Francia, libero lo studente che protestò contro le nozze gay

Francia, libero lo studente che protestò contro le nozze gay

I giudici d’appello hanno annullato i due mesi di cella inflitti allo studente che dovrà pagare una multa di 3mila euro

da Vatican Insider

Ci sono voluti 19 giorni in cella di isolamento nel carcere parigino di Fleury Mérogis ma alla fine i giudici francesi hanno riconosciuto che la condanna inflitta allo studente 22enne Nicolas Bernard Busse era decisamente sproporzionata e il 9 luglio, lo hanno liberato. Nicolas era finito in manette lo scorso 16 giugno, dopo un sit in pacifico contro la legge Taubira sulle nozze gay. La Corte d’appello di Parigi ha dunque commutato i due mesi di carcere inflitti al giovane con una multa di 3mila euro. Il processo di appello lo ha così scagionato dall’accusa di ribellione e di aver fornito una falsa identità,  ma l’ha ritenuto comunque responsabile di aver partecipato a una “manifestazione non autorizzata”.

Parlando del proprio arresto dinnanzi ai giudici, Nicolas lo ha definito una «cattura brutale».«Sono stato legato – ha detto – e scagliato come un animale sul furgone della polizia».

Non è andata come si aspettavano i suoi sostenitori che, parlando di  «condanna inaudita» e di «delitto d’opinione», si aspettavano un’assoluzione piena. Ma indubbiamente la mobilitazione registrata da più pezzi della società civile, anche da settori di quella favorevole al matrimonio gay, deve avere avuto il suo peso nella decisone ( e nel parziale passo indietro) dei giudici.

Chi manifesta per la famiglia contro le nozze omosessuali può essere arrestato

Chi manifesta per la famiglia contro le nozze omosessuali può essere arrestato

di Domenico Bonvegna

Su comunitambrosiana. org col titolo, “Omofobia, la fase finale” è apparso un intervento di Marco Invernizzi responsabile regionale di Alleanza Cattolica per la Lombardia che propongo ai lettori del sito.

La fase finale delle leggi su omofobia e matrimonio gay è cominciata. La prima verrà discussa e probabilmente approvata in Parlamento in questo mese, la seconda dopo l’approvazione della prima, quando sarà più difficile criticare l’omosessualismo perché potrebbe comportare la prigione o almeno un’ammenda pecuniaria. Non sto esagerando: il 29 giugno 2004 un pastore della comunità luterana svedese, Åke Green, è stato condannato a un mese di prigione per un sermone nel quale definiva gli omosessuali con le parole usate dalla Bibbia; il pastore è stato assolto in appello e dalla Corte suprema, ma rimane il fatto che secondo una legge dello Stato svedese può essere condannato chi sostiene che l’omosessualismo non sia secondo natura. Un giovane francese starà in galera 4 mesi per aver manifestato con la maglietta della Manif, l’associazione di associazioni nata nella lotta contro la legalizzazione del matrimonio gay in Francia.

Negli ultimi mesi, le vicende internazionali hanno conosciuto una grande accelerazione sul tema omofobia e matrimonio gay, con l’approvazione della legge che autorizza il matrimonio gay (adozione compresa) in Francia, l’avvio dell’iter legislativo in Gran Bretagna e la decisione della Corte suprema statunitense di permettere i matrimoni omosessuali in tutti gli Stati del Paese americano.

In Italia non siamo immuni da questa deriva, anzi. Se la presenza della Santa Sede costituisce in un certo senso un freno e comporta moderazione da parte delle forze laiciste, è altrettanto vero quanto scrivevano i radicali prima dell’introduzione della legge divorzista (1970) e cioè che bisognava ripetere quanto avvenuto nel 1870, a Porta Pia, quando i“soldati italiani” entrarono con la forza delle armi appunto da Porta Pia per strappare al Papa manu militari la capitale della cristianità. Oggi come allora, l’Italia rappresenta il cuore dello scontro fra due civiltà, due opposte visioni del mondo, e questo la fa essere ancora più importante.

Stupisce il silenzio rassegnato con cui viene accolto il processo che sta introducendo anche in Italia il matrimonio gay e il rischio che, con le la legge sull’omofobia, non si possa più criticare l’omosessualismo.

Stupisce, nel mondo politico, l’atteggiamento del Pdl, che sembra caduto in mano alla sua componente più laicista, quella che presenta con GalanBondi e altri suoi rappresentanti una legge favorevole al riconoscimento delle unioni civili, che sono l’anticamera e non l’alternativa al matrimonio gay. Stupisce, in questo partito che ha sempre difeso la centralità della famiglia, il silenzio quando tolsero le deleghe sulle pari opportunità al sottosegretarioMichaela Biancofiore per normali dichiarazioni che non piacquero al movimento gay, stupiscono i ministri cattolici che stanno al governo che non hanno neppure protestato per la presenza al gay pride di Palermo di un ministro e della terza carica dello Stato, stupisce l’inerzia con cui in Parlamento si è votata all’unanimità la Convenzione di Istambul, che introduce l’ideologia delgender nel lessico parlamentare, e stupisce ancora di più il silenzio sul fatto che con l’introduzione dell’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, è stata avviata la costituzione di una sorta di “polizia religiosa” che, come in Arabia Saudita, controllerà le credenze e le esternazioni dei cittadini anche sul tema sessuale, pronta a colpire chi afferma, come si trova nella Bibbia e nel Catechismo della Chiesa Cattolica, che Dio ha creato l’uomo “maschio e femmina” affinché unendosi trovino la gioia della comunione e moltiplichino gli abitanti della terra.

Stupisce anche quanto avviene nel mondo cattolico. Certo, ci sono grandi e ancor più meritorie eccezioni, come il card. Caffarra, che in polemica col sindaco della sua Bologna ribadisce il senso comune contro l’ideologia glbt, l’arcivescovo di Ferrara mons. Negri e quello di Trieste mons. Crepaldi, e molti altri. Tuttavia, non era un secolo fa, e neppure sessant’anni, quando oltre un milione di persone scesero a Roma per fermare i Dico, cioè le unioni civili di oggi. Questo avveniva solo 6 anni fa, nel 2007. Oggi non c’è più quel clima. Perché? Perché molti movimenti cattolici, e intellettuali e preti, sono favorevoli alle unioni civili al fine di “svuotare”, come dicono loro stessi, le rivendicazioni omosessualiste? Come non accorgersi che si tratta del piano inclinato, della tattica del “cedere per non perdere” che conduce comunque e inevitabilmente alla sconfitta?

Si perderebbe lo stesso, certo. I numeri del Parlamento non sono quelli della precedente legislatura, che fermò più volte la legge sull’omofobia e rese impossibile la legalizzazione del matrimonio gay. Ma si perderebbe salvando i princìpi e senza generare confusione fra i cattolici. Oggi non c’è bisogno di alcuna legge per riconoscere forme di convivenza, perché i diritti dei singoli, gay o no, sono comunque garantiti. E se non lo fossero, potrebbero venire garantiti come diritti individuali. Tutti hanno capito che quella in corso da decenni ormai è una battaglia per il riconoscimento del matrimonio gay, o meglio per ferire la famiglia sostenendo che il matrimonio fra un uomo e una donna non è l’unica forma di famiglia, ma una fra altre.

Quando questa idea sarà penetrata nel senso comune degli abitanti di una nazione, quest’ultima avrà iniziato a cambiare il suo dna, la sua identità più profonda.

Che fare allora? Rassegnarsi voltando la testa dall’altra parte? Aspettare indicazioni dall’alto che, questa volta, non sembra arriveranno mai?

C’è un dato di fondo da cui partire. Siamo una minoranza, come cattolici ma anche probabilmente come sostenitori dell’esistenza di un senso comune per cui gli uomini sono maschi e le donne femmine, cioè diversi e complementari e questo per la gloria di Dio, la gioia (e le pene post peccatum) di entrambi e la continuazione della specie. E una minoranza deve agire come tale, senza ingaggiare battaglie campali che può solo perdere, ma cercando di crescere mostrando le contraddizioni e l’arroganza dell’avversario.

Non possiamo impedire oggi la legalizzazione di omofobia e matrimonio gay. Ma possiamo denunciare pubblicamente che cosa ciò comporterà e così preparare la rinascita di domani. Possiamo fare tutto ma non stare zitti.

Dalla Francia è venuto un esempio. Partita dal basso, dalle ore di adorazione organizzate da poche persone, dalle prime piccole manifestazioni che sono diventate un milione di persone, la Manif è pervenuta oggi a organizzare i Veilleurs Debout(i Vigilanti in piedi) che dal mese di giugno protestano contro l’arresto di un giovane della Manif sostando uno accanto all’altro davanti ai Palazzi del Potere. La legge Taubira che legalizzava il matrimonio gay è passata comunque, ma oggi molti in Europa guardano alla Francia con speranza, perché lì è successo qualcosa. Speriamo che i francesi non si guardino addosso ma gettino lo sguardo anche oltre le Alpi.

Che fare allora? Pregare e organizzarsi. Mettere insieme i diversi pezzi del mondo cattolico italiano, coinvolgere le associazioni laiche, cominciare da piccoli gesti prima durante e dopo l’iter delle leggi, senza creare aspettative irrealistiche, ma ricordandoci che il dono non è la vittoria ma la grazia di poter combattere per il Signore. E il tempo è breve …
Marco Invernizzi

«Omosessualità? Non è un problema morale, ma di ignoranza affettiva». Intervista a Giancarlo Cesana

«Omosessualità? Non è un problema morale, ma di ignoranza affettiva». Intervista a Giancarlo Cesana

di Luigi Amicone da www.tempi.it

«Abbiamo perso il senso dell’amore come sacrificio e riconoscimento dell’altro da sé». Per Cesana l’ignoranza affettiva ha sbranato la società molto prima che fosse proclamato il dogma delle nozze gay 

tempi-matrimonio-gay-copertina«Affermare che omo ed etero sono coppie equivalenti, che per la società e per i figli non fa differenza, è negare un’evidenza che a doverla spiegare vien da piangere. Siamo giunti a un tale oscuramento della ragione, da pensare che siano le leggi a stabilire la verità delle cose» (Carlo Caffarra, cardinale arcivescovo di Bologna)

C’è un’evidente irrazionalità nella pretesa di mettere sullo stesso piano ineguaglianze di carattere sociale, economico, razziale o religioso, e piallare la natura alla Robespierre, decretando che, da oggi in avanti, basta con questa storie di “uomini” e “donne”, “mamma” e “papà”, chiamateli come volete, se le diversità sono insite nella natura, beh, sappiate che raddrizzeremo le gambe alla natura e dichiareremo fuorilegge persone e cose che non si adeguano al potere ricreatore delle leggi positive. Detto ciò, in principio Giancarlo Cesana alza il sopracciglio e più che alla fine del mondo pensa alla malinconia di tutto questo trambusto nel mondo. In principio, il medico, l’ordinario di Igiene all’Università Bicocca, presidente del Policlinico di Milano, pensa che «l’istinto del sesso è come l’istinto della fame e della sete. Come non puoi vivere senza cibo e senz’acqua, così non puoi vivere senza l’altro. Di conseguenza, come devi stare attento a quanto mangi e quanto bevi, così devi stare attento al sesso. Infatti, a prescindere dall’omosessualità le malattie di origine sessuale stanno diventando le più diffuse dopo le patologie cronico-degenerative, dopo le malattie del cuore e i tumori».

Perfino il genio del positivismo giuridico, Hans Kelsen, una volta ammise che dietro il diritto positivo non c’è che «lo sguardo pietrificante di Medusa, il Potere». Invece, alla notizia del dispositivo della Corte Suprema, il filosofo festeggia. Dice Gianni Vattimo al Foglio, “Finalmente voi conservatori dovete accettare che non esiste alcuna legge naturale, ma soltanto il positivismo”…
E questo è il problema. Nel senso che invece una legge naturale esiste. Lo si capisce dal fatto che l’uomo a vivere fa fatica. Quindi non si è creato da solo. Non ha stabilito da solo le leggi della vita. Ci si deve in qualche modo adattare. Deve in qualche modo adattarsi alla legge che ha stabilito qualcun altro. A ciò che è iscritto nella natura. Non a caso, nei tribunali di tutto il mondo chi ammazza è condannato. Detto questo è vero che l’uomo ha sempre cercato di ribellarsi. E il racconto del peccato originale dice di questa ribellione. Ovvero che l’uomo ha tentato di sostituirsi a Dio per stabilire che cosa è il bene e che cosa è il male. Di qui la grande infelicità e la morte. Dice la Bibbia, e il cristianesimo conferma, al punto tale che Dio ha dovuto farsi uomo per salvarci. Però…

Però? 
Però l’esultanza di Vattimo non mi sembra proprio completa. Ha dentro più di un pelo di esitazione. O almeno ha dentro il sospetto che la sentenza della Corte suprema e le varie leggi sul matrimonio gay aboliscano l’originalità e la ribellione che c’è nell’essere gay. In effetti una volta don Giussani mi disse che nell’omosessualità non c’è niente di originale perché vuole copiare il rapporto fra l’uomo e la donna, aggiungo io, fino al matrimonio. In fondo adesso si adattano anche loro alla legge naturale.

Un altro filosofo e politologo interpellato dal Foglio, Harvey Mansfield, l’ultimo dei conservatori a Harvard, spiega che il dato più negativo e, purtroppo irreversibile, del potere democratico è questa sua ideologia che si fa legge e dichiara che le persone non sono soltanto uguali, sono la stessa cosa. 
Non è la democrazia, è la pretesa di dettar legge a maggioranza. Mentre la verità non segue la maggioranza. Altrimenti sarebbe stato vero il nazismo. Altrimenti sarebbe stato vero il fascismo. Altrimenti sarebbe stato vero il comunismo. O sarebbe stato vero tutto quello che la maggioranza ha pensato fosse vero. Mentre il mondo è sempre stato cambiato dalle minoranze che seguono la verità

E tu, da cattolico, non senti lo sconforto di non poter far fronte a quello che si contrabbanda essere “progresso”?
No, non sento questo sconforto per due ragioni. La prima è che la moralità non appartiene a una categoria che agisce secondo la legge e invece è assente in una categoria che la legge la subisce: il problema morale degli omo è esattamente uguale al problema morale degli etero. La seconda ragione è che questa pretesa di nozze omosessuali è un aspetto dello sfascio più generale delle famiglie. Distrutte dal divorzio, dall’aborto e, soprattutto, dall’ignoranza dell’affettività. Dall’ignoranza di cosa sia una affettività vera. E cioè che l’amore è anche fedeltà e sacrificio che comincia dal riconoscimento della presenza, che non si può abolire, dell’altro. Cioè, dal riconoscimento della differenza.

La Chiesa cattolica rischierà ora di essere messa fuori legge, visto che è fuori da ogni standard etico, dai cosiddetti diritti riproduttivi alle quote rosa, dalla “morte con dignità” ai diritti gay?
Potrebbe. Già Buttiglione venne messo fuori legge dall’Europa in quanto cattolico. E le leggi contro la cosiddetta omofobia non fanno presagire nulla di buono per chi la pensi diversamente. Così gli omosessuali stanno passando da vittime a persecutori.

C’è chi pensa seriamente che non serva più opporsi a questa deriva e occorra soltanto testimoniare la fede in Gesù.
No, bisogna fare tutte e due: testimoniare la fede e, come è possibile, opporsi anche in termini politici, civili, legali, a ciò che si ritiene sbagliato. Purtroppo, in questo campo, se si fanno battaglie che si perdono, non solo perdono coloro che le fanno, ma perde anche il valore che sostengono.

Ma allora non c’è più spazio per la moralità, intesa come la intendeva anche Socrate, cioè come amore e lotta per la verità della vita?
Tornando alla questione della moralità, io che sono etero e non mi giudico assolutamente superiore a un omo come a qualunque altra persona e per questo, come mi pare abbia scrtto Giuliano Ferrara non picchio un gay nemmeno con un fiore e non voglio discriminarlo da niente, se è capace, cosa che non è affatto scontata, dico questo: l’immoralità nasce quando non si rispetta la natura delle cose. E nell’omosessualità ci sono indubbiamente alcuni aspetti che pongono degli interrogativi. Aspetti tipo che un organo dalla funzione escretoria viene utilizzato con funzione sessuale. Tipo che il rapporto non è di per sé fecondo. Tipo che tra i malati di Aids il 60 per cento sono maschi omosessuali. Tipo che per questa ragione l’omosessualità viene considerata sesso insicuro. Tipo che gli omosessuali non sono ammessi a fare donazioni di sangue. Questi non sono miei pensieri. Sono dati di fatto. Con tutto ciò, lo ripeto, non è che uno che si ritrova con un orientamento sessuale omo sia peggio di chi ce l’ha etero. Perché anche l’etero quando fa sesso compulsivo o violento, quando se ne frega dell’altro o cambia partner come se fosse una penna biro scarica è immorale uguale. Poi ci sono altre questioni di carattere psicologico, che però è inutile discutere in questa sede.

Non trovi singolare che in coincidenza con la sentenza della Corte suprema americana la Russia di Putin vieti il proselitismo e anche solo la propaganda dell’omosessualità davanti a minori?
Beh, Putin sostiene una concezione che è durata più o meno 2 mila anni. Non è una cosa proprio così strana.

Testori e Pasolini, che per le avanguardie dell’agenda gay sono “omosessuali vecchi” e infatti mai avrebbero anche solo aderito alle associazioni di scopo tipo Arcigay, sono persone che hanno sentito la tragedia non della trasgressione in sé, ma di “un piacere da morirci dentro”.
Freddy Mercury, Love Kills, l’amore uccide. Infatti eros e morte hanno sempre camminato insieme. Solo che per cambiare l’amore, questo è il vero dramma cosmico, bisogna cambiare il centro di attrazione. Non è un problema di comportamento. Questo è il grande equivoco dei tempi moderni. Non è un problema di legalità, è un problema di affettività. Ci vuole un punto affettivo. Ci vuole un punto affascinante per cambiare sé, il sesso e il mondo.

Francia, libero lo studente che protestò contro le nozze gay

Gay, un arresto a Londra per avere letto San Paolo

di Gianfranco Amato da www.lanuovabq.it

Tony Miano a Wimbledon

Gran Bretagna, Wimbledon, 1 luglio 2013, ore 16.50, davanti al Center Court Shopping Center. 

Questa è la scena in cui viene eseguito da tre agenti di polizia l’arresto di Tony Miano, quarantanovenne statunitense, ex Vice Sceriffo della Contea di Los Angeles oggi “street preacher”, predicatore di strada, che ha avuto la disavventura di commentare in pubblico il Capitolo 4 della Prima Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo, nel punto in cui si condanna l’immoralità sessuale. Alcune ore prima, infatti, un’adirata signora, dopo aver apostrofato Tony Miano con un sonoro «F… off», ha richiesto l’intervento della polizia, sentendosi minacciata ed offesa dalle «affermazioni omofobiche al vetriolo» udite durante la predica.

Da qui l’arresto disposto ai sensi dell’art.5 del Public Order Act, con l’aggravante omofobica. Al reo la polizia propone di accettare una multa di 90 sterline e la garanzia di poter tornare nel Regno Unito, minacciando di sottoporlo, in caso di mancata accettazione, ad un formale interrogatorio. Tony, ritenendo di non aver commesso alcun reato, chiede l’intervento di un avvocato. A quel punto, dopo le fotografie di rito, la registrazione delle impronte digitali ed il prelievo di un campione di DNA, viene tenuto per più di sette ore in una cella con una toilette priva, peraltro, di carta igienica. Alle 21.08, nella Stanza Interrogatori n.3 della Wimbledon Police Station, Tony Miano subisce l’interrogatorio.

Ho ricevuto dagli amici e colleghi avvocati del Christian Legal Center il verbale di quell’interrogatorio,  che merita di essere trascritto in alcuni suoi passi, apparendo il relativo contenuto assai più eloquente di tanti astratti ragionamenti attorno al tema.

I soggetti coinvolti nell’interrogatorio sono il Police Interviewer (P), l’arrestato Tony Miano (T), e il suo avvocato Michael Phillips (A):
(…)

P: «Vuole dirci cosa stava facendo fuori dal Center Court Shopping Center oggi pomeriggio?»
T:  «Stavo predicando il Vangelo».
P: «Lo stava facendo da solo?»
T: «No, ero insieme a degli amici, alcuni dei quali vengono dagli Stati Uniti, altri sono di Londra».
P: «Da quanto tempo predica il Vangelo?»
T: «In tutta la mia vita?»
P: «No, intendo recentemente in questo Paese»
T: «Dallo scorso 22 giugno».
(…)
P: «Quindi Lei predica il Vangelo. C’è una parte specifica del Vangelo che Lei è solito predicare?»
T: «No. Tutto il Vangelo»
P: «Quindi Lei comincia dall’inizio e prosegue?»
T: «Si. Di solito inizio predicando diversi passaggi delle Sacre Scritture. E una parte della predicazione del Vangelo è costituita dalla condivisione della legge di Dio, al fine di rendere le persone consapevoli dei propri peccati in modo da far comprendere loro l’esigenza di salvezza».
(…)
P: «Bene, veniamo ora alle circostanze del Suo arresto. Ricorda esattamente le modalità in cui Lei è stato arrestato? Gli eventi che lo hanno determinato? Le ragioni per cui Lei pensa di essere arrestato? Indipendentemente dal fatto che Lei condivida o meno tali ragioni»
T: «Certo. Stavo predicando un passaggio del Capitolo 4 della Prima Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo»
P: «Questo deve consentirmi di scriverlo»
T: «Certo»
P: «1 Tessalonicesi…»
T: «Capitolo 4»
P: «Grazie»
T: «In quel passaggio biblico, l’apostolo Paolo esorta i Tessalonicesi ad astenersi da tutte le forme di immoralità sessuale, ed a vivere un’esistenza santa, ovvero coerente con Dio e la santità di Dio.
P: «Quindi Lei stava predicando quel Capitolo, o meglio alcuni versi dei quel capitolo?»
T: «Esatto»
P: «E dopo cosa è accaduto?»
T: «Stavo predicando sulle varie forme di immoralità sessuale, relative sia agli omosessuali che agli eterosessuali, compresa la fornicazione, ovvero il sesso fuori dal matrimonio»
P: «Bene»
T: «Così come predicavo sull’adulterio, non solo inteso come tradimento del coniuge ma anche come desiderio lussurioso. Gesù ha, infatti, detto che chiunque guarda una persona con concupiscenza, ha già commesso adulterio nel suo cuore. Ho anche predicato che tutte le forme di immoralità sessuale sono un peccato agli occhi di Dio. Peccato che Dio giudicherà, ma peccato che Dio può anche perdonare. Ebbene, prima che riuscissi a completare la declamazione della buona novella del Vangelo, sono stato interrotto. Stavo ancora parlando della legge di Dio, quando sono stato interrotto, proprio sul punto in cui avrei dovuto affrontare il tema del perdono e del dono della vita eterna grazie alla fede in Gesù Cristo».
(..)
P: «Qual è stata la reale intenzione di quello che ha fatto oggi?»
T: «La mia unica intenzione deriva dalla mia fede cristiana che mi insegna di amare Dio con tutto il mio cuore, la mia anima e la mia mente, e di amare il mio prossimo come me stesso. E il più grande gesto d’amore che potrei fare per il mio prossimo è quello di mettere in guardia dalla collera di Dio contro il peccato ed indicare l’unica Persona che può perdonare, ossia Gesù Cristo»
P: «D’accordo»
T: «Quindi il mio solo intento era quello di amare il mio prossimo mediante il Vangelo»
P: «D’accordo, ma Lei crede a causa della Sua religione che l’omosessualità sia un peccato?»
T: «Certamente»
P: «Come pensa che la gente possa percepire questo?»
T: «Io penso che sia assolutamente importante distinguere tra l’omosessualità come peccato e l’individuo come peccatore. Una persona che pecca contro di Dio è sottoposta alla giustizia divina indipendentemente dal tipo e dalla natura del peccato. Questo vale anche per una persona che  mente, una che ruba, una che prova nel proprio cuore rancore, risentimento, odio, una persona scontenta dei doni che Dio gli ha regalato e invidia ciò che hanno gli altri, una persona che pronuncia il nome di Dio invano, che è egoista»
P: «Va bene»
T: «Vorrei tornare alla distinzione tra l’atto in sé e la persona che ha l’inclinazione a compiere l’atto. Non è la stessa cosa. Non si può dire che una persona è malvagia solo perché ha un’inclinazione all’omosessualità.(…) Il punto è che tutti noi siamo peccatori e indegni della gloria di Dio. Ecco perché quando oggi parlavo pubblicamente non lo facevo soltanto nei confronti dell’omosessualità ma di tutte le forme di fornicazione. Fornicazione eterosessuale, adulterio eterosessuale, desiderio concupiscente, e tante altre forme di sessualità immorale che rappresentano un peccato agli occhi di Dio»
P: «D’accordo. Mi faccia fare un esempio giusto per capire meglio. Deve scusare la mia ignoranza in materia religiosa. Quindi, se due uomini passeggiano tenendosi per mano, e a Lei appaiono due omosessuali, li considererebbe peccatori?»
T: «Sì»
P: «Bene, questo è quello che volevo sapere. Quindi , tenendo conto del senso della parola peccato, a questo riguardo, Lei non pensa che quello che ha fatto oggi, predicare il Vangelo facendo apprezzamenti sul fatto che l’omosessualità sia un peccato, possa aver indispettito qualcuno?»
T: «Io penso che potrebbe aver indispettito qualcuno, perché molti amano il proprio peccato. Io penso che se qualcuno fosse passato mentre io parlavo a proposito della menzogna, e quel qualcuno avesse appena mentito, probabilmente si sarebbe indispettito. La stessa cosa sarebbe successa se avessi parlato dell’odio nei confronti del prossimo e qualcuno che cova rancore nel profondo del proprio cuore fosse passato da lì. Tutto ciò dipende dal fatto che la gente non ama sentirsi rinfacciare il proprio peccato contro la santità di Dio»
P: «Sì ma il punto è che non tutti hanno un sentimento religioso, e quindi non tutti vedono l’omosessualità come un peccato. Non è così?»
T: «Non penso che il punto sia rilevante, perché Dio lo vede come un peccato».
(…)
P: «Così Lei invece è offeso da questo perché è religioso?»
T:  «Offeso da cosa, scusi?»
P: «Dall’omosessualità»
T: «Gli omosessuali non mi fanno nulla»
P: «No»
T: «Loro offendono Dio, perché…»
P: «Va bene. Non la offende»
T: «Proprio come i miei peccati offendono Dio»
P: «Non La offende?»
T: «No. Io non nutro né rancore né risentimento»
P: «Va bene»
T: «Nei confronti degli omosessuali o…»
P: «Questo è quello che volevo sentire. Lei non ha, non ha…»
T: «Io non ho nessuna rabbia nei loro confronti»
P: «E non li ha mai discriminati?»
T: «No»
P: «Quindi se qualcuno che Lei sa essere un omosessuale venisse da Lei e Le chiedesse un favore, Lei sarebbe disposto a farglielo?»
T: «La parola di Dio mi dice di amare il mio prossimo come me stesso»
P: «Va bene»
T: «Questo vuol dire che se un omosessuale viene da me e mi dice: “Ho fame e ho bisogno di mangiare”, io lo porterei nel più vicino ristorante e gli darei da mangiare e condividerei con lui la parola del Vangelo, perché lo amo»
P: «Bene, mi dica allora cosa stava facendo oggi, visto che dagli atti risulta che Lei abbia offeso qualcuno».
(…)
P: «Il punto ovviamente è sempre quello che Lei già sa. Io comprendo le Sue opinioni religiose e il fatto che Lei stesse predicando il Vangelo. Come Le ho detto prima, però, non tutti sono religiosi. Pertanto non tutti, ovviamente, hanno la Sua stessa conoscenza del Vangelo»
T: «Giusto»
P: «Io certamente no, per esempio. Quindi, Lei accetta che quello che Lei dice può offendere qualcuno?»
T: «No. Non lo accetto. Io ho anche visto persone con le lacrime agli occhi convertirsi alla fede di Gesù Cristo, dopo aver preso coscienza del proprio peccato contro Dio. Per me, ciò che conta è la parola di Dio a proposito della natura umana, indipendentemente da quello che una persona esprime con la bocca, con il comportamento o con il  linguaggio del corpo, e anche se qualcuno dicesse di sentirsi offeso o insultato, questo potrebbe non essere vero. Potrebbe benissimo verificarsi il caso che quella persona si sia convinta nel cuore, ma non voglia darlo a vedere a chi l’ha convinta»
P: «Va bene»
T: «E questa, tra l’altro, è sempre la mia speranza».
P: «Va bene»
T: «La mia speranza è che quella signora che mi ha denunciato vada a casa stasera, si penta del suo peccato e confidi nella misericordia salvifica di Nostro Signore Gesù Cristo, che un giorno potrei adorare nei cieli accanto a lei»
P: «Va bene. Ho un’ultima domanda per Lei. Crede che quello che Lei ha fatto possa essere accettabile in un luogo pubblico?»
T: «Assolutamente»
P: «Io non so quanta della gente che camminava oggi avesse in mente solo il campionato di tennis, ma Lei crede davvero che quello che ha fatto, le cose che ha detto fosse accettabile dal 100% delle persone in un luogo pubblico?»
T: «Non solo accettabili dal 100%, ma anche volute da Dio».
P: «Va bene»
T: «Io sono stato inviato da Dio ad amare il mio prossimo e proclamare il Vangelo a quanta più gente posso raggiungere»
P: «Lo farebbe di nuovo domani?»
T: «Se avessi la possibilità, sì»
P: «Va bene. Va bene. Ho capito. Ho fatto  la domanda che avevo bisogno di fare. Questo è il Suo interrogatorio, ovvero la possibilità di dare la Sua versione dei fatti in ordine alle circostanze che hanno determinato il Suo arresto, e a qualunque altro elemento utile al caso. Ha qualcos’altro da riferire o aggiungere prima che venga spento il registratore?»
T: «Non penso. Ritengo di aver detto tutto».
A: «Io avevo solo un paio di domande. Cosa risponderebbe a qualcuno che dicesse che Lei stava cercando di insultare le persone?»
T: «Direi che si sbaglia»
A: «E perché direbbe così?»
T: «La ragione per cui ero là fuori a predicare. La ragione per cui sono venuto a Londra dal Sud della California è che amo il mio prossimo e intendo trasmettere a tutti la verità del Vangelo. Io spero di essere uno strumento di Dio per condurre le persone al pentimento ed alla conversione nella fede in Gesù Cristo. Non c’è mai stato in me nessun intento di offendere, e nessun intento di infiammare gli animi. Certo la gente non sarà d’accordo con tutto quello che dico, così come io non sono d’accordo con tutto quello che la gente dice. Ma la mia intenzione è amare il mio prossimo come lui ama me, e condividere il Vangelo, in modo che io possa ricevere il perdono per i miei peccati e la grazia della vita eterna. Questo è il motivo per cui sono venuto a Londra l’anno scorso durante le Olimpiadi. Questo è il motivo per cui sono venuto a Wimbledon quest’anno. E questo è il motivo per cui spero di ritornare molte alte volte in futuro. Perché io amo questo Paese e amo la gente di questo Paese. E non voglio vedere nessuno condannato alla dannazione eterna».
A: «Un’altra domanda in merito al contesto culturale. Qualcuno potrebbe dire che il Suo comportamento è molto americano e che gli Stati Uniti sono un Paese molto più religioso del nostro. Lei cosa replicherebbe?»
T: «Beh, certamente riguardo a questo tema, in realtà, non ci sono differenze tra i nostri due Paesi, dal punto di vista culturale. So cosa accade nel vostro Paese e posso assicuravi che da noi è esattamente lo stesso. Il messaggio che ho predicato ieri è lo stesso che continuo a predicare nel mio Paese,  perché i temi sono esattamente gli stessi».
(…)

Quanto accaduto a Wimbledon dovrebbe davvero far riflettere tutti i politici italiani che in questi giorni, con un solerte zelo bipartisan, si battono per accelerare il dibattito parlamentare sulla legge ambigua e scivolosa con cui si pretende di combattere la cosiddetta omofobia.

Tempo fa, intervenendo sul tema, mi chiesi se, a seguito di qualche improvvido intervento legislativo, nel nostro Paese sarebbe stato ancora possibile per un cattolico sostenere – senza per questo essere tacciato di omofobia – che l’omosessualità rappresenta una «grave depravazione» (Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10.), che i suoi atti «sono intrinsecamente disordinati» (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana), e «contrari alla legge naturale», poiché «precludono all’atto sessuale il dono della vita e non costituiscono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale» (art. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica). A tale preoccupazione qualcuno replicò che si trattava di infondato allarmismo, di considerazioni semplicemente risibili. Beh, guardando ciò che è successo a Wimbledon, pare evidente che ci sia davvero poco da ridere.

Veilleurs debout, le “giovani statue” che protestano contro le nozze gay. «Piuttosto morire in piedi che vivere in ginocchio»

Veilleurs debout, le “giovani statue” che protestano contro le nozze gay. «Piuttosto morire in piedi che vivere in ginocchio»

di Irene Pasquinucci da www.tempi.it

In silenzio giorno e notte davanti ai palazzi del potere per opporsi alla legge sul matrimonio omosessuale. Solo intonando “la Strasburghese”, canto militare patriottico francese 

veilleurs-debout-1-620x340Da una settimana i veri protagonisti delle piazze di Parigi non sono i turisti americani o gli artisti di strada, ma semplici ragazzi uguali a tanti altri che stanno in piedi e in silenzio giorno e notte come delle statue. I passanti si chiedono cosa succede, ma nessun giornale e nessuna televisione francese parla di questo fatto. Invece su Facebook o su Twitter siamo bombardati da centinaia di account e di post: sono i #veilleursdebout e sono dappertutto: a Place Vendôme, davanti al Palazzo di Giustizia, sul marciapiede di fronte all’Eliseo, in Place de la République, a Lione, Tolone, Reims, in tutta la Francia e anche in Europa.
Si pongono infatti nel solco delle proteste della Manifestation pour tous contro la legge Taubira, ma manifestano anche per la condanna di uno di loro, il 23enne Nicolas punito per “ribellione e rifiuto di prelievo” da parte della polizia a quattro mesi di prigione, di cui due obbligatoriamente in carcere, e a 1000 euro di multa. Difendono Nicolas perché «non lasceremo mai che un uomo venga imprigionato per un ideale».

L’IMPOSSIBILE. I veilleurs sono sempre là, in piedi, silenziosi, immobili. Come le statue dei re sulla facciata di Notre-Dame. È il silenzio assoluto. Ogni tanto cantano. Leggono, pregano, studiano, di giorno e di notte, si danno il turno e qualche loro amico o qualche bambino porta loro da mangiare.
Sono soprattutto giovani studenti, ma sono anche madri, uomini d’affari, sono le sentinelle della libertà della Francia. Per questo vogliono stare in piedi “debout”: non si è mai vista una sentinella seduta. Vogliono vegliare: non si è mai vista una sentinella addormentata. Il loro motto è la frase di Camus: «Piuttosto morire in piedi che vivere in ginocchio».
Sembra una modalità di protesta inutile, senza cartelli, senza slogan, senza urli e violenze. Ma tutti i passanti vengono colpiti da quel che accade: tutti si chiedono cosa succede, qualcuno li insulta, qualcuno li sprona a continuare, ma nessuno ne rimane indifferente. È la potenza della presenza.
Ecco allora che citano anche Mark Twain: «Non sapevano che era impossibile e allora lo hanno fatto».

FORZA IDEALE. Un ragazzo ad esempio a place Vendôme ha vegliato in piedi per più di 11 ore, solo, davanti al ministero, imprigionato dalle barriere poste dalla polizia: se si fosse allontanato, non avrebbe potuto tornare più in quel posto. Questi ragazzi inermi vengono sempre circondati dai gendarmi in assetto da guerra perché vogliono obbligarli a ritirarsi per la paura di essere picchiati o imprigionati. Spopola in rete il video di alcuni veilleurs che alle 5 del mattino, distrutti dopo una notte in piedi, intonano a più voci “la Strasburghese” canto militare che esalta il patriottismo francese. Il canto parla della guerra franco-prussiana del 1870: una bambina è sola al freddo e al gelo. Ha appena perduto suo padre, caduto in battaglia, poi sua madre «pregando sotto questa cattedrale / mia madre è morta sotto questo portico crollato» e rifiuta l’elemosina di un soldato nemico; dice che il suo cuore resterà per sempre francese: «Avete avuto l’Alsazia e la Lorena / ma il mio piccolo cuore non l’avrete mai, / il mio piccolo cuore resterà sempre francese».
Jean, giovane dentista, ci racconta: «C’è un parallelo emozionale con quel che viviamo: non siamo in guerra, ma abbiamo un combattimento bello e buono (ideologico, lungo e difficile). Ci sentiamo talmente piccoli di fronte all’enorme macchina governativa e mediatica che ci disprezza, ci ignora, disinforma la Francia. Ci sentiamo fragili come questa piccola bambina, ma anche potenti come lei per la sua resistenza totale. Il canto è stato cantato per la prima volta quando i gendarmi hanno espulso un gruppo di veilleurs che si erano messi di fronte all’Eliseo. Ma è quando siamo più stanchi che sentiamo tutta la nostra forza ideale».

Chi manifesta per la famiglia contro le nozze omosessuali può essere arrestato

Il mese dell’orgoglio Ex-Gay

di Marco Respinti da www.lanuovabq.it

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Quest’anno luglio si trasformerà nel primo Mese dell’Orgoglio Ex-Gay. Lo ha deciso d’imperio ma non d’istinto Voice of the Voiceless, l’organizzazione con sede a Bristow, in Virginia, che si adopera con carità e servizio al ricupero (si può usare questa parola?….) degli omosessuali, ovvero per contrastare il disordine morale e culturale che innesca quelle ubbie sul gender e sulla sessualità che oramai sono il pane quotidiano della società contemporanea.

Se giugno è infatti il mese che tradizionalmente la comunità GLBT sacrifica sull’altare del famoso e famigerato “Gay Pride”, gli ex di quel mondo non sono affatto disposti a lasciarsi ghettizzare nel cantuccio dell’“omofobia”. Loro, infatti, gli ex, attraverso la piaga omosessualista ci sono, passati; ne sono, a fatica, usciti; e oggi desiderano solo comunicare ai quattro venti che la liberazione è davvero possibile. Perché infatti, dice Voice of the Voiceless (il nome dell’organizzazione è assai indicativo), si dovrebbe tollerare solamente la spavalderia LGBT e mai ascoltare la testimonianza sempre dura, spesso commovente, di chi ha il coraggio di andare controcorrente per tornare secondo natura?

È cioè l’ora, dice Voice of the Voiceless, «di riconoscere l’unicità dell’esperienza di chi prima è stato omosessuale», organizzando eventi appropriati che «mettano in risalto il ruolo davvero speciale che gli ex gay svolgono oggi nella società americana». L’esempio, infatti, assieme al precedente, è tutto. E il cruccio che tormenta gli ex gay oggi non cosa è da poco. Perché se chi contrasta la cultura omosessualista da eterosessuale, viene facilmente bersagliato come “intollerante”, o peggio, chi invece dall’omosessualità è passato e ne è uscito viene se possibile discriminato in forme ancora più odiose, come si trattasse di un “traditore”. Gli ex omosessuali sono insomma «l’ultima minoranza invisibile», antipatica e fastidiosa come può esserlo solo chi rompe le uova nel paniere.

Il tutto si fa del resto oggi ancora più cogente, e grave, nel momento in cui (lo ha annunciato ufficialmente, il 19 giugno) Exodus International, l’organizzazione d’ispirazione protestante per la cura delle persone omosessuali attiva da anni, chiude bottega con decisione unanime del proprio consiglio di amministrazione e con proclama ufficiale, del presidente, Alan Chambers, che si scusa nei confronti della comunità LGBT per – dice – le troppe sofferenze causate agli omosessuali nel tentativo di ricuperarli. Quali che siano le vicende che hanno portato a tale decisione, è ovvio che la propaganda GLBT ci già andando… a nozze…

Importantissima è dunque l’iniziativa di contro-outing lanciata da Voice of the Voiceless per un mese di luglio davvero diverso, chiamando a raccolta le molte organizzazioni e i tanti singoli che ne condividono le battaglie culturali, la sollecitudine caritativa e magari anche una certa esperienza di vita. L’organizzazione americana sta ora raccogliendo sottoscrizioni e adesioni per trasformare radicalmente, nelle prossime settimane, il cuore stesso di Washington, lo stesso teatro delle grandi manifestazioni americane, lo stesso delle marce in difesa della vita umana nascente e del matrimonio eterosessuale. E Washington non è stata scelta per le progettate manifestazioni solo perché è la capitale federale degli Stati Uniti, ma soprattutto perché il District of Columbia (il fazzoletto di terra dove essa sorge) attualmente è, negli Stati Uniti, l’unico spazio dove gli ex gay sono riconosciuti pubblicamente come “entità” e quindi protetti a norma di legge contro ogni discriminazione. Un esempio che Voice of the Voiceless chiede e spera venga seguito in tutto il Paese.

Per questo, mentre allestisce il primo Mese dell’Orgoglio Ex-Gay, l’organizzazione ha richiesto, per rispetto e per decoro, per cerimoniale e pure per sfida, alla Casa Bianca (che in questi giorni gongola per la sentenza con cui la Corte Suprema sancisce la liceità delle unioni gay e, nello stesso giorno, per l’ostruzionismo della senatrice Democratica Wendy Davis che ha bocciato una legge antiabortista del Texas) di “benedire” pubblicamente la propria lecitissima e legittimissima difesa delle vere libertà della persona contro l’oscurantismo omosessualista. Una sfida moschettiera dal profondo significato politico.