Il terrore islamico che insanguina l’Africa

Il terrore islamico che insanguina l’Africa

di Anna Bono da www.lanuovabq.it

Attentato

Il 18 aprile a Mogadiscio, la capitale della Somalia, un terrorista è morto mentre tentava di piazzare una bomba lungo una strada tra le più frequentate, nei vicinanze del raccordo K4 dove si concentrano le scuole e gli atenei della città. L’ordigno è esploso uccidendolo senza fare altre vittime, ma poteva essere una strage.

L’attentato fallito segue di pochi giorni quello messo a segno il 14 aprile, poche ore prima degli attacchi dinamitardi di Boston, nel vasto complesso che ospita il tribunale di Mogadiscio. In quel caso, prima un commando armato ha aperto il fuoco. Poi, al sopraggiungere delle forze di sicurezza, una, forse due autobomba comandate a distanza sono esplose. Dei nove terroristi autori dell’azione, sei indossavano giubbotti esplosivi e tutti portavano divise della polizia. Era un’ora di punta, l’attentato ha ucciso 34 civili e ne ha feriti almeno 58.
Poco dopo un’altra autobomba, forse telecomandata o forse guidata da un kamikaze, è esplosa nelle vicinanze, al passaggio di un convoglio umanitario di una organizzazione non governativa turca. Altre cinque persone sono morte.

Gli attentati del 14 aprile sono stati rivendicati dagli estremisti islamici al Shabaab, il movimento antigovernativo legato ad al Qaeda che per anni ha controllato Mogadiscio e gran parte del centro sud della Somalia.
Respinti nel 2011 dai militari inviati dall’Etiopia e dalle truppe africane della missione Amisom, gli al Shabaab, benché abbiano perso alcune delle loro roccaforti, restano una minaccia per la sicurezza e la stabilità del paese che dal 1991 non conosce pace. Uno degli atti terroristici più gravi risale a poco più di un mese fa: il 18 marzo un’autobomba è esplosa vicino al palazzo presidenziale, nei pressi del teatro nazionale, uccidendo dieci persone, alcune delle quali viaggiavano a bordo di un minibus che è stato travolto dall’esplosione.

Un mese prima, il 16 febbraio, era stata la volta di un noto ristorante, il Lido Beach, su una spiaggia molto frequentata. I terroristi si sono serviti ancora una volta di un’autobomba. L’esplosione ha ucciso una persona, ma le vittime avrebbero potuto essere molte di più.
Anche il vicino Kenya sperimenta da anni la violenza dei terroristi: di quelli somali, in particolare, da quando partecipa alle operazioni militari nel sud della Somalia contro al Shabaab. Una vigilanza più serrata da parte delle forze di sicurezza, in occasione delle elezioni generali del 4 marzo, li ha obbligati a una pausa. Ma il 19 aprile c’è stato un assalto notturno a un albergo di Garissa, la capitale del distretto Nordorientale che confina con la Somalia. Le vittime sono almeno cinque, ma secondo alcune fonti potrebbero essere dieci.

Proprio a Garissa, il 18 febbraio, un terrorista era saltato in aria mentre piazzava un ordigno esplosivo in una scuola. Due giorni dopo, il 20 febbraio, a Liboi, una cittadina del distretto Nordorientale a 18 chilometri dalla frontiera con la Somalia, un commando armato attaccava una moschea uccidendo non meno di sette persone.

In Africa il paese che paga il tributo più alto in vittime civili da parte del terrorismo islamico è senza dubbio la Nigeria. Il movimento Boko Haram da solo, dal 2009, si è macchiato di circa 2.000 omicidi. I terroristi agiscono in bar, stazioni di autobus, chiese e non esitano ad attaccare case private: il bersaglio sono soprattutto, ma non solo, i cristiani.
Dalla fine di marzo l’allerta è massima. La polizia esorta a segnalare immediatamente la presenza in chiesa di persone sconosciute alla comunità e a impedire che si introducano telefoni cellulari e altro materiale elettronico che potrebbero essere usati come detonatori.

I paesi più colpiti restano tuttavia quelli islamici: in passato l’Algeria, oggi l’Afghanistan o l’Iraq. In Iraq il 19 aprile sette persone sono state uccise e 34 ferite in attentati dinamitardi compiuti presso due moschee mentre i fedeli lasciavano gli edifici dopo le preghiere del venerdì. Anche prima, ma senz’altro dall’11 settembre 2001, dovunque agiscano, sempre più spesso il bersaglio prescelto dei terroristi sono i civili, non più soltanto vittime occasionali, “effetti collaterali” di chi, nel far guerra ai propri nemici, non esita a sacrificare degli innocenti capitati per caso.

Un conto è attaccare una stazione di polizia, una caserma, persino un’ambasciata. Altra cosa è colpire un ristorante, un mercato, una scuola. È una scelta indicativa del poco o nullo valore, e quindi rispetto, attribuito in certi contesti culturali e sociali alla vita umana, alle persone: un atteggiamento evidenziato dalle molte istituzioni che violano libertà personali e diritti. Sono contesti in cui prevale, per contro, una fedeltà a oltranza alla comunità d’appartenenza – e spesso si tratta di un’appartenenza carnale, definitiva e insostituibile – a cui si associa un’avversione eventualmente estrema, implacabile nei confronti di chi della propria comunità non è parte.
Il solo modo di sconfiggere il terrorismo è rendere fondante il principio che la vita umana è sacra e intangibile, che ogni persona ha valore, dall’inizio fino all’ultimo respiro, in ogni circostanza della sua esistenza, ed è pari a ogni altra per dignità e diritti: è il principio irrinunciabile su cui si è costruito l’Occidente cristiano e che ne fa la stella polare dei diritti umani, inalienabili e universali.

Il terrore islamico che insanguina l’Africa

Il 12 maggio saranno canonizzati i Martiri di Otranto, che non si piegarono agli invasori turchi

da www.zenit.org

Papa Francesco eleverà agli onori degli altari i cristiani uccisi in Puglia nel 1480 che si rifiutarono di abiurare il cristianesimo davanti all’invasione islamica 

martiri_otranto_cattedraleNel presente tempo Pasquale, domenica 12 maggio, nella prima celebrazione di canonizzazione presieduta da Papa Francesco, saranno canonizzati i Martiri di Otranto uccisi nel 1480.

Vi è un nesso tra tale eccidio e la canonizzazione dei Protomartiri francescani – uccisi in Marocco nel 1220 circa – ad opera di papa Sisto IV, già ministro generale dei frati Minori. A ragione del crescente pericolo turco Sisto IV decise, infatti, di affidare interamente ai popolari e stimati predicatori dell’Osservanza la propaganda di una nuova crociata, in modo da raccogliere più facilmente i fondi e i mezzi necessari per mantenere la spedizione, che avrebbe dovuto avere lo scopo di respingere definitivamente le frequenti incursioni turche sul suolo italiano ed in particolare sulle coste del Regno di Napoli.

La conquista musulmana di Otranto registrò un devastante eccidio di cristiani. Approssimativamente vennero assassinate decine di migliaia di persone con atroci supplizi mentre la restante parte della popolazione venne ridotta in schiavitù. Molti dei prigionieri rifiutatisi di abiurare la fede cristiana vennero trucidati sopra un colle poco distante dalla città: il Colle dei martiri.

Per insistere sull’esperienza crociata, come via di santificazione, il Papa richiamò dall’oblio i primi martiri del proprio Ordine additandoli a ignari protagonisti della propaganda contro gli infedeli. Dopo più di un secolo dal fallito tentativo di canonizzazione su richiesta di Giacomo II d’Aragona, la volata finale verso la gloria degli altari si fece più presente grazie anche all’intento crociato.

Infatti, come sostiene Franco Cardini, nel Quattrocento, la crociata era ancora intesa come occasione di eroica e edificante fine dell’esperienza terrena che poteva essere usata a due livelli: o come prova di santità del martire, o come exercitatorium a spedizioni future. […]

Sembra utile riconoscere nella tavola raffigurante i Cinque francescani del Marocco nella basilica conventuale di San Lorenzo Maggiore a Napoli un’icona eseguita contestualmente con la vittoria cristiana di Otranto nel 1480, quindi un anno prima del riconoscimento della santità dei martiri francescani da parte di Sisto IV.

* Tratto da Dai Protomartiri francescani a sant’Antonio di Padova, a cura di L. Bertazzo – G. Cassio, Centro Studi Antoniani, Padova 2011.

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La confezione Lego di Guerre stellari è un insulto all’islam. Sarà ritirata

di Elisabetta Longo da www.tempi.it

Grottesca polemica su un palazzo che ospita un personaggio della celebre saga ma che, a detta di un’associazione turca, ricorda la basilica di Santa Sofia. 

lego jabba La casa produttrice di giochi per bambini Lego continua a far parlare di sé. Dopo le polemiche contro i kit di mattoncini rosa per bambine, tocca alla confezione che ha per protagonista Jabba the Hutt, il cattivone con fattezze di lumaca della saga di Guerre Stellari.

TROPPE SIMILITUDINI. A detta del Turkish Cultural Association of Austria, un gruppo di musulmani turchi, il palazzo giocattolo ricorderebbe troppo la Basilica di Santa Sofia. Poco importa che l’azienda danese abbia riprodotto in scala lo stesso palazzo immaginato da George Lucas nel film. Secondo il gruppo turco, il gioco recherebbe offesa alla religione islamica: «Jabba the Hutt è dedito a uccidere le sue vittime, fumare narghilè e abitare in un palazzo che assomiglia non solo a un minareto, ma al più famoso luogo di culto turco. Così si rischia solo di aumentare i pregiudizi razziali, e insinuazioni di terrorismo». Il caso è scoppiato dopo che un uomo turco ha acquistato il set di Jabba the Hut per il figlio, e ha notato queste somiglianze, a detta sua visibilissime.

RITIRO DAL 2014. La Lego inizialmente si era rifiutata di ritirare dal commercio il set, spiegando come ogni kit messo in vendita sia stato sottoposto a parecchi esami, e come i set di Guerre stellari si limitino a riproporre quanto visto nei film. Tuttavia, dopo ripetuti incontri tra i dirigenti Lego e Birol Killic, presidente della Turkish association, si è deciso che il gioco non sarà più venduto a partire dal 2014.

Perché me ne vado da questa Chiesa debole con l’islam

Perché me ne vado da questa Chiesa debole con l’islam

di Magdi Cristiano Allam da Il Giornale
Perché me ne vado da questa Chiesa debole con l'islam

Credo nel Gesù che ho amato sin da bambino, leggendolo nei Vangeli e vivificato da autentici testimoni – religiosi e laici cristiani – attraverso le loro opere buone, ma non credo più nella Chiesa. La mia conversione al cattolicesimo, avvenuta per mano di Benedetto XVI nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008, la considero conclusa ora in concomitanza con la fine del suo papato. Sono stati 5 anni di passione in cui ho toccato con mano la vicissitudine del vivere da cattolico salvaguardando nella verità e in libertà ciò che sostanzia l’essenza del mio essere persona come depositario di valori non negoziabili, di un’identità certa, di una civiltà di cui inorgoglirsi, di una missione che dà un senso alla vita.

La mia è una scelta estremamente sofferta, mentre guardo negli occhi Gesù e i tanti amici cattolici che proveranno amarezza e reagiranno con disapprovazione. C’è stata un’improvvisa accelerazione nel far maturare questa decisione di fronte alla realtà di due Papi, che per la prima volta nella Storia s’incontrano e si abbracciano, entrambi depositari di investitura divina, dal momento che il grande elettore è lo Spirito Santo che si manifesta attraverso i cardinali, entrambi successori di Pietro e vicari di Cristo anche a prescindere dalla decisione umana di dimettersi.

La Papalatria che ha infiammato l’euforia per Francesco I e ha rapidamente archiviato Benedetto XVI, è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un quadro complessivo di incertezze e dubbi sulla Chiesa che ho descritto correttamente e schiettamente già nel mio “Grazie Gesù” del 2008 e in “Europa Cristiana Libera” del 2009.

Se proprio Benedetto XVI denunciando la “dittatura del relativismo” mi aveva attratto e affascinato, la verità è che la Chiesa è fisiologicamente relativista. Il suo essere contemporaneamente Magistero universale e Stato secolare, ha fatto sì che la Chiesa da sempre accoglie nel suo seno un’infinità di comunità, congregazioni, ideologie, interessi materiali che si traducono nel mettere insieme tutto e il contrario di tutto. Così come la Chiesa è fisiologicamente globalista fondandosi sulla comunione dei cattolici in tutto il mondo, come emerge chiaramente dal Conclave. Ciò fa sì che la Chiesa assume posizioni ideologicamente contrari alla Nazione come identità e civiltà da preservare, predicando di fatto il superamento delle frontiere nazionali. Come conseguenza la Chiesa è fisiologicamente buonista, mettendo sullo stesso piano, se non addirittura anteponendo, il bene altrui rispetto al bene proprio, compromettendo dalla radice il concetto di bene comune. Infine prendo atto che la Chiesa è fisiologicamente tentata dal male, inteso come violazione della morale pubblica, dal momento che impone dei comportamenti che sono in conflitto con la natura umana, quali il celibato sacerdotale, l’astensione dai rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, l’indissolubilità del matrimonio, in aggiunta alla tentazione del denaro.

Ciò che più di ogni altro fattore mi ha allontanato dalla Chiesa è il relativismo religioso e in particolare la legittimazione dell’islam come vera religione, di Allah come vero Dio, di Maometto come vero profeta, del Corano come testo sacro, delle moschee come luogo di culto. E’ una autentica follia suicida il fatto che Giovanni Paolo II si spinse fino a baciare il Corano il 14 maggio 1999, che Benedetto XVI pose la mano sul Corano pregando in direzione della Mecca all’interno della Moschea Blu di Istanbul il 30 novembre 2006, mentre Francesco I ha esordito esaltando i musulmani che “che adorano Dio unico, vivente e misericordioso”. Sono invece convinto che, pur nel rispetto dei musulmani depositari al pari di tutte le persone dei diritti inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà, l’islam sia un’ideologia intrinsecamente violenta così come è stata storicamente conflittuale al suo interno e bellicoso al suo esterno. Ancor di più sono sempre più convinto che l’Europa finirà per essere sottomessa all’islam, così come è già accaduto a partire dal Settimo secolo alle altre due sponde del Mediterraneo, se non avrà la lucidità e il coraggio di denunciare l’incompatibilità dell’islam con la nostra civiltà e i diritti fondamentali della persona, se non metterà al bando il Corano per apologia dell’odio, della violenza e della morte nei confronti dei non musulmani, se non condannerà la sharia quale crimine contro l’umanità in quanto predica e pratica la violazione della sacralità della vita di tutti, la pari dignità tra uomo e donna, la libertà religiosa, infine se non bloccherà la diffusione delle moschee.

Sono contrario al globalismo che porta all’apertura incondizionata delle frontiere nazionali sulla base del principio che l’insieme dell’umanità deve concepirsi come fratelli e sorelle, che il mondo intero deve essere concepito come un’unica terra a disposizione di tutta l’umanità. Sono invece convinto che la popolazione autoctona debba legittimamente godere del diritto e del dovere di salvaguardare la propria civiltà e il proprio patrimonio.

Sono contrario al buonismo che porta la Chiesa a ergersi a massimo protettore degli immigrati, compresi e soprattutto i clandestini. Io sono per l’accoglienza con regole e la prima regola è che in Italia dobbiamo innanzitutto garantire il bene degli italiani, applicando correttamente l’esortazione di Gesù “ama il prossimo tuo così come ami te stesso”.

Sono stati dei testimoni – coloro che fanno sì che la verità che affermano corrisponde alla fede in cui credono e si traduca nelle opere buone che compiono – a persuadermi della bontà, del fascino, della bellezza e della forza del cristianesimo come dimora naturale dei valori non negoziabili, dei binomi indissolubili di verità e libertà, fede e ragione, valori e regole. Ed è proprio nel momento in cui attorno a me viene sempre meno la presenza di testimoni autentici e credibili, in parallelo alla conoscenza approfondita del contesto cattolico di riferimento, che è vacillata la mia fede nella Chiesa.

Faccio questa scelta, nella sofferenza interiore e nella consapevolezza della disapprovazione che genererà nella patria del cattolicesimo, perché sento come imperativo il dovere morale di continuare ad essere coerente con me stesso e con gli altri nel nome del primato della verità e della libertà. Non mi sono mai rassegnato alla menzogna e non mi sono mai sottomesso alla paura. Continuerò a credere nel Gesù che ho sempre amato e a identificarmi orgogliosamente nel cristianesimo come la civiltà che più di altre avvicina l’uomo al Dio che ha scelto di diventare uomo e che più di altre sostanzia l’essenza della nostra comune umanità. Continuerò a difendere laicamente i valori non negoziabili della sacralità della vita, della centralità della famiglia naturale, della dignità della persona, della libertà religiosa. Continuerò ad andare avanti con la schiena dritta e a testa alta per dare il mio contributo alla rinascita valoriale e identitaria degli italiani. Lo farò da uomo integro nell’integralità della mia umanità.

Basta raid anti-cristiani In Pakistan ora è rivolta

Basta raid anti-cristiani In Pakistan ora è rivolta

L’assalto di sabato al ghetto cristiano di Joseph Colony nella città pachistana di Lahore, ha dato avvio a dure proteste, ma anche suscitato un’ampia condanna locale e internazionale e costretto le autorità a intervenire con una solerzia non abituale.
Sotto accusa non sono soltanto gli aggressori, una folla di 3.000 persone che tra la notte di venerdì e la giornata di sabato hanno devastato la povera comunità cristiana incendiando e riducendo in rovina almeno 170 abitazioni con i pochi beni che contenevano, ma anche la polizia. Gli agenti, che aveva preso sotto custodia la zona la sera di venerdì, dopo la denuncia di Sawan Masih, cristiano accusato da parte di un conoscente di oltraggio al profeta Maometto, hanno salvato la vita al 28enne spostandolo in una località ignota, ma non sono intervenuti in modo adeguato per evitare il rogo e il saccheggio del quartiere cristiano. Domenica la polizia è invece intervenuta pesantemente per disperdere con lacrimogeni e bastoni le manifestazioni spontanee di cristiani nelle strade della città, dove diverse persone sono state intossicate dai gas o hanno riportato contusioni. Contemporaneamente, i leader cattolici e i rappresentanti di altre congregazioni e sette cristiane, hanno presenziato a momenti di preghiera e di sensibilizzazione sull’accaduto.

Ieri, a Lahore e in altre città del Paese, si sono tenute altre dimostrazione di protesta che hanno raccolto adesioni da diverse componenti della società pachistana e le scuole cristiane di Lahore e di Karachi, sono rimaste chiuse. Dopo avere avocato a sé il procedimento giudiziario sulle violenze di Joseph Colony, la Corte suprema ha respinto il rapporto delle autorità provinciali sull’accaduto e ha posto sotto accusa le forze di sicurezza che hanno «assistito senza agire» alla devastazione, limitandosi a «ordinare l’evacuazione delle famiglie il giorno prima».

L’udienza per giudicare Sawan Masih, che per l’accusa di blasfemia rischia pene severe, fino a quella capitale, è stata fissata per domani. Intanto, sotto la pressione dell’opinione pubblica locale e internazionale, la polizia ha attuato un centinaio di arresti tra gli aggressori della pacifica comunità cristiana. Dure le reazioni, che chiamano soprattutto a un intervento decisivo delle autorità per evitare che si ripetano eventi come quello di Lahore, ma anche di chi vuole siano date punizioni esemplari ai responsabili. Un membro cristiano del parlamento provinciale si è dimesso e Paul Bhatti, ministro per l’Armonia, ha chiesto «una indagine trasparente» e «l’immediato arresto dei colpevoli», stigmatizzando «una mentalità che intende creare un cuneo tra le diverse comunità».

Come sottolinea l’Agenzia Fides, a condannare l’ennesima violenza di massa contro i cristiani e l’abuso della “legge antiblasfemia” sono stati anche movimenti a base islamista moderata. «Se i colpevoli del massacro di Gojra (dove nel 2009 sei cristiani furono arsi vivi nel rogo che distrusse 140 abitazioni) fossero stati assicurati alla giustizia, l’attacco di Badami Bagh non si sarebbe verificato», ha sottolineato Imran Khan, leader del partito Pakistan Tahrik-e-Insaf. Ai fatti di Gojra ha fatto riferimento anche padre Emmanuel Yousaf, Direttore della Commissione Giustizia e Pace della Confrenza episcopale cattolica e il suo direttore esecutivo Peter Jacob, che hanno definito polizia e autorità i «principali responsabili della situazione, che ha permesso lo svilupparsi di una tragedia nel cuore della città».

Il governo provinciale sarebbe responsabile perché «ha ignorato la situazione delle minoranze e la crescente intolleranza religiosa fomentata da gruppi estremisti». Inoltre «non ha prestato attenzione alle raccomandazioni formulate dall’inchiesta condotta dopo i fatti di Gojra».
Davanti a una mobilitazione di condanna delle violenze di Joseph Colony, il Pakistan – dopo le vicende si Asia Bibi, Rimsha Masih e Malala Yusufzai – sembra a un «punto di non ritorno». La reazione della società civile e delle minoranze, unite contro gli estremisti ma anche contro gli abusi della legge, assieme alla solidarietà della comunità internazionale sembrano indicare un futuro diverso per il Paese.

Stefano Vecchia da Avvenire
Il terrore islamico che insanguina l’Africa

E le ACLI formano nuovi imam

di Tommaso Scandroglio da www.lanuovabq.it

Centro islamico

Le ACLI hanno elargito alcune borse di studio per diventare imam, cioè capo e guida di una comunità islamica. Da meno di un mese è attivo presso l’Università degli Studi di Padova un “Master in Studi sull’islam d’Europa”. Nel bando e nel volantino esplicativo si danno informazioni sugli obiettivi del corso, alcuni certamente condivisibili: conoscere l’islam, la sua storia, le sue tradizioni, l’impatto che ha avuto e che sta avendo in Occidente e molti altri aspetti di sicuro interesse.

Su altri l’olfatto cattolico sente puzza di bruciato. Ad esempio in merito alla metodologia di indagine del corso si tiene a specificare che si adotterà una “prospettiva scientifica” che “si emancipi dal pregiudizio eurocentrico”. Se per eurocentrismo intendiamo una cultura europea che ha nel cristianesimo le sue radici, allora il cristiano e con questo le ACLI, sigla che significa Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, non può che augurarsi lo sviluppo di una cultura eurocentrica. Qualora invece per eurocentrismo si voglia alludere ad alcune derive attuali attinenti alla morale, alla perdita di valori, al rifiuto delle radici di cui sopra, allora concordiamo nel condannare l’eurocentrismo.

Più ci si addentra nella lettura degli allegati della presentazione del Master più l’odore di bruciato si fa intenso per le narici del buon cattolico, fino a quando appare evidente che ci si trova nel bel mezzo di un incendio. Sotto la voce “Ambiti occupazionali” infatti si legge: “Il Master intende […] contribuire alla formazione di […] ministri di culto, leaders di comunità”. Vuoi vedere che le ACLI vogliono finanziare borse di studio per sacerdoti cattolici affinché si formino adeguatamente in merito a questa cultura religiosa che sempre più peso sta avendo nel nostro paese? Però c’è quel “leader di comunità” che stona. Si staranno riferendo a qualche responsabile di comunità di volontariato o di cooperativa sociale che si interessa del mondo islamico? La risposta alle due domande si trova in un comunicato stampa che l’Ufficio Stampa Acli del Veneto ha diramato a gennaio, prima dell’inizio del master, per presentare il corso. Qui si legge: “Per il secondo anno consecutivo le Acli regionali del Veneto promuovono una borsa di studio per il Master in Studi sull’Islam d’Europa. Un’iniziativa straordinaria ed unica in Italia ed in Europa per la formazione di Imam che non facciano riferimento ai centri di formazione del mondo arabo, ma siano integrati nel tessuto sociale europeo. Obiettivo finale dell’attività è il riconoscimento quale religione dell’Islam anche in Italia”.

Anche il lettore più distratto avrà compreso esattamente di cosa si tratta. Per il secondo anno consecutivo le ACLI finanziano borse di studio (il numero varia da 2 a 3) per formare imam al fine di valorizzare sempre più la religione islamica sul suolo italiano (questo il senso dell’ultimo periodo che sfiora l’anacoluto). Ovviamente imam dallo spirito occidental-democratico, mica fondamentalisti, tiene a specificare il comunicato.

Il Master è patrocinato da molte sigle del mondo arabo, ma le ACLI sono le uniche di sedicente ispirazione cristiana-cattolica. L’aggettivo “sedicente” è quanto mai appropriato e giustificato perché il cattolico non può che sforzarsi di convertire se stesso a Cristo e proporre la conversione a chi è ateo o non aderisce all’unica e vera religione, cioè alla religione cristiano cattolica. A tal fine ricordiamo alcuni passaggi della Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della Fede dal titolo, già di per se stesso esplicativo, “Dominus Iesus, circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa”: “Deve essere, infatti, fermamente creduta l’affermazione che nel mistero di Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, il quale è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), si dà la rivelazione della pienezza della verità divina. […] Deve essere fermamente creduto che la «Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza; ed egli si rende presente a noi nel suo Corpo che è la Chiesa» (Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 14). […] E’ chiaro che sarebbe contrario alla fede cattolica considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni”. Nulla salus extra Ecclesiam dunque.

Bene il dialogo come mezzo di conversione degli altri, ma qui siamo ben al di là del dialogo: in questo caso siamo alla collaborazione volontaria all’errore, perché si aiuta economicamente a formare guide spirituali di una religione che è falsa. Qui si rema contro la Verità. Il cristiano ha il dovere di persuadere gli altri per portarli a Cristo ed opporsi, ovviamente nel rispetto della legge naturale e quindi del libero arbitrio dell’uomo, alle confessioni religiose differenti da quella cattolica. Cristo è forse morto perché diventiamo islamici?

Le ACLI invece di destinare soldi alla formazione dei sacerdoti ecco che foraggiano la formazione di guide spirituali islamiche nella speranza che l’islam acquisti credito nel Bel Paese. Invece di proporre la pienezza della verità che è in Cristo – quello stesso Cristo che è richiamato nella loro sigla – ecco che invitano alla sequela di Maometto. Invece di adoperarsi per proclamare la verità dalla cima dei campanili cattolici, facilitano l’accesso alla sommità dei minareti delle moschee. Invece di inginocchiarsi davanti alla Croce, esaltano la Mezza Luna.

Già qualche giorno fa avevamo parlato di come le ACLI a livello nazionale strizzassero l’occhio allacultura di gender in netto contrasto con quanto espresso di recente da Papa Benedetto XVI. Ora, seppur a livello solo locale (ma non abbiamo notizia che il Consiglio nazionale abbia inarcato un solo sopracciglio), si alza la posta e si mette in discussione addirittura lo stesso fondamento della religione cattolica, cioè che la Chiesa cattolica sia l’unica depositaria della pienezza della verità. Da qui la domanda: ma le ACLI da che parte stanno?