da Baltazzar | Giu 26, 2013 | Biopolitica, Segni dei tempi
E’ giacente da tempo nei lavori parlamentari la legge sul “fine vita”, ma intanto, pare, che si vada uniformando un principio molto strano e preoccupante da me definito “ budget del ricoverato” riguardante l’ambito ricovero dove persone anziane in fase terminale o con motivi di disabilità ricoverati negli Enti Ospedalieri italiani in qualsiasi condizione di salute si trovano, vengono dimessi dai nosocomi superato l’intervento finanziario predisposto dal Servizio Sanitario Nazionale senza peraltro predisporre strutture alternative atte al proseguo delle cure fino al compimento naturale della vita terrena.
Mi dispiace insistere e ripetere questo “argomento”, ma si tratta di una “situazione”, che riguarda non solo il mondo della sofferenza, ma tutti i cittadini, in quanto se questa è la realtà, allora è pura eutanasia mascherata e se tale legalmente autorizzata ! ( fin oggi giugno 2013 )
Questa anomala situazione l’ho condensata in una Petizione il 18 marzo 2013 ed assegnata col n. 307 alla 12° Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica ( legge-quadro in materia di assistenza psichiatrica) e col n. 308 assegnata alla 12° Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ( Interventi per garantire la prestazione di cure sanitarie a tutti i pazienti, anche in età avanzata o disabili , indipendentemente da ogni considerazione finanziaria ).
Col n. 31 alla 12° Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ( Tempestiva approvazione di una legge-quadro nazionale di riforma dell’assistenza psichiatrica ) :
Petizione 2013 budget del ricoverato .
Entrambe le Petizioni sono tutt’ora ( giugno 2013) prive di una risposta dalle competenti Commissioni Legislative, ma anche in passato dal Senatore Marino e dall’Onorevole Leo Luca Orlando rispettivamente ex Presidente della “Commissione Parlamentare sul Servizio Sanitario Nazionale” ed ex Presidente della “Commissione Parlamentare per gli errori della Sanità”.
Ci si chiede : è indolenza, o carenza di rispetto dei sistemi democratici e dei soggetti deboli, oppure di mancata applicazione della Costituzione Italiana che ha voluto dare allo Stato un volto ed un valore profondamente umani ?
La procedura del ritardo è in netto contrasto con il diritto del cittadino di “ esporre comuni necessità” ( art. 50 della Costituzione Italiana), con il diritto della “pari dignità sociale” ( art.3 Costituzione Italiana), con l’art.141 CapoXVII° del Regolamento del Senato della Repubblica e con l’art.109 Capo XXV° della Camera dei Deputati nel rispetto della persona umana, nonché da un elementare comportamento etico e sociale, adempimenti che sono condizioni necessarie per corrispondere alle scelte di un umanesimo costituzionale !
I Costituenti nello stabilire l’ordinamento fondamentale della Repubblica Italiana seppero guardare lontano, molto lontano nel futuro consolidando nel Testo le condizioni dei “cittadini in situazione di inferiorità” quali gli anziani, malati, disabili psico-fisici, emarginati, cioè le persone in difficoltà rispetto alla popolazione in condizione di alto, medio, relativo stato sociale, dando allo Stato, ripeto, un volto ed un valore profondamente umani.
Allora bisogna considerare se le politiche contro la natalità e la vita così come la manipolazione genetica e quel ” budget del ricoverato“ sono in fase di approvazione e nel contempo di esecuzione, senza alcun dubbio allora dobbiamo pensare essere una congiura a livello politico che avverrebbe nelle n/s strutture ospedaliere in nome del risparmio, della libertà, del progresso e dei diritti individuali ed umani, i quali si negano agli altri al fine di permettere l’eliminazione di esseri umani il cui diritto alla vita viene negato, una autentica eutanasia, ripeto, “fuori fin’ora”!, dall’ordinamento giuridico italiano, una omissione di soccorso, grave reato contro la libertà ! .
L’opinione pubblica e noi con essa riteniamo doveroso, essenziale, improcrastinabile che il Parlamento, il Governo, il Ministro della Salute, il Servizio Sanitario Nazionale e quant’altro ( tutti che da molto tempo avevamo con urgenza interessati) si uniformino al dovere di garantire sicurezza a qualunque persona, specie quella diversamente abile, considerando tali le persone anziane, disabili od in fini di vita, il cui diritto legale è quello che spetta a godere alle cure mediche, alla nutrizione ed all’idratazione come predisposto dall’art.25 lettera f della “Convenzione per i diritti delle persone con disabilità” dell’ONU. ( Caso Englaro docet!) .
Se poi insiste la eventuale disparità di trattamento, questo è fortemente in contrasto con la Costituzione Italiana, con la Costituzione Europea, con Trattati Internazionali e col principio etico-educativo-sociale.
Se le “proposte” di quelle metodologie della già ratificata “Convenzione sui diritti delle persone con disabilità” dell’ONU dove ognuno si deve prendere le proprie responsabilità Signori Presidenti dei Consessi Parlamentari e Signor Presidente del Consiglio dei Ministri e membri del Governo, venissero applicate, potrebbe subentrare la possibilità che tutti i disabili, possono correre il rischio di subire “violenze”, come pare avvenga con quel “budget del ricoverato”,e se vero, questo, ripeto, stravolge i diritti umani, offende la dignità della persona e nega il diritto alla vita, valutazione che non abbiamo alcun dubbio considerare e con noi l’opinione pubblica essere eutanasia pura, una forma particolarmente crudele e di abbandono del malato, ripeto, specie se disabile, agonizzante ed in stato avanzato d’età.
Purtroppo viviamo in un mondo in cui non ci si “trova” quasi più, in un mondo in cui ciascun “soggetto umano” trova grandi difficoltà da una sorta di educazione “pro domo mea”, da un “nichilismo” che adatta pensieri e che cancella prospettive oscurando orizzonti, da “metamorfosi” davvero riprovevoli, da una “imposizione” del relativismo che non riconosce nulla di definitivo e che lascia come ultimo obiettivo solo il proprio io, dove si va “instaurando”, a danno dell’uomo, una cultura di delirio e di idolatria verso gli animali (che rispettiamo!) che costituisce una nuova moralità che supera il centralismo dell’uomo e lo relega al di sotto del genere animale.
Come nell’antico teatro si annunziava la fine della rappresentazione, così oggi dobbiamo ammettere “acta est fabula !” ( la commedia è finita !).
Con l’opinione pubblica, rivolgo urgentissimo appello ai Signori Presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, del Governo onde chiarire quanto sopra esposto, che avevo “temuto” e “denunciato” nella mie Petizioni ancora giacenti nelle competenti Commissioni Parlamentari, e ci dicano : hanno diritto alla vita le persone anziane, in fin di vita, i disabili fisici, gli handicappati psichici, i ciechi, i sordomuti, gli emarginati, il mondo cristiano e della sofferenza ?
Papa Francesco ha esortato sapientemente i potenti del mondo : “ il più grande potere è il servizio”, ai Cardinali e Vescovi “il male è l’autorefenzialità “ aiSacerdoti di essere “pastori con l’odore di pecore ” a tutti “ dobbiamo essere umili con umiltà reale, con nome e cognome “ ( Vaticano Chiesa Santa Marta 14 giugno 2013 ).
E con la parole del Beato Giovanni Paolo II° :” Andiamo avanti con speranza” !
Previte
http://digilander.libero.it/cristianiperservire
da Baltazzar | Giu 26, 2013 | Cultura e Società, Post-it, Segni dei tempi
di Viviana Daloiso da www.avvenire.it
Quasi due miliardi di euro. Vale a dire un quarto del gettito dell’Imu, o quello che servirebbe quest’anno nelle casse dell’Erario per non dover aumentare l’Iva al 23%. Tanto ci costano i ludopatici cronici in termini di spese socio-sanitarie. E sono briciole rispetto a quello che accadrà in futuro: quando i miliardi di euro da sborsare ogni anno potrebbero essere 46. L’equivalente di una finanziaria e di quasi due spending review. In ogni caso, sei o sette volte tanto quello che lo Stato si mette in tasca grazie all’azzardo (8 miliardi e mezzo nel 2011, un miliardo in meno circa nel 2012). A lanciare l’allarme, documentato dai dati di numerosi studi e ricerche in materia di dipendenza dal gioco d’azzardo, è l’indagine che sarà pubblicata in settimana dall’Italian Health Policy Brief, la rivista di politica economica e sanitaria che promuove studi, ricerche e confronti per una sanità sostenibile. Autori Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica del Policlinico Universitario Gemelli, e Chiara Cadeddu dell’Istituto di Sanità pubblica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Che per arrivare a formulare queste drammatiche previsioni hanno analizzato i costi attuali della ludopatia: ebbene, quest’anno sono stati 120mila i giocatori patologici che si sono rivolti ad asl e ospedali per curare la loro malattia. Solo per loro, lo Stato ha dovuto sborsare un milione e 800 milioni di euro tra visite, esami, ricoveri, sostegno da parte di professionisti. Un dato che moltiplicato per i circa 3 milioni di giocatori a rischio potrebbe riservare brutte, bruttissime sorprese in futuro. Disoccupazione e perdita di produttività, spese giudiziarie, terapie e ricoveri, oltre che sostegno economico ai familiari: sono queste le principali voci di spesa che, anche secondo studi condotti negli Usa e in Europa, generano quei costi dei quali «occorre tenere conto nella definizione delle scelte politiche per gli anni a venire, nei quali l’equilibrio economico dovrà necessariamente essere al centro dell’attenzione del governo», ha sottolineato Walter Ricciardi.
Secondo un rapporto prodotto dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del ministero della Salute è dimostrata una forte comorbilità della ludopatia con altri quadri diagnostici, quali malattia di Parkinson, depressione, ipomania, disturbo bipolare, impulsività, abuso di sostanze e disturbi della personalità: tutti aspetti, questi, che impattano – e ancor più impatteranno in futuro, sostengono gli esperti – sulla crescita dei costi socio-sanitari. Senza contare la voce produttività: se è vero che una giocata alle slot dura in media un minimo di 6 secondi, una al Gratta e vinci 60 e una a Lotto e Superenalotto 240, il tempo sprecato nei 49 miliardi di operazioni di gioco che ogni anno vengono fatte in Italia è pari a quasi 5 miliardi di euro di reddito mancato, in pratica un punto di Pil in meno (per l’esattezza, sono 69 milioni 760 mila le giornate lavorative trascorse a inseguire la fortuna: in totale, fanno 488 milioni e 320mila ore di lavoro bruciate). «A ciò vanno aggiunte le pesanti implicazioni di natura etica e morale che si affiancano a questo grave fenomeno cui i giovani appaiono essere esposti in misura maggiore rispetto agli adulti», continua Chiara Cadeddu, ricordando come in molti degli ultimi fatti di cronaca nera siano coinvolte persone con dipendenza dal gioco: «È il caso di Luigi Preiti, l’autore della sparatoria davanti a Palazzo Chigi del 28 aprile scorso in cui sono rimasti feriti due carabinieri. Abbiamo scoperto successivamente che l’uomo giocava compulsivamente d’azzardo». Videopoker e slot machine, in particolare.
da Baltazzar | Giu 26, 2013 | Biopolitica, Segni dei tempi
Lo studente si era rifiutato di seguire i poliziotti dopo una manifestazione contro la legge sulle nozze gay
MAURO PIANTA
da Vatican Insider
Processato per direttissima, condannato a quattro mesi di carcere e mille euro di multa. E’ quello che è successo al 23enne Nicolas Bernard Busse. Il reato commesso? «Ribellione e rifiuto di prelievo», scrivono i giornali francesi. Lo studente, nei giorni scorsi, aveva manifestato davanti al canale televisivo M 6 – dove in quel momento si trovava Hollande – la propria opposizione al matrimonio gay. Poi era andato sugli Champs-Élysées, nel centro di Parigi, con alcuni amici. Tutti indossavano la maglietta della Manif, che mostra nel logo un padre e una madre con i loro due figli. Lì sono stati raggiunti da sei poliziotti. Nicolas si è rifiutato di seguire i militari, andando a nascondersi in un ristorante, prima di essere scoperto e portato via.
Ora, non c’è bisogno di essere dei ferventi attivisti anti-nozze gay per rendersi conto della sproporzione tra la colpa e la pena comminata allo studente. E infatti, in questi giorni, si sono moltiplicate in Francia le manifestazioni per la liberazione del ragazzo. A Lione, nella giornata di domenica, si sono riunite circa 1500 persone urlando slogan diretti al potere centrale (“Hollande dittatore”) e in difesa di Nicolas subito divenuto “prigioniero politico”. Henri de Beauregard, l’avvocato dello studente, ha parlato di una giustizia «grottesca»: «È stato processato – ha dichiarato – per delle infrazioni consecutive a una richiesta di arresto che non aveva ragion d’essere. Questo è un tentativo di intimidazione».
da Baltazzar | Giu 25, 2013 | Cultura e Società, Post-it, Segni dei tempi
Irene Pasquinucci da www.tempi.it
La terribile scelta di una giovane ragazza che ha deciso di ricorrere all’eutanasia. E la tv fa un documentario per mostrare ai giovani «la possibilità» della dolce morte
Questa sera gli olandesi potranno vedere alla televisione un documentario di 55 minuti sulla vita, o meglio, sulla morte di Priscilla Brouwer, una ragazza di 26 anni.
L’associazione olandese per la morte volontaria vorrebbe che questo documentario diventasse uno strumento pedagogico: «I giovani devono prendere più coscienza della possibilità dell’eutanasia».
BELLA VITA, BELLA MORTE. Priscilla si è regalata per il suo compleanno la “bella morte” per non subire la lenta degradazione associata alla malattia ereditaria che provocato anche la morte della madre.
Il film sarà diffuso sulla rete di Stato olandese Nederland 2 col titolo di Nachtvlinder, «falena, farfalla notturna», soprannome della ragazza, chiamata anche Kroegvlinder, “farfalla da bar” per via delle sue assidue frequentazioni dei locali notturni di Amsterdam.
Prima della “bella morte”, da quando le è stata diagnosticata la malattia a 16 anni, ha voluto concedersi una “bella vita” decidendo di approfittare di ogni istante della sua vita.
NON E’ IN FASE TERMINALE. Il documentario è ben fatto e non permette di pensare che la sua vita sia vuota e triste, senza scopo e direzione. Anzi è una ragazza piena di vita, di amici, una famiglia che le vuole bene e che lei ricambia con ardore. Si nota che non è in piena forma, ma nemmeno in fase terminale.
Preferisce comunque andarsene a 26 anni invece di aspettare qualche anno di vita supplementare non al pieno delle sue capacità di godersi i piaceri della vita: «Vorrei andare via dalla vita allegramente. Preferisco andarmene a 26 anni da sola che a 30 dopo anni di sofferenze».
PIANGERO’ PIU’ AVANTI. Il film la segue nei suoi ultimi giorni: le sue migliori amiche Valesca e Jorna che l’accompagnano dal medico di famiglia per chiedere l’eutanasia, un giro in taxi per salutare un’ultima volta la sua città, passeggiate in riva al mare mano nella mano con un amico, il make-up con la sorella Steffie davanti allo specchio prima della festa d’addio per arrivare all’apoteosi del piacere nella festa di congedo: una frase terrificante alla festa coglie perfettamente lo spirito: «Domani piangeremo, adesso beviamo e festeggiamo». Le fa eco la sorella: «Domani è domani e oggi è qualcosa di divertente. E quando sento forte la paura e l’ansia, penso che piangerò più avanti». E Priscilla beve, balla, grida, sale sui tavoli, baci e abbracci, gioca a far la star della festa.
da Baltazzar | Giu 18, 2013 | Cultura e Società, Post-it, Segni dei tempi
C’è un’omofobia che è stata cancellata dalla scena. Perché è un fatto che pone in dubbio un’idea intoccabile.
di Laura Bauco da http://pepeonline.it
Gay pride, leggi contro le discriminazioni di genere, diritti alle coppie omosessuali: non si può certo dire che l’argomento “omosessualità” sia bistrattato dai media. Eppure un silenzio assordante sul tema c’è.
Insieme all’unanime condanna dell’omofobia, c’è un’altra “fobia” sull’omosessualità, che quasi nessuno ricorda: quella verso coloro che dicono di “essere stati” gay. Una fobia talmente grande da provocare un silenzio totale, con eccezioni ai minimi termini: alzi la mano chi ha ascoltato negli ultimi tempi in tv o sui giornali un’intervista fatta a un “ex gay”. Andando a memoria, l’ultimo caso è stato quello del cantante Povia, per altro in una canzone, e il putiferio scatenato fu tale da far passare la voglia a chiunque di riprovarci.
Sbaglia qui chi creda che si tratti di riportare un’”opinione mancante”. No, qui si tratta di registrare un “fatto”. Un fatto vissuto sulla pelle viva da persone che, per di più, affermano di aver fatto battaglie feroci, intrise di dolore e indifferenza. Oggi, la museruola imposta dal potere vuole che questi casi non esistano, perché vanno contro un’idea intoccabile.
E invece, accidenti a loro, queste persone esistono: basta andare in rete, all’indirizzo www.gruppolot.it (fondato da Luca Di Tolve) per conoscere centinaia di testimonianze di persone che, scegliendo una strada più tortuosa rispetto a quella che altri a gran voce indicano, affermano di aver rinunciato alla finzione di una normalità inesistente, provando a cercare la radice di ciò che vivevano.
Ad esempio, c’è la storia di Gordon Opp. Gordon racconta come sin da giovanissimo cominciò a sentire le prime pulsioni nei confronti di altri ragazzi, ma si dice felice di non aver trovato all’epoca qualcuno che lo convincesse che era tutto nella norma. A 21 anni la prima esperienza omosessuale e da li per quattro anni ecco affermarsi una vita sessuale molto disordinata, fatta da “incontri di una notte”. Tutto questo liberarsi dai vincoli della morale era costantemente accompagnato da una crescente depressione. In quelle relazioni non si sentiva realizzato ma piuttosto drogato, anestetizzato. Quell’anestesia doveva infatti lenire un dolore che aveva radici molto più profonde di un istinto sessuale, uno stato di non accettazione, bisognoso di approvazione da parte degli uomini che incontrava. L’attrazione che provava, non era altro che quel bisogno di confrontarsi con persone del proprio sesso che comunemente è l’amicizia, ma che in casi più fragili, sfocia in una sessualizzazione di questi sentimenti. Ma come tutte le droghe, anche la pratica omosessuale porterebbe ad una dipendenza, modificando di fatto i percorsi del piacere che sono nel cervello. Ecco che allora, non è detto che si nasca gay, ma soprattutto non è detto che si debba rimanere tale. Attraverso un percorso di stima e comprensione e possibile, secondo alcuni studi, ritrovare l’eterosessuale che è stato nascosto dietro una nuova facciata. Nel caso di Gordon, l’incontro della svolta fu con un pastore che, venuto a conoscenza della situazione, lo accolse dando vita ad un rapporto di guida e di stima reciproca. Fu attraverso questo incontro che Gordon incontrò sua moglie.
La necessità di ammettere la natura psicologica dell’omosessualità viene espressa da un altro ex-omosessuale il quale, scrivendo alla trasmissione radiofonica “Love Line” condotta dal Dr. Pinsky Drew, raccontava la sua storia e proponeva una riflessione. La sua storia è espressione di una tristezza che emergeva ogni volta che si ritrovava a cercare nel corpo di un uomo “qualcosa” necessario a riempire il vuoto enorme che la figura maschile aveva lasciato impresso nella sua infanzia, ma è anche felicità per un nuovo equilibrio ritrovato, il riemergere di un’eterosessualità che era stata sepolta per difesa.
Non appare affatto casuale, lo stretto rapporto con Dio che traspare in molte di queste testimonianze. L’aiuto e la comprensione ricevute stridono con l’ormai crescente concezione di una Chiesa matrigna più che madre, dedita più a condannare che a difendere. Ovvio, si può anche pensare che invece sia l’esatto opposto, che la Chiesa abbia ingannato queste persone convincendole di essere nel peccato e condannandole all’eterno dolore di non essere se stessi. Giustissimo: lo si pensi pure. Purché poi si abbia il coraggio di andarle a vedere, queste persone, occhi negli occhi, e non le si lasci marcire in quell’indifferenza che assomiglia molto alla paura di scoprire una fastidiosa verità.
da Baltazzar | Giu 10, 2013 | Biopolitica, Post-it, Segni dei tempi
di Benedetta Frigerio da www.tempi.it
La testimonianza di Robert Lopez: «Sono solo un ragazzo che ha dovuto ripulire il casino lasciato dalla rivoluzione sessuale. La comunità gay produce odio e recriminazione viziosa»
«Dobbiamo frenare questa corsa»; «i bambini non possono diventare proprietà degli adulti»; «abbiamo sentito tante campane, ma mai quelle dei diretti interessati a cui non viene data voce». Sono le parole di Robert Oscar Lopez, professore presso la California State University, che lo scorso 12 marzo ha dato testimonianza davanti al Parlamento del Minnesota chiamato a legiferare sul matrimonio omosessuale. L’uomo, cresciuto dalla madre lesbica con la sua campagna, è intervenuto il mese scorso raccontando la sua esperienza sul Public Discourse, il giornale online del centro di ricerca The Witherspoon Institute dell’Università di Princeton.
«MI MANCAVA UN GENITORE». Spiegando di essere bisessuale, il professore ha dichiarato: «I bambini sentono potentemente la mancanza di un padre o di una madre» e «provano una grande frustrazione, perché non sono in grado di fermare chi decide di privarli del padre o della madre».
Cresciuto nella comunità Lgbt da quando aveva due anni, Lopez ha spiegato perché la sua voce non è bastata a frenare la legge sulle nozze gay in Minnesota: «Nel corso dell’ultimo anno sono stato di frequente in contatto con adulti cresciuti da genitori dello stesso sesso. Sono terrorizzati dall’idea di parlare pubblicamente dei loro sentimenti, così molti mi hanno chiesto (dato che io sono già uscito allo scoperto, per così dire) di dare voce alle loro preoccupazioni». Lopez, parlando della conflittualità che si vive tra l’attaccamento ai genitori e le ferite da questi provocate, ha aggiunto di voler parlare soprattutto per «conto di coloro che sono stati messi da parte dalla cosiddetta “ricerca sociale” sulla genitorialità omosessuale».
Quelli che hanno contattato il professore si sono sentiti in dovere «di ribadire di amare i propri cari», ma poi «si sentono scollegati dagli aspetti legati al sesso delle persone intorno a loro, con una certa frequenza provano rabbia verso i loro “genitori” per averli privati del genitore biologico (o, in alcuni casi, di entrambi i genitori biologici), rimpiangono di non aver avuto un modello del sesso opposto, e provano vergogna o senso di colpa per il fatto di sentire un risentimento verso i propri genitori».
Secondo il professore la legge sul matrimonio omosessuale è pericolosa: «Incoraggiare le coppie dello stesso sesso a pensare che la loro unione non sia distinguibile dal matrimonio» è dire «una menzogna, e tutto ciò che si fonda sulla menzogna ci si ritorcerà contro».
L’AMORE SURROGATO. «Dopo aver trascorso quarant’anni dentro nella comunità gay – ha proseguito -, ho visto come questa realtà produca odio e recriminazione viziosa». Le coppie dello stesso sesso, infatti, spesso parlerebbero male di quelle eterosessuali per giustificare le adozioni. «Ma – ha continuato il professore – io sono qui per dire di no: avere una mamma e un papà è un valore prezioso in sé, non qualcosa che può essere ignorato, anche se una coppia gay ha un sacco di soldi, anche se può iscrivere un ragazzino alle migliori scuole».
Sarebbe poi «inquietante e classista la posizione dei gay che pensano di poter amare senza riserve i loro figli dopo aver trattato la madre surrogata come un incubatore, o delle lesbiche che credono di amare i propri figli incondizionatamente dopo aver trattato il loro padre-donatore di sperma come un tubetto di dentifricio».
Lopez ha denunciato le autorità che, anziché proteggere il diritto degli orfani ad avere una madre e un padre, si preoccupano di rispondere alla domanda del mercato degli omosessuali che vogliono figli: «Qualunque sia il trauma causato ai bambini dall’essere orfani non dovrebbe essere aggravato dallo stress di essere adottati da una coppia dello stesso sesso». Per il professore neppure il genitore biologico divorziato avrebbe il diritto di allevare il proprio figlio con una persona dello steso sesso lasciando da parte il genitore biologico: «I bambini di solito vogliono che la loro mamma e il papà smettano di litigare, mettano da parte le loro differenze, e stiano insieme, anche se uno di loro è gay».
I FIGLI “OMOFOBI”. Lopez ha citato anche la fecondazione, il divorzio, il commercio delle adozioni, per dire che «i bambini gettati nel bel mezzo di questi pericoli morali sono ben consapevoli della responsabilità dei loro genitori nel dare loro una vita stressante ed emotivamente complicata», mettendoli persino «nella non invidiabile posizione di essere chiamati “omofobi” se semplicemente soffrono per lo stress che i genitori hanno loro imposto».
Sfortunatamente, però, il movimento Lgbt «ha deciso che la sua convalida da parte di altri richiede una ridefinizione del “matrimonio” inclusiva delle coppie dello stesso sesso. Così eccoci qui, bloccati a imporre una vita problematica ai bambini». Perché purtroppo, conclude Lopez, «suppongo di non contare. Non sono un medico, un giudice o un commentatore televisivo, solo un ragazzo che ha dovuto ripulire il casino lasciato dalla rivoluzione sessuale».