq.it

torta nuziale gay

Per capire meglio quali possono essere le surreali conseguenze di una legislazione antiomofobia, basta dare un’occhiata a quello che sta accadendo proprio in questi giorni negli Stati Uniti. Due casi simbolo possono rendere l’idea.

Il primo è accaduto nell’Oregon, dove i coniugi Aaron e Melissa Klein, una coppia cristiana che gestisce una pasticceria specializzata in torte nuziali – il locale si chiama “Sweet Cakes” –  è finita davanti alla Sezione Diritti Civili dell’Oregon’s Bureau of Labor and Industries , e si trova oggi sotto inchiesta per la violazione dell’Oregon Equality Act 2007, la legge contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. I due si trovano nei guai a seguito di un anti-discrimination complaint, un formale ricorso proposto da Rachel and Laurel Bowman-Cryer, lesbiche che hanno deciso di contrarre regolare matrimonio. I motivi della denuncia risiedono nel fatto che di fronte alla richiesta delle due omosessuali di preparare la torta nuziale, i coniugi Klein hanno opposto il proprio rifiuto, invocando l’obiezione di coscienza per motivi religiosi.

Aaron Klein ha avuto l’impudenza di rilasciare la seguente dichiarazione: «Io credo che il matrimonio sia un’istituzione religiosa creata da Dio, come si legge in quel passo della Genesi in cui si dice che un uomo lascerà i propri genitori per unirsi a sua moglie; questo per me è il fondamento e la base del matrimonio». Questa frase non gli è costata solo la denuncia, ma anche una gragnola di insulti, improperi e persino minacce di morte, oltre al boicottaggio e picchettaggio del locale, con conseguente perdita economica di quasi il cinquanta per cento dei ricavi. Oltre una furiosa reazione da parte dei gruppi gay. Con buona pace dello spirito di tolleranza degli asseriti “discriminati” per motivi sessuali. Klein ha comunque dimostrato di essere un cristiano tutto d’un pezzo: «Siamo in difficoltà, ma in fondo la mia fede è per me più importante dei soldi; io continuerò a difendere ciò in cui credo, e non penso che qualcuno possa costringermi a compiere atti contro la mia religione». Quello della torta nuziale per matrimoni gay è diventato un problema che comincia a diffondersi negli USA, visto che anche nel Colorado un collega dei Klein, titolare di una pasticceria, è finito per i medesimi motivi dinanzi la Colorado’s Civil Rights Commission (l’udienza è fissata per il prossimo mese), e secondo la legislazione di quello Stato, il malcapitato pasticciere rischia persino la galera.

Il secondo caso che merita di essere citato, come esempio, è quello di un’altra coppia di coniugi cristiani dell’Iowa. Si tratta di Dick e Betty Odgaard proprietari della Gorts Haus Gallery, un locale destinato allo svolgimento di celebrazioni nuziali. Anche in questo caso , il rifiuto di consentire al signor Lee Stafford ed al suo partner di utilizzare il proprio locale per il matrimonio, ha fatto finire gli Odgaard davanti alla Iowa Human Rights Commission. Anche ai due non è stata risparmiata l’onta del  pubblico ludibrio e del linciaggio, attraverso uno stillicidio di messaggi che hanno raggiunto il livello di una sessantina di email e una trentina di telefonate al giorno. I più educati di quei messaggi erano di questo tenore: «Come vi sentite sapendo che l’America e il mondo intero sarebbe un posto migliore senza di voi?». Inevitabile, poi, il boicottaggio economico con le conseguenti perdite d’incassi. Anche in questo caso a nulla è servita l’invocazione del diritto alla libertà di credo religioso. La signora Odgaard aveva, infatti, tentato di spiegare che il rifiuto di concedere il locale era esclusivamente fondato «su motivi di carattere religioso» e non altro: «Noi vogliamo che la gente sappia che abbiamo agito così per la nostra fede, per le nostre convinzioni». Per il futuro sposo Lee Stafford le motivazioni di carattere religioso degli Odgaard non hanno alcun rilievo: «Il fatto è che noi siamo stati discriminati per il nostro orientamento sessuale; il codice dello Iowa sancisce che chi gestisce locali aperti al pubblico non può porre in essere simili discriminazioni».

In effetti questo prescrive la legge, e molto probabilmente Dick e Betty Odgaard verranno condannati. A meno che non si trovi nello Stato di Iowa un giudice disposto a riconoscere ai cristiani il diritto all’obiezione di coscienza. La qual cosa potrebbe non essere impossibile se si considera un fatto. Il matrimonio omosessuale nell’Iowa è stato reso legale il 27 aprile 2009 a seguito di una sentenza della Corte Suprema di quello Stato nel celebre caso Varnum v. Brien. Il 2 novembre 2010, in occasione delle elezioni per il rinnovo, i tre giudici della Corte che all’unanimità si erano pronunciati a favore delle nozze gay, David Baker, Michael Streit e Marsha Ternus, sono stati puniti dal voto elettorale e non più riconfermati nell’alta carica, grazie anche alla dura campagna promossa dal National Organization for Marriage, un’organizzazione che si batte in difesa del matrimonio naturale tra persone di sesso opposto.  In America contro i giudici creativi esiste almeno questo rimedio.

Per le persone anziane sono un asilo sicuro le Case di Riposo ?

Per le persone anziane sono un asilo sicuro le Case di Riposo ?

Quid est veritas ? Ma perchè nell’emergenza uomo del Meeting di Rimini non si affrontano “argomenti” più vicini e più reali della gente ?

 

“ Uno podría pensar que podría haber una especie de eutanasia escondida…” “ Uno, osserva Papa Francesco parlando ai giovani argentini nella Cattedrale di Rio, “potrebbe pensare che ci sia una specie di eutanasia nascosta, cioè non ci si prende cura degli anziani”, “ c’è anche un’eutanasia culturale, perché non li si lascia parlare, non li si lascia agire”.

 

Questa è l’esortazione “illuminante” del Papa, che continua nella difesa dei deboli citando che “ i giovani devono emergere, devono farsi valere”, soprattutto, “gli anziani devono aprire la bocca”, “insegnarci”, devono “ trasmettere la saggezza dei popoli”. ( Lampedusa e Favela di Varginha luglio 2013) .

 

Queste parole molto dure, ma significative di Papa Francesco, fanno parte della preoccupazione della Chiesa sulla confusione morale ed intellettuale che si impone da qualche tempo anche nell’opinione pubblica e si corre il pericolo che venga offesa la stessa dignità, specie quella delle popolazioni più vulnerabili con proposte concernenti la limitazione delle nascite, il concetto non responsabile dei rapporti sessuali, l’aborto, gli emarginati, i disabili e il mancato rispetto delle persone anziane .

 

Come dice, saggiamente il Cardinale Tettamanzi che “ non sono diritti deboli, ma diritti dei deboli” ! 

 

E’ diritto alla vita in ogni embrione umano che rifiuta come immorale “azioni” che provocanti l’aborto o la manipolazione, è diritto alla vita di ogni essere umano, è diritto alla vita delle persone anziane in quanto la patologia da essi subita abbisogna prestazioni sanitarie molto costose e di “rifugi necessari” ed in nome del superiore ordine del risparmio si pensa che per costoro le speranze di vita siano molto residue : budget del ricoverato

 

Manca l’impegno ed è carente un’impostazione programmata dalle Istituzioni, di tutte, mentre dalla collettività sale forte, diffusa, decisa la domanda di solidarietà e di giustizia sociale per tutti.

 

Ancora una volta ri-prendiamo la “denuncia” della carenza di Case di Riposo, ormai lasciate alla speculazione privata, mentre è ignorato ogni inizio di programmazione pubblica e dove i bilanci pubblici non stanziano risorse finanziarie per la loro realizzazione .

 

Sono necessità delle persone anziane ove possono trovare un sereno e sicuro asilo e che consumano giornalmente i tempi della loro vita e della loro disperazione nella perfetta solitudine, quasi una “strisciante eutanasia” !, che potrebbe tramutarsi in una sintomatologia emotiva che può condurre alla depressione : primo disordine funzionale della persona.

 

Nella meditazione sulla vita Papa Francesco richiama quanto afferma Giovanni Paolo II° con la XI° Enciclica “Evangelium vitae” esortando la comunità in difesa della vita, riaffermando “ dal concepimento al declino” (Messaggio Santo Padre al 34esimo Meeting di Rimini 18 agosto 2013) .

 

La comunità nazionale, al di là di ogni credo politico, deve farsi carico della difesa della vita umana e della dignità di ogni cittadino, preciso richiamo “ai diritti inviolabili” ( art.2 Costituzione), affinché il fenomeno dell’emarginazione degli anziani, dei disabili, dei malati terminali, non deve avvenire .

 

E’ vero che l’ampiezza e la complessità degli interventi da realizzare richiedono un impegno da parte delle Istituzioni sia sul piano dell’impostazione programmatica che su quello del reperimento delle risorse finanziarie che costano enormi sacrifici al contribuente italiano, ma tuttavia é utile ricordare che questa n/s società è un coperchio strapieno di buchi, che copre molto poco le realtà e le necessità umane.

 

Parafrasando la famosa frase di Pilato rivolta a Gesù “quid est veritas? , coloro che “offendono la dignità umana” se non sanno dare una concreta risposta, non vogliano ripetere il comportamento del Proconsole romano che trascurò di attendere le parole che sono state sulle divine labbra di Gesù che rispose “est vir qui adest” ! Si è l’uomo che sta innanzi con tutti i suoi problemi .

 

Quei “cattolici”, poi, impegnati in politica, smarriti, perplessi, indecisi, dimentichi che il primo principio della Dottrina Sociale della Chiesa è la dignità della persona umana, che non hanno più un punto di “riferimento politico”, che sono molto “tiepidi” in fatto di concreta solidarietà, devono difendere la giustizia, la verità e valorizzare la dignità umana, scegliendo la via migliore nella coerenza, soprattutto, nel sostenere la solidarietà che non è quella della superficialità esteriore e delle parole vane ( troppo spesso”usate” in difesa della famiglia !), ma d’impegno secondo i valori etici .

 

E’ tempo di ricercare, di interpretare, di valutare la gente semplice che vuole essere presente in una convivenza e connivenza civile più aderente alle necessità reali, come le Case di Riposo, in difesa dell’ ”emergenza uomo” che non abbiamo “sentito” nel Meeting di Rimini, uscendo dal campo sterile delle vane parole per entrare in quello fecondo delle realtà e della concretezza e non aspettare la “difesa” che viene spesso e bene interpretata dalla Sede Apostolica come le “verità” di Papa Francesco .

 

Nell’opinione pubblica è evidente che potrebbe prevalere la protesta,( molto pericolosa !) ma non è morta la ri-presa della coscienza e come dice il Beato Giovanni Paolo II° :” Andiamo avanti con speranza ! 

 

Previte

http://digilander.libero.it/cristianiperservire

Torte nuziali gay: negli Stati Uniti se non le prepari sei denunciato

Se credi nella castità, non fai l’avvocato

di Massimo Introvigne da www.lanuovabq.it

homophopbia

Vedere come funzionano le leggi sull’omofobia all’estero è di grande interesse per prepararci alla battaglia che ci attende il mese prossimo in Italia. L’onorevole filosofa Michela Marzano ha messo in ridicolo in Parlamento chi teme che dalla legge sull’omofobia derivino limitazioni per la libertà di espressione dei credenti, affermando che sarebbe in corso una «campagna terroristica» ed esprimendosi in termini davvero pittoreschi, che non possono essere riportati su un quotidiano per famiglie. Anziché rispondere sullo stesso tono, dopo avere tanto parlato della Francia, vediamo come funziona per esempio la legge sull’omofobia in Canada.

Come ci spiegano i giuristi locali, i parametri sono ora definiti da una sentenza della Corte Suprema, Saskatchewan (Human Rights Commission) v. Whatcott, del 27 febbraio 2013, che fissa i limiti entro i quali si può invocare la libertà religiosa quando si è perseguiti in base alle leggi contro l’omofobia. Il caso riguardava un’organizzazione cristiana che protestava contro l’insegnamento obbligatorio della teoria del gender nelle scuole canadesi. La sentenza, fra l’altro, afferma che l’espressione «sodomiti» è omofoba, che è omofobo sostenere che ci sono molti più casi di pedofilia fra gli omosessuali che fra gli eterosessuali, e che la citazione del brano del Vangelo di Matteo secondo cui «chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli […], gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare» è gravemente omofoba se ristampata in una pagina di un opuscolo illustrata con annunci economici di un quotidiano dove uomini omosessuali cercano ragazzi «giovani e giovanissimi» per simpatiche e ben retribuite avventure sessuali.

Come spesso avviene, i giudici perseguono piccoli gruppi che si rendono poco gradevoli all’opinione pubblica per stabilire principi generali che sono poi applicati contro chiunque. Il gruppo cristiano in questione, Christian Truth Activists, sostiene anche la tesi – non provata, diciamolo subito – secondo cui l’ideologia del gender nasce ed è diffusa a causa di un «complotto ebraico», il che ha portato l’influente Canadian Jewish Congress a costituirsi parte civile di fronte alla Corte Suprema. Tuttavia altro è l’eventuale antisemitismo degli opuscoli di questo gruppo, altro è l’omofobia. E il risultato finale è che la Corte Suprema canadese ha stabilito – esattamente come temevano i vescovi cattolici del Paese in una lettera pastorale dell’aprile 2012 sulla libertà religiosa – che in caso di conflitto fra libertà di religione e leggi sull’omofobia sono le seconde a prevalere.

Non c’è solo la Corte Suprema. È venuto alla luce in questi giorni un caso molto interessante. Un’università protestante canadese, riconosciuta, la Trinity West University, si trova alla periferia di Vancouver. Questa università fa sottoscrivere agli studenti un codice di comportamento, che vieta – tra l’altro – l’accesso a siti pornografici usando la rete WiFi dell’ateneo, il consumo di alcool all’interno del campus universitario, e nei dormitori «l’astensione da forme di intimità sessuale che violino la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna». Questo codice è analogo a molti che sono in uso da anni negli Stati Uniti. Per esempio un impegno analogo contro l’attività sessuale nei dormitori universitari – molto frequente nelle università, tanto che altrove il vero problema è decidere se certe scorribande notturne di ragazzi nelle camere delle ragazze, magari dopo abbondanti bevute, portano a rapporti consensuali o a forme più o meno mascherate di violenza carnale – si trova nel «codice d’onore» della Brigham Young University, l’ateneo di Provo (Utah) che appartiene alla Chiesa Mormone ma che è frequentato anche da non mormoni ed è molto apprezzato per la qualità dei corsi e dei professori.

La Trinity West University è ora sottoposta a procedimento da parte di un organo amministrativo, la Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Legge canadesi, il quale ha deciso d’intervenire chiedendo con una lettera– originariamente segreta, ma come tutti i documenti segreti che si rispettano, ora comparsa su Internet – in cui chiede agli Ordini degli Avvocati di non ammettere alla pratica forense i laureati in legge della Trinity West University, perché – se quando erano studenti hanno sottoscritto il codice di comportamento – sono fortemente sospetti di omofobia.

Che c’entra l’omofobia, si chiederà a questo punto il lettore. C’entra, rispondono gli esimi presidi, perché impegnandosi ad astenersi da rapporti prematrimoniali nei dormitori, gli studenti di legge della Trinity West University dichiarano di voler così onorare «la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna». Dal momento che in Canada c’è il matrimonio omosessuale, la frase sarebbe omofoba perché implicherebbe che solo il matrimonio «tra un uomo e una donna» sia sacro. Forse l’università potrebbe cavarsela – ed evitare di dover chiudere la sua facoltà di Giurisprudenza, perché nessuno s’iscrive a Legge sapendo che poi non potrà fare l’avvocato – chiedendo agli studenti di astenersi dall’attività sessuale nei dormitori per non violare «la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna, o tra un uomo o un uomo, o tra una donna e una donna».

Ma anche no. Perché la decisione dei presidi implica che la castità in genere crei un clima ostile a «gay, lesbiche e bisessuali» che, almeno nella loro grande maggioranza, della castità non sono grandi fan. E che chi chiede di astenersi dai rapporti sessuali prima e fuori del matrimonio sia già almeno sospetto di omofobia. Vede dunque come va a finire, egregia onorevole Marzano? O forse è proprio lì che vuole andare a parare? Del resto, non ha forse scritto Lei su Repubblica che è bene non celebrare più la Festa del papà, anche quella sospetta di omofobia perché discrimina i bambini che non hanno un papà e una mamma ma due mamme lesbiche?