Francia, portavoce Manif al ministro: «Sono omosessuale e dico no ai figli in provetta per i gay. Sono omofobo?»

Francia, portavoce Manif al ministro: «Sono omosessuale e dico no ai figli in provetta per i gay. Sono omofobo?»

Lettera di Jean-Pierre Delaume-Myard al ministro della Famiglia Bertinotti: «È un diritto del bambino avere una mamma e un papà. E le donne non sono galline che fanno le uova»
di Benedetta Frigerio da www.tempi.it 

HOMO PAS GAY«Io sono omosessuale e sono contro le nozze fra persone dello stesso stesso, perché è un diritto fondamentale del bambino avere un padre e una madre come gli altri». Lo ha scritto Jean-Pierre Delaume-Myard, portavoce della Manif pour tous, al ministro della Famiglia francese Dominique Bertinotti. Sono mesi che la Manif chiede di incontrare il ministro per avere risposte «su una serie di temi come la liberalizzazione della tecnica della fecondazione assistita».

«NON SIAMO OMOFOBI». Dopo il matrimonio gay, infatti, il governo di François Hollande intende aprire la fecondazione assistita alle coppie gay. I deputati socialisti hanno già annunciato che proporranno un emendamento ad hoc al disegno di legge sulla famiglia, che sarà discusso a gennaio. «Ma la signora Bertinotti non si degna di riceverci», continua Delaume-Myard, che è anche portavoce del gruppo HomoVox: «Siamo uomini e donne omosessuali e ci siamo rimasti molto male per quello che lei ha detto al Journal du Dimanche nel dicembre 2012: “Tutti i contrari” [al matrimonio gay] sentono il bisogno di dire che non hanno nulla contro gli omosessuali, ma nello stesso tempo gli rifiutano i loro stessi diritti”. E ancora: “Quando non si danno gli stessi diritti agli omosessuali e agli eterosessuali, non si tratta di omofobia?”».

ORA TOCCA ALLA FECONDAZIONE. Delaume-Myard spiega di avere 50 anni e di convivere con un uomo dall’età di 24, ma di essere contrario al «matrimonio fra persone dello stesso sesso per via del diritto fondamentale del bambino ad avere un padre e una madre come gli altri. Signor ministro, pensa per questo che io sia un omosessuale omofobo?». Il portavoce della Manif ricorda poi quando Hollande promise che la legge Taubira avrebbe resa legale l’adozione gay, ma non si sarebbe spinta oltre: «Sulla maternità surrogata il presidente si è detto chiaramente contrario. E lei ministro vorrebbe sconfessarlo? Sa bene che ora che il matrimonio gay è stato approvato una coppia di lesbiche potrà rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo e chiedere di accedere alla fecondazione assistita, ponendo fine alla discriminazione tra coppie eterosessuali e coppie gay. Ciò avrà l’effetto di istituzionalizzare la perdita del padre per i figli». Per di più, visto che anche gli omosessuali potranno richiedere la fecondazione e la maternità surrogata, «oltre alla mercificazione delle donne, trattate come galline che fanno le uova, sarà istituzionalizzata anche la privazione della madre per i figli».

«MINISTRO, CI RICEVA». Per questo motivo, a nome di centinaia di migliaia di francesi, il portavoce della Manif ha chiesto che il ministro «ci riceva» per darci precisazioni sul nuovo disegno di legge sulla famiglia. Lo scorso maggio Delaume-Myard aveva già scritto così al presidente Hollande: «Mi batto perché dopo questi mesi tutti abbiamo capito che la legge Taubira non è che l’inizio della strada che porta alla fecondazione assistita e alla maternità surrogata e perché questa legge in realtà non ha nulla a che vedere con gli omosessuali. Se fossi stato eterosessuale, mi sarei battuto comunque al fianco [della Manif], cioè dalla parte della ragione».

Quegli ignoti film sui martiri cristiani di Spagna

Quegli ignoti film sui martiri cristiani di Spagna

di Marco Respinti da www.lanuovabq.it

locandina

C’è in giro, da qualche mese, un bel film sui martiri cattolici massacrati dagli anarco-comunisti durante la Guerra civile spagnola (1936-1939) e nessuno lo sa. Anzi, i film sono addirittura due, no tre, e però nemmeno la potenza di YouTube, dove se ne possono tranquillamente visionare i trailer, sortisce effetti.

Il primo film si chiama Un Dios prohibido e il suo regista Pablo Moreno. Lo ha realizzato la Contracorriente producciones di Ciudad Rodrigo, nella provincia di Salamanca, che dal 2006 ha dato vita a 15 fra lungometraggi e cortometraggi (uno, La llamada, uscito già dopo Un Dios prohibido), tutti di argomento religioso e apologetico, tutti diretti dall’infaticabile Moreno. Ora sta promuovendo il grande sforzo di Euangelion, una serie in sei puntate preparata per la televisione e dedicata alla vita di Gesù che letteralmente sconvolge quella di quanti lo incontrano .

Un Dios prohibido è una storia tutta vera. Si svolge nell’agosto del 1936, pochi mesi dopo lo scoppio di quella Guerra civile che a lungo era incubata dopo l’instaurazione, il 14 aprile 1931, della cosiddetta Seconda repubblica spagnola, presto divenuta un vero e proprio regime liberticida con tutto il suo corollario di vessazioni anticlericali e di persecuzioni religiose. A Barbastro, un borgo della provincia aragonese di Huesca allora popolato da 8mila anime (oggi ne conta circa 15mila), 51 Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, detti clarettiani dal nome del fondatore, sant’Antonio María Claret y Clará (1807-1870), furono barbaramente uccisi dal Fronte Popolare in odio alla fede cattolica che professarono senza compromessi, reticenze e rinunce. La pellicola ne racconta le ultime settimane di vita prima della fucilazione. Un film bello (alla cui realizzazione ha partecipato, finanziariamente e non solo, pure l’ordine dei clarettiani), ma soprattutto forte nei contenuti e politicamente scorretto con naturalezza in quel suo semplice narrare una storia emozionante di virtù eroiche.

Il secondo dei tre film annunciati d’esordio è Mártires Oblatos, sempre diretto dal prode Moreno nel 2011, sempre per la Contracorriente producciones: è un corto di taglio narrativo-documentaristico sull’assassinio, nel 1936, di 22 Missionari Obliati di Maria Immacolata falcidiati a Pozuelo de Alarcón, oggi nella comunità autonoma di Madrid.

Il terzo è Bajo un manto de estrellas, diretto da Óscar Parra de Carrizosa per la Mystical Films, un’altra bella impresa cattolica spagnola nata nel 2012. Narra del martirio, ancora e sempre in quel famigerato 1936, di 19 dominicani del Convento de la Asunción de Calatrava di Almagro, nella provincia castigliana di Ciudad Real, avvalendosi della supervisione storico-religiosa di due esperti, don Jorge López Teulón, postulatore della causa di beatificazione dei martiri (altri ancora) di Toledo, e il padre domenicano José Antonio Martínez Puche, direttore della casa editrice dell’Ordine dei predicatori Edibesa di Madrid, nonché autore di studi in materia. Bajo un manto de estrellas sta ultimando le riprese e uscirà nel 2014.

Nel complesso, i martiri cattolici mietuti dalla persecuzione che ha accompagnato ma pure preceduto la Guerra civile spagnola sono una legione. Papa Francesco ne ha esaltati all’onore degli altari 522 il 13 ottobre: con loro, il conto totale sale a 1.512 beatificati e 11 canonizzati. In tutto, la persecuzione anticattolica ha causato in Spagna 6.832 morti. Di questi, 4.184 erano membri del clero secolare, fra cui 12 vescovi (di cui 9 già beatificati) e un amministratore apostolico; 2.365 erano i religiosi; e 283 religiose. Dei laici cattolici uccisi per motivi religiosi non esistono statistiche certe, ma siamo nell’ordine delle diverse centinaia. Le violenze più intense si ebbero tra il 18 luglio 1936 e il 1º aprile 1939, quando anche il 70% delle chiese del Paese venero distrutte con profanazioni e atti palesemente sacrileghi. Per farsi un’idea di quell’abisso, resta sempre validissimo il libro di mons. Vicente Càrcel Ortì, Buio sull’altare. 1931-1939: la persecuzione della Chiesa in Spagna (trad. it. Città Nuova, Roma 1999).

In questo martirologio enorme, i 51 clarettiani di Barbastro narrati in Un Dios prohibido sono stati canonizzati dal beato Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1992. I 22 martiri oblati di Pozuelo de Alarcón rappresentati in Mártires Oblatos sono stati beatificati da Papa Benedetto XVI il 18 dicembre 2011. E i 19 domenicani di Almagro immortalati in Bajo un manto de estrellas lo saranno presto ; nel convento che ne vide il martirio già riposano del resto alcuni testimoni eroici della fede, canonizzati il 28 ottobre 2007 da Papa Benedetto XVI.

Insomma, la cinematografia alternativa dei cattolici iberici è una piccola potenza di bellezza, fascino e apologetica che si muove senza un briciolo di vergogna in uno degli haut liuex dell’apostasia occidentale, la Spagna fu-cattolica divenuta ora un ridotto di eroi semiclandestini, assediati da secolarismi incrociati, ideologie in ritardo, statalismi irritanti, persecuzioni democratiche e “orgogli” il più contro-natura possibile. Bisognerebbe che le loro significative pellicole non finissero per diventare un secondo “caso Cristiada”, il film sui cristeros messicani prima arenatosi, poi uscito di soppiatto, poi ancora e sempre non distribuito in Italia, e quindi per forza di cose mero appannaggio del fai-da-te via Internet. Volete mettere invece l’effetto che farebbero film così nei cinema veri, con i giornaloni costretti a parlarne e i soliti noti a stracciarsi le vesti?

Ma se l’Italia va a rotoli peggio che mai, perché lo spread scende? Spiegazione di un mistero

Ma se l’Italia va a rotoli peggio che mai, perché lo spread scende? Spiegazione di un mistero

Il differenziale tra titoli di Stato dice poco sull’economia reale dei paesi, serve solo a capire le intenzioni di quei «pochi potenti che detengono la ricchezza del mondo». E comandano i mercati. Intervista a Fabrizio Pezzani (Bocconi)
di Matteo Rigamonti da www.tempi.it 

spreadSe veramente lo spread fosse un’indicatore dell’”economia reale”, allora, in Italia, il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali (Btp) e il Bund tedesco non dovrebbe attestarsi a meno di duecentocinquanta punti base, com’è attualmente, ma «come minimo a mille punti base». Ne è convinto Fabrizio Pezzani, docente dell’Università Bocconi di Milano, secondo il quale, dal novembre del 2011, quando lo spread aveva superato i cinquecento punti base e le tensioni sui mercati portarono alle dimissioni di Berlusconi aprendo la strada alla “salita” in politica di Monti, «da quel momento a oggi sono peggiorati i conti pubblici, il debito, il rapporto debito/Pil, la disoccupazione, il numero dei fallimenti, la povertà, il disagio sociale, l’instabilità politica e anche il giudizio guidato strumentalmente delle agenzie di rating sui nostri conti». Tutto questo, prosegue Pezzani, mentre «inspiegabilmente il nostro spread migliora continuamente e oggi è simile a quello di agosto 2011, tra i 220 e i 240 punti base».

IL TERMOMETRO DEI POTENTI. Come mai, dunque, lo spread non peggiora, anzi addirittura migliora? Hanno ragione coloro i quali sostengono che non conti nulla e sia solo una variabile economica impazzita? Niente affatto. Lo spread è un indicatore prezioso secondo Pezzani, ma lungi dal fotografare lo stato di salute di un’economia nazionale, rappresenta le intenzioni e le manovre della finanza globale, ossia di quei pochi attori che «detengono la ricchezza» del mondo.

DOVE SONO TUTTI I SOLDI. Se, infatti, un tempo «la ricchezza era facilmente individuabile negli Stati nazione che materialmente la possedevano», oggi, spiega il professore, «ci troviamo di fronte a una situazione assolutamente nuova nella storia dell’uomo». Per farsene un’idea basta guardare a un dato: «Nelle isole Cayman sono depositati 30 mila miliardi di dollari, che insieme eguagliano il Pil degli Stati Uniti, della Cina e di un pezzo del Giappone messi insieme». Oppure, continua Pezzani, si pensi ai derivati, che «nel 1989, l’anno in cui cadde il Muro di Berlino, rappresentavano un ventesimo del Pil mondiale, nel 1999 erano già il doppio di esso e nel 2009 ammontavano addirittura a venti volte il Pil della Terra». Ebbene, di tutti questi derivati, alla vigilia della crisi finanziaria, il 95 per cento era posseduto da sole «cinque banche: Goldman Sachs, J.P. Morgan, Morgan Stanley, Bank of America e Citi Bank». Che si riempivano di titoli tossici, secondo l’economista, al solo scopo di «tenere bassa la volatilità del dollaro».

LA RICCHEZZA FINE A SE STESSA. In un mercato che si muove secondo regole diverse da quelle dell’economia reale, dunque, «il nostro spread – prosegue Pezzani – rimarrà ancora basso contro ogni ragionevolezza razionale, perché il rischio di un ulteriore attacco al paese, dopo quello del 2011, potrebbe far saltare, con effetto domino, un banco finanziario globale in cui il valore del dollaro è sempre più lontano dal valore dell’economia reale che dovrebbe rappresentare». Peccato che in questo modo «una terribile bolla finanziaria continua a gonfiarsi». L’Italia, insomma, come testimonia proprio l’andamento del suo spread, è solo una piccola pedina di un immenso scacchiere «interamente gestito da un oligopolio di potenti». Sul mercato, secondo Pezzani, «la concorrenza è ormai impossibile», o è forse solo «un miraggio», visto che le dinamiche economiche dipendono dalle decisioni di pochi uomini. Uomini che per di più vedono l’economia, nella fattispecie la finanza, come «fine a se stessa, strumento per la creazione della ricchezza».

DUECENTO ANNI DI PURGATORIO. Tutta questa “astrazione”, però, ha un prezzo, dice Pezzani: «Si è perso per strada l’uomo». «C’è poco da fare – conclude il bocconiano – per uscire dalla crisi, si deve tornare a mettere al centro l’uomo, i poveri, come suggerisce Papa Francesco e come avviene in una qualsiasi famiglia dove, quando qualcuno sta male, tutti cercano di aiutarlo, come possono». È chiaro che sarà facile né il recupero del ruolo centrale della persona: il momento attuale, avverte Pezzani, è «analogo alla fine dell’impero romano, l’epoca dei barbari»; anche allora l’umanità «prima di conoscere lo splendore del Medioevo dovette attendere circa duecento anni di travaglio».

A parole, l’Europa difende i cristiani perseguitati. Nei fatti, li perseguita. Ecco come

A parole, l’Europa difende i cristiani perseguitati. Nei fatti, li perseguita. Ecco come

Lorenzo Fontana, deputato al Parlamento Europeo, spiega come la risouluzione contro l’obiezione di coscienza e per l’educazione Lgbti può diventare vincolante
di Benedetta Frigerio da www.tempi.it 

Il 10 ottobre scorso il Parlamento europeo ha condannato la persecuzione dei cristiani in Siria, Pakistan e Iran, approvando una risoluzione votata durante la seduta plenaria in corso a Strasburgo. Solo un mese prima, la commissione parlamentare dei Diritti delle donne e dell’uguaglianza di genere aveva approvato un’altra risoluzione che spingeva gli Stati a limitare l’obiezione di coscienza per garantire il diritto all’aborto. Una contraddizione evidente: da una parte si condannano i cristiani perseguitati per le loro idee e, dall’altra, si chiede di limitare un diritto fondamentale che li riguarda.

DIRITTI UMANI ALL’ABORTO E ALLA FECONDAZIONE LGBT.
 Com’è possibile? «La prima risoluzione è passata perché cadrà nel vuoto, la seconda invece sarà approvata dal Parlamento e poi tradotta in un’azione concreta dalla Commissione Europea. Sanno bene che accade sempre così». Lorenzo Fontana (foto), deputato del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia al Parlamento Europeo, spiega che a prendere le decisioni vincolanti per gli Stati dell’Unione Europea non è il Parlamento ma la Commissione, che ha il compito di stabilire quali risoluzioni trasformare in leggi. «Tutte le condanne ai cristiani perseguitati sono state snobbate dai commissari. Mentre le risoluzioni relative a temi legati alla vita, alla salute e all’educazione sono sempre ben accette».
Fontana pensa a quando una minoranza di parlamentari chiese alla Commissione di indire una giornata contro la cristianofobia: «Ci fu risposto che la materia non era di competenza della Commissione». Anche la salute, la vita e l’educazione non lo sono. «Per questo, come si legge nella bozza contro l’obiezione di coscienza, si parla di diritto umano all’aborto, per far rientrare la questione in un ambito in cui l’Europa possa legiferare. Questo è lo stratagemma che viene utilizzato».
Significa che l’invito a «regolare e monitorare l’obiezione di coscienza» potrà diventare legge, che «l’accesso all’aborto sicuro» non sarà più ostacolato «dall’abuso dell’obiezione di coscienza» o che  sarà garantito «l’accesso ai trattamenti per la fertilità e alla procreazione medicalmente assistita anche per le donne senza un partner e le lesbiche»? «Sì – risponde Fontana – se la risoluzione sarà oggetto dell’azione legislativa della Commissione Europea». Non solo, perché nel testo si parla anche di assicurare «un’educazione obbligatoria, sensibile al tema delle relazioni e della sessualità di genere», che deve «includere la lotta contro gli stereotipi, i pregiudizi, far luce sull’orientamento “gender” e sulle barriere per rendere sostanziale l’uguaglianza».

DUE PESI E DUE MISURE. Il deputato ride ricordando l’ipersensibilità del Parlamento Europeo verso le minoranze: «Ogni volta che si parla di un gruppo, in Europa il sentimento prevale sul giudizio giuridico-filosofico. Ogni istanza, presentata come la difesa di una minoranza, deve essere votata per forza a prescindere dal merito». Anche in difesa dei cristiani quindi: «Ecco, questo è l’unico caso in cui avviene il contrario. Chi difende il credo di un cristiano e la sua libertà è un oscurantista da combattere. Prevale anche in questo caso il sentimento, ma al contrario. Così tutti possono essere liberi, tranne i cristiani. Questo avviene in Europa».
«Sono i paradossi dell’emotività irrazionale – prosegue Fontana. Per difendere la campagna contro il tabacco, ad esempio, i Verdi stanno facendo di tutto. Hanno parlato persino del diritto del bambino in grembo a non respirare il fumo. Quando sentii quella frase, chiesi come mai, visto che prevaleva la sua vita al volere della madre, lei poteva scegliere di ucciderlo. Mi hanno risposto dicendomi che sono retrogrado».
Rischiano anche i minorenni a cui si vuole imporre l’educazione sessuale: «In nome dell’uguaglianza degli omosessuali ogni aspetto della vita dei bambini viene sessualizzato con corsi e lezioni apposite». E chi si oppone? «È un reazionario, appunto».

Giovedì della XXVIII settimana del T.O.

Giovedì della XXVIII settimana del T.O.

dal vangelo secondo Lc 11,47-54

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi date la testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno; perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Il commento di don Antonello Iapicca
 
A noi, a me e a te che siamo figli di questa generazione, figli della Chiesa di questo tempo concreto, “sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario”. Quanti profeti ci sono stati inviati? Quante persone ci hanno annunciato il Vangelo? Quante occasioni per ascoltare e convertirci? E’ bene fare memoria della storia d’amore intessuta dal Signore per noi. E perché noi? Perché Israele e non l’Egitto? Perché tu e non tua cugina? Perché nel mistero del’elezione, tu ed io fossimo il segno di Dio deposto dinanzi agli occhi di chi ci è accanto; un segno di contraddizione capace di annunciare la novità radicale del Vangelo, l’amore impensabile che vuole raggiungere ogni uomo. “Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”: per chiedere conto a noi di tutta la storia che ci ha preceduti. Che ingiustizia potremmo pensare, vero? Che c’entriamo noi? E invece c’entriamo eccome! Innanzi tutto perché, come gli scribi e i farisei contemporanei di Gesù, ci crediamo anche noi migliori di molti, forse di tutti. Certamente dei pedofili e degli assassini che riempiono i telegiornali. Anche dei profeti ai quali non abbiamo creduto e che abbiamo perseguitato… Ed erano incarnati in nostra moglie, o in un fratello… E poi, proprio perché siamo figli di una lunga storia di salvezza, e i nostri occhi hanno visto miracoli che i profeti e i re avrebbero voluto contemplare e non hanno potuto, una grande responsabilità grava su di noi. Solo un moralista può pensarla come un peso. Un cuore innamorato e grato a Dio per il suo amore immeritato la vive come l’occasione per dare compimento alla propria vita, nella gratuità e nella gratitudine, fragranze soavi che accompagnano sempre un annuncio credibile del Vangelo. Non è dunque una profezia di sventura quella che oggi il Signore ci annuncia. E’ una chiamata a conversione, seria e decisiva. Giunge il momento favorevole della resa dei conti, dove lasciare a Cristo i fallimenti dell’egoismo perché, finalmente, possiamo vivere con amore la missione che ci è stata affidata. Gli scribi e i farisei si erano appropriati della storia di salvezza e delle Grazie ricevute dal Popolo. Avevano rubato la “chiave della scienza” per saccheggiarne i tesori, escludendo perversamente i “poveri” e i “piccoli”. Per questo Gesù rivela la sua missione come quella del Servo che viene a predicare la salvezza proprio agli esclusi, ai peccatori pubblici, agli “affaticati e oppressi”. Offre loro il suo giogo, la Sapienza della Croce, e così fa luce e chiede conto di ogni abuso. E’ Lui stesso la Sapienza crocifissa che chiede conto dell’elezione.
E lo chiede oggi a noi. Ma è amore, è la gelosia che cerca ogni pecora perduta per la negligenza di pastori autoreferenziali, mercenari che hanno usato delle cose sante per saziare le proprie concupiscenze. E qui ci siamo tutti: vescovi, preti, religiosi e suore, padri e madri, catechisti e semplici cristiani. Tutti incatenati all’egoismo figlio della paura di morire; tutti speriamo di scamparla arraffando la Scienza, come un talismano dal quale ottenere prestigio e autorità, visibilità e gratificazione. Tutti come gli scribi e i farisei, ma anche come gli apostoli, sempre in cerca dei primi posti, di sedere alla destra e alla sinistra del Re Messia. Tutti dimenticando che la “scienza” vera è quella della Croce, vergata dal sangue dell’amore che sacrifica se stesso sino alla morte; nessuno cerca questa “scienza”, nessuno sa neanche dove siano le sue “chiavi”. Per questo Gesù viene a chiedere conto a ciascuno di noi della grande menzogna alla quale abbiamo creduto, e con la quale abbiamo ingannato i fratelli. La “scienza” che abbiamo è falsa, è una volgare imitazione, ci gonfia per poi farci scoppiare miseramente. E’ la “scienza” della superbia; con le sue “chiavi” abbiamo “chiuso” la porta del Regno in faccia ai piccoli che ci erano stati affidati. Abbiamo ingannato moglie e marito spacciando per “scienza” d’amore quello che era solo concupiscenza: sacrifici, parole, regali, tutto falso! Tutto per offrire a noi stessi l’affetto dell’altro. E, di fronte alla prima vera difficoltà, abbiamo “chiuso” la porta allo Spirito Santo, perché troppo pericoloso… E abbiamo così impedito a noi e al prossimo di “entrare” nella “casa della conoscenza” (la traduzione esatta dell’originale reso con “scienza”), ovvero la casa dello studio, la yeshiwà dove gli ebrei scrutano la Torah. In essa avremmo sperimentato la comunione autentica che annuncia il Paradiso, e invece sono due mesi che non parliamo. Ed è quello che accade alla Chiesa quando “chiude” le sue porte alle irruzioni dello Spirito, scacciando i carismi che Dio le dona. I farisei e i dottori avevano le “chiavi” di questa casa, “le chiavi della scienza” appunto. Come i vescovi, i presbiteri, i genitori, tu ed io, inviati in ufficio, a scuola o in un ospedale. Che ne facciamo? Ci lasciamo sorprendere dallo Spirito Santo o ci “chiudiamo” impauriti? Lasciamo che l’amore di Dio giunga a chi ci è accanto nelle forme e nei tempi che non avevamo previsto, o “chiudiamo” con superbia la saracinesca perché lo Spirito non è arrivato in orario? Riconosciamolo, quanti “sepolcri” abbiamo aperto alla profezia e ai profeti, che ci hanno annunciato inaspettatamente l’amore vero, quello che non fa sconti al peccato ma ha misericordia del peccatore; quello che annuncia Papa Francesco, e del quale continuiamo a scandalizzarci. Forse anche ieri abbiamo seppellito un profeta. Forse era proprio “Abele”, nostro fratello; forse era nostro figlio, ferito e peccatore, che, in quella sua infinita debolezza, era una profezia del miracolo che l’amore di Dio voleva compiere. E invece abbiamo “chiuso” ogni possibilità, “chiusi” nell’orgoglio di padre ferito… Ma non è finita! Oggi, ora possiamo aprirci alla Grazia, ai carismi che rinnovano la Chiesa e ciascuno di noi, i doni che si nascondono nelle persone e negli eventi più impensati; soprattutto nella Croce, la “chiave” che apre il cuore indurito e chiuso nell’orgoglio. La chiave consegnata a Pietro, per aprire e chiudere, legare e sciogliere, in terra e in Cielo. La chiave consegnata alla Chiesa perché, mossa dallo Spirito, conduca le generazioni ad entrare nella casa eterna di Dio.
 
QUI IL COMMENTO APPROFONDITO
Le parole del Vangelo di oggi chiudono il discorso tenuto nella casa del fariseo e che ha avuto origine dalla sua meraviglia di fronte alla novità di Gesù. Il non lavarsi le mani è stato un atto profetico nella linea di tutti i profeti dell’Antico Testamento. Con quel segno non ha voluto condannare il precetto, ma si è offerto come uno specchio nel quale farisei e dottori della Legge potevano guardare la propria immagine autentica: sono loro quelli che, in realtà, non si lavano le mani; Gesù non fa altro che mostrare e annunciare profeticamente la verità che si nasconde nella realtà che appare. Il precetto compiuto non esprime un contenuto adeguato: si purifica l’esterno mentre il cuore resta pieno di impurità; si pagano le decime di tutti gli ortaggi e si trascurano giustizia e amore. Soprattutto, si disprezza e respinge il profeta che annuncia la verità capace di aprire la strada alla conversione. Così facendo, scribi e farisei si frapponevano tra Gesù ed il Popolo. Il continuo interrogare, mettere a prova, tendere trappole iniettava veleno e mirava a screditare Gesù. Questione di potere e prestigio certamente, ma, soprattutto, rifiuto di Gesù quale Messia. Al punto che, proprio a partire dal discorso in casa del fariseo, si mettono alla caccia di Gesù, che si concluderà nell’uccisione del Profeta.
Si comprendono allora le parole durissime del Signore: la generazione che rifiuta Gesù è quella cui verrà chiesto conto del sangue di ogni profeta e di ogni giusto, perchè ha rifiutato il Profeta annunciato da Mosè; con Lui è giunta la pienezza dei tempi, il compimento di ogni profezia, il culmine della storia d’amore di Dio con il suo popolo. E’ la generazione della quale tutti siamo figli, perchè tutti siamo contemporanei di Gesù. Le sue parole giungono oggi alla nostra vita, scuotono la Chiesa, ci chiamano a conversione. I farisei e i dottori della Legge godevano di grande prestigio, erano le guide spirituali del popolo, detenevano il potere. Insegnavano nella “casa della conoscenza”, la casa dello studio, dove erano chiamati a dare sapore alla Torah, ad attualizzarla perchè Israele potesse accoglierla e vivere alla sua luce. “Entrare nella conoscenza” era sinonimo di entrare nel Regno di Dio: esso si realizzava ovunque si fosse compiuta la volontà di Dio.   Farisei e dottori avevano le chiavi di questa casa – le chiavi della scienza – ma se ne erano appropriati chiudendo la porta della conoscenza e quindi del regno di Dio a se stessi e a quanti la desideravano. Avevano chiuso la porta alla profezia e al Profeta.
La Chiesa che smarrisce o rifiuta la profezia è come il sale che ha perduto il sapore: “I discepoli del Signore sono chiamati a donare nuovo “sapore” al mondo, e a preservarlo dalla corruzione” (Benedetto XVI, Angelus del 6 febbraio 2011). Ma quando il sale perde il sapore è il mondo a dare il suo veleno alla Chiesa corrompendola. E’ quello che succede quando l’Istituzione si chiude in se stessa e non lascia varchi all’irrompere dello Spirito. Come i farisei e i dottori hanno fatto con Gesù. “La Chiesa è fondata sugli apostoli e sui profeti. I profeti della Chiesa primitiva si organizzavano come membri di un collegio. Più tardi il collegio dei profeti si dissolse, e questo certamente non a caso, poiché l’Antico Testamento ci dimostra che la funzione del profeta non può essere istituzionalizzata, dato che la critica dei profeti non è diretta solo contro i preti, si dirige anche contro i profeti istituzionalizzati, perché Dio trova, per così dire, più margine di manovra e più ampio spazio per agire presso i primi, presso i quali può intervenire e prendere iniziative liberamente, cosa che non potrebbe fare invece con una forma di profezia di tipo istituzionalizzato. Come gli stessi apostoli erano a loro modo anche profeti, così bisogna riconoscere che nel collegio apostolico istituzionalizzato esiste pur sempre un carattere profetico. Così la Chiesa affronta le sfide che le sono proprie grazie allo Spirito Santo che, nei momenti cruciali, apre le una porta per intervenirePotremmo citare i nomi di grandi personaggi della Chiesa che sono stati anche figure profetiche in quanto hanno saputo tenere aperta la porta allo Spirito Santo. Solo agendo così essi hanno saputo esercitare il potere in modo profetico. Per quanto riguarda i profeti indipendenti, cioè non istituzionalizzati, occorre ricordare che Dio si riserva la libertà, attraverso i carismi, di intervenire direttamente nella sua Chiesa per risvegliarla, avvertirla, promuoverla e santificarla. Essi sorgono sempre nei momenti più critici e decisivi nella storia della Chiesa. Così facendo hanno ridato alla Chiesa il suo vero aspetto, quello di una Chiesa animata dallo Spirito Santo e condotta dal Cristo stesso” (J. Ratzinger).
Chiudere la porta alla profezia, all’interno dell’Istituzione come all’esterno, rifiutare i carismi, significa chiudere la porta della salvezza e della felicità a noi stessi e a quanti, piccoli, poveri e peccatori, attendono fuori della casa della Conoscenza, la Chiesa eletta da Dio perché accolga come una madre anche il più grande peccatore. Peggio, significa rifiutare Cristo: così la Chiesa cessa di essere quello che è riducendosi ad un’istituzione umana governata da criteri mondani, che si specchia in se stessa nel timore di guardarsi nel suo Sposo e convertirsi. Ed è quello che succede alla nostra vita, non lontana da quella dei  farisei e dei dottori della Legge: la perversione di appropriarci del tesoro che ci è affidato e sul quale abbiamo autorità: i figli, il matrimonio, il lavoro, gli affetti, e la Grazia. Guai a voi ci dice dunque il Signore, che rifiutate il soffio dello Spirito, i profeti e gli apostoli inviati per strapparci dalla menzogna. Quanti sepolcri abbiamo aperto alla profezia che è sempre amore vero, quello che non fa sconti al peccato ma ha misericordia del peccatore.
Ma è Lui, il Signore Gesù, che ha cercato e raccolto la chiave. In Lui la chiave della Scienza è divenuta la Croce, la profezia rigettata perché la menzogna non può accogliere la verità. In Lui e’ svelata ogni scienza, quella sublime dell’amore che riscatta e trasforma una vita schiacciata nell’egoismo e nella ricerca di sé, in un dono totale. La Croce è la chiave che apre il cuore indurito e chiuso nell’orgoglio, che scioglie le catene della paura e della menzogna. La chiave consegnata a Pietro, per aprire e chiudere, legare e sciogliere, in terra ed in Cielo. La chiave consegnata alla Chiesa perché, mossa dallo Spirito profetico, conduca le generazioni ad entrare nella casa eterna di Dio: la Croce gloriosa di Cristo che penetra tutto e indica il cammino alla Verità.