La grande bufala dei cardinali «amici dei pedofili»

La grande bufala dei cardinali «amici dei pedofili»

di Massimo Introvigne da www.lanuovabq.it

Cardinali al ConclaveL’ottava Congregazione Generale del Collegio dei Cardinali ha deciso che ilConclave per l’elezione del Papa inizierà martedì 12 marzo 2013. Lo rende noto un comunicato della sala stampa della Santa sede. Al mattino nella Basilica di S. Pietro sarà celebrata la Messa “pro eligendo Pontifice” e nel pomeriggio l’ingresso dei cardinali in Conclave.

Negli ultimi giorni i giornali di tutto il mondo hanno dato rilievo a una lista di dodici cardinali che avrebbero protetto i preti pedofili, la «sporca dozzina». La lista è stata diffusa dall’organizzazione americana SNAP (Survivors Network of Those Abused by Priests, «Rete di Sopravvissuti Abusati da Preti») e – vedi caso – comprende la maggioranza di coloro indicati a torto a ragione come «papabili» dai media, tra cui i cardinali Scola, Ouellet, Dolan e O’Malley.

Ma i giornali – anche italiani – che hanno pubblicato con compiacimento la lista della «sporca dozzina»sanno davvero chi è lo SNAP? Mi permetto di ritenere che non sia così, e che la passione di qualche giornalista per le liste di proscrizione abbia fatto premio sul dovere d’informarsi. Lo SNAP è stato fondato nel 1989 da Barbara Blaine, una ex-vittima delle avances di un prete dell’Ohio quando era una teenager, e il suo volto più pubblico è il direttore David Clohessy, che si presenta anch’egli come un sopravvissuto a molestie clericali ed è il fratello di un ex-prete a sua volta accusato di abusi. Molto noti alla stampa si sono resi anche alcuni leader regionali, fra cui Lyn Taylor, fondatrice dello SNAP in Louisiana.

Senza dubbio lo SNAP ha avuto grande successo nei rapporti con la stampa. Ha stabilito rapporti preferenziali con il New York Times, con il domenicano ultra-progressista Tom Doyle – attivissimo nell’attaccare i vescovi e il Vaticano in ogni sede – e con il giornalista più virulento nei confronti della Santa Sede tra quelli che hanno indagato sui preti pedofili, Jason Berry. Ha predisposto una serie di istruzioni e di manuali indubbiamente sagaci su come creare il massimo danno alla Chiesa Cattolica quando ci si presenta in televisione a raccontare di abusi subiti anni fa. Si consiglia, per esempio, di pronunciare continuamente parole come «piccoli» o «bambini» e di mostrare fotografie infantili per suscitare la compassione del pubblico.

Ma è tutto oro quello che luccica? Nel 2011, nonostante le protezioni di cui gode negli ambienti mediatici, politici e giudiziari ostili alla Chiesa Cattolica, lo SNAP è scivolato su una buccia di banana. È stato accusato di avere pubblicato notizie e documenti coperti dal segreto istruttorio. Non succede solo in Italia, e negli Stati Uniti è perseguito più severamente. Clohessy è stato incriminato e rischia seriamente di andare in prigione. Peggio, nella procedura in corso di fronte a un Tribunale del Missouri per ordine di un giudice locale Clohessy ha dovuto sottoporsi al contro-interrogatorio degli avvocati di sacerdoti accusati di pedofilia. E – nonostante il solito New York Times sia corso in suo soccorso stracciandosi le vesti – le domande sono state ad ampio raggio e la deposizione, non segreta e che risale al 2 gennaio 2012, è stata pubblicata.

Gli avvocati si sono dimostrati piuttosto curiosi. Secondo la sua dichiarazione dei redditi, lo SNAP incassa tre milioni di dollari all’anno. Per che cosa? Si presenta come un centro di assistenza alle vittime degli abusi perpetrati da sacerdoti. Ma per offrire questo tipo di assistenza occorre una licenza come psicologo. Domanda a Clohessy: «Lei e i suoi collaboratori avete questa licenza? Avete almeno compiuto studi che vi qualifichino a prestare assistenza psicologica?». Risposta: «No». «Quanto dei tre milioni di dollari di budget spendete per l’assistenza alle vittime?». Risposta: «Non ne ho idea». Ma prestate veramente questa assistenza? Come?». Risposta: «Incontriamo le persone dove si sentono a loro agio, negli Starbucks […]. Il grosso del nostro lavoro è parlare, ascoltare…».  «Non avete una sede?». «No, lavoro da casa mia a Chicago». «E i soldi dove li tenete?». «Penso in una banca a Chicago». In un anno di cui ha reso pubblico il bilancio, il 2007, lo SNAP ha speso 593 dollari per il «sostegno ai sopravvissuti» agli abusi dei preti e 92.000 dollari in spese di viaggio dei dirigenti.

Un’altra parte interessante della deposizione riguarda le fonti di finanziamento dello SNAP. «Capisco bene, Lei rifiuta di rispondere alla domanda sulle vostre fonti di finanziamento?». «Capisce bene». Tuttavia da altre fonti è di pubblico dominio che lo SNAP riceve generosi finanziamenti dagli avvocati miliardari che si arricchiscono citando le diocesi cattoliche nei casi di pedofilia, a partire da Jeff Anderson, il più noto e tracotante di loro e la mente dietro l’«interrogatorio a orologeria» di Milwaukee dello scorso 20 febbraio, inteso a mettere in cattiva luce il cardinale Dolan – descritto dallo SNAP come il suo nemico più pericoloso – in vista del Conclave. «E lei in cambio “arruola” le vittime di abusi che si rivolgono a voi dirigendole agli studi legali che vi finanziano?», è stato chiesto a Clohessy, che appare spesso in pubblico insieme ad Anderson. Risposta: «Rifiuto di rispondere perché la domanda è offensiva».

Più interessante ancora è la parte dell’interrogatorio in cui Clohessy spiega come fa lo SNAP a denunciare un prete, vescovo o cardinale come pedofilo o amico dei pedofili. «Riceviamo delle accuse credibili». Chi decide che le accuse sono credibili? Lo SNAP. «Come determinate che le accuse sono credibili?». «Abbiamo parecchi criteri». «Gentilmente ce ne illustra qualcuno?». «Ad esempio se c’è più di un accusatore che denuncia la stessa persona». Però ci sono casi in cui l’accusatore è uno solo, ma lo SNAP va avanti e rende pubblica l’accusa lo stesso. Alla fine si ha l’impressione che lo SNAP assomigli al vecchio CAN (Cult Awareness Network), un’organizzazione contro le «sette» che grosso modo era pronta a prendere per buone le accuse contro organizzazioni religiose formulate da chiunque. Una politica che portò il CAN a ripetuti scontri con la giustizia e alla fine alla bancarotta. Lo SNAP ha ben altre protezioni, ma sembra sulla buona strada. «Ammette che lo SNAP talora ha pubblicato comunicati stampa che contenevano informazioni false?». «Certo, è sicuramente così».

Le disgrazie non vengono mai sole. Mentre i giudici del Missouri indagano sulla violazione del segreto istruttorio, in Louisiana il marito del l’influente presidente locale dello SNAP, il dottor Steve Taylor, è arrestato e – il 12 aprile 2011 – condannato a due anni di reclusione, senza condizionale, e incarcerato per il possesso di un centinaio di file di ripugnante pornografia minorile trovati sul suo computer. Le mogli – si potrebbe dire – non sono responsabili per le perversioni dei mariti. Ma il fatto è che il settantunenne dottor Taylor era a sua volta un oratore frequente alle riunioni dello SNAP e per difenderlo erano scesi in campo la presidente dell’organizzazione Blaine e il solito Jason Berry.

Dopo queste vicende – e anche perché le efficaci misure della Chiesa americana hanno ridotto i nuovi casi di pedofilia a pochi episodi isolati –  lo SNAP ha cominciato a perdere colpi. Le donazioni sono scese e le finanze, secondo una mail mandata ai sostenitori, «sono a malapena sufficienti a pagare le spese». Il 1° marzo un giornale non certo ostile, il Washington Post, ha pubblicato un articolo dove varie voci denunciano la perdita di vigore del movimento dei «sopravvissuti» agli abusi clericali, la cui energia sembra essersi «esaurita». Con il colpo della lista dei cardinali – la mossa disperata di un’organizzazione in crisi – lo SNAP spera ora di riciclarsi all’estero, Italia compresa, e di ripulire un’immagine macchiata da troppi scandali.

È il caso di dirlo chiaramente: quella dei preti pedofili è una tragedia reale, che – Benedetto XVI ce lo ha insegnato – nessuno deve giustificare o sottovalutare. Ma organizzazioni come lo SNAP, piene di profittatori che trasformano la lotta alla pedofilia in un business miliardario e di ideologi che ce l’hanno con la Chiesa a prescindere, sono parte del problema, non della soluzione. I giornalisti, anche nostrani, dovrebbero smettere di prendere per oro colato le loro bufale.

L’ex operaio fa borse d’oro e assume malati di tumore

L’ex operaio fa borse d’oro e assume malati di tumore

di Stefano Lorenzetto da Il Giornale

Fatturato e dipendenti (da 2 a 240) cresciuti dell’11mila per cento in 12 anni per la BB di Marco Bartoletti. Porte spalancate anche a disabili psichici e pensionati: “Sono una ricchezza”

La trousse chiusa da un lucchetto, con catenella di sicurezza collegata a un bracciale, il tutto in oro, valore stimato 2 milioni di euro, sfoggiata a Toronto dall’attrice Angelina Jolie, moglie di Brad Pitt, durante la presentazione del film Moneyball? «Non ne so nulla». E gli accessori prodotti per Cartier, Louis Vuitton, Hermès, Prada, Gucci, Bulgari, Christian Dior, Céline, Fendi, Yves Saint Laurent? «Idem». Non ci sono soltanto i non-disclosure agreement, i rigorosi patti legali che vincolano a mantenere il riserbo sui nomi dei committenti e sulla natura dei contratti, a rendere invalicabile il muro di protezione eretto da Marco Bartoletti, 51 anni ad aprile, industriale fiorentino, a tutela dei suoi clienti.

C’è anche la serietà schiva dell’ex operaio che non ama parlare di sé.

Allora perdonerete se potrò darvi per sicure solo una serie di altre informazioni, attinte da varie fonti, che rendono pressoché unico quest’uomo e la sua fabbrica e che da sole valgono un viaggio fino a Calenzano. Prendete un’azienda che in 12 anni è passata da 2 a 240 dipendenti, un incremento dell’11.900% (undicimila, avete letto bene), e che nello stesso periodo ha accresciuto il suo fatturato in misura quasi pari (+10.964%), da 700 milioni di lire a 40 milioni di euro. Aggiungeteci che in piena crisi economica planetaria ha messo a segno un +37% nel 2011, un +54% nel 2012 e conta di fare persino meglio nel 2013. Considerate che il suo titolare riserva una corsia preferenziale, nelle nuove assunzioni, ai malati di tumore, agli autistici, ai disabili psichici e agli ex tossicomani e che una parte del bilancio serve a finanziare ricerche scientifiche sulla sindrome di Duchenne, una rara forma di distrofia muscolare. Tenete conto che le sue porte sono aperte agli ultrasessantenni, magari richiamati dalla pensione, ma che nel contempo riesce a mantenere l’età media dei dipendenti intorno ai 26 anni. Vogliate considerare che la metà esatta di costoro sono donne, così come il 50% dei dirigenti è rappresentato da personale femminile, motivo per cui il titolare ha stabilito che se una lavoratrice rimane incinta abbia subito diritto all’astensione precauzionale dal lavoro per maternità e possa ritornare non prima di un anno dal parto, usufruendo in pratica di una ventina di mesi, contro i 5 di congedo parentale previsti dalla legge, mantenendo però lo stipendio pieno.

Non trascurate il fatto che qui il salario base è di norma un terzo più alto rispetto a qualsiasi altra industria metalmeccanica d’Italia e in taluni casi arriva a essere il doppio.
Un po’ città del Sole vagheggiata da Tommaso Campanella, un po’ isola di Utopia descritta da Tommaso Moro, la BB holding di Calenzano è una concretissima impresa etica controllata al 100% da Bartoletti, sposato, due figli. Comprende sette aziende al servizio degli stilisti e ha per capofila una ditta che realizza componenti per le griffe dell’alta moda mondiale: ornamenti, fibbie, ganci, bottoni, cerniere, chiusure, manici, catenelle, tacchi, fino alle casse per orologi. Ciascuna creazione rappresenta un pezzo unico, che nasce da un prototipo e viene poi prodotto in serie nei più disparati materiali: acciaio, alluminio, titanio, carbonio, ottone, bronzo, rame, alpacca, legno, osso, plexiglas, teflon. È un lavoro di precisione fatto con torni, frese e macchinari per il taglio, l’incisione e la saldatura laser, completato da bagni galvanici a base di oro, argento, rutenio, palladio e rodio.

Ma lei ha frequentato una scuola di moda?
«No. Sono un ragioniere. Per un lustro ho fatto l’agente dell’Ina Assitalia. In questa veste ho conosciuto la Vignoli, una piccola officina meccanica di Firenze che occupava marito, moglie e due operai. Non ha mai stipulato una polizza, però mi ha consentito di passare interi pomeriggi a osservare estasiato il ciclo produttivo. Scultori del metallo. Mi sono appassionato. Ho mollato le assicurazioni e mi sono fatto assumere come tornitore dai fratelli Rigacci di Calenzano, che producevano accessori per l’automotive. Ho lavorato lì dal 1985 al 1990 e poi mi sono messo in proprio, fondando la BB Mec. Avevo un solo operaio e un socio. Facevamo le impugnature di metallo per i rasoi artigianali. Poi siamo passati alle forniture per la Piaggio e la Ducati».

Chi le ha dato i capitali per iniziare?
«Nessuno. Ho investito tutti i risparmi: 7 milioni di lire. Ho sempre lavorato con i miei soldi e non ho mai chiesto aiuto alle banche. I primi due torni erano usati, altri tre li ho recuperati in una discarica. Applicandoci di notte, li abbiamo rimessi in funzione. Sgobbando 24 ore su 24, il primo bilancio, nel 1991, s’è chiuso con un utile: 100 milioni di lire. L’officina misurava appena 150 metri quadrati e aveva un tetto di plastica dal quale pioveva dentro. Nel 2000 ci ha cercato una grande maison. E da lì è cominciata l’ascesa».

Oggi che cosa siete?
«Una famiglia, un’impresa che mette al centro la persona».

Che significa?
«Che qui non ci sono rappresentanze sindacali e non abbiamo mai avuto un’ora di sciopero. La mia porta è sempre aperta. Se adesso entrasse un operaio che ha bisogno di me, quest’intervista finirebbe qui: la saluterei perché dovrei occuparmi di lui».

Cerco di sbrigarmi, allora.
«Era solo un esempio. Finché i dipendenti sono rimasti sotto il centinaio, il rapporto era ancora più stretto. Oggi, dove non arrivo io, sopperisce una psicologa. È in azienda tutti i giorni per sei ore. Chi ha un disagio, può rivolgersi a lei e mettersi in analisi anche durante l’orario di lavoro. Se c’è bisogno di me, la dottoressa mi avvisa».

Di quali disagi stiamo parlando?
«Parlo delle emergenze umane di qualsiasi natura. Le peggiori riguardano lo stato di salute di un familiare, il costo delle cure, la necessità di un intervento chirurgico, il bisogno di assistenza domiciliare. Una signora venne da me per un colloquio di assunzione. Parlandoci insieme, capii che il suo datore di lavoro l’aveva licenziata perché aveva il problema di un figlio affetto dalla sindrome di Duchenne, di cui non sapevo nulla. L’ho subito assunta. E da lì è nato l’impegno di BB a favore della Parent project onlus che lotta contro questo tipo di distrofia».

Davvero assume malati di cancro?
«Di più: li cerco. Chiunque si presenti con questa patologia, trova non solo un accesso privilegiato ma quasi sempre viene automaticamente assunto».

I suoi concorrenti diranno cinicamente che lei lo fa solo perché ha la ragionevole certezza di non dovergli pagare a lungo lo stipendio.
«Liberi di dirlo o di pensarlo. Sta di fatto che, grazie a Dio, finora non ho mai perso un malato neoplastico. Anzi, due sono guariti. Non per merito mio, sia ben chiaro. È che l’impegno quotidiano aiuta, li fa stare meglio, forse alza le loro difese immunitarie. Il lavoro è fondamentale. Non sentirsi un peso né per la famiglia né per la società è terapeutico. Chi è malato può suonare il campanello di BB senza timore e troverà ascolto».

Di solito chi è malato corre il rischio d’essere licenziato.
«Noi la pensiamo diversamente e la cosa bella è che sull’accoglienza siamo tutti d’accordo, nessuno si sognerebbe di recriminare. Vede, nel nostro lavoro, che è in qualche modo artistico, le competenze non sono soltanto quelle scritte. La disabilità nasconde facoltà che noi neppure conosciamo. Inoltre fare prodotti molto belli e molto costosi comporta due rischi».

Quali?
«Il primo è che il titolare perda il contatto con la realtà, finisca col preferire le sfilate di moda alla fabbrica. Da Parigi a Milano, avrei un posto in prima fila in tutti i défilé, ma al massimo li seguo in videoconferenza, perché so che devo restare fra la mia gente. Lo stesso vale per i lavoratori, che potrebbero sentirsi una spanna sopra i colleghi solo per il fatto di costruire gioielli ricercatissimi. Insomma, la vicinanza delle persone svantaggiate ci mantiene con i piedi ben piantati per terra, dà la giusta misura alle cose».

Un «memento mori» aziendale.
«La vita è questa, ricordiamocelo. Il resto è solo lavoro. Importantissimo, per carità, non ci sputiamo sopra, ci dà da mangiare. Ma non può essere il metro d’ogni cosa. Ecco perché mi piace presentarlo ai clienti rivestito dai valori in cui crediamo. Gli mostro che cosa sono capaci di fare i nostri disabili. La Caritas me ne ha appena mandati altri cinque. In passato, sbagliando, me ne vergognavo, li nascondevo».

Ma se un dipendente proprio non ci arriva, che fa?
«Gli do il tempo per crescere. Occorre pazienza. Questo non è un mestiere che s’impara in tre giorni. Ciascuno viene adibito a una funzione che è proporzionata alle sue effettive capacità, ma spesso è anche superiore, perché credo sia giusto tenere alta l’asticella per tutti, a cominciare da me. Poi tocca ai capireparto istruire, adattare, accompagnare».

Poveri capireparto.
«Fa parte dei doveri: del resto arrivano a guadagnare fino al 100% in più rispetto alla paga prevista dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Alla BB ogni stipendio è negoziato col singolo lavoratore. Tutti i mesi si fa un’analisi e vengono premiate le eccellenze. A gennaio ci sono state otto promozioni».

L’operaio più anziano che età ha?
«È una signora di 65 anni, una smaltatrice, che era già in pensione. L’ho assunta nel 2011. Mi riprometto di reclutare altri anziani che abbiano conoscenze approfondite di certe lavorazioni».

Ha mai licenziato?
«Solo una volta: un caporeparto che guadagnava 2.800 euro netti, era in malattia da sei mesi e però andava a caccia tutte le notti».

Continua ad assumere?
«Quattro persone anche la scorsa settimana. Quaranta nel 2012 e quest’anno altrettante, penso. Finché avrò coraggio… Certo che i nostri governanti ce la stanno mettendo tutta per fartelo passare. Non ho mai chiesto un euro allo Stato. Soltanto una volta ho avviato una pratica per un finanziamento, ma c’erano talmente tanti ostacoli che ho rinunciato».

Chissà quanti giovani in cerca del primo impiego busseranno alla sua porta.
«Decine ogni giorno. A parità di merito, do la precedenza a chi ha più bisogno. L’unico requisito che cerco nei candidati è la passione, la volontà di mettersi in gioco. È così che un pasticciere è diventato il responsabile della logistica e un ex muratore oggi è uno dei dirigenti di prima fascia».

Fa distinzioni di nazionalità?
«No. Quasi un terzo dei miei collaboratori è formato da filippini, peruviani, marocchini, romeni, indiani, pakistani. Non assumo cinesi, lo confesso».

Le copierebbero i brevetti.
«L’ha detto lei».

Ma come fa a battere la concorrenza cinese pagando stipendi più alti?
«Col cervello. Noi non sappiamo fare i cinesi e i cinesi non sanno fare gli italiani. Per qualità e fantasia siamo i primi al mondo. Le griffe si rivolgono a BB perché sanno che la nostra percentuale di rotture è bassissima. Rincorrere i cinesi nel prezzo è un tragico errore».

Ai suoi colleghi che non ce la fanno che consigli darebbe?
«Internazionalizzare con persone che sposino l’impresa. Proporre alla clientela cose che non si trovano in giro per il mondo. Riscoprire le abilità dell’uomo rinascimentale. Soprattutto posticipare l’interesse personale. Ho invece l’impressione che molti imprenditori si siano dati tre soli obiettivi: fare soldi, trasmettere la ricchezza ai propri figli e mantenere i privilegi acquisiti».

Che cosa rappresenta per lei il profitto?
«Una voce di coro».

Che rapporto ha col lusso che l’ha arricchita?
«Ottimo. Non lo demonizzo. Sono uno dei pochi italiani che, alla faccia del redditometro, hanno ancora il coraggio di guidare una Bentley, sia pure di seconda mano. Ho trovato molta più etica nel mondo della moda che in quello delle assicurazioni. Ora che ho un po’ di tempo a disposizione, mi piacerebbe coinvolgere gli stilisti nell’aiuto alle persone in difficoltà. Non posso desiderare niente di più di quanto ho già».

Uteri in affitto, boom di richieste

Uteri in affitto, boom di richieste

di Tommaso Scandroglio da www.lanuovabq.it

Utero in affitto

Cresce nel mondo la domanda di uteri in affitto. La pratica della maternità surrogata nasce dall’impossibilità per la donna della coppia che vuole un figlio in provetta di portare a termine la gestazione, oppure dalla mancanza di volontà di addossarsi l’onere della gravidanza e del parto, o infine dalla richiesta di essere “genitori” da parte di una coppia di omosessuali maschi o di un/una single.


A fronte della domanda che sale, in parallelo aumenta l’offerta e il lavoro dei centri specializzati che mettono in contatto le coppie con le donne che si offrono come incubatrici di carne. Uno dei più attivi è lo statunitense Center of Surrogate Parenting (CSP): 1.700 bambini nati da uteri affittati in 30 anni di attività. Il 40% delle richieste arriva da stranieri. La metà dei clienti è omosessuale. Tra questi ricordiamo la popstar Elton John che nel 2010, all’età di 63 anni, si rivolse a questa clinica insieme al suo compagno David Furnish per avere un bambino “in conto terzi” (si veda l’articolo pubblicato su La Bussola Quotidiana  “Elton John, ‘padre’ in un film horror di terz’ordine” del 30 dicembre 2010).

Il tutto ha inizio con una chiacchierata in internet tramite Skype tra gli aspiranti “genitori” e il personale del CSP. Poi si passa alla selezione della donatrice dell’ovocita – perché spesso la donna della coppia richiedente è troppo in là negli anni per avere gameti giovani e sani – e della gestante. A volte le due figure coincidono. In merito alla “donatrice” di ovuli occorre avere tra i 21 e i 35 anni, essere in salute, dare prova di un buon quoziente intellettivo (ma il fatto di prestarsi a simili operazioni mette in dubbio quest’ultimo requisito), avere un ottimo carattere.

Anche chi offre il proprio utero deve possedere delle caratteristiche ben precise: alta, giovane, snella, sposata e con figli perché così avrà già avuto esperienze di parto e sarà di certo una persona responsabile. Inoltre dovrà essere sottoposta a test psicologici e la sua fedina penale deve essere immacolata. Dato che il CSP si fregia di essere un centro serio e professionale, non si accettano candidature da parte di donne che si rifiuterebbero di abortire se il feto fosse malformato o se la gravidanza fosse multipla, avendo invece richiesto la coppia un solo bambino. Insomma il “controllo qualità” se va bene per il manzo argentino può andar bene anche per le femmine degli esseri umani. La selezione è così ardua che a fronte di 400 domande che il CSP riceve ogni mese, solo una dozzina viene accettata.

Tutto questo procedimento da polli in batteria ovviamente ha un suo costo. La donna che vende il proprio ovocita riceve tra i 5 e i 10mila dollari così anche l’agenzia, oltre a questo i genitori devono sborsare tra i 6 e i 10mila dollari per spese legali, tra i 15 e 25mila dollari per ogni ciclo di Fivet e tra 25 e 35mila dollari per pagare la gestante, più 8mila dollari se si desiderano dei gemelli. Infatti soprattutto le coppie formate da due gay vogliono dei gemelli così ognuno di loro avrà un bambino a testa, come il padre di famiglia che, per non scontentare nessuno, regala la stessa automobilina ai suoi due figli. Al CSP tengono a precisare con un candore tutto farisaico che per evitare mercificazioni vogliono solo donne economicamente indipendenti.

Poi c’è il sito web Surrogatefinder, aperto in India, il quale testimonia ancora una volta che la fantasia – o meglio: la follia – supera spesso la realtà. Si tratta in buona sostanza di un Facebook della fecondazione artificiale che mette in contatto, attingendo ai server delle cliniche di tutto il mondo, la domanda con l’offerta utilizzando una banca dati dalle dimensioni impressionanti. Per arrivare a confezionare un bebè a misura del proprio egoismo e in perfetto stile eugenetico il sito offre delle chiavi di ricerca plurime. Innanzitutto viene richiesto se si sta cercando un utero in affitto, un “donatore” di sperma oppure una “donatrice” di ovociti. Poi in merito alla madre surrogata e ai “donatori” viene chiesto se ci sono preferenze per il loro paese di provenienza (si arriva a chiedere anche la regione e la città di provenienza) per la loro etnia, e quanti figli debbano avere. Occorre infine indicare se la richiesta viene fatta da una coppia etero, omosessuale o da un/una single.

Dopo questa operazione così simile alla prenotazione di un posto su un aereo, ecco apparire le foto – la maggior parte delle quali assai ammiccanti: il business è business – delle o dei pretendenti con tanto di relativa scheda, la quale è dettagliatissima: anni, nazionalità, nome o nickname per chi vuole rimanere anonima/o, peso, altezza, stato civile (tra cui la convivenza), stato di salute, gruppo sanguigno, colore dei capelli e degli occhi, esperienze pregresse in merito a fecondazione artificiale, disponibilità a viaggiare (nel caso in cui la coppia richiedente non voglia spostarsi per conoscere la donna). Poi la candidata esplicita a chi vuole donare il proprio ovocita o utero: coppie di eterosessuali o omosessuali, single. Segue una descrizione libera di se stessi: a volte sono poche righe, a volte dei veri e propri curriculum. Infine una sezione chiamata “La mia lettera a voi”. In genere si tratta di uno stucchevole sonetto su quanto è bello aiutare gli altri ad avere un figlio, sull’importanza della famiglia e dell’amore. “Prego affinchè voi possiate riporre la vostra fiducia e speranza nelle mie mani per donarvi il vostro raggio di gioia” scrive Blessing4u, cioè “Benedizione per voi”. Preghiere rese ancor più ferventi, ne siamo certi, dal fatto che Blessing4u riceverà un bel po’ di quattrini per quest’opera pia. Una volta cliccata l’eletta basta mettersi in contatto via e-mail con il centro che ha la suddetta nella propria scuderia al modico prezzo di 100 dollari, valevole per l’iscrizione al sito per 6 mesi, oppure in super sconto al prezzo di 150 dollari per un anno. Sono accettate tutte le carte di credito.

Il sito va a gonfie vele. Lo scrivente è andato a vedere il profilo della 24enne americana Megan, la quale appena iscritta in poche ore ha già risposto a 3 richieste, segno evidente che molte di più ne ha ricevute ma a queste ha deciso di non rispondere.

Poi la palla passerà ai centri distribuiti in tutto il mondo e questi mercanti di figli, vera e propria merce umana, speculano sui prezzi: si porterà via un bebè scontato se si contatterà una donna indiana – siamo intorno ai 6-15mila euro – e poi si salirà di molto se al “modello base” si vorranno aggiungere alcuni costosi optional come occhi azzurri e capelli biondi, etnia russa o americana. La categoria del lusso ora riguarda anche il figlio.

La grande bufala dei cardinali «amici dei pedofili»

Pedofilia: un’ accusa che si ripete

 L’attacco alla Chiesa sulla pedofilia, ritorna ad ogni piè sospinto. Anche l’elezione del nuovo papa è una scusa per tornare e ritornare mille volte sull’argomento. Ora la pedofilia da parte di uomini di Chiesa è un fatto, legato senza dubbio alla crisi della Chiesa stessa, soprattutto in epoca post-conciliare (e ciò dovrebbe porre un po’ più di domande ai cattolici sostenitori della “primavera della Chiesa”). Epperò il fenomeno è molto ma molto più circoscritto di quello che si vuol far credere. In proposito ho scritto un piccolo libro, in cui analizzo tra le altre cose una trentina di accuse di pedofilia finite nel nulla, e determinate da volontà di estorcere denaro o altro. Sono di questi giorni le indagini in Irlanda riguardo ai fatti delle cosidette Magdelene, che dimostrano che si sono raccontate un sacco di bugie. Ma l’esito di questa indagine è stato silenziato, mentre ogni accusa, anche non provata, viene gonfiata e rilanciata mille volte. Riporto un breve capitolo del libretto citato:

 http://www.ibs.it/code/9788882725860/agnoli-francesco/chiesa-pedofilia-colpe.html

L’accusa di pedofilia, con cui oggi si tenta di screditare la Chiesa, trasformando colpe singole in colpe collettive, gonfiando i dati e attaccando a senso unico, non è nuova. In particolare essa fu sostenuta dal nazismo, allo scopo di chiudere le scuole cattoliche e di indebolire l’opposizione della Chiesa al regime.

Tra il 1934 e il 1937 – scrive lo storico omosessuale George Mosse, in Sessualità e nazionalismo (Laterza, 1996) – la Germania celebrò processi pubblici contro sacerdoti e monaci accusati di reati contro il pudore, benché alla fine solo 64 dei 25.000 ecclesiastici tedeschi inquisiti poterono essere dichiarati colpevoli, sia pure da tribunali prevenuti”.

“L’enfasi data a un piccolo numero di crimini sessuali – aggiunge lo storico di Oxford M. Burleigh in In Nome di Dio (Rizzoli, 2007) – commessi nei pensionati cattolici o nelle case religiose, consentì ai nazisti di sostenere che la Chiesa cattolica era in balia dei demoni del sesso… La deliberata inflazione delle statistiche era uno dei sistemi preferiti dai nazisti per soffiare sul fuoco dell’isteria…”. Si arrivò al punto che il ministro Goebbels, il 28 maggio 1937, riferendosi proprio ai processi a religiosi, ebbe a dire: “Oggi parlo come il padre di una famiglia con quattro figli: la ricchezza più preziosa che possiedo. Parlo come un padre che può comprendere perfettamente come dei genitori possano sentirsi colpiti nel loro amore per il corpo e l’anima dei propri figli, e che cosa possano provare quei genitori che vedono il più prezioso dei loro tesori dato in pasto alla bestialità dei profanatori della gioventù. Parlo a nome di milioni (sic) di padri tedeschi”.

Otto anni più tardi Goebbels avrebbe avvelenato tutti i suoi figli. Timothy Ryback, che ha analizzato la biblioteca personale di Hitler, trovando in essa numerosissimi libri contro la Chiesa, di cui il dittatore era nemicissimo,  nota che in essa “ci sono circa 400 libri sulla Chiesa, quasi tutti sulla Chiesa cattolica. In questa sezione c’è anche parecchia pornografia, che dovrebbe illustrare presunte licenze del clero, reati come quelli inventati nei processi per immoralità che i nazisti hanno celebrato contro diversi sacerdoti nel culmine del loro attacco contro al Chiesa cattolica.  Molte note su questi libri sono volgari e grossolane…” (T. Ryback, La biblioteca di Hitler, Mondadori, 2008).

Un discorso analogo si potrebbe fare per il comunismo: anche questa mortifera ideologia, al pari del nazismo, utilizzò spesso la calunnia e la mistificazione per screditare gli avversari. Prendere fatti oggettivi, gonfiarli, assolutizzarli, insistervi sino al punto da creare vere e proprie ossessioni collettive: così fecero i comunisti cechi nel secondo dopoguerra; così anche i comunisti cinesi di Mao. Ce lo raccontano per esempio Jung Cheng, nel suo splendido “Cigni selvatici” (Longanesi), allorché illustra come il regime presentasse tutti i sacerdoti cattolici come spietati stupratori; oppure Harry Wu, il cinese fuggito dai campi di concentramento creati da Mao, i cosidetti Laogai. Nel suo “Il controrivoluzionario” (san Paolo), il Solgenitsin cinese racconta la sua infanzia prima dell’avvento della dittatura maoista, e descrive la sua scuola, gestita da gesuiti occidentali, tra cui in particolare un italiano. Wu dice di aver sempre ammirato i suoi professori, che gli apparivano colti e soprattutto buoni e di aver abbracciato proprio per questo la fede cattolica che poi lo avrebbe aiutato a sopportare 19 anni di feroce prigionia. Quando Mao prese il potere, racconta Wu, fece chiudere tutto, scuole, orfanatrofi, ospedali cristiani, con accuse calunniose, basate proprio su storie piccanti di sesso: per cancellare il buon ricordo che il popolo aveva dei missionari, il governo comunista provvide a spiegare a tutti che nella chiese della città i sacerdoti, “lupi in abiti religiosi” , ammassavano armi, mentre negli orfanotrofi i bambini cinesi venivano lasciati morire di fame e i “preti stranieri” intessevano  “relazioni intime” con donne cinesi. Come raccontò anni orsono Tiziano Terzani su Repubblica, le suore che gestivano scuole cattoliche furono persino accusate di ucciderli, i bambini.

La storia, dunque, si ripete, come ha notato anche il professor Renato Oniga, filologo classico dell’Università di Udine e autore, recentemente, di un interessante testo intitolato  “Contro la post-religione. Per un nuovo umanesimo cristiano” (Fede&Cultura 2009). In quest’opera Oniga, studioso del mondo antico, nota, nell’attuale propaganda contro il cristianesimo, che le critiche, spesso presentate come il frutto del più recente progresso scientifico e di una moralità laica e progressista, in realtà segnano il regresso ad un vecchio arsenale di pregiudizi, che già nell’antichità fu usato per giustificare le persecuzioni. Non erano gli antichi romani pagani ad accusare i cristiani di praticare l’incesto-pedofilo, dal momento che si chiamavano tra loro “fratelli e sorelle”?

Interrogato al riguardo dal sottoscritto, Oniga, riferendosi all’attuale campagna mediatica sulla pedofilia nella Chiesa, aggiunge: “ A Roma, il primo episodio sanguinoso di persecuzione avvenne nel 186 a.C., con il “senatusconsultum de Bacchanalibus”. Lo storico Livio riferisce che nei Baccanali erano “confusi maschi e femmine, fanciulli e adulti”, e anzi “erano più le violenze sugli uomini che quelle sulle donne”, per la precisione “nessuno vi era stato iniziato che avesse più di vent’anni”. In realtà, il racconto dello scandalo è costruito da Livio secondo il modello della commedia latina, con tanto di macchiette come il minorenne Ebuzio, che la crudeltà della madre e del patrigno avrebbero voluto corrompere mediante l’iniziazione ai misteri, se non fosse stato salvato dall’amichetta prostituta, che già aveva subito l’iniziazione da bambina. Di per sé, i Baccanali non erano molto diversi da altri culti misterici, come ad esempio quello di Cibele, introdotto a Roma qualche decennio prima. Né la castrazione rituale dei sacerdoti di Cibele, di cui ci parla Catullo, né il culto di Priapo, di cui ci parla Petronio, con un romanzo amoroso che coinvolge due adulti e un ragazzino, suscitarono mai particolare scandalo. La pedofilia era largamente praticata nel mondo antico. La repressione dei Baccanali fu dunque un atto di natura politica: il suo carattere popolare, che sfuggiva al controllo della religione ufficiale, dovette attirare il sospetto dei circoli conservatori riuniti attorno a Catone il Censore. Un discorso analogo vale poi per la persecuzione dei cristiani. Il rifiuto dell’idolatria verso il potere politico, cioè il culto dell’imperatore, fu la vera causa che portò alle accuse di carattere sessuale, che fiorirono in età imperiale, ricalcando esattamente lo stesso stereotipo. Minucio Felice ci ha conservato il ritratto pagano della perversione cristiana, che ricorda da vicino i Baccanali: “si riuniscono per un banchetto solenne con tutti i loro figli, sorelle, madri, persone di ogni sesso e di ogni età”, e poi, quando “l’ubriachezza comincia ad ardere di passioni incestuose”, spengono la lampada e “nell’oscurità impudica, con nefanda libidine, si congiungono in unioni a caso”.

Alcuni dettagli hanno un carattere grottesco, come ad esempio che ci fosse bisogno di aizzare un cane legato ad una lampada, in modo da rovesciarla, per fare buio, oppure, come racconta Epifanio di Cipro, che all’esortazione rituale, simile a quella tutt’ora in uso nella liturgia, “scambiamoci un segno di amore”, facesse seguito un rapporto sessuale”. Insomma: nulla di nuovo sotto il sole.

di Francesco Agnoli  da http://www.libertaepersona.org

Europa, allarme crimini d’odio contro i cristiani

Europa, allarme crimini d’odio contro i cristiani

di Fabrizio Moriconi da www,lanuovabq.it

Intolleranza contro i cristiani

La Chiesa di san Francesco di Sales a Marsiglia data alle fiamme, giovani che assaltano una scuola cattolica a Merida (Spagna) e e chiedono la consegna del prete per essere bruciato, la cattedrale ortodossa russa a Ginevra (Svizzera) vandalizzata, intellettuali cristiani in Germania insultati e minacciati per aver parlato pubblicamente contro il matrimonio gay: sono soltanto alcuni dei 67 episodi accaduti nel 2012 e citati nel rapporto che l’Osservatorio su Intolleranza  e Discriminazione contro i Cristiani (con sede a Vienna) ha trasmesso ieri all’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), che sta preparando il suo rapporto annuale sui crimini d’odio.

La sequenza dei casi citati è impressionante e riguarda tutti i principali paesi europei. A Vienna, ad esempio, nell’ottobre 2012 sono stati presi d’assalto gli uffici dell’organizzazione pro-life Human Life International durante un Congresso mondiale di preghiera per la vita, con considerevoli danni per l’edificio. In Gran Bretagna invece i proprietari di un bed & breakfast sono stati a lungo oggetto di lettere minatorie e di insulti, con scritte offensive all’esterno dopo aver rifiutato una stanza doppia a una coppia di gay; in Germania, l’intellettuale cattolico Martin Lohman, ha ricevuto invece minacce dopo aver parlato a una trasmissione tv ed essersi espresso in maniera negativa sulla possibilità di adottare per le coppie gay.
Non è questo il primo rapporto sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, ma quanto sta avvenendo segnala un salto di qualità, come afferma il sociologo (e collaboratore de La Nuova BQ) Massimo Introvigne, responsabile dell’Osservatorio della Libertà Religiosa istituito dal nostro ministero degli Esteri, che parla «di crimini d’odio contro i cristiani e la Chiesa Cattolica in Europa».

«Nel 2011 – spiega Introvigne – sono stato io stesso Rappresentante dell’OSCE per la libertà religiosa e ho organizzato un vertice OSCE a Roma, dove si è denunciato il rischio che dalla semplice intolleranza e discriminazione l’avversione contro il cristianesimo e la Chiesa passi a esprimersi in veri e propri crimini d’odio, una categoria riconosciuta e punita dalle convenzioni europee». «Ora – prosegue Introvigne – ci siamo. Il rapporto presentato all’OSCE elenca e documenta 67 casi di crimini d’odio anticristiani in Europa negli ultimi dodici mesi, che possiamo dividere in tre categorie. Sei casi si riferiscono ad attacchi vandalici contro chiese di cui sono responsabili gruppi ultra-fondamentalisti islamici. Quindici casi si riferiscono ad aggressioni fisiche contro cristiani impegnati nella lotta contro l’aborto o ostili al matrimonio omosessuale. La grande maggioranza dei casi, 46, è costituita da attacchi genericamente anticristiani contro chiese, cappelle, statue e qualche volta contro sacerdoti. La casistica è impressionante: si va da statue della Madonna e di San Giuseppe decapitate a Fréjus, in Francia, il 26 dicembre 2012 a tre chiese bruciate nella stessa notte del 23 dicembre 2012 ad Amstetten in Austria, dall’incendio di una storica croce del XVII secolo a Strujan, in Slovenia, nello scorso maggio alla distruzione delle vetrate di diverse chiese a Duisburg, in Germania, in febbraio».

«L’OSCE – conclude Introvigne – suona l’allarme da anni. Questi incidenti sono troppi perché si possa ridurli a semplice teppismo. È in atto invece una vera campagna di odio contro la Chiesa, che si fa più intensa in occasione di controversie come quelle sul matrimonio omosessuale in Francia o di grandi eventi com’è ora il Conclave, che non resta solo al livello degli insulti perché sempre di più spinge frange estremiste a passare all’azione e perpetrare crimini d’odio».

Grillo e Casaleggio promotori della dittatura informatica

Grillo e Casaleggio promotori della dittatura informatica

di Magdi Cristiano Allam da Il Giornale
Grillo e Casaleggio promotori della dittatura informatica

 Così come il comunismo ideologico faceva paura non perché giustamente difendeva i diritti dei lavoratori ma perché predicava l’eliminazione dei datori di lavoro prospettando la dittatura del proletariato e la morte del capitalismo, il mondo contemporaneo deve fronteggiare due nuove minacce che attentano alla nostra civiltà: la dittatura finanziaria e la dittatura informatica che, in Italia, s’incarnano rispettivamente in Mario Monti e in Beppe Grillo (quale espressione mediatica e politica del pensiero di Gianroberto Casaleggio, co-fondatore del Movimento 5 Stelle).

La presenza di Monti ai vertici di Goldman Sachs, Moody’s, Gruppo Bilderberg, Commissione Trilaterale e Centro studi Bruegel attestano senza ombra di dubbio la sua identità di uomo dei poteri finanziari forti e, specificatamente, di coloro che hanno prima creato il cancro dei titoli tossici che ammontano a 12 volte il Pil mondiale, poi sono impegnati controllando i governi e le banche nel loro riciclaggio a discapito dell’economia reale. Monti non ci preoccupa tanto perché nonostante la più alta imposizione fiscale al mondo abbia fatto salire il debito pubblico e fatto calare il Pil, ma è da contrastare perché sta condannando a morte 1 impresa ogni 1,5 minuti non restituendo 100 miliardi di credito e sta riducendo sempre più gli italiani in povertà negando soprattutto ai giovani qualsiasi certezza nel presente e speranza nel futuro. Ciò non accade perché Monti è un incompetente ma perché sta attuando rigorosamente la missione di salvare le banche e di riciclare i titoli tossici, prospettando una dittatura finanziaria in cui la persona viene ridotta a semplice strumento di produzione e consumo della materialità, costretto a prostrarsi al dio denaro.

Quanto a Grillo è sicuramente preoccupante il fatto che sia diventato lo sfogatoio nazionale della rabbia e della frustrazione incontenibile degli italiani, specie dei giovani, facendo leva sulla promessa di distruggere tutti e tutto, ma è da contrastare senza indugi per la prospettiva di imporci una dittatura informatica in cui la persona è ridotta a un oggetto digitalizzato, controllato e condizionato dal nuovo dio Internet. Sin dal 28 maggio 2005, tre giorni dopo l’inaugurazione del suo blog, Grillo si definì “un partigiano della Terza guerra mondiale, quella dell’informazione”. Il 12 ottobre 2005 in un post parlò di “democrazia diretta” garantita dalla Rete, dove la “cittadinanza digitale” sarà “il primo diritto di ogni persona”.

Ma è in un video dal titolo “Casaleggio e il suo nuovo Ordine Mondiale Gaia”  (http://www.youtube.com/watch?v=JodFiwBlsYs) che viene spiegata la dittatura informatica. Il video, in inglese e didascalie in italiano, inizia così: “Gaia, un ordine mondiale è nato oggi. Il 14 agosto 2054, conflitti razziali, conflitti ideologici, conflitti religiosi, conflitti territoriali, appartengono al passato. Ogni uomo è un cittadino del mondo soggetto alle stesse leggi. Internet è stato il veicolo del cambiamento attraverso le comunicazioni, la conoscenza e l’organizzazione a livello planetario”. Queste le tappe: “2018 il mondo è diviso in 2 aree maggiori: l’Ovest con la democrazia diretta e libero accesso ad Internet; Cina, Russia e Medio Oriente con una dittatura Orwelliana e l’accesso ad Internet sotto controllo. 2020: inizio della Terza guerra mondiale che durerà 20 anni. Riduzione della popolazione mondiale ad 1 miliardo di persone. 2040: l’Occidente vince; la democrazia della Rete trionfa. 2047: ognuno ha la sua identità in un network sociale e mondiale creato da Google di nome Earthlink; per essere tu devi essere in Earthlink o non avrai identità, non è più richiesto un passaporto. 2050: Brain Trust, un’intelligenza sociale collettiva permette alle persone di risolvere problemi complicati all’ordine del giorno condividendo ogni tipo di informazioni e dati on line. 2054: prima elezione mondiale in Rete per un governo mondiale chiamato Gaia che verrà eletto. Le organizzazioni segrete vengono proibite. Ogni uomo può diventare presidente e controllare le azioni del governo attraverso la rete. In Gaia partiti politici, ideologie, religioni, spariscono. L’uomo è il solo proprietario del suo destino. La conoscenza collettiva è la nuova politica”.

Ebbene così come abbiamo condannato il comunismo, oggi condanniamo sia la dittatura finanziaria sia la dittatura informatica perché in tutti i casi relativizzano e schiavizzano la persona. Noi vogliamo e dobbiamo salvaguardare la centralità della persona come depositaria di valori non negoziabili alla vita, alla dignità e alla libertà, mai strumento e mai subordinato allo Stato, al denaro, a Internet. Non ci stupisce che sia l’ex-comunista Bersani, sia Monti sia Grillo, proprio partendo da una visione relativista della persona, condividano sostanzialmente una concezione centralistica del potere, convergendo nella difesa di quest’Unione Europea assoggettata a banchieri e burocrati, sintesi perfetta della dittatura politica, finanziaria e informatica.