Nozze gay. La legge inglese cambia il significato delle parole “marito” e “moglie”

Nozze gay. La legge inglese cambia il significato delle parole “marito” e “moglie”

di Leone Grotti da www.tempi.it

Tra poche settimane sarà approvata nel Regno Unito la legge sulle nozze gay. Per questo il governo ha deciso che il termine “marito” può indicare anche una donna e “moglie” un uomo 

matrimonio-gay-jpg-crop_displayAggiornare le leggi nazionali alla rivoluzione del matrimonio gay è un’operazione più impervia di quanto si possa pensare. Se ne sono accorti nel Regno Unito, dove la legalizzazione delle nozze omosessuali è ormai alle porte e il governo ha cominciato a pensare a come modificare termini apparentemente semplici e immediati come “marito” e “moglie”.

MARITO DONNA. Nelle “note esplicative” apposte in fondo al Marriage (Same Sex Couples) Bill il governo inglese ha fatto scrivere che i termini “marito” e “moglie” diventeranno interscambiabili. Come? Dal momento che d’ora in poi qualunque legge citi il “matrimonio” potrà intendere anche un matrimonio dello stesso sesso, non bisognerà più intendere la parola “marito” rivolta solo a un uomo e quella “moglie” rivolta solo a una donna.

MOGLIE UOMO. Secondo le nuove linee guida, il termine “marito” indicherà o l’uomo in una relazione eterosessuale o l’uomo in una relazione omosessuale o la donna in una relazione lesbica. Allo stesso modo, il termine “moglie” indicherà o la donna in una relazione eterosessuale o la donna in una relazione lesbica o l’uomo in una relazione omosessuale. «In questo modo – si legge – si terrà conto dei matrimoni dello stesso sesso sia maschili che femminili».

«CASINO RIDICOLO». Inevitabile l’ondata di critiche che si è riversata sul governo per l’operazione grottesca: «Non siamo più davanti a un semplice artifizio giuridico – ha dichiarato Lord Tebbit – ma al rovesciamento del normale e naturale significato delle parole». Polemica sollevata anche da un portavoce del Coalition for Marriage, organizzazione che si batte contro la nuova legge voluta dal governo di David Cameron, nonostante l’opposizione di almeno metà del suo partito conservatore: «Abbiamo sempre saputo che il governo si sarebbe ingarbugliato da solo nel tentativo di ridefinire il matrimonio, ma ora vediamo quanto sia ridicolo il casino che hanno creato. La storpiatura della lingua inglese mostra che cosa succede quando dei politici cominciano a trafficare con il matrimonio: entrano nel regno dell’utopia».

Margherita Hack se ne va proprio adesso che l’ateismo dell’UAAR diventa religione

Margherita Hack se ne va proprio adesso che l’ateismo dell’UAAR diventa religione

Correttore Di Bozze da www.tempi.it

Una sentenza della Cassazione in merito a un ricorso dell’UAAR apre la strada all’equiparazione tra l’ateismo e le altre «fedi acattoliche» 

margherita-hackMargherita Hack è morta la notte scorse a Trieste. Aveva 91 anni. Il Correttore di bozze rende omaggio a una grande astrofisica italiana, che però, purtroppo per lei, i giornali ricorderanno soprattutto per l’ateismo militante. In quanto tale, in effetti, come hanno riportato quasi tutti i necrologi apparsi oggi in internet, era stata anche nominata presidente onorario dell’UAAR, acronimo di “Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti”, una simpatica «associazione di promozione sociale» composta da circa 4 mila individui che, non avendo evidentemente un cacchio da fare nella vita, passano il tempo a combattere per l’abolizione del Concordato, a promuovere lo “sbattezzo” dei cattolici e altri simili inani trastulli.

Ecco. Dovete sapere che proprio ieri l’UAAR ha vinto forse la più importante delle sue inutili battaglie. Le sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno infatti depositato la sentenza con cui stabiliscono che «anche le associazione atee e agnostiche devono ricevere dal governo la stessa tutela e gli stessi diritti riconosciuti dall’articolo 8 della Costituzione alle confessioni diverse da quella cattolica, mettendo al bando la discriminazione tra le fedi acattoliche». Il verdetto è scaturito per l’appunto da un lungo e complicato contenzioso tra lo Stato italiano e l’UAAR che il Correttore di bozze rinuncia a spiegare per non ammorbare il sabato ai suoi lettori. In pratica, comunque, secondo la sintesi del Corriere della Sera, in virtù di codesta deliberazione, di fatto «l’ateismo diventa come una religione».

Ora, se il Correttore di bozze fosse un ateo, agnostico e magari pure assòreta, un tantino si offenderebbe vedendosi paragonato a un credente “acattolico”. Quelli dell’Uaar, invece, esultano. L’Acorrettore di bozze ha trovato nel loro sito questo commento che è un inno alla vittoria di tutte le «confessioni religiose» (sic):

uaar«La Cassazione ha stabilito che in un regime di “pluralismo confessionale e culturale” quale è o dovrebbe essere il nostro deve essere assicurata “l’eguale libertà delle confessioni religiose”. In poche parole, le confessioni religiose senza intesa ora possono agire giudizialmente per costringere il governo a trattare. Si tratta quindi, lo ribadiamo, di un’importantissima vittoria di principio: le Sezioni Unite della Cassazione confermano che il diritto ecclesiastico è governato dall’eguaglianza e non dalla discrezionalità del governo. La vicenda mostra bene come le rivendicazioni Uaar non siano campate per aria, e come siano foriere di diritti anche per chi non ne fa parte, o addirittura è credente. L’impegno dell’associazione per una società dove i cittadini siano realmente considerati uguali, indipendentemente dalle loro opinioni in materia religiosa, continuerà ovviamente più determinata che mai. In un paese migliore, lo ripetiamo spesso, l’Uaar non dovrebbe nemmeno esistere».

Dato che invece, purtroppo, l’UAAR esiste, così come esiste il Correttore di Abozze, vediamo almeno di lavorare alla costruzione di un paese migliore. Tutti insieme, atei e cattolici, buddisti e correttori di bozze, acattolici e astronzi. Da parte sua l’UAAR, dopo questo grandioso trionfo della ragione sull’oscurantismo, propone al Corriere della Sera per bocca di Raffaele Carcano «”pari diritti, pari doveri”. Che significa, per dirne due, celebrare matrimoni e fare assistenza negli ospedali. “Adesso lo facciamo a discrezione del singolo centro. Ma poiché non tutti i pazienti sono credenti, non si capisce perché non possano avere adeguato sostegno”».

Nella concreta speranza di poter quanto prima assistere a matrimoni atei officiati da preti agnostici, nonché di versare l’8 per mille alla Achiesa acattolica, il Correttore di bozze si unisce all’impegno dell’UAAR per «una società dove i cittadini siano realmente considerati uguali». Se dunque già oggi gli atei debbono essere equiparati ai religiosi «indipendentemente dalle loro opinioni in materia religiosa»; e se gli apreti acattolici presto uniranno adonne e auomini nel sacro avincolo adivino dall’aamore senza più diseguaglianze; se infine i correttori di bozze scrivono liberamente cazzate come se fossero giornalisti; bè, se tutto ciò è finalmente possibile, non si capisce perché quei poveri discriminati del Ku Klux Klan non abbiano diritto di essere considerati pari ai negri.

Il mese dell’orgoglio Ex-Gay

Il mese dell’orgoglio Ex-Gay

di Marco Respinti da www.lanuovabq.it

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Quest’anno luglio si trasformerà nel primo Mese dell’Orgoglio Ex-Gay. Lo ha deciso d’imperio ma non d’istinto Voice of the Voiceless, l’organizzazione con sede a Bristow, in Virginia, che si adopera con carità e servizio al ricupero (si può usare questa parola?….) degli omosessuali, ovvero per contrastare il disordine morale e culturale che innesca quelle ubbie sul gender e sulla sessualità che oramai sono il pane quotidiano della società contemporanea.

Se giugno è infatti il mese che tradizionalmente la comunità GLBT sacrifica sull’altare del famoso e famigerato “Gay Pride”, gli ex di quel mondo non sono affatto disposti a lasciarsi ghettizzare nel cantuccio dell’“omofobia”. Loro, infatti, gli ex, attraverso la piaga omosessualista ci sono, passati; ne sono, a fatica, usciti; e oggi desiderano solo comunicare ai quattro venti che la liberazione è davvero possibile. Perché infatti, dice Voice of the Voiceless (il nome dell’organizzazione è assai indicativo), si dovrebbe tollerare solamente la spavalderia LGBT e mai ascoltare la testimonianza sempre dura, spesso commovente, di chi ha il coraggio di andare controcorrente per tornare secondo natura?

È cioè l’ora, dice Voice of the Voiceless, «di riconoscere l’unicità dell’esperienza di chi prima è stato omosessuale», organizzando eventi appropriati che «mettano in risalto il ruolo davvero speciale che gli ex gay svolgono oggi nella società americana». L’esempio, infatti, assieme al precedente, è tutto. E il cruccio che tormenta gli ex gay oggi non cosa è da poco. Perché se chi contrasta la cultura omosessualista da eterosessuale, viene facilmente bersagliato come “intollerante”, o peggio, chi invece dall’omosessualità è passato e ne è uscito viene se possibile discriminato in forme ancora più odiose, come si trattasse di un “traditore”. Gli ex omosessuali sono insomma «l’ultima minoranza invisibile», antipatica e fastidiosa come può esserlo solo chi rompe le uova nel paniere.

Il tutto si fa del resto oggi ancora più cogente, e grave, nel momento in cui (lo ha annunciato ufficialmente, il 19 giugno) Exodus International, l’organizzazione d’ispirazione protestante per la cura delle persone omosessuali attiva da anni, chiude bottega con decisione unanime del proprio consiglio di amministrazione e con proclama ufficiale, del presidente, Alan Chambers, che si scusa nei confronti della comunità LGBT per – dice – le troppe sofferenze causate agli omosessuali nel tentativo di ricuperarli. Quali che siano le vicende che hanno portato a tale decisione, è ovvio che la propaganda GLBT ci già andando… a nozze…

Importantissima è dunque l’iniziativa di contro-outing lanciata da Voice of the Voiceless per un mese di luglio davvero diverso, chiamando a raccolta le molte organizzazioni e i tanti singoli che ne condividono le battaglie culturali, la sollecitudine caritativa e magari anche una certa esperienza di vita. L’organizzazione americana sta ora raccogliendo sottoscrizioni e adesioni per trasformare radicalmente, nelle prossime settimane, il cuore stesso di Washington, lo stesso teatro delle grandi manifestazioni americane, lo stesso delle marce in difesa della vita umana nascente e del matrimonio eterosessuale. E Washington non è stata scelta per le progettate manifestazioni solo perché è la capitale federale degli Stati Uniti, ma soprattutto perché il District of Columbia (il fazzoletto di terra dove essa sorge) attualmente è, negli Stati Uniti, l’unico spazio dove gli ex gay sono riconosciuti pubblicamente come “entità” e quindi protetti a norma di legge contro ogni discriminazione. Un esempio che Voice of the Voiceless chiede e spera venga seguito in tutto il Paese.

Per questo, mentre allestisce il primo Mese dell’Orgoglio Ex-Gay, l’organizzazione ha richiesto, per rispetto e per decoro, per cerimoniale e pure per sfida, alla Casa Bianca (che in questi giorni gongola per la sentenza con cui la Corte Suprema sancisce la liceità delle unioni gay e, nello stesso giorno, per l’ostruzionismo della senatrice Democratica Wendy Davis che ha bocciato una legge antiabortista del Texas) di “benedire” pubblicamente la propria lecitissima e legittimissima difesa delle vere libertà della persona contro l’oscurantismo omosessualista. Una sfida moschettiera dal profondo significato politico.

Femminicidio: la colpa è della Rivoluzione sessuale

Femminicidio: la colpa è della Rivoluzione sessuale

Secondo recenti studi americani, il fenomeno del ’68, unito alla larga diffusione della pornografia, ha accentuato il processo di regressione della donna a mero oggetto del desiderio

da www.Zenit.org di Federico Cenci

Se si parla di femminicidio, bisogna segnalare due notizie. La prima è che il fenomeno – seppur diffuso – registra una diminuzione, nonostante possa sembrare il contrario secondo l’attuale risonanza mediatica. La seconda, è ancora più sbalorditiva: la rivoluzione sessuale è complice del diffondersi della violenza sulle donne.

Ma come, non era il contrario? Non era stata la “liberazione dei costumi” a stabilire la parità, l’avvento di un’epoca in cui il rapporto uomo/donna fosse all’insegna del reciproco rispetto? Nient’affatto. Questo mito sessantottino, sedimentatosi nella cultura dominante, è destinato a cadere innanzi ad una realtà dei fatti che racconta tutt’altro.

Racconta, per esempio, che esiste una correlazione tra industria pornografica – che ha avuto nella rivoluzione sessuale il suo motore – e violenza sulle donne. Un recente studio pubblicato sulla rivista Violence and victims, curato dall’Università della Georgia negli Stati Uniti, riferisce che la pornografia procura nei maschi una spinta all’aggressività di stampo misogino. La tesi – ignorata tuttavia da quanti si stanno adoperando per suonare l’allarme sociale del femminicidio – è ripresa e condivisa da Vincenzo Puppo, medico-sessuologo del Centro Italiano di Sessuologia (CIS).

In un’intervista su “La Stampa” di qualche mese fa (1), il dottor Puppo segnalava che la pornografia crea dipendenza e, con essa, preoccupanti conseguenze. Secondo il sessuologo, «la visione continua e ripetuta degli organi genitali maschili e femminili porta lentamente, senza che l’uomo/donna se ne accorga, ad una inibizione della capacità di eccitarsi mentalmente: lo stesso stimolo sensoriale continuamente ripetuto se all’inizio è eccitante, dopo un certo tempo non lo è più, e il cervello ha bisogno di stimoli superiori».

Perciò, il “salto” a un livello di perversione maggiore è breve. «Si deve passare dai soliti film/giornali/siti pornografici “normali” a quelli per esempio con stupri e altre violenze sessuali, o sado-masochisti, o con animali, con bambini ecc.». E una volta che il cervello è assuefatto a certi abomini, in un’infernale viaggio dell’istinto verso gli abissi, «alcuni possono cercare sfogo fuori da questo “ambiente” ed esplodere in episodi di violenza, non solo contro le donne ma, cosa ancora più grave, anche su bambini e bambine».

In molti dovrebbero ascoltare bene le parole di questo esperto. Soprattutto quelli che, in nome del “diritto al piacere”, nel corso degli anni, non hanno fatto altro che calpestare il pudore attraverso gli strumenti come stampa, tv, arte, politica (2). Il risultato è che – mediante i modelli proposti al pubblico – la donna è regredita a mero oggetto del desiderio, da custode del focolare è divenuta vittima della propria “emancipazione”.

Fa specie che costoro, oggi, sono gli stessi che si stracciano le vesti contro la violenza sulle donne. E rincresce che puntino il dito verso il “modello di società arcaico”, che si baserebbe sulla prevaricazione del maschio sulla femmina.

Invero, è proprio per distruggere quel “modello di società arcaico” – nido di retrivi oscurantismi – che, qualche decennio fa, si è dato impulso al silenzioso ma sconvolgente moto sociale che risponde al nome di rivoluzione sessuale. E i nefasti effetti, ora, compresa la violenza sulle donne, sono sotto gli occhi di chiunque possa e voglia vedere.

NOTE 

(1) http://www.lastampa.it/2012/11/21/scienza/benessere/lifestyle/violenza-contro-le-donne-tra-le-cause-anche-la-pornografia-JoRmq3034Zqoaa694DfVDN/pagina.html

(2) Il Partito Comunista Italiano presentò, nel dicembre 1977, una proposta di legge dal significativo titolo “Nuove norme a tutela della libertà sessuale”.

Nozze gay. La legge inglese cambia il significato delle parole “marito” e “moglie”

Il sindaco che non vuole celebrare le nozze gay ha pochi giorni per “cambiare idea”

di Leone Grotti da www.tempi.it

Francia. Jean-Michel Colo è stato convocato in prefettura. La sua colpa? Non volere celebrare matrimoni omosessuali. Una folla di persone si è riunita per sostenerlo 

francia-matrimonio-gay-coloOltre 250 persone si sono riunite ieri pomeriggio davanti alla sottoprefettura per sostenere il sindaco francese di Arcangues (3 mila abitanti) Jean-Michel Colo, che a inizio mese si è rifiutato insieme ai suoi aggiunti di sposare una coppia gay facendo appello al diritto all’obiezione di coscienza: «Io ho una coscienza e un cuore – aveva dichiarato – non posso sposare due persone omosessuali».

OBIEZIONE DI COSCIENZA. Il sindaco di Arcangues si era lamentato anche del presidente Francois Hollande, che durante l’incontro con tutti i sindaci nel 2012, prima dell’approvazione della legge Taubira e prima di rimangiarsi tutto solo qualche giorno dopo, aveva promesso di rispettare l’obiezione di coscienza: «Hollande è un mentitore. Nel 2012 si è fatto applaudire da tutti i sindaci, compresi quelli di destra come me, garantendo l’obiezione di coscienza».

jean-michel-colo-matrimonio-gayRISCHIO SANZIONI. Il sindaco di Arcangues, che si trova nella stessa posizione di oltre 20 mila tra sindaci e aggiunti che hanno chiesto al governo di rispettare la loro coscienza, rischia sanzioni che vanno dalla sospensione, alla revoca della carica pubblica fino ai tre di prigione con ammenda pari a 45 mila euro. La sottoprefettura avrebbe dato a Colo quattro giorni di tempo per riflettere e cambiare la sua posizione. Poi, probabilmente, scatteranno le sanzioni.

«Chiediamo a Letta più attenzione alla famiglia. Il nuovo Isee penalizza i nuclei numerosi»

«Chiediamo a Letta più attenzione alla famiglia. Il nuovo Isee penalizza i nuclei numerosi»

di Matteo Rigamonti da www.tempi.it

Intervista al deputato di Lista Civica, Mario Sberna, che ha scritto al premier Enrico Letta per chiedere il ripristino della delega alla famiglia. «Da scongiurare l’aumento di Iva e Tares» 

MarioSberna2-300x291Mario Sberna, deputato alla Camera per Lista Civica, ha scritto, insieme ad altri 12 parlamentari del suo partito, del Pd e del Pdl, al premier Enrico Letta per chiedere il ripristino della delega alla famiglia, incarico in passato già ricoperto dagli onorevoli Giovanardi, Bindi e, da ultimo, Riccardi. La delega, infatti, non è ancora stata predisposta dall’esecutivo. Delle ragioni che soggiaciono questa richiesta e delle emergenze che le famiglie, specie quelle numerose, stanno affrontando in questo periodo di crisi ecco cosa pensa Sberna che è già stato presidente dell’Associazione nazionale famiglie numerose.

Onorevole, la delega alla famiglia verrà ripristinata?
Me lo auguro; anche se, fino ad ora, il presidente del Consiglio Letta non ha ancora risposto alle nostre richieste di ricostituzione. Nessuna persona, infatti, è stata ancora individuata per ricoprire questo incarico così delicato.

Perché è importante avere una persona che nel governo si occupi, nello specifico, della famiglia?
Perché, come riconosce la Costituzione agli articoli 29, 30 e 31, la famiglia, «società naturale fondata sul matrimonio», è il cuore della società italiana, nonché il motore dello sviluppo economico del Paese. E la Repubblica ha il compito di agevolare «con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose».

Di che cosa dovrebbe occuparsi, dunque, il titolare della delega alla famiglia?
Anzitutto, dovrebbe essere l’interlocutore privilegiato per tutti coloro i quali, associazioni in primis, si occupano a vario titolo della famiglia. Poi dovrebbe occuparsi dell’attuazione del Piano nazionale per la famiglia. E, infine, mi scusi, ma il Forum delle associazioni familiari ha tre milioni e mezzo di persone associate; avranno ben il diritto di poter interloquire con qualcuno al governo oppure no?

In questo momento di crisi cosa chiedono le famiglie italiane alla politica?
Sicuramente che venga scongiurato l’aumento dell’Iva; sono state, infatti, le famiglie a pagare il prezzo maggiore per il primo aumento di un punto percentuale. Poi che si riduca la Tares, che grava più pesantemente sulle famiglie che hanno più di due figli. E, più in generale, che vengano abbassate le tasse rendendole più eque e progressive.

Il nuovo Isee, che regola l’accesso e gli sconti su servizi come, per esempio, gli asili comunali, le rette universitarie o le prestazioni socio sanitarie per persone con disabilità, è in questi giorni in via di definizione alla Camera e dovrebbe essere ispirato proprio a criteri di maggiore equità e proporzionalità. 
Così lo presentano i giornali che ne tessono le lodi; ma io continuo a negare che sia uno strumento di perfezione assoluta.

Che cosa va e cosa no?
Sicuramente riesce ad arginare i tentativi di elusione fiscale messi in atto dalle coppie di fatto che decidono di separarsi soltanto agli occhi del Fisco per trarne un vantaggio indebito. Questo è indubbiamente positivo. La scala di equivalenza, che serve a calcolare il reddito Isee in base ai redditi, al patrimonio e al numero di componenti della famiglia, però, presenta incongruenze vergognose in particolare con riferimento al computo del terzo figlio.

Quali incongruenze?
Si tratta di tecnicalità, ma provo a spiegarlo con un esempio: per calcolare il reddito Isee di una famiglia – operazione che si può fare agevolmente presso qualsiasi centro di assistenza fiscale – occorre sommare ai redditi dei genitori, i beni mobili e immobili e dividere il tutto per la somma dei valori che la scala di equivalenza attribuisce a ciascun componente della famiglia: 1 al primo componente, 0,57 al secondo e così via. Il valore che si ottiene è il reddito Isee, in base al quale si stabilisce la possibilità o meno di godere di particolari agevolazioni. Bene, con il nuovo Isee, al terzo figlio è attribuito un valore di 0,39, mentre in Francia il valore è pari a 1. Ciò significa che per il terzo figlio, così come per il quarto e poi per il quinto, eccetera, è sistematicamente sottovalutato l’impatto che essi hanno sulle spese e i consumi, e quindi sull’erosione del reddito, della famiglia. Insomma, è come se i nostri figli, in particolare dal terzo in avanti, consumassero di meno degli altri. Mentre è universalmente riconosciuto che è proprio il terzo figlio quello che fa aumentare le spese di una famiglia.

E secondo lei cosa sarebbe meglio fare?
Sarebbe meglio introdurre correttivi più equi nel valutare l’aggravio maggiore dei consumi dei figli sul reddito familiare. L’aveva fatto il Quoziente Parma, ma è stato abolito.