Attacco contro i cristiani 175 case a fuoco a Lahore
da Avvenire.it

La vicenda è coincisa con una nuova strage a Peshawar dove una bomba sotto il pulpito di una moschea ha ucciso sei persone, tra cui lo stesso imam. Non sarebbe opera dei talebani che hanno condannato l’attentato con una telefonata all’ANSA.La rabbia contro i cristiani era già scoppiata venerdì quando un corteo di tremila musulmani aveva dato l’assalto al rione cristiano denominato Joseph Colony dopo che un giovane era stato denunciato per blasfemia. Di fronte alla furia dei radicali musulmani, i residenti erano scappati lasciando le loro case incustodite. Oggi i dimostranti sono tornati, “armati di taniche di kerosene” e dopo essere entrati nelle abitazioni e gettato in strada i mobili, hanno appiccato il fuoco. Non contenti, hanno poi bruciato tutte le masserizie in strada.
A poco o nulla è servito l’intervento della polizia. Il commissario del quartiere di Badami Bagh e un altro agente sono stati feriti negli scontri con la moltitudine di esagitati.
Il feroce attacco è stato scatenato dal sospetto che un giovane residente nella colonia, di nome Savan, avesse ripetutamente insultato il Profeta Maometto. Non è chiara la circostanza che ha fatto scattare la denuncia da parte di un vicino di casa, ma l’uomo è stato arrestato dalla polizia.
Ciò non è bastato a placare gli animi. I dimostranti hanno marciato contro la casa del sospetto profanatore e hanno picchiato selvaggiamente il padre. Poi con bastoni e lancio di pietre hanno seminato il terrore nel quartiere dove abitano circa 130 famiglie.
La violenza ricorda quella del luglio 2009 quando nella città di Gojra, a circa 200 chilometri da Lahore, un gruppo di estremisti islamici bruciò vivi otto cristiani e incendiò circa 60 case di povere famiglie.
La Commissione pachistana per i diritti umani (Hrcp), una delle principali organizzazioni non governative, ha accusato le autorità pachistane “di non essere in grado di proteggere una minoranza che è sotto assedio” e “di non aver imparato nulla da precedenti incidenti come quelli di Gojra e Shantinagar”. In un comunicato esorta ad arrestare i responsabili delle violenze “che sono facilmente identificabili da riprese televisive”.
Sia il governo centrale di Islamabad che quello della provincia del Punjab hanno aperto una inchiesta. È stato anche annunciato un risarcimento per gli atti vandalici.
Attacchi di questo genere sono abbastanza frequenti in Pakistan dove l’accusa di blasfemia, punita con una severa legge che prevede la pena di morte, è spesso utilizzata come strumento di persecuzione contro i cristiani, soprattutto per ottenere le proprietà immobiliari. Il caso più famoso e che è salito alla ribalta mondiale è quello di Asia Bibi, la madre cattolica arrestata nel 2009 e condannata alla pena capitale per aver insultato Maometto. A difesa della donna si erano pronunciati il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, e il ministro cristiano delle Minoranze, Shahbaz Bhatti, entrambi uccisi nel 2011 per aver criticato l’antiquata e draconiana legge sulla blasfemia.

tunomila firme per chiedere la liberazione di Asia Bibi, la donna cattolica pachistana arrestata con l’accusa di avere infranto la legge sulla blasfemia. La petizione, promossa dal quotidiano `Avvenire´, ha vissuto oggi il suo momento più importante con la consegna all’ambasciatrice del Pakistan, da parte del direttore Marco Tarquinio, degli scatoloni contenenti le firme inviate dai lettori. A sottoscrivere l’iniziativa, ha infatti ricordato Tarquinio, è stata «tanta gente comune, cattolici e non credenti, ma anche i vertici istituzionali italiani: il premier Mario Monti e i presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani». A ricevere le firme è stata l’ambasciatrice della repubblica islamica del Pakistan in Italia, signora Tehmina Janjua. Erano presenti anche l’onorevole Luisa Capitanio Santolini, presidente dell’Associazione parlamentare amici del Pakistan, e il direttore di Tg2000 Stefano De Martis: l’emittente cattolica già nel 2010 aveva lanciato una campagna di sensibilizzazione. «Il processo è in corso e non posso interferire – ha detto l’ambasciatrice Tehnina Janjua -, ma posso assicurarvi che queste firme saranno inviate alle autorità del mio Paese e che trasmetteremo le preoccupazioni del popolo italiano per Asia Bibi». L’ambasciatrice ha detto che «esistono molte incomprensioni sul Pakistan», un Paese «molto più multiforme di quanto appaia sui mass media. Qualcuno ci confonde con Paesi nei quali non è nemmeno consentita la costruzione di chiese. Stiamo vivendo un periodo difficile, il terrorismo ha provocato finora 40mila vittime tra i civili e 7mila tra gli uomini della sicurezza». Ma la Costituzione pachistana «afferma che tutti i cittadini sono uguali. Quello di cui c’è bisogno è che le leggi non vengano male interpretate o trasformate in strumento di abuso». All’onorevole Luisa Capitanio Santolini, che ha ricordato come il caso di Asia Bibi abbia suscitato preoccupazione non solo in Italia ma in molti Paesi europei e negli Usa, «danneggiando l’immagine del Pakistan e oscurandone i lati positivi», Tehnina Janjua ha risposto che «la maggior parte delle denunce di blasfemia viene presentata da musulmani contro musulmani: sono pochissimi i casi come quello di Asia Bibi. Alla base del problema non c’è la discriminazione religiosa, ma la povertà: spesso le denunce sono l’esito di dispute su terreni e proprietà».

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