Via mama e papà dai moduli per l’asilo Bologna “strappa”, ma il Pd frena

Via mama e papà dai moduli per l’asilo Bologna “strappa”, ma il Pd frena

Madre e padre nei moduli per l’iscrizione all’asilo nido stavano proprio antipatici, tant’è che a Bologna si cambieranno. Che poi a ben guardare i documenti in questione l’intera faccenda assume toni paradossali. Prima di tutto perché nei moduli del Comune c’era già scritto “genitore richiedente” e “altro genitore”, che l’assessore alla Scuola Marilena Pillati ha annunciato come cambiamento. Scorrendo il foglio, verso la fine, si parlava poi di “madre” e “padre” quando si accennava alla condizione lavorativa e ai numeri di telefono.

Dopo la riunione della commissione Affari Generali di Palazzo d’Accursio la decisione è stata presa e a poco sono valse le resistenze di Pdl, Lega e parte del Pd che si sono opposti con decisione. Il cambiamento, a detta dell’assessore Pillati, pare essere semplicemente un affare burocratico, e come tale non deve passare dal Consiglio: “Per un fatto di coerenza interna – ha specificato – stiamo valutando di sostituire i termini distinguendo sempre tra il genitore che ha fatto richiesta e l’altro genitore”.

Naturalmente non è solo un affare burocratico, ma altamente simbolico, come dimostrano le reazioni da una parte e dall’altra che a partire dalle prime ore della mattinata di ieri non hanno tardato a farsi sentire. Il Pd frena l’entusiasmo trionfalistico di Sel, che aveva presentato pochi giorni fa la proposta, e dimostra tutto il suo imbarazzo davanti alle intenzioni del sindaco Virginio Merola: “In fondo l’assessore ha parlato di una valutazione in corso d’opera – ha detto il capogruppo Pd Francesco Critelli –. C’è ancora spazio per una riflessione, una decisione non è stata ancora presa”. Critelli ha assicurato che ci sarà un confronto tra la maggioranza e la Giunta per trovare la soluzione migliore. Al momento comunque non è in programma nessuna riunione.

Molto meno positivo il Pdl, che affila le armi per una battaglia campale chiamando in causa direttamente il ministero dell’Interno: “Quando usciranno i moduli – avverte la consigliera Valentina Castaldini – farò un interpello al ministero per chiedere se è corretta la modifica o se interviene sulla legge vigente”. Secondo Castaldini, del resto, “i moduli non vanno cambiati, perché non discriminano nessuno: per legge c’è un padre e una madre”.

Dopo lo stesso episodio accaduto a Venezia, dove la consigliera Camilla Seibezzi aveva fatto in Consiglio comunale la stessa proposta, che era stata stoppata, la questione ormai è nazionale: “Non è così che si tutelano i diritti delle minoranze – ha dichiarato il senatore dell’Udc Antonio De Poli -. Le parole “mamma” e “papà” sono le più belle. Pensare che discriminino i gay offende non solo chi crede nella famiglia ma chi, pur schierandosi dalla parte dei gay, ritiene la famiglia un valore fondamentale da tutelare”.

Ignazio la Russa bolla come “pagliacciata” la decisione della Giunta di Palazzo D’Accursio: “Fratelli d’Italia contrasterà in tutti i modi questi provvedimenti e invita le altre forze di centrodestra a far sentire il proprio dissenso”.

Interviene nella polemica anche Gian Luca Galletti, bolognese dell’Udc e sottosegretario all’Istruzione: «È solo una stupida provocazione. Stupisce che la giunta di Bologna, davanti ai problemi che i cittadini vivono, a cominciare dalla scarsità dei servizi e dall’aumento ipotizzato delle imposte, perda tempo su temi che poco hanno a che fare con l’amministrazione della città».

«Ci siamo fatti ridere dietro da tutta Italia, vedrete che alla fine si torna indietro e si corregge la cosa», sintetizza il consigliere comunale Pd, Tommaso Petrella.

Caterina Dall’Olio da www.avvenire.it
Richard Dawkins difende la pedofilia?

Richard Dawkins difende la pedofilia?

da http://www.uccronline.it

Richard Dawkins E’ ufficiale ormai, Richard Dawkins ne combina di più perfino del nostro simpatico Odifreddi. Dopo essersi classificato tra i peggiori misogini del 2011 per aver chiesto di tacere ad una donna che si lamentava degli abusi subiti in una conferenza di atei militanti, in questi giorni “l’ateo più famoso del mondo” (che però ha cambiato idea dicendo di essere agnostico) ha difeso la “pedofilia mite”. Questo è quanto dicono i media, in realtà non è vero.

In un’intervista al “Times”, il 72enne inglese ha raccontato che nel 1950 uno dei suoi maestri di scuola una volta lo ha messo sulle sue ginocchia infilando la mano dentro ai suoi calzoncini. «Era estremamente sgradevole e imbarazzante», ha ricordato, «appena ho potuto divincolarmi dal suo grembo l’ho raccontato ai miei amici, molti dei quali avevano avuto la stessa esperienza con lui. Non credo che questo fatto abbia avuto alcun danno duraturo su di noi».

Le dichiarazioni non sono terminate: «Sono molto consapevole del fatto che non si possono condannarele persone di un’epoca precedente usando gli stessi standard di oggi». Questo è purtroppo vero, la pedofilia era decisamente sottovalutata anni fa, non a caso i casi di abusi commessi anche da sacerdoti e religiosi risalgono in massima parte tra gli anni ’50 e i ’70 come ha dimostrato l’indagine nel 2006 dal John Jay College della City University of New York. In un periodo culturale di libertinaggio sessuale ed esplosione della pornografia, com’è stato quel periodo storico, anche la pedofilia ha trovato meno resistenze ad affermarsi, anche giustificata dalla teoria della “liberazione sessuale” dei bambini, portata avanti dagli antenati di Dawkins come gli intellettuali laici Simone de BeauvoirMichel Foucault, e Jean-Paul Sartre.

«Proprio come noi, se guardiamo indietro ai secoli 18° e 19°, non condanniamo le persone per razzismo allo stesso modo di come noi le condanneremmo oggi, se guardo indietro alla mia infanzia vedo cose come una lieve pedofilia e non riesco a trovare gli stessi motivi per condannarla come invece farei o chiunque farebbe oggi», ha aggiunto lo scienziato inglese. «Il signor Dawkins sembra pensare che se un reato è stato commesso da molto tempo dovremmo giudicarlo in modo diverso»ha commentato Peter Watt, direttore del Child protection at the National Society for the Prevention of Cruelty to Children. «Ma noi sappiamo che le vittime di abusi sessuali subiscono gli stessi effetti, indipendentemente se abusate negli ani 50 o ieri»Peter Saunders, presidente del National Association for People Abused in Childhoodha aggiunto«L’abuso in tutte le sue forme è sempre stato sbagliato. Il male è male e dobbiamo sfidarlo ogni volta e ovunque si manifesti».

Leggendo le dichiarazioni di Dawkins è evidente che non intendeva giustificare l’abuso di bambini o la pedofilia lieve, tuttavia la sua uscita è stata davvero infelice e ambigua. Oltretutto sorprende che abbia completamente omesso una parola di aperta condanna verso la pedofilia (lieve e non), nonostante fosse sul principale quotidiano inglese. In Italia si direbbe un’odifreddura o come ha commentato il suo amico PZ Myers, un vero disastro. In ogni caso si tratta dell’ennesima gaffe di Dawkins & Co. che ha portato Martha Gill sul “Telegraph” a definire questi “atei impegnati” come “persone imbarazzanti” ed il non credente Brendan O’Neill ad affermare che «gli atei stanno diventando le persone più fastidiose del pianeta».

Curioso che l’unica ad aver difeso integralmente Dawkins, senza nemmeno sottolineare che la sua è stata oggettivamente un’uscita poco prudente, è stata la sua laica devota Chiara Lalli. La militante italiana si è preoccupata di difendere a tutti i costi le buone intenzioni del suo Dawkins, temendo che se venisse screditata la figura dello scienziato inglese per una dichiarazione tanto controversa potrebbe per molti risultare compromesso anche il suo pensiero in favore della religione ateista e di condanna dei credenti. Ecco perché si è sentita chiamata ad intervenire. Peccato che la Lalli non abbia fatto l’avvocato difensore quando Dawkins ha umiliato la donna abusata nel 2011 e non abbia pensato di correggerlo quando, sempre lui, pochi mesi fa ha affermato che educare i bambini alla religione è un maleparagonabile alla pedofilia. In questo caso, siamo certi che Dawkins lo ritenga una terribile violenza anche quando lo si faceva negli anni ’50.

Francia, il signor Lebouvier vuole sbattezzarsi e denuncia la sua diocesi. Ma il tribunale gli dà torto

Francia, il signor Lebouvier vuole sbattezzarsi e denuncia la sua diocesi. Ma il tribunale gli dà torto

La diocesi di Coutances ha scritto di fianco al suo nome sul registro: la formula: «Ha rinnegato il suo battesimo». Ma l’uomo voleva l’annullamento del Sacramento
di Leone Grotti da www.tempi.it 
René Lebouvier, ateo di 73 anni, già cattolico e ora «libero pensatore» ha denunciato la diocesi di Coutances, in Francia, perché si è rifiutata di cancellare dai registri parrocchiali il suo battesimo. La lunga battaglia dell’uomo contro la Chiesa francese, cominciata nel 2001, si è chiusa l’altro giorno quando la Corte d’appello di Caen ha dato ragione alla diocesi.

«VOGLIO SBATTEZZARMI». Quando Lebouvier ha manifestato l’intenzione di “sbattezzarsi”, nel 2001, la diocesi ha scritto nel registro, di fianco al nominativo dell’uomo: «Ha rinnegato il suo battesimo». Lebouvier ha ottenuto così la rinuncia pubblica al suo battesimo e si è ritenuto soddisfatto. Ma nel 2009, «scandalizzato dall’atteggiamento del Papa in Africa sul preservativo», ha chiesto alla diocesi di «cancellare completamente il mio battesimo». Davanti al rifiuto del vescovo, l’uomo si è rivolto al tribunale, che il 6 ottobre 2011 ha sentenziato che il suo nome doveva effettivamente essere cancellato dai registri.

BATTESIMO NON SI ANNULLA. La Chiesa ha fatto ricorso perché, come spiega al Le Figaro il cappellano di una scuola di Seine-et-Marne, «il battesimo non è un contratto o un abbonamento che apre a dei diritti o che si può cancellare. Dio infatti non viene mai meno al suo giuramento, contrariamente agli uomini». Il battesimo dunque non può essere annullato perché, per quanto l’uomo lo rinneghi, il Sacramento divino non si cancella. Inoltre è un atto pubblico celebrato alla presenza di testimoni: non si può far finta che non sia mai esistito. Ma poiché la Chiesa riconosce chi rinuncia pubblicamente alla religione cattolica, la diocesi ha aggiunto di fianco al suo nome la dicitura: «Ha rinnegato il suo battesimo».

«LIBERTÀ RISPETTATA». Ispirandosi a tutti questi motivi, la Corte d’appello di Caen ha dato ragione alla diocesi di Coutances, stabilendo che «la libertà del signor Lebouvier di non appartenere alla religione cattolica è rispettata anche senza la cancellazione o un’ulteriore correzione del documento in questione». In Francia si celebrano circa 300 mila battesimi all’anno e secondo le statistiche della Chiesa sono circa mille le persone che ogni anno chiedono di sbattezzarsi.

Usa, la rieducazione degli psicologi “omofobi”

Usa, la rieducazione degli psicologi “omofobi”

di Massimo Introvigne da www.lanuovabq.it

Il 29 agosto 2013 la Corte d’Appello Federale per il Nono Circuito degli Stati Uniti, competente per la California, ha reso pubblica un’attesa sentenza sulla legittimità e la costituzionalità di una legge californiana – la prima del genere negli Stati Uniti, seguita lo scorso 19 agosto da una analoga del New Jersey – che dichiara illegale l’uso delle terapie riparative per pazienti minorenni. Gli psichiatri e psicologi che offrono queste terapie a minori rischiano la perdita della licenza professionale e anche il carcere. Come è noto, le terapie riparative sono quei metodi psico-terapeutici che mirano ad aiutare le persone che percepiscono come un problema il loro orientamento omosessuale e desiderano cambiarlo.

Le terapie riparative sono al centro di una grande polemica internazionale, di cui anche la nostra testata si è occupata, e toccano un nervo scoperto della comunità degli attivisti gay. In Italia la semplice menzione di queste terapie da parte del vice-presidente dei Giuristi Cattolici, l’avvocato Giancarlo Cerrelli, in una trasmissione televisiva, ha scatenato un’aggressione senza precedenti nei confronti del giurista, di cui pureabbiamo avuto occasione di occuparci. Non ripeterò in questa occasione – né ne avrei la competenza – gli argomenti sul carattere non scientifico, ma piuttosto ideologico, dell’aggressione contro le terapie riparative che uno psicologo ha esposto sulla Nuova Bussola Quotidiana lo scorso 27 agosto, in polemica con il presidente dell’Ordine degli Psicologi – e già candidato (trombato) nella lista di Nichi Vendola alle elezioni regionali pugliesi del 2010 –, il dottor Giuseppe Luigi Palma, che era stato tra i più violenti nell’attacco a Cerrelli. M’interessa invece qui commentare l’intervento del legislatore californiano – e di quello del New Jersey – in una controversia scientifica.

La Corte d’Appello del Nono Circuito stabilisce un principio molto pericoloso – tanto più in un Paese come gli Stati Uniti dove, felicemente, le decisioni delle associazioni professionali, spesso su questi temi ideologicamente orientate, sono meno cogenti che in Europa –, e cioè che le leggi e i tribunali hanno il diritto di rendere obbligatoria un’ortodossia scientifica stabilita dai gruppi maggioritari – o che si presentano come maggioritari – in una determinata branca della scienza. Di norma, afferma la sentenza, il diritto alla libertà di espressione negli Stati Uniti è assoluto. Benché nessuno scienziato affermi che la Terra è piatta, esistono curiose associazioni che insistono sul fatto che il nostro pianeta è proprio piatto, non è rotondo, e propagandando le loro idee non si va in prigione.

Ma c’è un ma. La Corte d’Appello spiega che le teorie anti-scientifiche non possono essere liberamente insegnate, e tanto meno se ne possono derivare conseguenze pratiche o terapeutiche, quando interferiscono con i diritti di categorie protette o favoriscono la discriminazione. Tra le categorie protette contro la discriminazione ci sono gli omosessuali, e la pratica delle terapie riparative implica necessariamente – afferma la sentenza – la tesi che l’omosessualità «sia una malattia», «non sia normale» o comunque sia una condizione meno positiva e desiderabile dell’attrazione verso persone dell’altro sesso. Questa opinione, oltre che «condannata dalla scienza», non è protetta dalla libertà di espressione, ma al contrario la sua manifestazione implicita o esplicita è vietata dalle leggi contro l’omofobia.

L’evidente obiezione è che se l’omosessualità sia una condizione «normale» e desiderabile, o se invece – come insegna per esempio il Magistero della Chiesa Cattolica – l’inclinazione omosessuale sia «oggettivamente disordinata» e «costituisca per loro [le persone omosessuali] una prova» (così afferma, al n. 2358, il «Catechismo della Chiesa Cattolica»), non è una questione che possa essere decisa esclusivamente dalla scienza psichiatrica, o da una maggioranza di psichiatri. Presenta profili che interessano la sociologia – la quale s’interessa della questione se esistano effettivamente gruppi di omosessuali che considerano la loro condizione «una prova» e preferirebbero cambiarla – la filosofia e anche la teologia. La questione è enormemente complicata e controversa. Come ha rilevato, intervenendo sul caso Cerrelli con un articolo su «Avvenire» del 29 agosto, lo stesso professor Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani – non proprio un talebano dell’opposizione alle leggi sull’omofobia e le unioni omosessuali, come sanno i nostri lettori – imporre per legge o affidare ai tribunali la decisione su quali opinioni siano lecite e quali no in questo campo costituisce una gravissima violazione della libertà di opinione e di espressione.

La sentenza californiana considera questa obiezione e risponde che la libertà di opinione non c’entra, in quanto la legge non vieta ai medici e terapisti di discutere in astratto le terapie riparative o di «scrivere un libro o tenere un comizio» dove affermano che le terapie riparative sono utili e funzionano, ma vieta loro soltanto di utilizzarle nella loro pratica medica e psichiatrica rivolta a minori. La risposta, anche qui, non è convincente: anzitutto perché, una volta stabilito che ogni affermazione in favore delle terapie riparative nasce necessariamente da un pregiudizio omofobo, l’espressione pubblica di questo pregiudizio – se non sarà colpita dalla nuova legge contro le terapie riparative – cadrà nell’ambito di applicazione delle leggi esistenti contro l’omofobia. In secondo luogo, perché è molto curioso riconoscere a un medico la libertà di affermare in pubblico che una certa terapia è benefica e utile, e nello stesso tempo vietargli di utilizzarla.
Si dovrebbe tenere conto anche della libertà del paziente di prestare il suo consenso informato a terapie che reputa utili a migliorare la sua condizione.

Curiosamente, la sentenza non insiste molto sul fatto che la legge californiana vieta solo di offrire le terapie riparative ai minorenni, ma non ne vieta l’uso con i maggiorenni. Certo è singolare che – mentre le possibilità di un sedicenne di prendere decisioni sulla sua vita si ampliano continuamente – l’unica scelta vietata è quella di intervenire per modificare il proprio orientamento omosessuale. C’è un clamoroso parallelo con la decisione di cambiare sesso: una pratica – come rivelò un’inchiesta televisiva della CBS nel 2012 – sempre più offerta a minorenni negli ospedali americani, per non parlare dell’accompagnamento psicologico di ragazzine teenager che si dichiarano lesbiche e sono «aiutate» ad adottare la nuova identità che si sono scelte.

Ma la sentenza non insiste su questo punto per una ragione politica. Sa bene che il divieto delle terapie riparative offerte a minorenni è solo il primo passo, e che le organizzazioni gay ora si battono per una legge che mandi in galera chiunque offra terapie riparative a persone omosessuali di qualunque età. Così recita il progetto di legge che ogni settimana in Gran Bretagna raccoglie nuove firme di membri del Parlamento di tutti i partiti, con il sostegno della stampa «politicamente corretta». E si ha l’impressione, leggendo tra le righe, che anche i giudici californiani ritengono che alla fine il problema sia culturale: occorre educare le minoranze non illuminate a capire che l’omosessualità non è un disagio, ma una condizione simpatica, gradevole e alla moda. Quando le leggi diventano strumento per rieducare chi è riluttante a entrare nel meraviglioso mondo del «politically correct» siamo sbarcati in quella che Benedetto XVI nell’enciclica «Caritas in veritate» chiama la peggiore delle ideologie: la tecnocrazia, dove le opinioni presentate come «scientifiche» sono imposte a tutti con la minaccia della galera, in una sinergia perversa fra tecnocrati in camice bianco e tecnocrati in toga, tristi gendarmi gli uni e gli altri della dittatura del relativismo.

Gay, un arresto a Londra per avere letto San Paolo

Gay, un arresto a Londra per avere letto San Paolo

di Gianfranco Amato da www.lanuovabq.it

Tony Miano a Wimbledon

Gran Bretagna, Wimbledon, 1 luglio 2013, ore 16.50, davanti al Center Court Shopping Center. 

Questa è la scena in cui viene eseguito da tre agenti di polizia l’arresto di Tony Miano, quarantanovenne statunitense, ex Vice Sceriffo della Contea di Los Angeles oggi “street preacher”, predicatore di strada, che ha avuto la disavventura di commentare in pubblico il Capitolo 4 della Prima Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo, nel punto in cui si condanna l’immoralità sessuale. Alcune ore prima, infatti, un’adirata signora, dopo aver apostrofato Tony Miano con un sonoro «F… off», ha richiesto l’intervento della polizia, sentendosi minacciata ed offesa dalle «affermazioni omofobiche al vetriolo» udite durante la predica.

Da qui l’arresto disposto ai sensi dell’art.5 del Public Order Act, con l’aggravante omofobica. Al reo la polizia propone di accettare una multa di 90 sterline e la garanzia di poter tornare nel Regno Unito, minacciando di sottoporlo, in caso di mancata accettazione, ad un formale interrogatorio. Tony, ritenendo di non aver commesso alcun reato, chiede l’intervento di un avvocato. A quel punto, dopo le fotografie di rito, la registrazione delle impronte digitali ed il prelievo di un campione di DNA, viene tenuto per più di sette ore in una cella con una toilette priva, peraltro, di carta igienica. Alle 21.08, nella Stanza Interrogatori n.3 della Wimbledon Police Station, Tony Miano subisce l’interrogatorio.

Ho ricevuto dagli amici e colleghi avvocati del Christian Legal Center il verbale di quell’interrogatorio,  che merita di essere trascritto in alcuni suoi passi, apparendo il relativo contenuto assai più eloquente di tanti astratti ragionamenti attorno al tema.

I soggetti coinvolti nell’interrogatorio sono il Police Interviewer (P), l’arrestato Tony Miano (T), e il suo avvocato Michael Phillips (A):
(…)

P: «Vuole dirci cosa stava facendo fuori dal Center Court Shopping Center oggi pomeriggio?»
T:  «Stavo predicando il Vangelo».
P: «Lo stava facendo da solo?»
T: «No, ero insieme a degli amici, alcuni dei quali vengono dagli Stati Uniti, altri sono di Londra».
P: «Da quanto tempo predica il Vangelo?»
T: «In tutta la mia vita?»
P: «No, intendo recentemente in questo Paese»
T: «Dallo scorso 22 giugno».
(…)
P: «Quindi Lei predica il Vangelo. C’è una parte specifica del Vangelo che Lei è solito predicare?»
T: «No. Tutto il Vangelo»
P: «Quindi Lei comincia dall’inizio e prosegue?»
T: «Si. Di solito inizio predicando diversi passaggi delle Sacre Scritture. E una parte della predicazione del Vangelo è costituita dalla condivisione della legge di Dio, al fine di rendere le persone consapevoli dei propri peccati in modo da far comprendere loro l’esigenza di salvezza».
(…)
P: «Bene, veniamo ora alle circostanze del Suo arresto. Ricorda esattamente le modalità in cui Lei è stato arrestato? Gli eventi che lo hanno determinato? Le ragioni per cui Lei pensa di essere arrestato? Indipendentemente dal fatto che Lei condivida o meno tali ragioni»
T: «Certo. Stavo predicando un passaggio del Capitolo 4 della Prima Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo»
P: «Questo deve consentirmi di scriverlo»
T: «Certo»
P: «1 Tessalonicesi…»
T: «Capitolo 4»
P: «Grazie»
T: «In quel passaggio biblico, l’apostolo Paolo esorta i Tessalonicesi ad astenersi da tutte le forme di immoralità sessuale, ed a vivere un’esistenza santa, ovvero coerente con Dio e la santità di Dio.
P: «Quindi Lei stava predicando quel Capitolo, o meglio alcuni versi dei quel capitolo?»
T: «Esatto»
P: «E dopo cosa è accaduto?»
T: «Stavo predicando sulle varie forme di immoralità sessuale, relative sia agli omosessuali che agli eterosessuali, compresa la fornicazione, ovvero il sesso fuori dal matrimonio»
P: «Bene»
T: «Così come predicavo sull’adulterio, non solo inteso come tradimento del coniuge ma anche come desiderio lussurioso. Gesù ha, infatti, detto che chiunque guarda una persona con concupiscenza, ha già commesso adulterio nel suo cuore. Ho anche predicato che tutte le forme di immoralità sessuale sono un peccato agli occhi di Dio. Peccato che Dio giudicherà, ma peccato che Dio può anche perdonare. Ebbene, prima che riuscissi a completare la declamazione della buona novella del Vangelo, sono stato interrotto. Stavo ancora parlando della legge di Dio, quando sono stato interrotto, proprio sul punto in cui avrei dovuto affrontare il tema del perdono e del dono della vita eterna grazie alla fede in Gesù Cristo».
(..)
P: «Qual è stata la reale intenzione di quello che ha fatto oggi?»
T: «La mia unica intenzione deriva dalla mia fede cristiana che mi insegna di amare Dio con tutto il mio cuore, la mia anima e la mia mente, e di amare il mio prossimo come me stesso. E il più grande gesto d’amore che potrei fare per il mio prossimo è quello di mettere in guardia dalla collera di Dio contro il peccato ed indicare l’unica Persona che può perdonare, ossia Gesù Cristo»
P: «D’accordo»
T: «Quindi il mio solo intento era quello di amare il mio prossimo mediante il Vangelo»
P: «D’accordo, ma Lei crede a causa della Sua religione che l’omosessualità sia un peccato?»
T: «Certamente»
P: «Come pensa che la gente possa percepire questo?»
T: «Io penso che sia assolutamente importante distinguere tra l’omosessualità come peccato e l’individuo come peccatore. Una persona che pecca contro di Dio è sottoposta alla giustizia divina indipendentemente dal tipo e dalla natura del peccato. Questo vale anche per una persona che  mente, una che ruba, una che prova nel proprio cuore rancore, risentimento, odio, una persona scontenta dei doni che Dio gli ha regalato e invidia ciò che hanno gli altri, una persona che pronuncia il nome di Dio invano, che è egoista»
P: «Va bene»
T: «Vorrei tornare alla distinzione tra l’atto in sé e la persona che ha l’inclinazione a compiere l’atto. Non è la stessa cosa. Non si può dire che una persona è malvagia solo perché ha un’inclinazione all’omosessualità.(…) Il punto è che tutti noi siamo peccatori e indegni della gloria di Dio. Ecco perché quando oggi parlavo pubblicamente non lo facevo soltanto nei confronti dell’omosessualità ma di tutte le forme di fornicazione. Fornicazione eterosessuale, adulterio eterosessuale, desiderio concupiscente, e tante altre forme di sessualità immorale che rappresentano un peccato agli occhi di Dio»
P: «D’accordo. Mi faccia fare un esempio giusto per capire meglio. Deve scusare la mia ignoranza in materia religiosa. Quindi, se due uomini passeggiano tenendosi per mano, e a Lei appaiono due omosessuali, li considererebbe peccatori?»
T: «Sì»
P: «Bene, questo è quello che volevo sapere. Quindi , tenendo conto del senso della parola peccato, a questo riguardo, Lei non pensa che quello che ha fatto oggi, predicare il Vangelo facendo apprezzamenti sul fatto che l’omosessualità sia un peccato, possa aver indispettito qualcuno?»
T: «Io penso che potrebbe aver indispettito qualcuno, perché molti amano il proprio peccato. Io penso che se qualcuno fosse passato mentre io parlavo a proposito della menzogna, e quel qualcuno avesse appena mentito, probabilmente si sarebbe indispettito. La stessa cosa sarebbe successa se avessi parlato dell’odio nei confronti del prossimo e qualcuno che cova rancore nel profondo del proprio cuore fosse passato da lì. Tutto ciò dipende dal fatto che la gente non ama sentirsi rinfacciare il proprio peccato contro la santità di Dio»
P: «Sì ma il punto è che non tutti hanno un sentimento religioso, e quindi non tutti vedono l’omosessualità come un peccato. Non è così?»
T: «Non penso che il punto sia rilevante, perché Dio lo vede come un peccato».
(…)
P: «Così Lei invece è offeso da questo perché è religioso?»
T:  «Offeso da cosa, scusi?»
P: «Dall’omosessualità»
T: «Gli omosessuali non mi fanno nulla»
P: «No»
T: «Loro offendono Dio, perché…»
P: «Va bene. Non la offende»
T: «Proprio come i miei peccati offendono Dio»
P: «Non La offende?»
T: «No. Io non nutro né rancore né risentimento»
P: «Va bene»
T: «Nei confronti degli omosessuali o…»
P: «Questo è quello che volevo sentire. Lei non ha, non ha…»
T: «Io non ho nessuna rabbia nei loro confronti»
P: «E non li ha mai discriminati?»
T: «No»
P: «Quindi se qualcuno che Lei sa essere un omosessuale venisse da Lei e Le chiedesse un favore, Lei sarebbe disposto a farglielo?»
T: «La parola di Dio mi dice di amare il mio prossimo come me stesso»
P: «Va bene»
T: «Questo vuol dire che se un omosessuale viene da me e mi dice: “Ho fame e ho bisogno di mangiare”, io lo porterei nel più vicino ristorante e gli darei da mangiare e condividerei con lui la parola del Vangelo, perché lo amo»
P: «Bene, mi dica allora cosa stava facendo oggi, visto che dagli atti risulta che Lei abbia offeso qualcuno».
(…)
P: «Il punto ovviamente è sempre quello che Lei già sa. Io comprendo le Sue opinioni religiose e il fatto che Lei stesse predicando il Vangelo. Come Le ho detto prima, però, non tutti sono religiosi. Pertanto non tutti, ovviamente, hanno la Sua stessa conoscenza del Vangelo»
T: «Giusto»
P: «Io certamente no, per esempio. Quindi, Lei accetta che quello che Lei dice può offendere qualcuno?»
T: «No. Non lo accetto. Io ho anche visto persone con le lacrime agli occhi convertirsi alla fede di Gesù Cristo, dopo aver preso coscienza del proprio peccato contro Dio. Per me, ciò che conta è la parola di Dio a proposito della natura umana, indipendentemente da quello che una persona esprime con la bocca, con il comportamento o con il  linguaggio del corpo, e anche se qualcuno dicesse di sentirsi offeso o insultato, questo potrebbe non essere vero. Potrebbe benissimo verificarsi il caso che quella persona si sia convinta nel cuore, ma non voglia darlo a vedere a chi l’ha convinta»
P: «Va bene»
T: «E questa, tra l’altro, è sempre la mia speranza».
P: «Va bene»
T: «La mia speranza è che quella signora che mi ha denunciato vada a casa stasera, si penta del suo peccato e confidi nella misericordia salvifica di Nostro Signore Gesù Cristo, che un giorno potrei adorare nei cieli accanto a lei»
P: «Va bene. Ho un’ultima domanda per Lei. Crede che quello che Lei ha fatto possa essere accettabile in un luogo pubblico?»
T: «Assolutamente»
P: «Io non so quanta della gente che camminava oggi avesse in mente solo il campionato di tennis, ma Lei crede davvero che quello che ha fatto, le cose che ha detto fosse accettabile dal 100% delle persone in un luogo pubblico?»
T: «Non solo accettabili dal 100%, ma anche volute da Dio».
P: «Va bene»
T: «Io sono stato inviato da Dio ad amare il mio prossimo e proclamare il Vangelo a quanta più gente posso raggiungere»
P: «Lo farebbe di nuovo domani?»
T: «Se avessi la possibilità, sì»
P: «Va bene. Va bene. Ho capito. Ho fatto  la domanda che avevo bisogno di fare. Questo è il Suo interrogatorio, ovvero la possibilità di dare la Sua versione dei fatti in ordine alle circostanze che hanno determinato il Suo arresto, e a qualunque altro elemento utile al caso. Ha qualcos’altro da riferire o aggiungere prima che venga spento il registratore?»
T: «Non penso. Ritengo di aver detto tutto».
A: «Io avevo solo un paio di domande. Cosa risponderebbe a qualcuno che dicesse che Lei stava cercando di insultare le persone?»
T: «Direi che si sbaglia»
A: «E perché direbbe così?»
T: «La ragione per cui ero là fuori a predicare. La ragione per cui sono venuto a Londra dal Sud della California è che amo il mio prossimo e intendo trasmettere a tutti la verità del Vangelo. Io spero di essere uno strumento di Dio per condurre le persone al pentimento ed alla conversione nella fede in Gesù Cristo. Non c’è mai stato in me nessun intento di offendere, e nessun intento di infiammare gli animi. Certo la gente non sarà d’accordo con tutto quello che dico, così come io non sono d’accordo con tutto quello che la gente dice. Ma la mia intenzione è amare il mio prossimo come lui ama me, e condividere il Vangelo, in modo che io possa ricevere il perdono per i miei peccati e la grazia della vita eterna. Questo è il motivo per cui sono venuto a Londra l’anno scorso durante le Olimpiadi. Questo è il motivo per cui sono venuto a Wimbledon quest’anno. E questo è il motivo per cui spero di ritornare molte alte volte in futuro. Perché io amo questo Paese e amo la gente di questo Paese. E non voglio vedere nessuno condannato alla dannazione eterna».
A: «Un’altra domanda in merito al contesto culturale. Qualcuno potrebbe dire che il Suo comportamento è molto americano e che gli Stati Uniti sono un Paese molto più religioso del nostro. Lei cosa replicherebbe?»
T: «Beh, certamente riguardo a questo tema, in realtà, non ci sono differenze tra i nostri due Paesi, dal punto di vista culturale. So cosa accade nel vostro Paese e posso assicuravi che da noi è esattamente lo stesso. Il messaggio che ho predicato ieri è lo stesso che continuo a predicare nel mio Paese,  perché i temi sono esattamente gli stessi».
(…)

Quanto accaduto a Wimbledon dovrebbe davvero far riflettere tutti i politici italiani che in questi giorni, con un solerte zelo bipartisan, si battono per accelerare il dibattito parlamentare sulla legge ambigua e scivolosa con cui si pretende di combattere la cosiddetta omofobia.

Tempo fa, intervenendo sul tema, mi chiesi se, a seguito di qualche improvvido intervento legislativo, nel nostro Paese sarebbe stato ancora possibile per un cattolico sostenere – senza per questo essere tacciato di omofobia – che l’omosessualità rappresenta una «grave depravazione» (Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10.), che i suoi atti «sono intrinsecamente disordinati» (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana), e «contrari alla legge naturale», poiché «precludono all’atto sessuale il dono della vita e non costituiscono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale» (art. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica). A tale preoccupazione qualcuno replicò che si trattava di infondato allarmismo, di considerazioni semplicemente risibili. Beh, guardando ciò che è successo a Wimbledon, pare evidente che ci sia davvero poco da ridere.

Gay, un arresto a Londra per avere letto San Paolo

Nozze gay. La legge inglese cambia il significato delle parole “marito” e “moglie”

di Leone Grotti da www.tempi.it

Tra poche settimane sarà approvata nel Regno Unito la legge sulle nozze gay. Per questo il governo ha deciso che il termine “marito” può indicare anche una donna e “moglie” un uomo 

matrimonio-gay-jpg-crop_displayAggiornare le leggi nazionali alla rivoluzione del matrimonio gay è un’operazione più impervia di quanto si possa pensare. Se ne sono accorti nel Regno Unito, dove la legalizzazione delle nozze omosessuali è ormai alle porte e il governo ha cominciato a pensare a come modificare termini apparentemente semplici e immediati come “marito” e “moglie”.

MARITO DONNA. Nelle “note esplicative” apposte in fondo al Marriage (Same Sex Couples) Bill il governo inglese ha fatto scrivere che i termini “marito” e “moglie” diventeranno interscambiabili. Come? Dal momento che d’ora in poi qualunque legge citi il “matrimonio” potrà intendere anche un matrimonio dello stesso sesso, non bisognerà più intendere la parola “marito” rivolta solo a un uomo e quella “moglie” rivolta solo a una donna.

MOGLIE UOMO. Secondo le nuove linee guida, il termine “marito” indicherà o l’uomo in una relazione eterosessuale o l’uomo in una relazione omosessuale o la donna in una relazione lesbica. Allo stesso modo, il termine “moglie” indicherà o la donna in una relazione eterosessuale o la donna in una relazione lesbica o l’uomo in una relazione omosessuale. «In questo modo – si legge – si terrà conto dei matrimoni dello stesso sesso sia maschili che femminili».

«CASINO RIDICOLO». Inevitabile l’ondata di critiche che si è riversata sul governo per l’operazione grottesca: «Non siamo più davanti a un semplice artifizio giuridico – ha dichiarato Lord Tebbit – ma al rovesciamento del normale e naturale significato delle parole». Polemica sollevata anche da un portavoce del Coalition for Marriage, organizzazione che si batte contro la nuova legge voluta dal governo di David Cameron, nonostante l’opposizione di almeno metà del suo partito conservatore: «Abbiamo sempre saputo che il governo si sarebbe ingarbugliato da solo nel tentativo di ridefinire il matrimonio, ma ora vediamo quanto sia ridicolo il casino che hanno creato. La storpiatura della lingua inglese mostra che cosa succede quando dei politici cominciano a trafficare con il matrimonio: entrano nel regno dell’utopia».