da Baltazzar | Apr 4, 2013 | Cultura e Società, Famiglia, Post-it, Segni dei tempi

Altro che crisi della quarta settimana: nelle famiglie con più figli, la busta paga si prosciuga, in media, entro i primi venti giorni. È quanto emerge da un sondaggio dell’Associazione nazionale famiglie numerose, pubblicato sul sito ufficiale dell’associazione
www.famiglienumerose.org e a cui hanno risposto, ad oggi, 1592 famiglie con quattro o più figli.
Alla domanda: «La busta paga che riceviamo ogni mese si vuota dopo quanti giorni?» il 18,29% delle famiglie ha risposto «entro i primi dieci giorni», il 39,35% «tra gli 11 ed i 20 giorni», il 13,32% “tra i 21 ed i 29 giorni» e il 29,04% «dopo trenta giorni e anche oltre».Se prestiamo fede ai risultati di questo sondaggio, dunque, in 58 famiglie numerose su 100 lo stipendio dei genitori «è sufficiente a sopravvivere poco più di metà mese». Quanti giorni per l’esattezza? Non più di 18, secondo molte testimonianze che hanno accompagnato l’elaborazione dell’indagine.
«I risultati del sondaggio – spiega Giuseppe Butturini, padre di dieci figli, docente di storia della Chiesa all’ateneo di Padova, da pochi giorni alla guida dell’associazione – non ci sorprendono più di tanto. Già nel 2011 l’Istat rilevava come il rischio di povertà o esclusione sociale aumentasse con il crescere del numero dei componenti di una famiglia. Quindici mesi fa il rischio povertà coinvolgeva 21 coppie su cento se senza figli, e quasi 42 coppie su cento se con tre o più figli. Non abbiamo dati ufficiali riferiti al 2012 – conclude – ma la percezione è che la forbice si sia ulteriormente allargata».
E dopo i 18 giorni dalla busta paga? Il 23.36% delle famiglie numerose – secondo Anfn – ricorre ai risparmi (che però si stanno assottigliando sempre di più), il 25.55% riesce ad arrivare a fine mese «solo grazie ad aiuti economici dei nonni, dei figli più grandi ormai autonomi, di parenti ed amici». Il resto si arrangia come può, con più rinunce e più lavoro.
L’Associazione nazionale famiglie numerose è un osservatorio privilegiato delle povertà. «Sono sempre più numerose le famiglie disperate che si rivolgono alla nostra associazione, perché hanno perso un lavoro o perché, pur avendone uno, fanno fatica a garantire un piatto in tavola, pagare le utenze domestiche o onorare un mutuo della casa» ricorda Rosaria Masìa, responsabile del progetto di solidarietà Aiutiamoci.
«Busta paga? Non so più nemmeno che cosa sia – racconta una mamma di quattro figli –. Mio marito ha perso il lavoro più di un anno fa e io ho dovuto chiudere a luglio 2012 la mia edicola perché avevo più spese che guadagno. Da allora un’infinità di richieste di pagamento da parte di Equitalia… Io e mio marito, senza un centesimo in tasca, dobbiamo mantenere i nostri quattro figli e a un mutuo che stiamo bloccando per il secondo anno».
Anfn fa quel che può, distribuendo alle famiglie in difficoltà circa 1/5 del bilancio che entra in associazione dalle quote dei soci, da contributi volontari (generosi quelli di due fondazioni private). Centinaia i pacchi spesa distribuiti alle famiglie numerose in difficoltà, grazie anche al Banco Alimentare. «La richiesta di aiuto – precisa Rosaria Masìa – è filtrata dalle famiglie delegate del territorio, che si recano nelle case, prestando ascolto, portando speranza e conforto».
Osserva Alessandro Soprana, direttore dell’osservatorio politico dell’associazione: «Mentre i politici litigano già prima dell’insediamento del nuovo parlamento, la gente che li ha eletti soffre la fame. Facciano in fretta a formare un governo, per affrontare la crisi economica, riconoscendo alle famiglie i sacrifici sostenuti fino a oggi».
Andrea Bernardini da www.avvenire.it
da Baltazzar | Apr 3, 2013 | Flatulenze, Scienza, Segni dei tempi
di Tommaso Scandroglio da www.lanuovabq.it

L’uomo sarà pure uscito dalle caverne, ma alcuni scienziati pare proprio di no. Il mondo delle provette ha i suoi laboratori ormai ai confini della realtà e l’intervista che il prof. George Church della “Harvard Medical School”ha rilasciato qualche giorno fa al settimanale tedesco Der Spiegel ce ne dà conferma.
Il dottor Church – non uno qualsiasi nel mondo della genetica ma uno dei capofila dell’Human Genome Project, progetto che ha mappato il nostro Dna – ha estratto il Dna dell’uomo di Neanderthal dai resti fossili delle sue ossa. Il suo intento è quello di clonare questo poveraccio che tolse il disturbo circa 30-40mila anni fa e farlo rivivere ai giorni nostri. Un po’ come ipotizzò Steven Spielberg nel famoso film Jurassic Park. Ma lì si trattava di dinosauri, oltre che di una finzione cinematografica.
Il procedimento è da piccolo (e infernale) chimico. Si prende il Dna di questo scimmione-umanoide e lo si inietta in un embrione umano nei suoi primissimi stadi di sviluppo o in alternativa in un ovocita umano. In tal modo il dottor Church-stein spera che l’accrescimento cellulare segua la linea genetica dell’uomo di Neanderthal e non quella dell’Homo sapiens sapiens, cioè la nostra.
«Adesso mi serve solo un’audace femmina umana» ha fatto sapere, con un’espressione infelice, il nostro dottore al Daily Mail. Quindi, dalle colonne non di una rivista scientifica – chi se la legge? – ma dalle pagine di un seguitissimo quotidiano inglese lancia la proposta di un casting alla Frankenstein per trovare la futura mamma del primo uomo di Neanderthal dell’età moderna. D’ora in poi i figli non saranno più solo “piezz’ ‘e core” ma anche “piezz’ ‘e mostri”. Speriamo che la madre non nutra troppe aspettative sul pargolo.
Il dottore non accetta le critiche piovute dall’intero mondo scientifico ed assicura che i benefici del suo esperimento si vedranno eccome. A suo dire si apriranno le porte per curare il cancro, l’Aids e per allungare la vita. Viene da chiedersi allora perché questa specie così prodigiosa ad un certo punto si sia estinta.
Il prof. Church inoltre afferma che l’ibrido che così nascerà non sarà “infettato” dal patrimonio genetico di una specie inferiore alla nostra, dato che gli uomini di Neanderthal «avevano il cranio più grande del nostro, quindi potrebbero essere più intelligenti di noi». Ma se erano più intelligenti di noi perché vivevano nelle caverne? Vuoi vedere che lo facevano per un preistorico snobismo? E poi c’è un’altra cosa che non ci torna: gli elefanti hanno un cervello molto più grande del nostro eppure nessuno di loro ha mai dipinto una Cappella Sistina qualsiasi. Come mai?
Come era sperabile molti scienziati hanno fatto sapere che l’idea di Church è folle perché in primo luogo illegale in Gran Bretagna, poi è assai costosa, eticamente non condivisibile e difficilmente praticabile. Anche nel caso – più teorico che reale – che l’esperimento riuscisse, l’essere che verrà alla luce avrà vita brevissima perché affetto da gravi malformazioni e tare mentali.
E poi cui prodest? Cura del cancro e Aids appaiono solo fanfaluche da fantascienza. Insomma tutto fa pensare che il motivo che ha spinto il dott. Church a giocare con le provette è – come cantava Jannacci – «per vedere di nascosto l’effetto che fa». In fin dei conti la trovata è solo frutto di insana curiosità e delirio di onnipotenza. Qui – è proprio il caso di dirlo – si scimmiotta la vera scienza.
Il progetto di Church – che con il passare dei giorni appare più come una sparata pubblicitaria – solleva infine qualche problemino di carattere etico: il papà dell’uomo di Neanderthal gioca a fare Dio, svilisce la dignità umana, vorrebbe usare il corpo di una donna come un’incubatrice di un alieno venuto dal passato remoto, intende l’uomo solo come conglomerato di cellule privo di anima, come un peperone da alterare geneticamente, e pensa che tutto ciò che è possibile è anche eticamente lecito (a quando la clonazione di Gesù utilizzando il sangue della Sindone? Speriamo che non ci legga Dan Brown). Inoltre l’esperimento vuole generare mostri, da qui il paradosso: abortiamo bambini con il labbro leporino e poi facciamo nascere esseri para-umani? In soldoni a noi pare proprio che ci sia urgenza di clonare non i cavernicoli, ma il buon senso.
Avete ragione: questo è il solito cattolicume di noi baciapile. Allora proviamo a vederla da un altro punto di vista, quello del positivismo scientifico. Che rabbia per Darwin e i suoi nipotini: tanta fatica durata centinaia di migliaia di anni per emanciparci da caverne e clave ed ora arriva uno in camice bianco che vuole rimettere indietro le lancette dell’evoluzione e renderci involuti. Forse anche in giacca e cravatta, ma sempre con la faccia da primate.
Comunque, il dott. Church a ben vedere è riuscito nel suo intento: con la sua idea il professore è riuscito a smarcarsi dalla specie dell’Homo sapiens sapiens e ad assomigliare sempre più al suo amato uomo di Neanderthal. E senza nemmeno l’uso di vetrini e siringhe.
da Baltazzar | Apr 2, 2013 | Chiesa, Segni dei tempi
La Sindone, dopo l’Ostensione televisiva, il mistero dell’Uomo dei dolori è sempre presenteGIACOMO GALEAZZI
CITTÀ DEL VATICANO
Icona o reliquia? La Chiesa non si è pronunciata ufficialmente sull’autenticità della Sindone lasciando alla scienza la facoltà di verificarla. Tuttavia ha permesso ai fedeli il culto come reliquia o icona, ossia raffigurazione artistica, della Passione di Gesù. Fu Giulio II nel 1506 a dare l’autorizzazione. Giovanni Paolo II dichiarò di credere all’autenticità della Sindone: lo aveva fatto in precedenza anche Pio XI(«cosa sacra come forse nessun’altra»,disse nel 1936). «Sappiamo quanti studi si concentrano intorno a codesta celebre reliquia e non ignoriamo quanta pietà fervida e commossa circondi un così singolare cimelio», evidenziò Paolo VI nel ’73. «Insigne reliquia legata al mistero della nostra Redenzione»: così Wojtyla la definì il 13 Aprile 1980, nella sua visita a Torino. «Città – ripeté in un successivo discorso – che custodisce una reliquia insolita e misteriosa come la Sacra Sindone, singolarissimo testimone, se accettiamo gli argomenti di tanti scienziati, della passione, della morte e della Risurrezione: testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente». Una «straordinaria icona del Sabato Santo» la chiamò invece Benedetto XVI il 2 maggio 2010 in occasione dell’ostensione. Ma come ieri Francesco l’uso del termine icona non negava (nella riflessione di Ratzinger) la possibile origine non umana dell’immagine. «La Sindone – spiegò infatti Benedetto XVI – è un’icona scritta col sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro». Del resto, come ammise, prima di morire, l’allora arcivescovo di Torino e custode della Sindone, Anastasio Ballestrero, fu costellata di errori, forse non involontari, l’intera complessa vicenda della datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita nel 1988 dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, che ha dato come risultato, con un’asserita attendibilità del 95%, l’intervallo di tempo compreso tra il 1295 e il 1360 per l’età della Sindone. In un’intervista pubblicata il 5 settembre 1997 dal quotidiano tedesco «Die Welt», Ballestrero affermò: «A mio avviso, la Santa Sindone di Torino è autentica. Le analisi al radiocarbonio, che la facevano risalire al Medioevo, sembra siano state realizzate senza le cure dovute». Il riferimento del cardinale carmelitano era ad una serie di inadempienze (emerse successivamente) rispetto ai protocolli scientifici fissati dai quattro laboratori scientifici insieme alla Pontificia Accademia delle Scienze (guidata all’epoca dal professor Chagas e da monsignor Dardozzi) e al British Museum di Londra. Si scoprì una rilevante contaminazione chimica e biologica della piccola porzione di tessuto prelevata da un punto particolarmente segnato dall’incendio del 4 dicembre 1532 che aveva bruciato in più punti il lenzuolo poi donato da Casa Savoia alla Santa Sede. Altro episodio inquietante fu, il 4 giugno 1989, il suicidio, in circostanze misteriose di Timothy W. Linick, studioso del metodo dello spettrometro di massa. Dall’inizio del Novecento, calcolando anche quella di ieri in mondovisione tv, sono nove le ostensioni del sudario. Nei secoli precedenti, da quando nel 1578 il Telo arrivò a Torino, se ne contano oltre quaranta.
da Baltazzar | Apr 2, 2013 | Chiesa, Papa Francesco, Segni dei tempi
di Domenico Bonvegna
C’era una volta l’Europa cattolicissima, la madre di ogni Chiesa, oggi in crisi per la caduta delle vocazioni alla vita religiosa, spopolate le case canoniche delle parrocchie e dei conventi. Un mondo sempre più secolarizzato, ostaggio della nuova ideologia egemone, il “politicamente corretto”. Nel contempo una Chiesa che al suo interno proliferano le rivalità, l’autoreferenzialità, i vizi e la disobbedienza. E’ l’eredità che raccoglie Jorge Mario Bergoglio, un papa venuto dalla fine del mondo.
Come ho anticipato nel precedente intervento, l’elezione di un papa argentino mi offre l’opportunità di ricordare il mirabile scritto del professore Alberto Caturelli, Il Nuovo Mondo riscoperto, dove introduce una categoria storico-politica particolarmente suggestiva e felice, quella del “quinto viaggio di Cristoforo Colombo”. In pratica Caturelli auspica un nuovo viaggio di Colombo, ma in senso contrario rispetto ai primi quattro, partendo dal Nuovo Mondo, nel frattempo divenuto “Magnaeuropa”, si ritorna a rievangelizzare il Vecchio Mondo, facendo proprio lo“spirito colombiano”.
“Benché il corpo dell’Ammiraglio riposi in terra di Spagna, lo spirito colombiano, prendendo la rotta del secondo Mediterraneo o del mare Oceano, deve dare inizio ad un nuovo viaggio, che ha come punto di partenza il Nuovo Mondo. Sarebbe non un viaggio di scoperta, bensì di ritorno; l’Ammiraglio non pianterà la croce a Guanahaní, bensì sulle spiagge dell’Iberia e del Vecchio Mondo. Nel 1492 partì verso l’ignoto – scrive Caturelli – e scoprì il Nuovo Mondo […]; ritornando, l’Ammiraglio Cristoforo avrà compiuto la sua missione, poiché, come diceva […], Dio “concede a tutti coloro che percorrono i suoi sentieri di ottenere ciò che appare impossibile”. E l’impossibile non sarà la scoperta, ma la riconversione del Vecchio Mondo a Cristo.
“Perciò “la cristianità del Nuovo Mondo“ […] nel mondo d’oggi deve compiere due missioni essenziali, analoghe a quelle che portarono a termine i missionari del secolo XVI. Negli idoli del mondo contemporaneo, benché siano per natura opposti al Dio vivo, si riconosce presente il Deus absconditus, che combatte per essere riconosciuto. Perciò è necessaria una progressiva demitizzazione della società contemporanea. Più propriamente dovremo dire: una deideologizzazione della civiltà attuale […].
“Il processo di de-ideologizzazione – continua il filosofo argentino – è in tal caso incommensurabilmente più arduo, perché non si tratta dell’idolatria dei pagani, ma della neo-idolatria degli apostati […]: il mondo dell’attuale neo-illuminismo è un mondo recidivo, apostata, che offre sacrifici a nuovi idoli […]. Quindi lo spirito cristoforo e missionario esige la distruzione degli idoli […] e la conseguente penitenza“. (Alberto Caturelli, Il Nuovo mondo riscoperto. La scoperta, la conquista, l’evangelizzazione dell’America e la cultura occidentale, Edizioni Ares, Milano 1992).
In un intervento pubblicato dalla rivista Cristianità (n.298, marzo-aprile 2000) Giovanni Cantoni, fondatore e reggente di Alleanza Cattolica, commentando il mirabile scritto del professore Caturelli scriveva che il quinto viaggio colombiano dev’essere compiuto non più per descrivere i bei paesaggi naturali del Nuovo Mondo o per narrare le eroiche gesta che portarono alla sua scoperta, alla conquista e all’evangelizzazione, ma per ricordare quel “mondo”, quella civiltà cristiana europea, quel “modo d’essere” di una comunità:“le sue strutture portanti a chi da esse si è tanto allontanato da perderne non solo la consapevolezza ma perfino il ricordo”, arrivando a tradire, a dimenticare e perfino a combattere la vocazione originaria e le ragioni della missione. Tra i protagonisti, attori principali, di questo “quinto viaggio colombiano”, che dovrebbe rievangelizzare l’Europa, Cantoni annovera lo stesso Caturelli, ma anche altri due pensatori cattolici, maestri del pensiero cattolico controrivoluzionario, frutti maturi della stessa area geografica culturale Sudamericana, il colombiano Nicolàs Gomez Davila e il brasiliano Plinio Correa de Oliveira, purtroppo poco conosciuti, almeno in Europa. E oggi certamente irrompe un altro attore eccellente: Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, figlio di quel mondo scoperto, conquistato ed evangelizzato dai tanti missionari, francescani e domenicani venuti dal Vecchio Continente.
da Baltazzar | Mar 26, 2013 | Biopolitica, Post-it, Segni dei tempi
di Leone Grotti da www.tempi.it
La seconda manifestazione organizzata da La Manif Pour Tous in Francia contro il matrimonio e adozione gay è stata un successo di popolo oltre ogni aspettativa.
Ci si aspettavano moltissime persone, ma non così tante. La seconda manifestazione organizzata da La Manif Pour Tous in Francia contro il matrimonio e adozione gay è stata un successo di popolo oltre ogni aspettativa. Ieri a Parigi erano un milione e 400 mila (secondo gli organizzatori) le persone che hanno sfilato dall’Arco della fraternità, passando per via Charles de Gaulle e per via della Grande armata, fino all’Arco di Trionfo. Nella prima manifestazione del 13 gennaio erano un milione (sempre secondo gli organizzatori).
FRANCIA HA PARLATO. «Il popolo francese ha parlato» scandiscono slogan i partecipanti, contestando la legge proposta dai socialisti di Francois Hollande che non vuole indire un referendum sull’argomento molto delicato. Con il matrimonio, infatti, la Francia autorizzerà anche le adozioni dei bambini da parte di coppie omosessuali. La legge, approvata all’Assemblea nazionale, il 4 aprile arriverà al Senato dove i socialisti hanno una maggioranza di soli sei deputati. La partita, dunque, è ancora aperta.
«GOVERNO CI ASCOLTI». La manifestazione si è svolta in modo pacifico anche se un centinaio di persone si sono scontrate con la polizia (che ha risposto lanciando lacrimogeni tra i partecipanti con molti bambini) dopo aver cercato di proseguire sugli Champs-Elysées, percorso della prima manifestazione e vietato questa volta per motivi di sicurezza. «Che cosa dobbiamo fare ancora per essere ascoltati?» ha detto la portavoce Frigide Barjot. «Noi chiediamo di essere ricevuti da Hollande o ci sarà una terza manifestazione molto presto». «Il governo aveva scommesso che la mobilitazione si sarebbe affievolita, non è stato così – ha dichiarato un deputato dell’Ump – Noi lanciamo un ultimatum al presidente: ritiri il testo di legge da qui a giovedì, giorno in cui parlerà in televisione o andremo avanti di manifestazione in manifestazione».
da Baltazzar | Mar 25, 2013 | Biopolitica, Post-it, Segni dei tempi
di Rodolfo Casadei da www.lanuovabq.it
Proseguono alacremente le preparazioni per la terza manifestazione nazionale di protesta contro la legge Taubira volta a introdurre il matrimonio fra persone dello stesso sesso nella legislazione francese. Perdomenica 24 marzo gli organizzatori si propongono di portare in piazza a Parigi più persone di quelle che sfilarono il 13 gennaio scorso sotto le insegne della Manif pour tous: 1 milione secondo i portavoce dell’iniziativa, 340 mila secondo la polizia parigina. Un’inchiesta di Le Monde ha chiarito che, anche prendendo per buone le stime delle forze dell’ordine anziché quelle degli organizzatori – come in Francia si era sempre fatto fino ad allora – quella del 13 gennaio scorso contro il matrimonio omosessuale sarebbe la terza più grande manifestazione di protesta della storia della Francia republicana, dopo quelle per la difesa della scuola libera minacciata di statalizzazione nel 1984 e contro Jean-Marie Le Pen approdato al secondo turno delle presidenziali nel 2007.
Due notizie, una buona e una cattiva per i simpatizzanti di Frigide Barjot, la vulcanica umorista e donna di spettacolo che da mesi sta tirando le fila del movimento e della campagna d’opinione con una maestria senza paragoni. Quella buona è che due nuove associazioni si sono venute ad aggiungere alle 33 che in gennaio avevano co-organizzato la manifestazione: si tratta di Musulmans pour l’enfance, che si va ad affiancare a Fils de France, che era finora l’unica entità musulmana a partecipare al coordinamento, e Banlieus de France, che intende rappresentare i francesi delle periferie. È pure prevista una partecipazione più numerosa che nelle precedenti occasioni di evangelici e di francesi di origine africana e delle Antille. Insomma, le minoranze e gli emarginati stavolta si faranno sentire. Anche perché gli slogan che saranno proposti domenica mirano a mettere in difficoltà il governo accusandolo di dare la priorità a richieste di piccole minoranze (e quella del matrimonio gay non è condivisa nemmeno da tutti coloro che in Francia si dichiarano omosessuali, anzi molti di essi militano nelle file della Manif pour tous), a svantaggio dei gravi problemi sociali che la Francia, come tanti paesi europei, si trova oggi ad affrontare. “La priorità è Aulnay, non il matrimonio gay!”, ci sarà scritto sui cartelli dei manifestanti, con riferimento al comune a nord di Parigi che fu al centro di sommosse nel 2005 e che oggi vive una drammatica crisi sociale a causa della chiusura dell’impianto della Citroen che dava lavoro a gran parte della sua popolazione (per un terzo nata all’estero). E un altro slogan sarà, nella versione originale: “On veut des emplois, pas la loi Taubira!”. Cioè: vogliamo posti di lavoro, non vogliamo la legge Taubira.
La cattiva notizia è che la manifestazione non potrà concentrarsi sugli Champs-Elysées, non lontano dalla residenza del presidente Hollande, ma dovrà accontentarsi dell’Arco di Trionfo. Il ministero degli Interni non ha dato il permesso. Inoltre la grande stampa di sinistra sta boicottando la cosa riducendo le informazioni sull’iniziativa al minimo: una vera e propria strategia di contenimento della protesta, fatta di silenzio e di snobismo.
La Manif pour tous torna in piazza perché non tutto è ancora perduto: l’Assemblea nazionale ha approvato il progetto di legge all’inizio di febbraio, ma perché entri in vigore occorre anche il voto del Senato, dove la maggioranza favorevole al provvedimento è molto più risicata e dove il dibattito inizierà il prossimo 4 aprile. Sulla carta socialisti e sinistre dispongono solo di sei voti in più della maggioranza prescritta per l’approvazione. Una pressione popolare importante potrebbe produrre un risultato imprevisto. Per questo sul manifesto che convoca la manifestazione si legge “non è troppo tardi” e “liberiamo la democrazia dal pensiero unico”.
Per evitare imprevisti il governo socialista ha rinunciato agli emendamenti che avrebbero introdotto nel progetto di legge l’accesso garantito alla fecondazione assistita per le coppie di persone dello stesso sesso, e la liberalizzazione degli uteri in affitto. Ma ha previsto il diritto all’adozione piena (adoption plenière), con la quale ogni legame del bambino adottato coi genitori biologici viene eliminato per legge: l’adottato passa per intero ed esclusivamente nello stato di famiglia della coppia che lo adotta. Questo apre in realtà la porta al ricorso alla fecondazione assistita e agli uteri in affitto che si sono voluti tenere fuori dalla legge: una coppia di persone dello stesso sesso sposata secondo la legge francese potrebbe ricorrere alla suddette tecniche all’estero, dopodichè il neonato, figlio di uno dei due componenti della coppia, verrebbe adottato dall’altro secondo quanto prevederà la legge.
Alcuni pareri legali dubitano che la Corte costituzionale possa lasciar passare una legge che prevede l’adoption plenière per coppie dello stesso sesso. Che una madre biologica possa perdere ogni diritto rispetto al suo figlio adottato da una coppia di uomini, per esempio, sembra stridere con il buon senso. Su questi aspetti sono intervenuti 170 giuristi con una lettera aperta ai senatori: «Il bambino adottato da due uomini o da due donne sarà dotato di educatori, di adulti di riferimento, ma privo di genitori, perché i “genitori” dello stesso sesso non possono indicargli un’origine, nemmeno simbolicamente. Sarà privato di genitori due volte: una prima volta dalla vita e una seconda volta dalla legge. (…) Il progetto di legge prevede l’adozione del bambino del partner dello stesso sesso (…). Nella maggior parte dei casi sarà il frutto di un’inseminazione o di una maternità surrogata compiute all’estero. Quel figlio sarà dunque stato voluto, già prima del suo concepimento, senza legami con suo padre e con sua madre, e intenzionalmente privato di uno di essi». Buon senso dai giurista e buon senso dalla piazza. I senatori saranno recettivi? Lo si vedrà il 4 aprile.