1 ottobre 2013“ Giornata dell’Anziano “

1 ottobre 2013“ Giornata dell’Anziano “

Ricorre oggi la “ Giornata dell’Anziano” voluta dall’ONU .

In Italia, secondo i dati Istat le persone con più di 65 anni, oggi, costituiscono il 15% della popolazione anziana e nel 2025 saranno del 15%, mentre nel mondo sono circa 600 milioni. Questi pochi dati statistici, ma molto importanti, sono in atto a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e secondo stime saranno più di un miliardo tra una diecina di anni. Gli anziani considerati non utili per la società quando la vita per essi diventa fragile, sono stati motivi di rilievo da parte di Papa Francesco, che aveva evidenziato a Rio de Janeiro come insiste nella società “ una specie di eutanasia nascosta” di quanti non si prendono cura delle persone anziane, “ quando invece gli anziani devono trasmettere saggezza “.

 Purtroppo in Italia l’assistenza sociale e sanitaria, specie per quegli anziani non autosufficienti, è molto scarsa, dove non solo sono carenti le Case di Riposo, ma gli stessi anziani,vivono una solitudine anche nelle loro abitazioni. Mancano Case di Riposo in grado di garantire una adeguata assistenza, anche di tutta la popolazione autosufficiente e non, le cui condizioni quotidiane di arretramento dei servizi sociali e sanitari sono notevoli lasciando al lucro attivissimo ed alla speculazione dell’iniziativa privata. Ritenendo che i Servizi Pubblici sono necessari, questi devono essere riveduti con quei criteri non solo dovuti allo spending review, ma in un contesto che tenga concretezza, valori morali ed etici orientati e diretti al bene comune e farsi carico dei temi etici che sono pubblici come nascite, morti, malattie, procreazione eutanasia, revisione della legge dell’aborto, difesa della vita umana e non solo quella degli amici a 4 zampe, che rispettiamo, della dignità di ogni cittadino, dall’emarginazione degli anziani, dei disabili fisici e degli handicappati psichici e dei malati terminali. In questo “Anno Europeo dei cittadini” stabilito dal Parlamento Europeo e dal Consiglio del 23 novembre 2012 sul diritto di cittadinanza, sarebbe opportuno, per non dire molto necessario e prioritario, la costruzione di Case di Riposo che costituiscono una grave emergenza sociale dovuta dall’isolamento relazionale di questa tipologia anziana e garantire una adeguata assistenza .

Questo dovrebbe essere “un impegno di tutta la comunità cristiana” , infatti il Vaticano sta organizzando una Conferenza Internazionale, dal 21 al 23 novembre, dedicata al tema: “La Chiesa a servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative”. Nella prospettiva cristiana la vecchiaia, infatti, non è il venir meno della vita ma il suo compimento: un periodo nel quale si può avere una saggezza profonda, quella stessa che Papa Francesco ha ricordato nel suo primo Angelus quando ha fatto riferimento a quella signora anziana che si confessò da lui e alla fine gli disse che “Se Dio non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”.

E con le sagge parole del Beato Giovanni Paolo II :” Andiamo avanti con speranza !”

Previte

http://digilander.libero.it/cristianiperservire

Educare al pudore (I): gli anni della fanciullezza

Il senso del pudore si risveglia nella persona man mano che scopre la propria intimità. Il rispetto che ognuno deve avere per se stesso si impara soprattutto in famiglia. Alcuni suggerimenti in quest’articolo.

Che cos’è il pudore? In prima istanza, è un sentimento di vergogna che induce a non manifestare agli altri tutto ciò che riguarda la nostra intimità. Per molti si tratta semplicemente di una difesa più o meno spontanea dall’indecenza, e non mancano coloro che lo confondono con la bigotteria.

Tuttavia questa concezione appare limitata. È facile rendersene conto se consideriamo che dove non c’è personalità né intimità, il pudore è superfluo. Gli animali non ce l’hanno.

Inoltre, non riguarda soltanto le cose cattive o indecenti; esiste anche un pudore delle cose buone, una vergogna naturale a mostrare i doni che si sono ricevuti.

Il pudore, considerato come sentimento, ha un valore inestimabile, perché significa che ci rendiamo conto di avere una intimità e non soltanto una esistenza pubblica; oltre a questo esiste un’autentica virtù del pudore che affonda le radici in questo sentimento e che permette all’uomo di scegliere quando e come manifestare se stessi alle persone che possono accettarlo e comprenderlo come merita.

Il valore della propria intimità

Il pudore ha un profondo valore antropologico: difende l’intimità dell’uomo o della donna – la parte di loro di maggior valore – per poterla rivelare nella misura adeguata, nel momento più conveniente, in modo corretto, nel contesto propizio.

In caso diverso, la persona sarebbe esposta a essere trattata male o, quanto meno, a non essere tenuta nella dovuta considerazione. Anche a se stessi il pudore è indispensabile per avere e conservare la propria autostima, aspetto essenziale dell’amore per il proprio io.

Si può dire che «con il pudore l’essere umano manifesta quasi “istintivamente” il bisogno dell’affermazione e dell’accettazione di questo “io” secondo il suo giusto valore»[1]. La mancanza di pudore dimostra che la propria intimità è considerata poco originale o poco rilevante, sicché niente del suo contenuto merita di essere riservato ad alcune persone ed escluso per le altre.


La bellezza del pudore

Il termine “pudore” – tanto se lo intendiamo come sentimento che come virtù – può essere utilizzato in diversi ambiti. Il suo significato più preciso si riferisce alla salvaguardia del corpo; in un senso più ampio riguarda altri aspetti dell’intimità – per esempio, quello della manifestazione delle proprie emozioni –; nell’un caso e nell’altro il pudore, in sostanza, custodisce il mistero della persona e del suo amore[2].

Come principio generale si può dire che il pudore ha lo scopo di fare in modo che gli altri riconoscano in noi ciò che abbiamo di più personale. Per ciò che si riferisce al corpo, questo richiede che si fissi l’attenzione su quello che può comunicare ciò che è esclusivo e proprio di ogni persona (il volto, le mani, lo sguardo, i gesti…). Sulla stessa linea, il vestito deve essere al servizio di questa capacità di comunicazione e deve essere l’espressione dell’immagine che ognuno di noi ha di se stesso e il rispetto che nutre per gli altri. L’eleganza e il buon gusto, la pulizia e la cura della propria persona appaiono così come le prime manifestazioni di pudore, che chiede (ed esprime) rispetto a coloro che ci frequentano. Per la stessa ragione la poca virtù in questo campo porta facilmente alla rozzezza e alla negligenza nella pulizia personale. In varie occasioni il prelato dell’Opus Dei ha esortato a «vivere e difendere il pudore, contribuendo a creare e diffondere una moda che rispetti la dignità, protestando nel caso di imposizioni che non rispettano i valori di un’autentica bellezza»[3].

Qualcosa di simile accade con l’aspetto più spirituale: questa virtù mette ordine nella nostra intimità, secondo la dignità delle persone e i legami esistenti fra loro[4]. Avere considerazione per l’intimità, propria e altrui, permette di farsi conoscere nella giusta misura nei diversi contesti di donazione o di rispetto in cui ci muoviamo. In tal modo si umanizzano le relazioni personali perché ognuna di esse acquista caratteristiche diverse; questo non soltanto rende più attraente la propria personalità, ma, man mano che si condividono nuove sfere di intimità, permette il piacere della vera amicizia.

Nell’educazione del pudore, pertanto, non si può fare a meno di avvertire il senso eminentemente positivo di questa virtù. «Il pudore, elemento fondamentale della personalità, si può considerare – sul piano educativo – come la coscienza vigilante a difesa della dignità dell’uomo e dell’amore autentico»[5]. Quando si spiega qual è il senso profondo del pudore – salvaguardare la propria intimità, per poterla offrire a chi può apprezzarla veramente –, è più facile accettare e interiorizzarne le conseguenze pratiche. L’obiettivo, allora, non consisterà tanto nel fatto che i giovani osservino in questo campo determinati criteri di condotta, ma che apprezzino il pudore e lo assumano come qualcosa che sta alla radice della struttura dell’essere personale.

L’esempio dei genitori e l’ambiente familiare

Come sappiamo bene, il buon esempio è sempre un elemento essenziale nell’attività educativa. Se i genitori – e altre persone adulte che abitano in casa, come i nonni – sanno vivere con pudore, i figli capiranno che le manifestazioni di delicatezza e di pudore sono l’espressione della dignità dei diversi componenti della famiglia. Per esempio, i genitori possono e devono mostrare davanti ai bambini il loro affetto reciproco, ma sapendo riservare certe effusioni ai momenti di intimità. In tal senso san Josemaría ricordava l’ambiente di famiglia che avevano creato i suoi genitori: E non si scambiavano moine; qualche volta un bacio. Abbiate pudore davanti ai figli[6]. Non si tratta di nascondere l’amore dietro una maschera di freddezza, ma di mostrare ai figli la necessità dell’eleganza, che non ha nulla a che vedere con l’affettazione.

Non finiscono qui, naturalmente, le manifestazioni di un sano pudore. La confidenza che si ha in una famiglia non è incompatibile con lo stare in casa in modo coerente con la propria dignità. Una rilassatezza nel portamento o nel vestire, oppure un uso prolungato della vestaglia o un cambiamento d’abito fatto davanti ai figli, finisce con l’abbassare il tono umano di una famiglia e porta alla sciatteria. Occorre fare particolare attenzione nella stagione calda, perché il clima, i tessuti più leggeri, e forse anche il fatto di essere in vacanza, aprono le porte alla trascuratezza. Non c’è dubbio che ogni momento e ogni luogo richiedono un abbigliamento adeguato, ma il decoro può essere comunque mantenuto. Può darsi che questo modo di fare contrasti, a volte, con il clima generale, ma perciò è necessario che la vostra formazione sia tale da essere voi a condizionare, con naturalezza, il vostro ambiente, dando “il vostro tono” alla società nella quale vivete[7].

Se il pudore si riferisce, soprattutto, alla manifestazione dell’intimità, è logico che la sua educazione debba comprendere il campo dei pensieri, dei sentimenti o delle intenzioni. Per questo l’esempio in casa si deve estendere al modo in cui si ha cura dell’intimità propria e di quella altrui. Per esempio, è poco educativo che le conversazioni familiari si basino sulle confidenze di altri o alimentino pettegolezzi. Oltre alle eventuali mancanze di giustizia che tale comportamento potrebbe provocare, questo tipo di commenti può indurre i figli a ritenersi autorizzati a intromettersi nell’intimità altrui.

Analogamente, è importante stare attenti a ciò che entra in casa attraverso i mezzi di comunicazione. Dato l’argomento di cui ci occupiamo, l’ostacolo principale non è soltanto ciò che è indecente: è chiaro che questo deve essere sempre evitato. Più confuso può apparire il modo in cui alcuni programmi televisivi o certe riviste fanno commercio e spettacolo della vita delle persone. Certe volte ciò avviene in un modo invadente, contrario all’etica della professione giornalistica; altre volte sono gli stessi protagonisti che agiscono in modo immorale e si prestano a soddisfare curiosità frivole o addirittura morbose. I genitori cristiani debbono trovare il sistema di non far entrare in casa questa “tratta dell’intimità”. Occorre saper spiegare i motivi di questo modo di fare: il rispetto e il diritto alla sacrosanta libertà di essere se stessi, di non esibirsi, di conservare un giusto e delicato riserbo circa le proprie gioie, i propri dolori e le pene di famiglia[8]. La scusa che solitamente addotta in questi casi – il diritto all’informazione o il consenso dei protagonisti – ha i suoi limiti: quelli che derivano dalla dignità della persona. Non è mai morale danneggiarla ingiustamente, anche nel caso in cui sia lo stesso interessato a farlo.

 

Sin da piccoli

Il senso del pudore si risveglia nell’uomo man mano che egli va scoprendo l’intimità personale. I bambini piccoli, invece, spesso si lasciano dominare da una sensazione momentanea; per questo, in un ambiente confidenziale o di gioco, non è difficile che trascuri il pudore, magari senza neanche accorgersene. Ecco perché durante la prima infanzia l’attività educativa deve concentrarsi nel consolidare alcuni abiti che più avanti faciliteranno lo sviluppo di questa virtù. Conviene, per esempio, che imparino al più presto a lavarsi e a vestirsi da sé. E, ancor prima di avere raggiunto questo obiettivo, bisogna fare in modo che in quei momenti il bambino non venga visto dai fratelli. Tutti devono anche abituarsi, se possibile, a chiudere la porta della camera quando si cambiano e a chiudersi a chiave nel bagno.

Sono cose di buon senso – che forse stiamo dimenticando in una società dalle abitudini piuttosto naturaliste –, che perseguono il fine di formare un po’ per volta una serie di abiti che vengono assimilati e che in seguito favoriranno le autentiche virtù. Per questo, se qualche volta il piccolo si presenta o scorazza per casa senza badare al pudore, non bisogna drammatizzare, ma neppure mettersi a ridere allegramente, cosa che si potrà fare in sua assenza. Conviene, invece, correggerlo con affetto e spiegargli che non si è comportato bene. Nel campo dell’educazione, tutto ha importanza, anche se certe cose in sé possano sembrare insignificanti o siamo convinti che a quell’età non significano nulla.

Nello stesso tempo i bambini devono imparare a rispettare l’intimità degli altri; nascono egocentrici, e solo gradatamente vanno “scoprendo” che gli altri non vivono per loro e meritano di essere trattati come a loro piacerebbe essere trattati. Questi graduali passi avanti possono essere concretizzati in parecchi dettagli: insegnare loro a chiedere il permesso – e, naturalmente, aspettare la risposta – prima di entrare in una camera; spiegare loro che devono uscire dalla stanza quando sono invitati a farlo perché i più grandi vogliono parlare da soli. È utile anche contenere il loro desiderio di esplorare – caratteristico dei bambini piccoli – gli armadi e altre cose personali degli abitanti della casa. Così andranno abituandosi ad apprezzare l’ambito privato degli altri e, contemporaneamente, a scoprire il proprio; e si getteranno le basi perché, crescendo, siano capaci non soltanto di rispettare le persone per quello che sono – figli di Dio –, ma anche di possedere essi stessi quel bel pudore che riserva le cose profonde dell’anima all’intimità tra l’uomo e suo Padre Dio, tra il bambino che deve provare a essere del tutto un cristiano e la Madre che lo stringe sempre fra le sue braccia[9].

J. De la Vega   (2012) da http://www.opusdei.it/art.php?p=53899

[1] Beato Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 19-XII-1979.

[2] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2522.

[3] Mons. Javier Echevarría, Incontro pubblico di catechesi a Las Palmas de Gran Canaria, 7-II-2004.

[4] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2521.

[5] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano, n. 90.

[6] Predicazione orale di san Josemaría, citata da Salvador Bernal in “Mons. Josemaría Escrivá”, ed. Ares, Milano 1977, p. 29.

[7] Cammino, n. 376.

[8] È Gesù che passa, n. 69.

[9] San Josemaría, Articolo La Virgen del Pilar ne “El libro de Aragón”, CAMP, Saragozza 1976, pubblicato anche in www.sanjosemaria.info

Un papa non “apre” all’aborto, se mai invoca la misericordia. Lo sa anche il diavolo

Un papa non “apre” all’aborto, se mai invoca la misericordia. Lo sa anche il diavolo

Berlicche da www.tempi.it

«Infinita e inesauribile è la prontezza del Padre nell’accogliere i figli prodighi». Prima di dire che è “un’apertura”, indovina quale Papa lo ha scritto 

papa francesco lavanda piediMio caro Malacoda, diffida delle letture interessate, politiche o deluse delle parole del Papa. Ho letto titoli in cui s’inneggia al Papa che “apre sull’aborto”. Non crederci, il Papa non apre sul diritto di aborto, tiene aperte le porte anche a chi si pente di aver abortito. Il suo è «un vibrante appello della Chiesa per la misericordia di cui l’uomo e il mondo contemporaneo hanno tanto bisogno. E ne hanno bisogno anche se sovente non lo sanno».

Noi crediamo di dannare l’uomo inducendolo al peccato, pensiamo di poterlo ridurre a quello che fa, che spesso è male. È una nostra pia illusione, una logica ristretta, logica ma ristretta, propria di una ragione rattrappita, incapace di far tesoro dell’esperienza. Il fatto che uno cade ci basta. Che in cuor suo desideri rialzarsi ci sembra una velleità. Poi, quando si rialza, lo guardiamo increduli mentre riprende a camminare.

Devi ammetterlo, caro nipote: c’è una ragione più ragionevole perché più comprensiva. Comprendere vuol dire abbracciare, ma anche capire: non si comprende se non si abbraccia, non si abbraccia se non si comprende. Pare questo il segreto di quella misericordia con cui «Cristo rende presente il Padre tra gli uomini. Ed è quanto mai signifìcativo che questi uomini siano soprattutto i poveri… e infine i peccatori».

Dice il Papa che «la misericordia viene, in certo senso, contrapposta alla giustizia divina e si rivela, in molti casi, non solo più potente di essa, ma anche più profonda». Spiega, infatti, che «sebbene la giustizia sia autentica virtù nell’uomo, e in Dio significhi la perfezione trascendente, tuttavia l’amore è “più grande” di essa: è più grande nel senso che è primario e fondamentale». Tutto questo ha per noi qualcosa d’inconcepibile, che «si manifesta nel suo aspetto vero e proprio quando rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di male esistenti nel mondo e nell’uomo». Come dire, sfrutta anche la nostra opera.

Ma c’è di più. Non è unidirezionale, è – come si direbbe oggi – interattiva, mette in relazione due libertà. Il Papa è convinto che «il sacramento della penitenza o riconciliazione appiana la strada a ognuno, perfino quando è gravato di grandi colpe. In questo sacramento ogni uomo può sperimentare in modo singolare la misericordia, cioè quell’amore che è più potente del peccato».

Vabbè, dirai, settanta volte sette, ma ogni pazienza ha un limite. Invece pare che abbia ragione Totò: ogni limite ha la sua pazienza: «La misericordia in sé stessa, come perfezione di Dio infinito, è anche infinita. Infinita quindi e inesauribile è la prontezza del Padre nell’accogliere i figli prodighi che tornano alla sua casa. Sono infinite la prontezza e la forza di perdono che scaturiscono continuamente dal mirabile valore del sacrificio del Figlio. Nessun peccato umano prevale su questa forza e nemmeno la limita», «a somiglianza di una madre, segue ciascuno dei suoi figli, ogni pecorella smarrita, anche se ci fossero milioni di tali smarrimenti, anche se nel mondo l’iniquità prevalesse sull’onestà, anche se l’umanità contemporanea meritasse per i suoi peccati un nuovo diluvio, come un tempo lo meritò la generazione di Noè».

Tu chiamale, se vuoi, “aperture”. Sappi solo che tutti i virgolettati sono di quel guerriero di Giovanni Paolo II.

Tuo affezionatissimo zio Berlicche

Roncalli e Wojtyla santi il 27 aprile

Roncalli e Wojtyla santi il 27 aprile

da Avvenire.it

Giovani Paolo II e Giovanni XXIII saranno proclamati Santi il prossimo 27 aprile, domenica della Divina Misericordia. Lo ha annunciato papa Francesco nel corso del Concistoro per la canonizzazione dei due beati. All’incontro erano presenti i cardinali residenti e a quelli presenti nella Capitale.
Prima che papa Bergoglio proclamasse la formula e annunciasse la data della canonizzazione, il prefetto per la Congregazione delle cause dei santi, Angelo Amato, ha tracciato un breve profilo biografico dei due futuri santi. Il cardinale Amato ha in particolare ricordato “il loro servizio alla pace” assimilandolo a quell'”impegno a cui Vostra Santità ci sollecita”. Il porporato ha anche citato la “mite fermezza” con la quale i due Papi defunti hanno entrambi vissuto in “tempi di radicali trasformazioni”, promuovendo “con autenticità” la dignità dell’uomo.

La scelta di papa Francesco è caduta dunque sulla domenica in albis, la domenica dopo Pasqua che è la Festa della Misericordia, solennità istituita da Wojtyla, che nel 2005 morì alle 21.37 del 2 aprile, cioè dopo i primi vespri della domenica in cui cadeva proprio la Festa della Misericordia.

Come è noto, in giugno il Pontefice ha approvato il miracolo, attribuito all’intercessione del Beato Giovanni Paolo II, e ha dispensato Giovanni XXIII dal processo relativo a un secondo miracolo dopo quello che ha portato alla beatificazione nel 2000: la grazia concessa a suor Caterina Capitani guarita inspiegabilmente il 25 maggio 1966 dalle conseguenze di una grave emorragia dopo che, oltre un anno prima, era stata sottoposta a una resezione gastrica quasi totale. Francesco ha deciso questa dispensa in forza della radicata e diffusa fama della santità di Roncalli: a Sotto il Monte, ad esempio, nella casa natale, una stanza intera è colma di fiocchi rosa e azzurri inviati da coppie ritenute sterili che hanno avuto la gioia di un figlio dopo aver invocato il Papa Buono. Secondo il postulatore della causa, il francescano fra Giovangiuseppe Califano, la decisione “è il segno che il ricordo di Giovanni XXIII – il Papa che 50 anni fa ha convocato il Concilio Vaticano II – è sempre vivo in tutto il mondo. Anche se non viaggiò mai Oltreoceano, sappiamo che spesso inviò radiomessaggi ai Paesi dell’America Latina, si interessò dei problemi di quelle genti grazie anche ai missionari e alle nunziature. E poi sicuramente ci furono contatti con la presidenza degli Stati Uniti, testimoniata anche dal fatto che Giovanni ricevette fra gli altri la moglie di Kennedy, Jacqueline, e il presidente Lyndon Johnson”.

Per quanto riguarda la canonizzazione di Papa Wojtyla, essa avviene a meno di dieci anni dalla sua morte, quasi un record, perché solo Sant’Antonio da Padova, morto il 13 giugno 1231, ha fatto più in fretta: la solenne cerimonia si tenne nella cattedrale di Spoleto il giorno di Pentecoste del 1232 alla presenza di Papa Gregorio IX. In questo caso, l’istruttoria sul miracolo è stata accuratissima. Si tratta della guarigione di una signora del Costa Rica, Floribhet Mora, inspiegabilmente risanata da una paralisi cerebrale il primo maggio 2011, giorno della beatificazione di Wojtyla, una circostanza all’origine di numerose conversioni tra i testimoni del fatto. Anche su questo importante evento, infatti, la linea di Francesco è la stessa di Benedetto XVI che aveva concesso la dispensa papale, evitando un’attesa di cinque anni per l’inizio della causa, aperta dal cardinal Camillo Ruini allora vicario di Roma, già nel giugno del 2005. Sei anni dopo è arrivata la beatificazione. ​​

Un papa non “apre” all’aborto, se mai invoca la misericordia. Lo sa anche il diavolo

Lo Ior pubblica il suo primo bilancio

E’ la prima volta nella storia. Una novità che si inquadra in una più ampia riforma voluta dal Papa, resa urgente dagli scandali finanziari

di GIACOMO GALEAZZI da Vatican Insider 

Operazione-trasparenza di Bergoglio allo Ior. Per la prima volta nella sua storia, domani la banca vaticana renderà pubblico il bilancio e, per volontà di Francesco, cesserà l’anomalia dell’Istituto i cui conti non venivano inseriti nel resoconto annuale della Prefettura per gli affari economici. Il bilancio (al 31 luglio) è positivo – l’attivo è di 87 milioni – e la “glasnost “del Pontefice faciliterà l’ingresso nella “with list”.

Le prossime decisioni di Bergoglio, che oggi riunirà a Roma il consiglio degli otto cardinali-consiglieri, riguarderanno appunto lo Ior, i dicasteri economici del Vaticano, i patrimoni dell’Apsa e di Propaganda fide. Si studia l’accorpamento tra la gestione delle proprietà immobiliari dell’Apsa e quella, altrettanto ingente, di Propaganda Fide. All’Apsa sono out i delegati delle due sezioni, Massimo Boarotto di quella «ordinaria» (che gestisce appunto i beni immobili) e Paolo Mennini della «straordinaria» (investimenti finanziari e in titoli). L’ «operazione trasparenza» allo Ior procede anche con l’attività della Promontory Financial Group, in collaborazione con l’Aif, per il controllo ad uno ad uno delle migliaia di conti, delle relazioni con i clienti delle procedure in vigore contro il riciclaggio di denaro sporco. È partito lo studio delle possibili ristrutturazioni e della forma che dovrebbe prendere il «forziere» vaticano in una possibile revisione del suo status. L’ipotesi più accreditata è la fusione tra Ior e Apsa, l’amministrazione del patrimonio che ha anch’essa funzioni bancarie, anzi è considerata la «banca centrale».

Alla Gmg Francesco lo ha detto a chiare lettere ai giornalisti: gli scandali giudiziari stanno accelerando la riforma delle finanze vaticane. «Pensavo di occuparmi prima di altre questioni, ma non si può rimandare». Così ora in cima alla sua agenda ci sono accorpamenti tra enti (Ior e Apsa), meno burocrazia, più trasparenza. Le emergenze vanno risolte al più presto. Non per punire questo o quel porporato, per aiutare questa o quella cordata, bensì per eliminare una visione «mondana» della Chiesa e superare una concezione «statale» della fede implicita nell’intreccio tra Santa Sede e Stato della Città del Vaticano, tra burocrazia ereditata dall’Ottocento e soffio dello spirito. La commissione di indagine sullo Ior, spiega il portavoce papale padre Federico Lombardi, sta vagliando i conti correnti e le operazioni compiute durante la gestione del direttore generale Cipriani, travolto con il suo vice Tulli (entrambi si sono dimessi immediatamente) dall’arresto di Scarano. La commissione referente è presieduta dal cardinale Raffaele Farina e il mandato di Francesco è molto ampio: verificare la posizione giuridica e le attività dello Ior per consentirne «una migliore armonizzazione con la missione della Chiesa e nel contesto più generale delle riforme». I commissari hanno scelto come assistenti esperti di grandi banche e gruppi finanziari che passano le carte al «pettine stretto».A Bergoglio sarà trasferita la documentazione completa sull’andamento e le procedure della «banca» d’Oltretevere, anche con la valutazione sulla sua discussa gestione.