Gli strateghi della guerra dell’ICI contro la Chiesa

di Gianfranco Amato
Tratto dal sito Cultura Cattolica.it

Non vi è nulla di casuale nei feroci attacchi che la Chiesa Cattolica sta subendo in materia di agevolazioni fiscali.

Si tratta di un’offensiva che risponde ad una strategia militare ben precisa e ben orchestrata. La battaglia è iniziata a metà dello scorso agosto. Per l’esattezza il 19 agosto 2011, quando Gustavo Raffi, Gran Maestro della potente obbedienza massonica del Grande Oriente d’Italia, lancia l’attacco. In un comunicato rilasciato dalla Villa Il Vascello, prestigiosa residenza romana e luogo simbolo della repubblica del 1848, Raffi proclama: «E’ giusto che lo Stato abolisca le esenzioni dell’ICI per i beni immobili della Chiesa non destinati al culto e di tutti gli altri enti che si avvantaggino di tale esenzione, così come è opportuno congelare per tre anni l’8 per mille fino al raggiungimento del pareggio di bilancio, come fissato nella manovra, destinando le risorse alla ripresa economica dello Stato». Spiega il Comandante massonico delle truppe anticlericali: «In un tempo di grave crisi economica, in cui si chiedono lacrime e sangue ai pensionati e ai più deboli, (…) non sono più ammesse esenzioni feudali né privilegi di casta che hanno il sapore di un autentico insulto alla povertà e a milioni di italiani che lottano quotidianamente per far fronte a difficoltà di ogni tipo». Et voilà, la Chiesa è servita. Del resto, è sempre il battagliero Raffi a precisare che «la Libera Muratoria è dalla parte di chi si rimbocca le maniche per far uscire il Paese dalle secche dell’egoismo e dell’indifferenza».

Con buona pace della Caritas, delle tante comunità di assistenza cattoliche e dei poveri missionari.

Come in ogni antica battaglia romana che si rispetti, quando il console dà l’ordine d’attacco, l’attendente lo comunica ai reparti con il suono del corno.

Così se a Raffi spetta il ruolo di consul, è al quotidiano Repubblica che viene affidata la funzione – degnamente svolta – di cornicen. Il giorno successivo all’ordine (20 agosto 2011), il suono di Repubblica è univoco e chiarissimo, come il titolo dell’articolo di Mauro Favale: Ma la Chiesa si tiene 3 miliardi di euro niente ICI e l’Ires scontata al 50%. A nulla importa che l’articolo sia farcito – in buona o cattiva fede – di omeriche falsità, imprecisioni, numeri inventati, e fantasiose elucubrazioni. L’importante è trasmettere l’ordine d’attacco. Si muove immediatamente la fanteria, ed i solerti pedites radicali avanzano a ranghi serrati. Vengono, infatti, presentati gli emendamenti 2. 0. 5 e 2. 0. 17 a firma Bonino, Poretti, Perduca, Carloni e Chiaromonte relativi all’abolizione dell’esenzione dell’ICI per le attività commerciali del Vaticano. L’azione non ottiene un grande successo, poiché viene respinta, il 5 settembre, con un voto alla Commissione Bilancio del Senato.

A questo punto entra in campo la potentissima cavalleria pesante: gli equites di Bruxelles.

L’intervento viene preannunciato, come al solito, dal cornicen. Repubblica del 24 settembre così titola un articolo di Alberto D’Argenio: Sconto ICI alla Chiesa la Ue processa l’Italia. Sottotitolo: Esenzioni per due miliardi l’anno – Bruxelles accelera: “Sono aiuti di Stato” – Se l’Italia sarà condannata, dovrà chiedere il rimborso delle tasse non pagate.

Si viene, quindi, a sapere come sia stata data un’incredibile accelerazione ad un’indagine aperta dalla Commissione Europea contro la Chiesa Cattolica per aiuti di Stato, che sopiva tranquilla da quattro anni. La tempistica di quel repêchage è a dir poco sospetta.

Repubblica ci spiega che nell’inchiesta europea sono stati passati al setaccio gli asseriti «privilegi fiscali attribuiti agli enti ecclesiastici in settori in cui “l’azienda Chiesa” (conta circa 100 mila fabbricati) è leader nazionale: ospedali, scuole private, alberghi e altre strutture commerciali che godono di un’esenzione totale dal pagamento dell’ICI e del 50% da quello sull’IRES, con un risparmio annuo che si avvicina ai due miliardi di euro e conseguenti vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti laici». Le cifre ballano, ma si sa, in battaglia anche la matematica diventa un’opinione.

Resta il fatto che, a seguito dell’accelerazione, lo scorso ottobre viene formalmente aperta una procedura d’infrazione nei confronti dello Stato italiano, sull’assunto che non appaiano infondate le contestazioni sollevate dai radicali, come si legge nell’introduzione del documento redatto dal commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia (il predecessore di Zapatero alla segreteria nazionale del partito socialista spagnolo): «Alla luce delle informazioni a disposizione la Commissione non può escludere che le misure costituiscano un aiuto di Stato e decide quindi di indagare oltre». Entro 18 mesi dall’inizio della procedura l’Unione Europea dovrà emettere un verdetto.

La condanna, secondo Repubblica, sarà difficile da scampare, stando alle conclusioni preliminari contenute nel documento dello stesso Almunia: l’esistenza dell’aiuto di Stato sarebbe resa chiara dal «minor gettito per l’erario», e la norma violerebbe la concorrenza in quanto i beneficiari degli sconti ICI «sembrano» essere in concorrenza con altri operatori nel settore turistico-alberghiero e della sanità. Quindi, conclude il Commissario, le condizioni dell’esistenza dell’aiuto e della sua incompatibilità con le norme comunitarie «sembrano essere soddisfatte».

Come finirà la battaglia? Sono ardui i pronostici, ma certo preoccupa la risposta sibillina che lo scorso 9 dicembre Mario Monti, proprio mentre si trovava a Bruxelles, ha dato ad una domanda sul tormentone dell’ICI e la Chiesa Cattolica: «Sono anche a conoscenza di una procedura dell’Unione Europea sugli aiuti di Stato». E di fronte al Moloch dell’Unione, anche il Professore deve inchinarsi. Lo stesso giorno 9 dicembre gli faceva eco il Gran Maestro Raffi, sempre con un comunicato dalla solita sontuosa Villa romana: «Bisogna cancellare i privilegi, senza se e senza ma: anche la Chiesa paghi le tasse, perché nel momento in cui si chiedono lacrime e sangue ai pensionati e alle fasce sociali più deboli, non si possono mantenere feudali esenzioni per gli immobili commerciali di proprietà del clero».

Il rapporto tra il console e la cavalleria, del resto, è molto stretto ed affiatato. Lo dimostra l’intervento che lo stesso Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia ha tenuto al meeting svoltosi il 30 novembre 2011 a Bruxelles, presso la Commissione Europea, con i rappresentanti delle associazioni umanistiche non confessionali. Quell’incontro dal titolo “Un partenariato per la democrazia e una prosperità condivise: una volontà comune di promuovere i diritti e le libertà democratiche” è stato presieduto da Jerzy Buzek, Presidente del Parlamento europeo, Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio europeo, e dal Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso. Non proprio figure di secondo piano nell’organigramma comunitario. Questi altissimi dignitari hanno convintamente applaudito i vari passaggi dell’intervento del Gran Maestro, tra cui uno particolarmente significativo: «Le istituzioni libero-muratorie vogliono impegnarsi in modo più forte, anche nel solco dell’azione svolta dalla Comunità Europea, per rafforzare il senso di appartenenza culturale all’Europa, svolgendo un’opera di vera e propria Paideia per il cittadino, all’insegna di quei valori di fratellanza, tolleranza, laicità, libertà e democrazia, che devono rimanere saldi anche dinanzi a scenari difficili».

Non sembra mettersi molto bene per la Chiesa Cattolica.

Martedì della III settimana del T. di A.

dal Vangelo secondo Mt 21,28-32 

In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.
Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.
Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Dicono: “L’ultimo”.
E Gesù disse loro: “In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”.

IL COMMENTO di don Antonello Iapicca

E’ splendido il Vangelo di oggi, che rivela un aspetto vero e fondamentale della vita cristiana. Da un lato le false certezze di chi presume di “farcela”, d’essere pronto a compiere la volontà di Dio, il pelagiano moralista che crede di poter risolvere le questioni con le sue sole forze. Dall’altro lato la fotografia di un comunissimo e realissimo “carnal mormoratore”. L’allora Card. Ratzinger affermava in una Conferenza: “La Chiesa può sorgere solo là dove l’uomo accetta la sua verità, e questa verità consiste precisamente nel fatto che egli ha bisogno della grazia. Dove l’orgoglio gli preclude questa conoscenza, egli non trova la strada che porta a Gesù”.

Su tutto invece, risplende la Grazia che coinvolge la natura. Essa, come diceva San Tommaso d’Aquino, non la cancella ma la trasforma: “Gratia non tollit naturam, sed perficit”, “la grazia di Dio non distrugge la natura umana, ma la porta alla perfezione”. Spesso il primo impulso di fronte ad una Volontà Divina che non ci piace è un moto di fastidio; “ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi” insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 407). E’ un’esperienza comune rifiutare di primo acchitto le situzioni sgradevoli. Le ferite del peccato originale non sono solo un’idea.

Per questo la pagina del Vangelo di oggi è la sintesi forse più profonda di quel che davvero accade nel cuore d’un uomo bagnato dalla Grazia. Di uomini, donne, reali e carnali, non semplici angeli passati per caso sulla terra. Per questo Gesù parla delle prostitute e dei pubblicani che hanno accolto la Buona Notizia di Giovanni, la possibilità di salvezza che si schiude dalla conversione, il cui frutto più evidente è il pentimento. Insegna ancora il Catechismo che “il mistero dell’iniquità (2 Ts 2,7) si illumina soltanto alla luce del mistero della pietà. La rivelazione dell’amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l’estensione del male e la sovrabbondanza della grazia” (N. 385)

E’ stata questa l’esperienza dei peccatori in fila silenziosa per ricevere il battesimo di Giovanni. Un cuore contrito e umiliato che Dio non disprezza. L’unico atteggiamento possibile, un cuore frantumato dalle Parole di Grazia dell’Annuncio Evangelico. La Parola ascoltata, accolta e sigillata per mezzo dello Spirito Santo: “La preparazione dell’uomo ad accogliere la grazia è già un’opera della grazia. Questa è necessaria per suscitare e sostenere la nostra collaborazione alla giustificazione mediante la fede, e alla santificazione mediante la carità. Dio porta a compimento in noi quello che ha cominciato: « Egli infatti incomincia facendo in modo, con il suo intervento, che noi vogliamo; egli porta a compimento, cooperando con i moti della nostra volontà già convertita» (Sant’Agostino, De gratia et libero arbitrio, 17, 33: PL 44, 901)” come puntualizza ancora il Catechismo (N. 2001).

Ne restano fuori coloro che, chiusi in un malinteso atteggiamento “religioso”, presumono d’aver capito, d’essere a posto. I tanti “giustizieri” che, immaginandosi perfetti o quasi, s’arrogano il diritto di dispensare scudisciate a destra e a manca contro le tante ingiustizie che insanguinano il mondo. Non che non si debbano denunciare le ingiustizie e i peccati, ma è la superbia che fa suonare anche le più sacrosante verità d’una musica falsa ed ipocrita. Gli strepiti dei Catari e Manichei d’ogni tempo che giudicano, dimenticando d’esserne responsabili esattamente come tutti gli altri. L’allora Card. Ratzinger definiva questo vizio come il pelagianesimo dei pii. “Essi non vogliono avere nessun perdono e, in genere, nessun dono da Dio. Essi vogliono essere in ordine, non perdono ma giusta ricompensa. Vorrebbero sicurezza, non speranza… un diritto alla beatitudine. Manca loro l’umiltà essenziale ad ogni atto d’amore, l’umiltà di ricevere doni al di là del nostro agire o meritare… Così questo pelagianesimo è un’apostasia dall’amore e dalla speranza, ma, in profondità, anche dalla fede. Il cuore dell’uomo allora diventa duro verso gli altri, verso se stesso e verso Dio… Mette se stesso nel diritto e un Dio che non collabora diventa suo nemico.” (J. Ratzinger, Guardare Cristo. Esercizi di fede, speranza e carità).

Non a caso il Signore, ancora una volta, ci presenta una parabola con due figli, per ricordarci che l’apparenza inganna. Quanti genitori, educatori e pastori si lasciano abbacinare dalla parvenza di giustizia sfoderata dai pelagiani pii. Quanto rancore, quanta menzogna si nasconde dietro agli atteggiamenti pseudo – remissivi dei nostri figli, dei giovani, e non solo. Spesso è proprio sotto la scorza più dura, come ad esempio fu quella di San Francesco Saverio, che invece si cela un cuore docile, contrito, balbettante il desiderio di obbedire. Ignazio di Loyola confidava al segretario della Compagnia Polanco: “Tra i primi compagni, l’impasto più grezzo che mi capitò di maneggiare fu il giovane Francesco Saverio”. A volte occorre guardare ai nostri figli come a dei pubblicani e a delle prostitute, e non si tratta di un’iperbole. Metterli controluce, al chiarore del Vangelo di oggi, e lasciare che si svelino le forme autentiche del loro intimo, le loro debolezze, i loro peccati. Per aiutarli, per amarli laddove si trovano. Guardarli senza sconti, per illuminare l’ipocrisia che cela la paura, e la paura travestita da arroganza. Per accompagnare, l’uno e l’altro, sul cammino della volontà di Dio, ciascuno secondo la propria natura. Disinnescare il pelagianesimo incipiente nel figlio perfettino, e sciogliere l’acido polemico che scorre nel figlio ribelle. Educare entrambi nella certezza che la Grazia supplisce e completa sempre la natura, qualunque essa sia, senza distruggerla, come al contrario vorremmo fare noi, per toglierci d’impaccio e respirare un po’ di pace. Basta invece non prendere abbagli e confondere le diverse nature: per questo è necessario restare aggrappati alla Parola di Dio, e, alla sua luce, discernere momento per momento.

Ma i due figli sono anche il paradigma di ogni relazione: quante liti potrebbero essere evitate se, invece di arrestarsi ai primi moti dell’animo altrui, alle resistenze e alle mormorazioni, sapessimo guardare oltre, con gli occhi di Dio. Egli non guarda l’aspetto, punta sempre diritto al cuore; anche quello del marito quando torna nervoso e accidioso da una giornata di lavoro e trascura sua moglie; o quello della moglie, presa nelle ragnatele dei suoi pensieri, o affogata tra pannolini, capricci e crisi adolescenziali dei figli, e vomita tutto sul marito appena rientrato; anche quando il primo impatto è con un cumulo di macerie, vite distrutte, franate sotto le scosse dei peccati. Gli occhi del Padre sanno intercettare sempre la vita che si nasconde sotto i calcinacci della storia dei propri figli. Come anche l’inganno celato dietro i villini a schiera di esistenze “a posto”, senza crepe e storture.

Come quelle, tutta apparenza, dei principi dei sacerdoti e degli anziani del popolo, ma non solo. E’ infatti un atteggiamento diffuso e non lontano da noi, dalle nostre famiglie, dai nostri uffici, dalle file agli uffici postali, dalle nostre riunioni di condominio, dalle vie trafficate che ci conducono ai posti di lavoro o ai luoghi delle vacanze. E sembra impossibile che il nostro cuore possa cambiare, che la pietra divenga carne. Ma c’è la Grazia. Essa è come una goccia d’acqua che instancabilmente scivola su un pezzo di ferro sino a corroderlo e a frantumarlo. E’ ferro il nostro cuore oppresso dalle concupiscenze, dalle passioni, dal peso d’un passato non riconciliato. Dai peccati accumulati in una vita. Ed è acqua pura e silenziosa la Grazia che nel tempo lo bagna attraverso la predicazione, la Parola di Dio, i sacramenti, le persone e i fatti che Dio manda alla nostra vita, come in un cammino di conversione che spezzetta l’uomo vecchio sino a lasciarlo cadavere nelle acque del battesimo. Siamo duri e cocciuti, ma di tutto è più forte la Grazia d’amore del Signore.

C’è una figura nella letteratura che illustra magistralmente l’opera silenziosa della Grazia nel cuore dell’uomo. E’ Kristin, la protagonista del romanzo “Kristin figlia di Lavrans”. «L’ultimo pensiero chiaro [è scritto nelle ultime pagine, quando Kristin sta per morire] che ebbe fu che sarebbe morta prima che quei segni [i segni fatti misteriosamente da Dio sulla sua mano] fossero scomparsi, e la cosa le fece un gran piacere. Era un miracolo, qualcosa di incomprensibile, ma una cosa certa: Dio, ella lo sapeva, aveva stretto un patto con lei, un patto d’amore col quale la legava a sé in eterno, indipendentemente dalla sua volontà [la volontà ferita, il primo impulso di fronte ai fatti, alle tentazioni, un impulso che spesso si risolve in una catena di impulsi e anche, drammaticamente, di peccati], dai suoi pensieri terreni, questo amore era esistito sempre in lei [vi è un grido dello Spirito Santo al fondo del cuore di ciascuno, per quanto corrotto sia, un grido che non si può sopprimere e che accompagna l’uomo sino all’ultimo istante dell’agonia, un grido che può spegnersi solo con lo spirare, e per questo ogni uomo è un mistero e la Chiesa non può assolutamente dire chi sia sceso all’inferno, pur decretandone dogmaticamente l’esistenza], questo amore aveva agito come il sole sulla terra che dà alla fine i suoi frutti. Questi frutti nessuno avrebbe potuto distruggerli, né il fuoco dei desideri carnali, né l’orgoglio, né l’ira folle. Era stata serva di Dio, anche se ribelle, restìa, infedele nel cuore, con una preghiera falsa sulle labbra; una serva maldestra, insofferente davanti alla fatica, indecisa, ma Dio aveva voluto mantenerla lo stesso al suo servizio».

Kristin era stata una donna ferita, ma non mortalmente. La sua carne non era la parola definitiva sulla sua esistenza. La Grazia, inspiegabilmente, misteriosamente, l’aveva condotta ed ora, al crepuscolo della vita, le stigmate incancellabili dell’Amore divino le si svelavano. Nell’infedeltà la Fedeltà. Nell’incoerenza, la Coerenza. Nella carne la Grazia. E lei v’era stata. Era lì. Forse non avrebbe voluto, forse le sue labbra avranno detto mille volte che no, non ci sarebbe andata in quella vigna. Ma si trovava, ora, al limite estremo dell’esistenza, proprio lì, in quella vigna tante volte negata. E vi aveva lavorato e faticato, il sudore d’ogni giorno; e non se n’era accorta. Il mistero della santità è tutto racchiuso in questo sguardo rivolto alla vita dalla soglia del Cielo: “Chi ha fatto tutto questo nella mia vita?”.

Farisei e sapientoni, ritti dinanzi all’altare, s’illudono di poter ringraziare per aver operato povere opere di carne senza Grazia alcuna. I pubblicani e le prostitute nascosti nella penombra dell’umiltà non alzano neanche lo sguardo. Ogni loro istante carnale è pregno di Grazia, la chiave per il Cielo. «Dopo l’esilio della terra, spero di gioire furtivamente di te nella Patria; ma non voglio accumulare meriti per il cielo: voglio spendermi per il tuo solo amore […]. Alla sera di questa vita comparirò davanti a te con le mani vuote; infatti non ti chiedo, o Signore, di tener conto delle mie opere. Tutte le nostre giustizie non sono senza macchie ai tuoi occhi. Voglio perciò rivestirmi della tua giustizia e ricevere dal tuo amore l’eterno possesso di te stesso… » (Santa Teresa di Gesù Bambino, Atto di offerta all’Amore Misericordioso). L’Avvento è anche questo, ogni giorno l’anticipo dell’ultima sera della nostra vita, le nozze eterne con l’eterno amore. Per Lui, anche oggi, ogni nostra miseria, per noi, anche oggi, ogni Sua Grazia. Perchè, dopo aver visto le meraviglie del suo amore, possiamo convertirci ed entrare nel Regno preparato per noi. Non siamo migliori di nessuno, anzi. I nostri occhi hanno visto quello che molti avrebbero voluto vedere, e siamo ancora così chiusi e superbi… Che il Signore addolcisca il nostro cuore sino a convertirlo davvero; che possiamo abbandonarci al suo amore, nella consapevolezza di essere stati perdonati in anticipo, come diceva Santa Teresina, ma non per questo meritevoli di nulla. Umili, dietro a quanti non hanno visto se non un piccolo barlume della Luce potente che ha rischiarato la nostra vita, e, accogliendo la verità palese che preclude ogni difesa, si sono convertiti. Umili, seguiamo le orme dei piccoli che ci precedono nel cammino verso il gaudio eterno, l’Avvento del Signore.

San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Discorsi, 167; CCL 248, 1025, PL 52, 636 (Matthieu commenté, DDB 1985, p. 34, trad. italiana)

«È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto»

Giovanni Battista insegna con le parole e con le azioni. Da vero maestro mostra con l’esempio ciò che afferma con le labbra. Il sapere fa il maestro, ma è l’esempio che conferisce l’autorità… Insegnare attraverso le azioni è l’unica regola di chi vuole istruire. L’istruzione con le parole è il sapere; ma quando passa attraverso le azioni, diviene virtù. Quindi il sapere è autentico se unito alla virtù: solo quest’ultima è divina e non umana…

«In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: ‘Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!’» (Mt 3,1-2). «Convertitevi». Perché non dice piuttosto: «Rallegratevi»?  «Rallegratevi perché le realtà umane cedono il posto a quelle divine, le terrestri alle celesti, le momentanee alle eterne, il male al bene, l’incertezza alla sicurezza, la tristezza alla felicità, le cose che passano a quelle che resteranno per sempre. Il Regno dei cieli è ormai vicino. Convertitevi». Sia chiara la tua condotta di convertito! Tu che hai preferito l’umano al divino, che hai voluto essere schiavo del mondo piuttosto che vincitore del mondo col Signore del mondo, convertiti. Tu che hai perso la libertà che ti avrebbero dato le virtù perché ti sei sottoposto al giogo del peccato, convertiti; convertiti davvero tu che, per paura di possedere la Vita, ti sei consegnato alla morte.

Toh, il prete non è pedofilo e incastra i media irlandesi (e la pavida chiesa)

di Paolo Rodari
Tratto da Il Foglio

Manca un mese a gennaio 2012. Una data a suo modo storica per la chiesa cattolica. Esattamente dieci anni fa, infatti, nel gennaio del 2002, un quotidiano dava notizia per la prima volta di uno scandalo lagato alla pedofilia nel clero.

Fu il Boston Globe a riportare la vicenda di padre John Geoghan, il prete che costringerà successivamente il cardinale Bernard Law, allora arcivescovo di Boston, alle dimisssioni. Il prete che, accusato di aver abusato di oltre 130 bambini nell’arco di trent’anni di carriera, venne ucciso in carcere nell’agosto del 2003. A distanza di dieci anni, ancora il caso Geoghan rappresenta per molti un simbolo spaventoso del fallimento della chiesa: spostato di parrocchia in parrocchia nonostante i suoi crimini, ha mietuto vittime senza che nessuno abbia fatto nulla per opporsi. Dopo Geoghan è arrivato padre Kevin Reynolds. Prete nella contea di Galway, nell’ovest dell’Irlanda, è divenuto anche lui il simbolo dei fallimenti della chiesa nel suo paese, l’esempio a cui guardare quando si vuole parlare della piaga della pedofilia nel clero, una piaga sulla carta enorme se si pensa che è soltanto ai fedeli irlandesi, e non a quelli di altre chiese, che Benedetto XVI ha dovuto scrivere una lettera sostanzialmente di scuse e penitenza.

Ma la domanda che oggi molti si fanno è una: Papa Ratzinger avrebbe scritto ugualmente la sua lettera se avesse saputo la verità su Reynolds? Probabilmente sì. Seppure le ultime notizie relative al prete di Galway insegnano quanta superficialità (o peggio) vi possa essere nei media quando decidono di impiccare sulla pubblica piazza un prete per il supposto crimine di pedofilia. La notizia di queste ore, infatti, è clamorosa: Reynolds, il “Geoghan europeo” come lo chiama John Allen in un suo lungo reportage, è innocente. Non ha mai abusato di bambini. Non è un pedofilo. Sessantacinque anni, parroco irlandese che aveva trascorso parte della vita come missionario in Kenya, Reynolds da diversi mesi è diventato suo malgrado una “star” della televisione nazionale irlandese Rte. Una trasmissione provocatoriamente intitolata “In missione per predare” l’ha messo nel mirino: Reynolds, come altri preti irlandesi, è partito per la missione per “predare” minorenni e non per “pregare” con loro. Una giornalista di Rte è addirittura partita per il Kenya. Qui ha intervistato una donna di nome Veneranda che ha dichiarato che Reynolds l’aveva violentata nel 1982. A seguito di quella violenza la donna era rimasta incinta. Sheila, la figlia quattordicenne di Veneranda, è cresciuta senza suo padre, appunto Reynolds. Veneranda ha anche dichiarato che, prima dell’arrivo di Rte in Kenya, Reynolds l’ha contattata offrendo soldi in cambio del suo silenzio.

Forte di queste accuse, Rte è andata fuori dalla parrocchia di Galway di Reynolds il giorno in cui questi stava somministrando la prima Comunione a dei bambini: “Ecco” ha dichiarato una voce fuori campo “il prete pedofilo e stupratore libero di dare la prima Comunione a dei bambini”.

Reynolds ha però reagito. Ha dichiarato alla stampa di essere innocente, di non aver mai abusato di minori e che, per dimostrare la sua non colpevolezza, si sarebbe sottoposto al test di paternità. Rte non gli ha creduto e, in attesa dei risultati, ha continuato a infangarlo. Intanto anche la chiesa si adeguava alle accuse. E in linea coi nuovi protocolli rimuoveva immediatamente Reynolds dai suoi incarichi. Dopo qualche giorno due test del Dna effettuati da due società diverse scagionavano del tutto il prete irlandese stabilendo che non è Reynolds il padre del bambino. E’ stato il direttore di Rte Noel Curran, prima di dimettersi, a dettare un comunicato di scuse che recita così: “Rte comunica senza riserve che le affermazioni fatte contro padre Kevin Reynolds sono senza qualsivoglia fondamento e false, e che padre Reynolds è un sacerdote della massima integrità, il cui servizio senza macchia reso alla chiesa per quarant’anni ha dato un valido contributo alla società in Kenya e in Irlanda sia nel campo dell’istruzione sia nel campo della pastorale”. Ha detto ancora Curran: “Questo è stato uno degli errori editoriali più gravi che io abbia mai fatto”.

La vicenda ha creato qualche imbarazzo anche nelle gerarchie irlandesi. L’arcivescovo Diarmuid Martin di Dublino, che più di altri ha accusato i vescovi locali e anche la curia romana di non aver fatto abbastanza per arginare il problema della pedofilia, ha detto che nonostante tutto a suo avviso i media irlandesi non hanno pregiudizi nei confronti della chiesa.

Difendessero la fede in Gesù Cristo (e i dogmi) con la stessa tenacia con cui si battono per Ici e otto per mille…

La campagna sull’ “Ici della Chiesa” è stata lanciata dai radicali per anticlericalismo, ma gli ecclesiastici hanno dato una risposta così disastrosa che alla fine la Chiesa – oltre a doversi piegare sull’Ici – ne ha ricavato pure un grande danno di immagine e di credibilità.

Parlavo di faziosità radicale. Scrive Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che la scorsa estate i radicali presentarono un emendamento alla manovra-bis che voleva colpire esclusivamente “gli enti religiosi cattolici”.

In modo da negare “soltanto ad essi i benefici stabiliti dalla legge” per le opere “senza fini di lucro. Neanche citati tutti gli altri soggetti (altre religioni, associazioni laiche, patronati, realtà politiche e sindacali)”.

Questo, dice Tarquinio, dimostra che i radicali sono mossi da ostilità discriminatoria contro la Chiesa.

ERRORI
Ma perché una campagna radicale che per mesi l’opinione pubblica ha snobbato, d’improvviso è stata abbracciata da tanti diventando una polemica di massa contro la Chiesa?

Perché il governo Monti ha usato l’Ici per realizzare gran parte della sua stangata sulle famiglie e sui pensionati e perché la Chiesa – basti vedere l’Avvenire – è stata una sfegatata sostenitrice di tale stangata.

D’improvviso dal giornale dei vescovi sono spariti gli appelli accorati per il “quoziente familiare” che erano stati ripetuti nei mesi precedenti.

Che “a pagare siano ancora le famiglie”, come ha denunciato il Forum delle associazioni familiari, è diventato irrilevante: gli italiani – per il giornale dei vescovi – devono pagare e zitti.

“Il governo sta facendo gli interventi giusti, quelli che devono essere fatti” recitava l’editoriale di mercoledì scorso. Sono provvedimenti “sostanzialmente equi” e tale manovra ora deve essere “sostenuta dai cittadini”.

Sulla stessa prima pagina di Avvenire, sempre mercoledì, c’era un altro editoriale, firmato dal direttore, il quale però si opponeva a qualunque sacrificio da parte della Chiesa sostenendo che i trattamenti di favore sull’Ici non esistono.

CONFUSIONE
Sennonché, proprio nelle stesse ore, il Segretario di Stato vaticano, cardinal Bertone, diceva cose sull’Ici e la Chiesa che suonavano come una smentita di Avvenire: “E’ un problema particolare: da studiare e da approfondire”.

Non solo. Giovedì c’è stata un’altra dichiarazione, stavolta di Andrea Riccardi, presidente della Comunità di S. Egidio, appena nominato ministro nel governo tecnico, che ha detto: “La Chiesa dovrebbe pagare l’Imu in caso di attività commerciali”.

Come “dovrebbe”? Non lo sta facendo già? Se il ministro – che si presenta come “supercattolico” – dice che “dovrebbe pagare” si evince che qualche problema c’è.

Il ministro ha poi aggiunto che bisogna vedere “caso per caso, se c’è stata mala fede si intervenga”.

Tutto questo ha alimentato la confusione e i sospetti della gente. Allora proviamo a fare chiarezza.

IL PROBLEMA
Nessuno discute l’esenzione dall’Ici per gli edifici usati per il culto, l’educazione o la carità. E nessuno discute che sugli edifici ad uso commerciale la Chiesa già paghi la tassa sugli immobili.

Il problema nasce dalle situazioni ibride. O meglio da come è stata scritta dallo Stato italiano la norma che esenta dal pagamento dell’Ici le attività della Chiesa che abbiano un carattere “non esclusivamente commerciale”.

La vaghezza ha legittimato diverse interpretazioni. Non si trattava di andare a caccia di eventuali abusi, quanto di correggere una norma confusa (che riguarda pure circoli ricreativi, sportivi, partiti, sindacati e enti no profit laici).

Il caos è alimentato pure dal fatto che la legge si rimette alla discrezionalità dei comuni. Cosicché ognuno fa come crede.

Come si vede non c’è niente di scandaloso e la Chiesa avrebbe evitato polemiche e avrebbe fatto un figurone se, subito (per quanto la riguarda) avesse dichiarato: lo Stato riscriva quella norma se – nella sua vaghezza – ha appurato che permette esenzioni immotivate dall’Ici o addirittura abusi.

Purtroppo però questo messaggio dalla Chiesa non è arrivato. La Cei ha negato fino a ieri che esistesse il problema.

Inoltre Avvenire e il Segretario di Stato vaticano hanno dato pieno sostegno alla stangata del governo dicendo agli italiani vessati da tasse e Ici che “i sacrifici fanno parte della vita” e bisogna farli.

A questo punto è stato naturale per tanti aderire alla campagna radicale rispondendo: bene, allora fateli anche voi.

AUTOGOL
Solo ieri, dopo che Monti ha fatto capire che era in attesa dell’esito della procedura d’infrazione aperta dalla Ue (su quella norma) e poi il governo sarebbe intervenuto, anche il cardinal Bagnasco si è arreso e ha dichiarato la disponibilità della Cei “se ci sono punti della legge da rivedere o da discutere”.

Confermando così che il problema (prima negato) esisteva e dando l’impressione di cedere a pressioni ormai insostenibili.

O magari per timore che si apra un altro fronte. Infatti la manovra del governo che rivaluta le rendite catastali “grazia” gli edifici della Chiesa. Già ieri “Il Sole 24 ore” faceva su questo un titolo un po’ scandalistico.

In realtà la cosa ha un suo senso e la vera assurdità riguarda le banche, graziate da una rivalutazione di soli 20 punti, mentre per le abitazioni delle famiglie il moltiplicatore delle rivalutazioni va da 100 a 160.

Ma “Il Sole” preferisce puntare il dito contro la Chiesa anziché contro le banche.

Del resto se la Chiesa, invece di prendere la difesa delle famiglie tartassate, applaude alla stangata, alimenta un risentimento che la porta al centro delle polemiche e accende un anticlericalismo pericoloso e ingiusto che ne fa un capro espiatorio su cui tutti possono picchiare.

E’ un vero peccato che la Cei non abbia giocato d’anticipo come avrebbe potuto e dovuto.

Questo infatti è lo stile di una realtà come la Chiesa, che è al servizio dell’uomo e corre sempre in soccorso di tutti: degli alluvionati, dei disoccupati, delle famiglie indigenti, stanziando grandi fondi e costruendo opere di carità.

Perché dunque non ha difeso le famiglie dalla stangata, anche rifiutando alcune agevolazioni per dare il suo contributo ai sacrifici degli italiani?

IL TESORO
Il problema è che quando si parla di Ici e di otto per mille, si scatena una reazione furibonda nel mondo ecclesiastico.

Perché? Non si capisce.

Si può dire però che se la stessa vivacissima reazione scattasse anche in difesa della fede in Gesù Cristo e dei dogmi (messi in discussione pure da tanti teologi), il cristianesimo sarebbe fiorentissimo.

In questi giorni perfino “Famiglia cristiana” – che di solito è pappa e ciccia con la sinistra – si è messa a scagliare anatemi contro la “provocazione laicista” sull’Ici allestita dai “soliti radicali, qualche politico socialista e qualche agit-prop di Rifondazione comunista, ampiamente seguiti dalla stampa laica e di sinistra”.

Com’è che “Famiglia cristiana” si scaglia contro i “laicisti”, la “stampa di sinistra” e perfino “i comunisti” solo quando si occupano dei soldi degli enti ecclesiastici?

Siamo sicuri che il “tesoro” della Chiesa sia nell’Ici e nell’otto per mille? Ovviamente no. L’unico vero “tesoro” della Chiesa è Gesù Cristo.

Tanti uomini e donne di Dio – in nome di Gesù – danno la vita per alleviare la sofferenza delle persone, nei corpi e nelle anime, nelle nostre città come nella giungla amazzonica.

E la loro santità è così affascinante che attira gli aiuti di tanta gente senza bisogno di leggi dello Stato.

Come Madre Teresa o come padre Pio, costoro, per costruire le loro opere di carità, confidano in Dio, non nella sicurezza data da una legge. E testimoniano che Dio non li delude. Cosa c’insegnano? Semplice. Che la Chiesa non deve preoccuparsi tanto dell’Ici quanto della sua santità, “il resto vi sarà dato in sovrappiù”.

Giovedì il Papa ha detto: “L’unica insidia di cui la Chiesa può e deve aver timore è il peccato dei suoi membri”. Per questo anche nelle persecuzioni vince se si rivolge “alla sua Madre celeste e chiede aiuto”.

Ma occorre la fede.

di Antonio Socci
dal suo blog Lo Straniero

L’Europa deve rivedere la sua politica sulle cellule staminali

Appello della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea

ROMA, domenica, 11 dicembre, 2011 (ZENIT.org) – La ricerca sulle cellule staminali embrionali non è più brevettabile, è eticamente controversa ed è un campo di ricerca non condiviso tra gli Stati membri e i cittadini dell’Unione europea (UE ). È inoltre sempre meno promettente dal punto di vista clinico. Perciò, i vescovi del continente chiedono che vengano riviste le politiche comunitarie in materia.

La Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) chiede all’UE di escludere la ricerca sulle cellule staminali embrionali dal prossimo programma quadro di finanziamento nel campo della ricerca, Horizon 2020, e di concentrarsi sul campo più innovativo e promettente della ricerca con cellule staminali alternative.

Horizon 2020 è il nuovo programma quadro dell’UE nel campo della ricerca, dell’innovazione e della scienza per il periodo 2014-2020, dotato di un budget di 80 miliardi (vale a dire 80.000.000.000) di euro.

“Bisogna salutare questo programma – afferma un comunicato stampa della COMECE diffuso il 7 dicembre – che costituisce uno strumento maggiore per sostenere la crescita e l’innovazione nell’Unione europea. In particolare in materia di ricerca medica, potrebbe condurre all’emergere di trattamenti innovativi per i pazienti”.

La Commissione europea ha presentato di recente un pacchetto di proposte per Horizon 2020. ”Queste proposte – secondo la COMECE – migliorano l’attuale quadro etico, facendo riferimento a principi etici già applicabili”.

Tuttavia, continua il comunicato, “due dei principi più importanti non sono menzionati: la tutela della dignità umana (art. 1 della Carta dei Diritti fondamentali) e il primato dell’interesse e del bene dell’essere umano sul solo interesse della società o della scienza (art. 2 della Convenzione di Oviedo)”.

A preoccupare particolarmente la COMECE è una omissione grave: le nuove proposte integrano sì alcuni degli impegni già presi dalla Commissione nella sua dichiarazione del 2006, ma, sorprendentemente, escludono infatti l’impegno (§ 12) in base al quale la Commissione europea “non sottoporrà al Comitato di Regolamentazione proposte di progetti comprendenti attività di ricerca che implicano la distruzione di embrioni umani, anche quelli per l’approvvigionamento di cellule staminali”.

Secondo i vescovi europei, questo significa che “le attuali proposte formano un quadro etico che è in realtà è meno restrittivo di quello applicato nell’attuale programma quadro di ricerca (2007-2013)”.

Una ricerca non orientata al mercato

A livello giuridico, le proposte non contemplano la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea sul caso Greenpeace vs Brüstle, nella quale i giudici hanno fornito una netta definizione dell’embrione umano e hanno stabilito inoltre che le scoperte biotecnologiche basate sulle cellule staminali embrionali umane non sono brevettabili.

“Di conseguenza – prosegue il comunicato – se il corpo legislativo UE vuole mantenere la sua logica e la sua coerenza interna, ogni progetto di ricerca implicando l’utilizzo di cellule staminali embrionali (…) dovrebbe essere escluso da una possibilità di finanziamento”.

Inoltre, così osservano i vescovi, sul piano economico appare poco efficace finanziare una ricerca i cui possibili risultati non possono essere trasformati in vera innovazione sul mercato, il quale è proprio uno dei principali obiettivi di Horizon 2020, ovvero di aiutare “le imprese innovative a trasformare le loro scoperte tecnologiche in prodotti validi con un reale potenziale commerciale”.

Una ricerca meno promettente sul piano clinico

Nel suo comunicato stampa, la COMECE ricorda che proprio una delle aziende leader del settore, la Geron Corporation, ha annunciato di recente che non continuerà i suoi programmi di ricerca con le cellule embrionali.

Mentre quest’ultime non hanno portato i risultati sperati, la ricerca con le fonti alternative – dalle staminali adulte a quelle cordonali e pluripotenti indotte – offre invece oggi concrete prospettive terapeutiche, confermate del resto dai test clinici.

Si tratta inoltre di metodi ampiamente approvati sul piano etico e scientifico, e non controversi tra gli Stati membri. “Dovrebbero dunque beneficiare di un finanziamento prioritario nel nuovo programma quadro Horizon 2020”, così sottolineano i vescovi.

Meno sostegno tra i cittadini europei

L’inchiesta Eurobarometro sulle scienze della vita e la biotecnologia, condotta nell’ottobre 2010, rivela che il 56% dei cittadini europei ritiene che l’embrione sia un essere umano sin dal concepimento dalla fecondazione e che il 69% degli intervistati approva la ricerca con le cellule staminali adulte, mentre solo una percentuale molto inferiore approva quella con le staminali embrionali.

La COMECE ritiene che ci sia “un margine di miglioramento” delle proposte durante l’iter di approvazione del programma in questione. Pertanto, l’organismo aspetta che i recenti sviluppi giuridici e scientifici, nonché i fondamentali principi etici e le opzioni politiche di fondo sopra menzionati, “vengano presi in considerazione e chiaramente trascritti negli strumenti di Horizon 2020 quando questo programma verrà  definitivamente adottato”.