Partito Omosessualista Clericale

Partito Omosessualista Clericale

di Riccardo Cascioli da www.lanuovabq.it

manifestazione gay

Riconosciamo le unioni delle persone dello stesso sesso, ma non chiamiamole  matrimonio. L’ultimo a sostenere questa bizzarra posizione è stato l’arcivescovo Piero Marini, delegato pontificio per i Congressi Eucaristici, in una intervista rilasciata al quotidiano La Naciòn il 20 aprile a margine del Congresso Eucaristico in Costa Rica. Rispondendo a una domanda sulla laicità dello Stato,  monsignor Marini – che è stato per molti anni cerimoniere di papa Giovanni Paolo II – ha detto testualmente: «E’ necessario riconoscere le unioni delle persone dello stesso sesso, perché ci sono molte coppie che soffrono perché non vedono riconosciuti i loro diritti civili; quello che non si può riconoscere è che questa coppia sia un matrimonio».

L’uscita di monsignor Marini è sconcertante, ma non è affatto sorprendente. Perché prima di Marini altri eminenti ecclesiastici si sono fatti portavoce di questa posizione, a dimostrazione che nella Chiesa sta prendendo piede una preoccupante cultura omosessualista. Il che non significa che chi sposa queste posizioni abbia necessariamente tendenze omosessuali, semplicemente manifesta una sudditanza al pensiero oggi dominante e cerca di trovare un compromesso tra questo e la dottrina della Chiesa.

Del resto si ricorderà che all’inizio di febbraio era stato monsignor Vincenzo Paglia a esporre la stessa teoria nella sua prima, infelice, uscita da presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. E’ davvero curioso – per non dire altro – che di fronte all’attacco globale contro la famiglia cui stiamo assistendo, che arriva da potentissime lobby internazionali, il presidente del Pontificio Consiglio si senta in dovere di esordire spezzando una lancia per il riconoscimento delle unioni gay. Unioni che notoriamente sono il cavallo di Troia per distruggere la famiglia fondata sul matrimonio. Pensare che quel Pontificio Consiglio per la Famiglia era stato voluto da Giovanni Paolo II proprio per fare fronte in quella che lui stesso aveva definito la battaglia decisiva del Terzo millennio; e aveva messo a dirigerlo il cardinale colombiano Alfonso Lopez Trujillo, sulla cui dedizione alla causa non ci potevano essere dubbi.

Ma né l’uscita di monsignor Marini né tantomeno quella di monsignor Paglia sono casuali o estemporanee. Questa infatti è ormai diventata la posizione ufficiale della Chiesa italiana, e lo dimostra l’editoriale pubblicato da Avvenire lo scorso 13 aprile a commento delle inaudite parole del presidente della Corte Costituzionale Franco Gallo, che invitava il Parlamento al riconoscimento delle unioni gay. Nell’occasione il professor Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani ed editorialista di punta del quotidiano della Conferenza Episcopale, cercava di minimizzare le parole di Gallo affermando che in effetti non aveva richiesto la parificazione delle unioni gay al matrimonio, ma semplicemente di garantire i diritti civili delle stesse.

E D’Agostino aggiungeva che la cosa andava sicuramente bene a patto di riconoscere tutte le convivenze: «Esistono infatti molteplici forme di convivenza espressive di bisogni umani autentici,- affermava D’Agostino – a volte accompagnate anche da rilevanti interessi economici: in questo novero possono farsi rientrare le convivenze tra fratelli, tra genitori e figli, quelle comunitarie (ad esempio a ispirazione religiosa), quelle attivate da e tra studenti universitari negli anni (non brevi) necessari a conseguire una laurea, quelle tra lavoratori immigrati, eventualmente in attesa di un ricongiungimento familiare… tutte queste forme di convivenza hanno una loro legittimità proprio perché si basano su istanze sociali e non sulla pretesa di possedere una valenza para-coniugale». E poi concludeva: «Se il legislatore ritiene che alcune convivenze siano socialmente meritevoli di tutela patrimoniale (in specie per la possibilità che un convivente possa trovarsi senza sua colpa in una situazione di difficoltà economica) intervenga pure, anche con urgenza, ma lo faccia per tutti i conviventi e non solo per quei conviventi che danno rilievo sessuale alla loro unione».

E’ lo stesso concetto che sta dietro al disegno di legge sui “contratti di solidarietà” proposto da alcuni parlamentari cattolici, evidentemente fuorviati da qualche monsignore. Questo approccio, in realtà, fa acqua da tutte le parti.

Anzitutto, hanno mai visto D’Agostino e Paglia manifestazioni o petizioni di studenti, fratelli, lavoratori immigrati per vedersi riconosciuto il diritto non si sa bene a quale scambio patrimoniale? No, semplicemente perché per situazioni di questo genere ci sono già abbondanti strumenti di diritto privato, come del resto La Nuova BQ aveva già dettagliato a suo tempo. Casomai sono le famiglie, soprattutto quelle con figli, ad avere bisogno dell’intervento del legislatore. Curiosamente anche il professor D’Agostino ne era consapevole almeno fino al 13 marzo scorso. In quella data, infatti, intervistato dal sito Aleteia, a una domanda sulle tutele patrimoniali per le coppie gay rispondeva: «I membri di una coppia gay hanno già a disposizione diversi strumenti di tutela: possono nominarsi reciprocamente eredi testamentari, istituire polizze sulla vita a favore del partner, intestare contratti di affitto ad entrambi. Molte situazioni della vita quotidiana sono risolte dal diritto comune». Chissà perché nel giro di qualche settimana dice qualcosa di diverso. Comunque quello che vale per i gay vale per chiunque altro.

Però ve li vedete due o tre studenti universitari intestarsi reciprocamente le polizze sulla vita o due immigrati in attesa di ricongiungimento familiare nominarsi eredi testamentari, cosa che peraltro potrebbero già fare adesso senza bisogno di una legge ad hoc?

Allora a cosa dovrebbero servire i “contratti di solidarietà” o come altro li vogliamo chiamare? Cerchiamo di non essere ipocriti, i “contratti di solidarietà” servono semplicemente a mascherare il primo passo verso il pieno riconoscimento delle unioni gay.

C’è poi un secondo punto su cui D’Agostino equivoca. Commentando le parole del presidente della Corte Costituzionale, egli infatti si appoggia all’articolo 2 della Costituzione che «parla genericamente di tutela di formazioni sociali nelle quali si svolga la personalità dell’uomo» per affermare che «tra queste è ben possibile far rientrare le convivenze».

Spiacente, ma non era questa l’intenzione di chi ha scritto e discusso quell’articolo, e non soltanto perché allora le convivenze non andassero di moda. Il professor D’Agostino, ma anche monsignor Paglia e monsignor Marini farebbero bene ad andarsi a rileggere la relazione di Giorgio La Pira della I Sottocommissione della Costituente in cui spiega i “principii relativi ai rapporti civili”, tenendo presente che la formulazione dell’articolo 2 si deve proprio a La Pira.

Ebbene, per chi ha scritto la Costituzione le “formazioni sociali” hanno anzitutto il loro fondamento nei diritti naturali della persona e sono tutti quei corpi intermedi che tutelano la persona dall’invadenza dello Stato: comunità familiare, di lavoro, religiosa, e così via. La preoccupazione evidente era allora quella di evitare un nuovo totalitarismo, per questo si blindavano le formazioni sociali a tutela della persona. Tutto il contrario di quello che si vuole fare oggi riconoscendo le unioni gay: distruggere la famiglia per costruire un rapporto individuo-Stato. Ed avviarsi così a una nuova forma di totalitarismo.
 
E’ la famiglia la prima formazione sociale che intende l’articolo 2 della Costituzione, e non si può riconoscere giuridicamente una qualsiasi convivenza senza elevarla – esplicitamente o implicitamente – al rango di comunità familiare. Smentendo così clamorosamente il punto di partenza da cui partono D’Agostino e co., ovvero che sia possibile riconoscere le convivenze senza intaccare il valore della famiglia fondata sul matrimonio.

Vale a dire: chi sta portando i cattolici su questa strada si sta assumendo una responsabilità gravissima.

Pedofilia, Olanda. Secondo una sentenza è «aberrante», ma può essere promossa e pubblicizzata (anche con foto)

Pedofilia, Olanda. Secondo una sentenza è «aberrante», ma può essere promossa e pubblicizzata (anche con foto)

Incredibile sentenza del tribunale di Assen che ha ribaltato una precedente decisione, permettendo a una fondazione di proseguire nella sua attività di promozione del libero amore fra adulti e bambini 

pedofiliaLa pedofilia è «un comportamento aberrante». Ma non può essere negato il diritto di fare campagne per promuoverla. È il senso della sentenza shock di una corte d’appello olandese che ieri, ribaltando la decisione di primo grado, ha stabilito come non debba essere vietata l’attività di una fondazione che da oltre trenta anni promuove la pedofilia.

Lo scorso anno il tribunale civile di Assen aveva ingiunto lo scioglimento del gruppo “Sticthing Martijn” rilevando che le sue proposte per legalizzare i contatti sessuali tra adulti e bambini erano contrarie alle norme ed ai valori della società olandese.

Ieri la corte d’appello di Leeuwarden ha affermato che i testi e le foto presenti sul sito web della fondazione non contravvenivano la legge. Aggiungendo che il fatto stesso che alcuni dei suoi membri siano stati condannati per reati sessuali, non andava connesso al lavoro della fondazione stessa.

La Corte d’appello ha anche rilevato che le proposte per la liberalizzazione della pedofilia sono «una seria contravvenzione di alcuni principi del sistema penale olandese», in particolare per quanto concerne la minimizzazione dei «pericoli dei contatti sessuali con giovani». Ma i giudici hanno sentenziato che la società olandese è sufficientemente «resistente» per affrontare «le dichiarazioni indesiderabili ed il comportamento aberrante» promosso dal gruppo fondato nel 1982 e sciolto lo scorso anno in seguito alla sentenza di primo grado. Un suo ex presidente, Martijn Uittenbogaard, ha affermato che i 60 soci non si riuniranno per decidere i prossimi passi, mentre l’ufficio del procuratore sta valutando l’ipotesi di un ricorso in terzo grado. Una portavoce della pubblica accusa ha definito la sentenza «deludente».

Nel corso degli anni l’attività della lobby pro-pedofilia è stata al centro di una serie di proteste. Ma il colpo più duro lo subì nel 2007, dopo aver pubblicato sul suo sito le foto della principessa Amalia, figlia del principe ereditario Guglielmo Alessandro (che il prossimo 30 aprile sarà incoronato re al posto della madre, la regine Beatrice). Il futuro re fece causa, chiedendo la rimozione immediata delle foto ed il pagamento di una multa. Richieste accolte dal tribunale.

Tre anni dopo l’abitazione del presidente dell’epoca, Ad van den Berg, fu perquisita, portando alla scoperta di ingenti quantità di materiale pedopornografico e all’arresto dello stesso van den Berg. Ma l’associazione ha continuato il suo “lavoro”, forte del parere emesso dal ministero per la sicurezza e la giustizia che nel giugno 2011 aveva stabilito che per la legge olandese la sua attività non era illegale. Ciò nonostante il 27 giugno 2012 il tribunale di Assen ne aveva decretato la chiusura. Annullata oggi nel nome della libertà di associazione. (ANSA)

Quando la scienza torna nelle caverne

Quando la scienza torna nelle caverne

di Tommaso Scandroglio da www.lanuovabq.it

George Churc

L’uomo sarà pure uscito dalle caverne, ma alcuni scienziati pare proprio di no. Il mondo delle provette ha i suoi laboratori ormai ai confini della realtà e l’intervista che il prof. George Church della “Harvard Medical School”ha rilasciato qualche giorno fa al settimanale tedesco Der Spiegel ce ne dà conferma.

Il dottor Church – non uno qualsiasi nel mondo della genetica ma uno dei capofila dell’Human Genome Project, progetto che ha mappato il nostro Dna – ha estratto il Dna dell’uomo di Neanderthal dai resti fossili delle sue ossa. Il suo intento è quello di clonare questo poveraccio che tolse il disturbo circa 30-40mila anni fa e farlo rivivere ai giorni nostri. Un po’ come ipotizzò Steven Spielberg nel famoso film Jurassic Park. Ma lì si trattava di dinosauri, oltre che di una finzione cinematografica.

Il procedimento è da piccolo (e infernale) chimico. Si prende il Dna di questo scimmione-umanoide e lo si inietta in un embrione umano nei suoi primissimi stadi di sviluppo o in alternativa in un ovocita umano. In tal modo il dottor Church-stein spera che l’accrescimento cellulare segua la linea genetica dell’uomo di Neanderthal e non quella dell’Homo sapiens sapiens, cioè la nostra.

«Adesso mi serve solo un’audace femmina umana» ha fatto sapere, con un’espressione infelice, il nostro dottore al Daily Mail. Quindi, dalle colonne non di una rivista scientifica – chi se la legge? – ma dalle pagine di un seguitissimo quotidiano inglese lancia la proposta di un casting alla Frankenstein per trovare la futura mamma del primo uomo di Neanderthal dell’età moderna. D’ora in poi i figli non saranno più solo “piezz’ ‘e core” ma anche “piezz’ ‘e mostri”. Speriamo che la madre non nutra troppe aspettative sul pargolo.

Il dottore non accetta le critiche piovute dall’intero mondo scientifico ed assicura che i benefici del suo esperimento si vedranno eccome. A suo dire si apriranno le porte per curare il cancro, l’Aids e per allungare la vita. Viene da chiedersi allora perché questa specie così prodigiosa ad un certo punto si sia estinta.

Il prof. Church inoltre afferma che l’ibrido che così nascerà non sarà “infettato” dal patrimonio genetico di una specie inferiore alla nostra, dato che gli uomini di  Neanderthal «avevano il cranio più grande del nostro, quindi potrebbero essere più intelligenti di noi». Ma se erano più intelligenti di noi perché vivevano nelle caverne? Vuoi vedere che lo facevano per un preistorico snobismo? E poi c’è un’altra cosa che non ci torna: gli elefanti hanno un cervello molto più grande del nostro eppure nessuno di loro ha mai dipinto una Cappella Sistina qualsiasi. Come mai?

Come era sperabile molti scienziati hanno fatto sapere che l’idea di Church è folle perché in primo luogo illegale in Gran Bretagna, poi è assai costosa, eticamente non condivisibile e difficilmente praticabile. Anche nel caso – più teorico che reale – che l’esperimento riuscisse, l’essere che verrà alla luce avrà vita brevissima perché affetto da gravi malformazioni e tare mentali.

E poi cui prodest? Cura del cancro e Aids appaiono solo fanfaluche da fantascienza. Insomma tutto fa pensare che il motivo che ha spinto il dott. Church a giocare con le provette è – come cantava Jannacci – «per vedere di nascosto l’effetto che fa». In fin dei conti la trovata è solo frutto di insana curiosità e delirio di onnipotenza. Qui – è proprio il caso di dirlo – si scimmiotta la vera scienza.

Il progetto di Church – che con il passare dei giorni appare più come una sparata pubblicitaria – solleva infine qualche problemino di carattere etico: il papà dell’uomo di Neanderthal gioca a fare Dio,  svilisce la dignità umana, vorrebbe usare il corpo di una donna come un’incubatrice di un alieno venuto dal passato remoto, intende l’uomo solo come conglomerato di cellule privo di anima, come un peperone da alterare geneticamente, e pensa che tutto ciò che è possibile è anche eticamente lecito (a quando la clonazione di Gesù utilizzando il sangue della Sindone? Speriamo che non ci legga Dan Brown). Inoltre l’esperimento vuole generare mostri, da qui il paradosso: abortiamo bambini con il labbro leporino e poi facciamo nascere esseri para-umani? In soldoni a noi pare proprio che ci sia urgenza di clonare non i cavernicoli, ma il buon senso.

Avete ragione: questo è il solito cattolicume di noi baciapile. Allora proviamo a vederla da un altro punto di vista, quello del positivismo scientifico. Che rabbia per Darwin e i suoi nipotini: tanta fatica durata centinaia di migliaia di anni per emanciparci da caverne e clave ed ora arriva uno in camice bianco che vuole rimettere indietro le lancette dell’evoluzione e renderci involuti. Forse anche in giacca e cravatta, ma sempre con la faccia da primate.

Comunque, il dott. Church a ben vedere è riuscito nel suo intento: con la sua idea il professore è riuscito a smarcarsi dalla specie dell’Homo sapiens sapiens e ad assomigliare sempre più al suo amato uomo di Neanderthal. E senza nemmeno l’uso di vetrini e siringhe.

Una falsa veggente contro papa Francesco

Una falsa veggente contro papa Francesco

di Massimo Introvigne da www.lanuovabq.it

Il Libro della Verità

«Il regno nella Casa di Pietro [di Papa Francesco] è alla fine e presto il mio caro Papa Benedetto XVI guiderà i figli di Dio dal suo luogo di esilio. Pietro, il mio Apostolo, il fondatore della Chiesa sulla Terra, lo guiderà nei difficili Ultimi Giorni, mentre la mia Chiesa combatterà per la sua stessa vita». Questa presunta profezia di Gesù Cristo, diffusa lo scorso Venerdì Santo, si è diffusa rapidamente su siti Internet e blog di tutto il mondo, Italia compresa, dove chi si chiede tra Francesco e Benedetto XVI «chi è il Papa?» –con la malcelata intenzione di non obbedire né all’uno né all’altro – spesso si alimenta alla dubbia tavola di rivelazioni private spurie.

Negli ultimi giorni La Nuova Bussola Quotidiana ha ricevuto molte richieste di chiarimenti, perfino da vescovi, sulle presunte profezie – al cui novero appartiene quella appena citata – di una donna irlandese che si fa chiamare Maria della Divina Misericordia («Maria Divine Mercy»). Non solo dall’Italia, dove pure il suo «Libro della verità» è stato tradotto e circola in diversi ambienti. Ci sono Paesi stranieri dove Maria della Divina Misericordia è diventato in pochi giorni un nome noto alla grande stampa.

Chi è Maria della Divina Misericordia? Nessuno lo sa. Oltre a leggere il suo libro, e le rivelazioni private che afferma di ricevere da Gesù Cristo a getto continuo, è possibile sentire la sua voce in un’intervista registrata dove afferma di essere una donna d’affari irlandese madre di quattro figli, che ha cominciato con sua sorpresa a essere destinataria di messaggi divini il 9 novembre 2010. Ma nessuno ha mai visto la donna, né il suo nome è stato comunicato, e non manca nella stessa Irlanda chi pensa che non esista nessuna Maria e che un gruppo di persone anonime diffonda queste presunte rivelazioni per finalità poco chiare.

Il contenuto dei messaggi di Maria della Divina Misericordia li rivela come una classica forma di millenarismo. Si tratta di quella corrente che pretende di conoscere dettagli su come, e spesso anche su quando – con tanto di date precise – sarà la fine dei tempi: una corrente che la Chiesa, con le parole del «Catechismo della Chiesa Cattolica» condanna come una «falsificazione del regno futuro», di cui i buoni fedeli sanno che non possono conoscere «né il giorno né l’ora» (Matteo 25, 13) e neppure le esatte modalità.

Maria della Divina Misericordia annuncia che è in atto l’«Avvertimento», un periodo che sarebbe stato predetto dalla Madonna nelle apparizioni di Garabandal (1961-1965). Queste apparizioni non sono state riconosciute dalla Chiesa, ma – qualunque cosa se ne pensi – non bisogna confondere il movimento di fedeli che s’interessano a Garabandal con il gruppo di preghiera «Gesù all’umanità», che riunisce i seguaci di Maria della Divina Misericordia. In effetti, la grande maggioranza dei devoti di Garabandal non accetta i messaggi di Maria della Divina Misericordia e denuncia il suo tentativo di ricollegarsi a Garabandal come abusivo.

Maria – che si presenta, cosa non nuova tra i millenaristi, come il settimo angelo o il settimo messaggero di cui parla l’Apocalisse – afferma che il periodo della Grande Tribolazione è iniziato nel dicembre 2012 e finirà nel maggio 2016. In questo periodo si rivelerà l’Anticristo, preceduto dal Falso Profeta, il suo alleato. A un certo punto, durante questo tempo, secondo Maria «due comete si scontreranno nel cielo», e tutti potranno vedere i propri peccati e «lo stato della propria anima davanti a Dio». «Molte persone cadranno per terra e piangeranno lacrime di sollievo» e «ogni persona di età superiore ai 7 anni vivrà  un incontro privato mistico con Gesù Cristo che durerà fino a 15 minuti». Miliardi di persone si convertiranno. L’Anticristo e il Falso Profeta saranno sconfitti e ci saranno la Seconda Venuta di Gesù Cristo e il Millennio, il regno futuro del Signore che non coinciderà con la fine del mondo ma con l’inizio di un periodo che durerà letteralmente mille anni in cui Satana sarà legato e non potrà più tentare i buoni. Siamo nell’ambito di quello che la teologia chiama «millenarismo mitigato», una dottrina anch’essa condannata dalla Chiesa a più riprese e da ultimo nel «Catechismo della Chiesa Cattolica».

Ma dove ci troviamo oggi? Utilizzando anche le profezie attribuite al vescovo medievale irlandese Malachia di Armagh (1094-1148) – che gli storici sanno essere un falso costruito nel XVI secolo per influenzare i cardinali in conclavi del Rinascimento –, le quali prevedono un numero di futuri Pontefici secondo il quale Francesco sarebbe l’ultimo Papa prima della fine dei tempi, Maria ha cominciato mesi fa a prevedere che Benedetto XVI sarebbe stato «cacciato dal Vaticano» da un complotto di cardinali. Oggi afferma di avere previsto le dimissioni di Papa Ratzinger, ed è questo che l’ha resa così famosa in molti Paesi. Ma in realtà, se uno legge i suoi messaggi, si rende conto che non ha previsto quello che è effettivamente accaduto. Secondo i testi di Maria, Benedetto XVI avrebbe dovuto essere scacciato dal Vaticano contro la sua volontà, e avrebbe quindi chiamato a raccolta i buoni per difendere la vera Chiesa contro gli usurpatori. Ma non è andata così. È del tutto ovvio che Papa Ratzinger si è dimesso di sua spontanea volontà e che non si appresta a promuovere nessuna crociata contro il nuovo Papa, cui al contrario ha promesso obbedienza.

Per Maria della Divina Misericordia – o chi si nasconde dietro questo nome – Papa Francesco è invece il Falso Profeta, l’alleato dell’Anticristo. Già durante il Conclave Maria aveva predetto che, chiunque fosse stato eletto, si sarebbe trattato di un inganno organizzato da cardinali infedeli in combutta con la massoneria e con l’Ordine degli Illuminati. Ora spiega che l’incoronazione di Papa Francesco «sarà celebrata in ogni angolo della Terra dai gruppi massonici» e che durante la Settimana Santa il Papa farà un «gesto di profanazione del Santo Nome» di Gesù che sarà visibile da tutti coloro che «avranno occhi per vedere» e rivelerà definitivamente Francesco come il Falso Profeta.

Il Sigillo

Che cosa dovrebbero fare i buoni? Rifiutare Francesco, considerare Benedetto XVI l’unico vero Pontefice e accettare il «Sigillo del Dio Vivente», un nuovo simbolo rivelato a Maria della Divina Misericordia cui è collegata una preghiera recitando la quale si è sicuri della protezione divina nel periodo della Grande Tribolazione. Alla fine della Grande Tribolazione – come accennato, maggio 2016 – ci saranno poi tre giorni e tre notti di oscurità che precederanno la seconda venuta di Gesù Cristo per inaugurare il Millennio.

Per chiunque studi i movimenti millenaristi in tutto questo non c’è nulla di particolarmente nuovo. Si tratta di un aggiornamento, con il riferimento a Papa Francesco, d’idee che circolano in ambienti protestanti da diversi secoli, e che hanno sempre influenzato anche qualche cattolico, determinando le chiarissime condanne riportate nel «Catechismo della Chiesa Cattolica». Le profezie che danno dettagli e date sulla fine dei tempi sono condannate dalla Chiesa come false profezie. E naturalmente sono tanto più gravi se incitano a ribellarsi al Papa e a porre la propria fiducia in profeti anonimi che nessuno ha neppure mai visto e in nuovi segni e preghiere estranee alla tradizione cattolica. Il fatto che decine di migliaia di persone – in modo particolarmente grave nel mondo di lingua inglese, e in alcuni Paesi dell’Europa dell’Est – prestino fede a questi inganni è un ulteriore segno della straordinaria confusione che regna nelle anime.

La confezione Lego di Guerre stellari è un insulto all’islam. Sarà ritirata

La confezione Lego di Guerre stellari è un insulto all’islam. Sarà ritirata

di Elisabetta Longo da www.tempi.it

Grottesca polemica su un palazzo che ospita un personaggio della celebre saga ma che, a detta di un’associazione turca, ricorda la basilica di Santa Sofia. 

lego jabba La casa produttrice di giochi per bambini Lego continua a far parlare di sé. Dopo le polemiche contro i kit di mattoncini rosa per bambine, tocca alla confezione che ha per protagonista Jabba the Hutt, il cattivone con fattezze di lumaca della saga di Guerre Stellari.

TROPPE SIMILITUDINI. A detta del Turkish Cultural Association of Austria, un gruppo di musulmani turchi, il palazzo giocattolo ricorderebbe troppo la Basilica di Santa Sofia. Poco importa che l’azienda danese abbia riprodotto in scala lo stesso palazzo immaginato da George Lucas nel film. Secondo il gruppo turco, il gioco recherebbe offesa alla religione islamica: «Jabba the Hutt è dedito a uccidere le sue vittime, fumare narghilè e abitare in un palazzo che assomiglia non solo a un minareto, ma al più famoso luogo di culto turco. Così si rischia solo di aumentare i pregiudizi razziali, e insinuazioni di terrorismo». Il caso è scoppiato dopo che un uomo turco ha acquistato il set di Jabba the Hut per il figlio, e ha notato queste somiglianze, a detta sua visibilissime.

RITIRO DAL 2014. La Lego inizialmente si era rifiutata di ritirare dal commercio il set, spiegando come ogni kit messo in vendita sia stato sottoposto a parecchi esami, e come i set di Guerre stellari si limitino a riproporre quanto visto nei film. Tuttavia, dopo ripetuti incontri tra i dirigenti Lego e Birol Killic, presidente della Turkish association, si è deciso che il gioco non sarà più venduto a partire dal 2014.

Perché aspettare la morte per espiantare gli organi dei donatori? La proposta di un bioeticista canadese

Perché aspettare la morte per espiantare gli organi dei donatori? La proposta di un bioeticista canadese

di Leone Grotti da www.tempi.it

Per Walter Glennon, bioeticista dell’università di Calgary, se un donatore di organi è malato e ha poche speranze di vita, si possono espiantare i suoi organi da vivo. Per il suo bene. 

donazione-organiPerché aspettare la morte di un donatore di organi per prenderglieli? È questa, in estrema sintesi, la domanda che un bioeticista canadese si fa sull’ultimo numero del Giornale di etica sanitaria della prestigiosa università di Cambridge.

NON CONTA ESSERE VIVI O MORTI. Analizzando il caso di un paziente che ha subito gravi lesioni cerebrali, Walter Glennon, bioeticista dell’università di Calgary, scrive: «Ciò che importa non è se il donatore sia morto o meno, o quando la morte deve essere dichiarata, ma che il donatore o chi per lui acconsenta [a donare gli organi], che il donatore si trovi in una condizione irreversibile senza speranza di un significativo miglioramento, che il modo in cui gli si prende gli organi non gli causi dolore e sofferenza e che le intenzioni del donatore vengano portate a compimento con un trapianto di successo».

BASTA LA VOLONTÀ. Glennon si spinge oltre: non prelevare gli organi di un paziente nelle condizioni sopra descritte quando è ancora vivo vorrebbe dire danneggiarlo, dal momento che vengono disattese le sue volontà. Molti organi, infatti, dopo la morte non sono più utilizzabili ma se la volontà del paziente è quella di donarli, non espiantarli da vivo significherebbe contravvenire alla volontà del donatore. «Non è giusto dire che un donatore è fuori pericolo solo quando è stato dichiarato morto e che un espianto operato da vivo danneggia il paziente».

COMPRAVENDITA DI ORGANI. La proposta di Glennon potrebbe avere effetti indesiderati, come la legalizzazione di fatto della compravendita di organi o del suicidio attraverso la donazione di organi da vivi. Secondo Glennon, però, è molto difficile che questo accada, perché di solito è solo «l’esperienza di una condizione irreversibile e senza speranza a indurre una persona che la vita non è più degna di essere vissuta».