La Carta della laicità voluta da Hollande è tale e quale a quella della massoneria. Sicuramente una coincidenza

La Carta della laicità voluta da Hollande è tale e quale a quella della massoneria. Sicuramente una coincidenza

Da quest’anno in tutte le scuole francesi è stata fatta affiggere l’antireligiosa Carta della laicità. Ma la proposta era stata fatta nel 2012 dall’ex Gran Maestro del Grande Oriente di Francia
di Leone Grotti da www.tempi.it 

vincent peillonVi abbiamo già parlato dell’iniziativa del ministro dell’Educazione francese Vincent Peillon, che a partire da quest’anno ha fatto affiggere in tutte le scuole la “Carta della laicità“. Sempre Peillon ha proposto di inserire nel programma scolastico l’insegnamento della morale laica. Ma da chi ha ripreso Peillon queste iniziative per promuovere una nuova «religione repubblicana»?

L’IDEA È MASSONICA. Non è tutta farina del suo sacco. Con un articolo pubblicato sul suo blog personale il 5 settembre 2012, Jean-Michel Quillardet, ex Gran maestro del Grande Oriente di Francia, proponeva di «scrivere una Carta della laicità in seno alla scuola della Repubblica (…) da inserire nel regolamento interno degli istituti e da affiggere nei locali scolastici». La proposta prevedeva anche «la lettura e il commento [della Carta] con gli alunni all’inizio di ogni anno scolastico da parte dei professori».

francia-carta-laicità-peillonCONTENUTO IDENTICO/1. Il leader massonico aveva anche proposto un testo, che è quasi identico a quello che Peillon ha fatto affiggere quest’anno nelle scuole. Se nella Carta di Peillon si legge che «il personale [scolastico] ha un dovere di stretta neutralità: non deve manifestare convinzioni politiche o religiose nell’esercizio delle proprie funzioni», in quella proposta un anno prima Quillardet scriveva che «nella scuola pubblica tutto il personale ha il dovere di rispettare una stretta neutralità e (…) manifestare le proprie convinzioni religiose durante l’esercizio delle proprie funzioni significa venir meno ai propri obblighi».

CONTENUTO IDENTICO/2. Non solo. La Carta del Gran Maestro prevedeva che «gli studenti non possano mostrare simboli della loro appartenenza religiosa e non possano rifiutare programmi scolastici in nome della loro cultura o delle loro credenze religiose». Nella Carta di Peillon oggi chiunque può leggere: «Nessuno potrà evidenziare la propria appartenenza religiosa per rifiutare di conformarsi alle regole applicabili nella Scuola della Repubblica, negli istituti scolastici pubblici è vietato esibire simboli o divise tramite i quali gli studenti ostentino palesemente un’appartenenza religiosa».

grande-oriente-di-francia-massoniMORALE LAICA. Come se non bastasse, il leader massonico proponeva nello stesso articolo del 2012 di «inserire nei programmi l’insegnamento della laicità», «che si inscrive perfettamente nel quadro dell’insegnamento della morale laica». Oggi questa proposta è diventata realtà in Francia grazie all’iniziativa di Peillon, il cui mantra è che «non si potrà mai costruire un paese libero con la religione cattolica».

MASSONI SCRIVONO A HOLLANDE. Non è la prima volta che il governo socialista di Francois Hollande si rivela in contatto con la massoneria francese. Lo scorso luglio l’attuale Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, José Gulino, aveva scritto al presidente della Repubblica per denunciare la Manif pour tous e in particolare «le manifestazioni dei Printemps francais e dei Veilleurs Debout (…). Queste violenze rimettono in questione la laicità, che permette la libertà di coscienza e la concordia universale»

Femministe inglesi contro l’aborto selettivo: no alla libertà di scelta se implica «femminicidio». E il maschicidio?

Femministe inglesi contro l’aborto selettivo: no alla libertà di scelta se implica «femminicidio». E il maschicidio?

Un articolo apparso sul Guardian si chiede fino a che punto una scelta deve essere rispettata. «Dobbiamo stare attenti a non diventare feticisti della “scelta”». Una bella intuizione e tante contraddizioni
di Leone Grotti da www.tempi.it 

aborto femmine«Dobbiamo stare attenti a non diventare dei feticisti della “scelta”. (…) Il diritto alla vita di una bambina deve essere la base di ogni posizione femminista e non può essere compromessa da una narrativa pro-choice assolutista». Queste parole, che si possono leggere in un articolo apparso l’8 ottobre sul Guardian, quotidiano inglese da sempre strenuo sostenitore di ogni liberalizzazione etica, aborto compreso, documentano il cortocircuito che l’aborto selettivo sta causando nel mondo femminista e pro choice inglese.

IL CASO INGLESE. Il polverone è stato sollevato dopo che il Daily Telegraph ha dimostrato che in Inghilterra l’aborto selettivo, cioè solo perché il nascituro è femmina, viene praticato senza problemi. La magistratura britannica ha però dichiarato che non interverrà perché perseguire l’aborto selettivo «non è nell’interesse pubblico». Ann Furedi infine, direttrice della più grande clinica abortiva britannica, ha rincarato la dose affermando: «Se le donne non sono felici del sesso dei figli possono abortire (…). O accettiamo fino in fondo ogni scelta della madre, oppure no».

ABORTO SELETTIVO IRRAZIONALE. Arrivati fino a questo punto le femministe inglesi, attraverso il Guardian, si fanno una domanda che non si erano mai poste prima: «Sembra irrazionale appoggiare un sistema che permette alle donne di abortire delle femmine per proteggersi dalla furia patriarcale». Tradotto: come fa un movimento che difende le donne a sostenere l’aborto di bambine solo perché femmine?

«LA SCELTA NON HA VALORE ASSOLUTO». Lo spunto è buono, quello che segue un po’ meno. Il Guardian, infatti, propone di «non rendere illegale l’aborto selettivo perché non funzionerebbe», per le donne sarebbe facile dare un’altra motivazione e perseguire ugualmente il loro obiettivo. «L’unico modo per prevenire la selezione del sesso del feto è proibire a ospedali e cliniche di dire ai genitori il sesso del nascituro». Certo, così si limita la libertà di scelta delle donne ma come ripete il quotidiano inglese «dobbiamo stare attenti a non fare della scelta un feticcio», perché non ha «un valore assoluto».

FEMMINICIDIO E MASCHICIDIO. Per quanto sia un passo avanti che un gigante del progressismo come il Guardian si chieda finalmente fino a che punto è lecito, in nome della libera scelta, uccidere una bambina, non è ancora chiaro perché i dubbi si limitino alle bambine. Perché bisogna impedire il «femminicidio» attraverso l’aborto e non il «maschicidio»? Perché bisogna difendere «il diritto delle bambine alla vita» e non quello dei bambini? Ma soprattutto, perché bisogna difenderlo solo nel caso dell’aborto selettivo e non sempre?

La Manif Pour Tous Italia torna a vegliare in difesa della famiglia e della libertà di espressione

Appuntamento in varie città italiane per venerdì 11 ottobre «per chiedere ancora una volta, a gran voce, il ritiro dell’assurda proposta di legge Scalfarotto»
da www.tempi.it 

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La Manif Pour Tous Italia chiama a raccolta la società civile a vegliare in difesa della famiglia e della libertà di espressione, e a manifestare il proprio dissenso contro il disegno di legge Scalfarotto, un provvedimento ideologico che, se approvato dal Senato – nonostante l’emendamento Gitti – non farebbe altro che impedire ai liberi cittadini, e alle associazioni, di esprimersi in modo civile su proposte di legge come il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e la possibilità di adozione dei bambini da parte degli stessi. Conseguenze sottaciute, ma inevitabili, di questa linea legislativa.

In tutta Italia stanno nascendo comitati per combattere assieme a noi questa battaglia antropologica in difesa della famiglia e della libertà d’espressione. Pertanto, venerdì 11 ottobre, dalle ore 19:00, daremo vita, nel pieno rispetto dell’ordine pubblico, ad una prima grande mobilitazione nazionale, con manifestazioni a Roma, Bisceglie, Bologna, Bolzano e Pisa, per chiedere ancora una volta, a gran voce, il ritiro di un’assurda proposta di legge che, come ha dimostrato il recente “caso Barilla” (Barilla & Boldrini. «Anche noi Ostellino ci sentiamo discriminati in quanto famiglia “sessista”» di Piero Ostellino), non genera altro che odio nei confronti di chi non si rassegna ad esprimere la propria opinione e non intende sottomettersi ad un provvedimento degno del peggior stato totalitario. 

Il Comitato

La Manif Pour Tous – Italia

Luxuria: «Barilla? Un c… ma accetto le scuse». Questo e altro al festival Lgbt di Ferrara

Luxuria: «Barilla? Un c… ma accetto le scuse». Questo e altro al festival Lgbt di Ferrara

Alla kermesse organizzata dall’Arcigay sono intervenute Camilla Seibezzi, Francesca Vecchioni e Luxuria. Ecco cosa hanno detto su papa Francesco, legge omofobia e genitore 1 e 2

da www.tempi.it 

tag-ferrara-lgbtDal 4 al 6 ottobre si è svolto a Ferrara “Tag – Festival di cultura Lgbt”, a cura dell’Arcigay locale col patrocinio del Comune e della Provincia. A partire dal titolo della kermesse (“L’omofobia si combatte con l’educazione”) si sono confrontati diversi relatori, attraverso dibattiti, spettacoli, cortometraggi e aperitivi musicali. Vi hanno partecipato nomi noti dell’universo omosessuale italiano, anche se esigua è stata la partecipazione di pubblico.
Tempi.it ha assistito a due degli incontri proposti: quello d’apertura intitolato “Le nuove famiglie italiane” con Camilla Seibezzi e Francesca Vecchioni e quello di presentazione del libro di Vladimir Luxuria, intitolato “L’Italia migliore”.

VIA PADRE E MADRE: «L’UDC ERA D’ACCORDO». Camilla Seibezzi è stata fino a metà agosto la delegata “ai Diritti Civili e alla Politiche contro le discriminazioni” del Comune di Venezia. È diventata “famosa” grazie alla proposta di sostituire sui moduli per l’iscrizione agli asili nido e alle scuole dell’infanzia i termini “madre” e “padre” con “genitore” . Una proposta che ha sollevato numerose polemiche, ma anche il sostegno del ministro Cécile Kyenge e il tentativo di riproporre la stessa formula a Bologna. Polemiche a cui Seibezzi aveva già tentato di rispondere, attraverso una lettera al Corriere della Sera.
Durante l’incontro a Ferrara, Seibezzi ha spiegato, innanzitutto, che la stampa ha male interpretato la sua proposta: infatti, diversamente da quanto scritto da «Pigi Battista e Piero Ostellino» sul Corriere («una manipolazione»), lei non ha chiesto di sostituire i termini “padre” e “madre” con “genitore 1 e 2″, ma solo con «genitore».
Come è potuto accadere che un provvedimento di natura amministrativa abbia potuto sollevare un tale polverone? Secondo Seibezzi ciò è avvenuto perché il senso della sua proposta è affermare «che siamo tutti uguali. È questo che ha destato scalpore». Il fatto che sia uscita la notizia e che ancora se ne parli, ha proseguito, è positivo, anche se, ha rivelato, l’Udc (che a Venezia sostiene il sindaco di sinistra Giorgio Orsoni) «era d’accordo che cambiassi i termini, a patto che non si sapesse».

SFRUTTARE LE PAROLE DEL PAPA SUI GAY. Francesca Vecchioni, primogenita del cantautore Roberto, è nota alle cronache per avere, assieme alla compagna Alessandra Brogno, concepito due bambine attraverso fecondazione eterologa in Olanda. Vecchioni ha descritto la propria vita quotidiana, ma anche dedicato qualche battuta a temi di recente attualità. Ha spiegato, ad esempio, che le parole diGuido Barilla alla Zanzara hanno «fatto emergere il fango omofobico» che c’è in Italia e, accennando alle parole di papa Francesco sui gay, ha incitato i presenti a «sfruttare in maniera positiva le parole del Pontefice. Ha detto cose che noi possiamo tranquillamente riportare. Perché ci sono tantissimi credenti omosessuali». E, soprattutto, ci sono «tantissimi preti omosessuali».

«BARILLA HA INCITATO AL BOICOTTAGGIO». Anche Vladimir Luxuria, presentando il suo libro, ha dedicato diverse battute agli ultimi fatti di cronaca. Per il trans più famoso d’Italia, la proposta di legge sull’omofobia appena passata alla Camera è «un mostro». Questo perché, ha esemplificato l’ex deputato di Rifondazione Comunista, «se tu sei un ragazzo che sta al Bar Sport e insulti un gay, puoi incorrere in una condanna prevista dalla legge. Se, invece, lo dici in rappresentanza di un partito o di una associazione, allora va bene. È assurdo, ma che cavolo! Per questo spero che ci siano altri passaggi. Non è una legge che mi rappresenta. Non mi piace».
Luxuria ha poi aggiunto di avere visto il video in cui Guido Barilla ha chiesto scusa. «Lui, divorziato, è per la famiglia sacrale come Berlusconi», ma, a causa «delle previsioni di vendita calate del 20 per cento», è stato costretto alla retromarcia. Poi, con linguaggio decisamente scurrile, Luxuria ha aggiunto che si è trattato di «coglionaggine»: «È stato talmente coglione da dire che se qualcuno non la pensa come me, compri un’altra pasta. Ma dove lo trovi un imprenditore così? È stato lui a incitare al boicottaggio». Poi si spaventati e «lui è stato costretto a fare quel video. Però ha fatto le sue scuse e io le accetto».

IL GIURAMENTO. «Una legge sull’omofobia – ha concluso Luxuria – darebbe forza per contrastare gli omofobi domani e per educare i ragazzi». Per questo ha espresso il desiderio che, al fine di evitare i suicidi fra adolescenti omosessuali, «all’inizio di ogni anno scolastico gli insegnanti pronuncino in classe un giuramento». Ad esempio la lettura di un documento in cui ogni docente affermasse la propria volontà di trattare tutti gli studenti in modo uguale, e di non discriminarli a seconda «della religione, dell’etnia e dell’orientamento sessuale. Se ci fosse stata una cosa del genere, quel ragazzo (il suicida, ndr) si sarebbe sentito meno solo».

L’ultima frontiera della fecondazione in vitro: creato l’algoritmo del figlio perfetto. «Illusorio quanto gli oroscopi»

L’ultima frontiera della fecondazione in vitro: creato l’algoritmo del figlio perfetto. «Illusorio quanto gli oroscopi»

Scoppia la polemica per la nuova trovata della banca americana del seme 23andMe: «A te e al tuo partner la possibilità di scegliere i tratti di vostro figlio»
di Benedetta Frigerio da www.tempi.it 

fecondazione in vitroScegli il bimbo che vuoi e ti darò quello che più si avvicina ai tuoi gusti. Questa la nuova offerta del mercato dei figli. Brevettato dalla banca americana del seme 23andMe, l’algoritmo darà «a te e al tuo partner la possibilità di sapere quali tratti vostro figlio potrebbe ereditare». Almeno così si legge sul sito dell’azienda che martedì scorso ne ha dato notizia.
Si tratta di una selezione del donatore di gameti basata su calcoli genetici. A denunciare «l’operazione particolarmente aberrante» e la sua dubbia scientificità è stata ieri Repubblica. La banca per la fecondazione eterologa sottoporrà diverse domande sulle caratteristiche dei bambini ideali per «procedere con lo sperma o l’ovulo (a seconda del sesso dell’aspirante genitore) che più si avvicina ai propri desideri». Ma l’approvazione da parte dell’ufficio brevetti americano ha suscitato non poche polemiche: «Un editoriale pubblicato su Genetics in Medicine chiede oggi che la concessione dei brevetti negli Usa sia subordinata a un rispetto più rigoroso dei principi morali».

COME L’OROSCOPO. Intervistato da Repubblica il neo rettore dell’università di Tor Vergata a Roma, Giuseppe Novelli, ha parlato di un sistema che sembra predittivo quanto gli oroscopi. Il professore ironizza su quanti ancora credono che si possa creare l’uomo perfetto che non esiste: «Ognuno di noi è pieno di difetti dal punto di vista genetico. E a questo non si può rimediare». Selezionando i figli non si fa che illudersi, viste le 70 mutazioni che qualsiasi embrione porta in sé. Non solo, esistono 4 milioni di differenze in ogni Dna, dunque «non c’è algoritmo che possa cancellare questa diversità».

LA DURA REALTA’. Il genetista Bruno Dallapiccola parla di «troppi medici cattivi maestri…», censurando il mito moderno della perfezione che oltre che scartare i bambini con difetti anche minimi, emargina qualcosa che «fa parte di ciascuno di noi». L’imperfezione appunto. Per il genetista questa è l’origine grave di una mentalità violenta che «diffonde l’idea che attraverso la selezione degli embrioni, o come in questo caso addirittura di algoritmi, si possano creare esseri senza difetti».
La paura alimentata dall’informazione fasulla genera l’angoscia vista negli occhi di due donne incontrate da Dallapiccola «proprio ieri». Incinte, erano terrorizzate per via dell’ecografia: «I bambini presentavano delle piccole informazioni (…) abbiamo parlato e ho spiegato loro la vera entità di quelle imperfezioni. E le due mamme in attesa sono cambiate. Hanno accettato la situazione».

Transeutanasia, la scelta di Nancy

Transeutanasia, la scelta di Nancy

di Tommaso Scandroglio da www.lanuovabq.it

Trans

Transeutanasia. Coniamo questo neologismo per indicare il caso di una persona transessuale che si toglie la vita perché insoddisfatto/a del proprio aspetto dopo ripetuti interventi a cui si è sottoposto/a per la “rettificazione del sesso”. È la strada che ha scelto di imboccare Nancy Fleming, donna belga di 44 anni, la quale dopo tre operazioni per tentare di assumere un aspetto maschile ha chiesto l’eutanasia e l’ha ottenuta perché i risultati degli interventi chirurgici erano da lei ritenuti assai deludenti. In Belgio infatti non solo i malati terminali possono passare a miglior vita, ma anche i sani che soffrono in modo insopportabile nel corpo o nella psiche. La signora Nancy ha tentato in tutti i modi di diventare Nathan: terapie ormonali, mastectomia e impianto del pene. Ma alla fine ha gettato le armi, o forse sarebbe meglio dire il bisturi: «Quando mi sono guardato per la prima volta allo specchio dopo l’operazione, ho provato un’avversione contro me stesso», ha dichiarato la signora Fleming. Lo specchio le rimandava l’immagina di “un mostro”, per usare le sue parole.

È il paradosso dei paradossi. A guardar bene Nancy si è tolta la vita perché, seppur assai depressa, era sana di mente. Infatti la reazione di una donna normale che vede il proprio corpo mascolinizzato non può che essere di sana repulsa. Nancy si vede come un mostro e non si può che darle ragione. Il gesto estremo di questa donna non è imputabile all’imperizia dei medici, bensì proprio all’intimo dissidio che sin da ragazzina ha accompagnato la vita di Nancy. Il giorno prima di morire la signora Fleming ha rilasciato un’intervista al quotidiano Het Laatse Nieuws in cui spiegava che lei, unica figlia femmina nata dopo tre fratelli maschi, si sentiva la “ragazza che nessuna voleva”, una presenza “appena tollerata” in famiglia. Aveva ancora nelle orecchie i rimproveri di sua madre: “se soltanto tu fossi stato un ragazzino”.

La soluzione pareva a senso unico per Nancy, così come per molte altre persone che vogliono cambiare sesso: sottoporsi ad un’operazione. Ma una volta accontentata, la sofferenza di Nancy non si era ancora sopita. Per quale motivo? Perché non era il corpo che doveva mutare d’aspetto secondo i desideri insani di Nancy, bensì proprio l’opposto: era la psiche della donna che si sarebbe dovuta (ri)conciliare con il proprio corpo femminile. Assecondare la volontà della signora Fleming ha solo esasperato quel conflitto interiore che covava da anni, creando ancor di più una distanza tra la percezione di sé come “maschio” e la realtà di Nancy come persona di sesso femminile. La donna che era in lei chiedeva prepotentemente di venire a galla e quando invece scoprì che quel corpo era stata deturpato per renderlo maschio ecco la ribellione. Il rifiuto di quel corpo agghindato con gli attributi mascolini è la prova che la strada per il “cambiamento di sesso” non è la soluzione per simili disagi ma un elemento che accresce ancor di più questi stessi disagi perché accelera la fuga da quell’Io che si rifiuta ma che è invece la chiave di volta per ritrovare la serenità perduta.

La Nuova Bussola ne aveva già parlato nell’aprile di quest’anno (“Io, vittima del cambio di sesso”) allorchè pubblicò stralci dell’intervento in un convegno di Walt Heyer autore del libro Paper Genders-Il mito del cambiamento di sesso in cui raccontava la sua vicenda di transessuale pentito: «È giunto il momento di mettere a nudo l’inganno: gli interventi chirurgici di riattribuzione del sesso non fanno altro che peggiorare la vita di chi vi si sottopone. L’ho imparato a mie spese. È pura follia continuare ad avallare una procedura chirurgica, fallimentare e causa di grandi sofferenze, come risposta a un disturbo che è di natura psicologica. Dopo aver vissuto per otto anni come donna ho capito che avevo fatto un tremendo errore».

Il caso di Nancy non è una bizzarra singolarità, l’eccezione che dovrebbe confermare la regola che suggerisce a chi si sente uomo ma è donna di farsi operare, bensì rappresenta in modo paradigmatico la condizione di tutti coloro che seppur operati non hanno ancora guarito le proprie ferite interiori. Ed infatti il tasso dei suicidi tra i transessuali è del 30% ci rivela Heyer, il quale aggiunge: «Uno studio svedese condotto su 324 transgender (cioè la totalità di coloro che nel periodo 1973-2003 si sono sottoposti in Svezia all’intervento chirurgico di riassegnazione sessuale) ha concluso che dopo l’intervento chirurgico c’è un rischio di mortalità, comportamento suicidario e problemi psichiatrici significativamente superiore alla media nazionale svedese. E allora perché continuare a proporre la chirurgia come soluzione?».

È paradigmatico il caso della signora Nancy perché una persona può sì cambiare quasi perfettamente il proprio aspetto e sembrare quello che non è, ma l’essere maschio e femmina è altra cosa perché investe la persona in tutto il suo essere. Non è solo una questione legata alla genialità o ai cosiddetti attributi sessuali secondari, ma attiene alla sua psicologia, alla sfera emotiva, alla sua forma mentis, alla stessa natura umana che in ciascuno di noi fiorisce in modo maschile o femminile. Un dato ineludibile che nessun chirurgo riuscirà mai a cambiare.

Detto ciò, la drammatica specificità di questo caso risiede nel fatto che la vicenda del transessuale insoddisfatto termina in una clinica per la “dolce morte”. L’eutanasia in questo caso rappresenta plasticamente e realizza concretamente il rifiuto di sé come persona, prima che il rifiuto di sé come donna. L’eutanasia è la firma al fatto che Nancy non accettava se stessa, non tanto come donna, ma prima di tutto come persona. Questo a dimostrare, come si accennava, che la femminilità o la mascolinità non è dato accessorio della persona ma elemento essenziale che informa tutto il nostro essere. Inoltre la triste storia di Nancy che decide di farla finita è davvero l’apoteosi del delirio di onnipotenza dell’uomo che vuole cambiarsi in quello che non è e che, impotente di fronte al dato naturale e incancellabile della sessualità, annienta se stesso uccidendosi come quando si cancella con la gomma un disegno che ci pare uno sgorbio. E lo Stato asseconda tutte queste voglie perché vede nella persona solo una macchina biologica complessa che può mutare di struttura sessuale e che si può spegnere a comando del proprietario.