da Baltazzar | Ott 25, 2010 | Cultura e Società, Diavolo, Segni dei tempi
André Glucksmann e la sfida al male contemporaneo • Per il filosofo francese abbiamo archiviato troppo presto la categoria del diabolico. Invece resistere al Maligno costituisce ancora la sfida più profonda della condizione umana
di André Glucksmann
Tratto da Avvenire del 24 ottobre 2010
Uno stuolo di specialisti insegna che le ideologie hanno fatto il loro tempo. Non ci credo. Un ideologo altro non è se non un arrogante che partorisce una tesi sufficientemente ‘fondamentale’ per avere una risposta a tutto e che, appollaiato su questa pietra filosofale, compita dall’alfa all’omega ogni dramma umano. Siamo immersi nell’ideologia, che cava gli occhi come nella Lettera rubata di Edgar Allan Poe, al punto che la sua evidenza impedisce di scorgerla.
Non condividiamo la convinzione ultima che il diavolo non esiste? Poiché questo personaggio ha perso grinfie, coda, corna e alito cattivo, concludiamo con ipocrisia che abbia testé ingoiato il certificato di battesimo. La morte di dio si presta a dibattiti. La morte del diavolo non solleva grandi contestazioni, sembra andare da sé. Chi, nelle nostre indulgenti democrazie, si esporrebbe all’obbrobrio di apparire tanto oscurantista da sostenere che resistere al male costituisca la sfida più profonda della condizione umana! Agli occhi dei benpensanti sussistono ancora avversioni puntuali: da una parte le emissioni di CO2 e gli Ogm, dall’altra l’aborto e l’omosessualità. Ma nessuno dubita che questi supposti mali, se ancora non sono stati eliminati, possano esserlo. Il diavolo è morto, vi dico. Solo i nostri impegni quotidiani possono sradicarne pompe e opere. Una crisi intorbida la schiuma dei giorni? Ciascuno corre a rifugiarsi nel verde paradiso degli amori infantili.
Gli uni pretendono di ritornare a un’età dell’oro regressiva; i religiosi rimpiangono il tempo benedetto in cui dio reggeva l’universo, regolava le coscienze e interdiceva l’usura, mentre i politici diventano nostalgici, sognando un passato utopico in cui lo stato, i sindacati e il civismo escludevano derive affariste. Chi ha rubato i nostri ‘trenta’ gloriosi? Altri programmano l’avvenire di uno sviluppo durevole sorvolando turpitudini e rivalità. Altri ancora si aggrappano alla grande sera perorando una rivoluzione più indefinibile che mai, salvo promettere la fine del Belzebù capitalista e produttivista.
Sia in caso di infelicità sia in caso di felicità, la nostra buona novella, una e indivisibile, suona l’ora della scomparsa programmata dei rischi, dei pericoli e delle catastrofi. Lo zelota di una così confortante certezza perdoni i miei cattivi pensieri. Fate rullare i tamburi e salutate Goethe: Mefisto è resuscitato!
Non il piccolo diavolo della contessa di Ségur, ma una forza distruttrice il cui affabile garbo era solo la penultima astuzia che precedeva l’imparabile finzione di darsi per morto. Niente a che vedere con le contraffazioni sataniste che con i loro effetti speciali danno vita alla languida anima degli spettatori; inutile rievocare le messe nere degli ubriaconi e degli imbecilli che macchiano i cimiteri. Per farvi dell’avversità un’idea meno sempliciotta, rammentate Tifone, diavolo pre e postcristiano, l’ultimo titano che tentò di svellere l’Olimpo.
Zeus, Giove tonante, gli scaraventò l’Etna in piena faccia e poi lo rinchiuse sotto terra e nel cuore degli uomini; a condizione che i poveri mortali affrontino, d’ora in poi da solo a solo, le devastazioni di cui si fanno freccia e bersaglio. L’intimo nemico dei socratici antichi e moderni è il prestigiatore, sofista o postmoderno, che si dedica a travestire gli istinti di morte da passioni anodine. «Per la sofistica [… ] tutto ciò che è per noi è vero, niente è falso [… ] secondo questa tesi innocente, non c’è vizio, non c’è reato, ecc.» (Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia). Il ‘sofista egizio’ Proteo sommerge i semplici mortali con una spessa bruma in cui destinazioni e riferimenti svaniscono a beneficio di una confusione senza sponde, una fitta coltre mantenuta con cura che dà riparo ai nostri nidi di vipere. Quale rapporto tra la crisi economica mondiale, i massacri del Darfur che subentrano allo spietato annientamento dei ceceni, le bombe umane, i record di corruzione e il persistere delle crudeltà nelle nostre prospere e tranquille società? Il rapporto siamo noi. Attiene alla nostra inalterabile sorpresa costellata dal ricorrente interrogativo: «Come sono possibili simili incongruità? Nel nostro così civilizzato e mediatizzato ventunesimo secolo?». Il ritorno tossico, cupido, stupido o guerriero di un Mefisto dai mille volti ottunde chi voglia ignorare che il caro scomparso non ha mai smesso di starci alle calcagna.
da Baltazzar | Set 21, 2010 | Chiesa, Diavolo
Intervista a Fabrice Hadjadj di Rodolfo Casadei
Conosce alla perfezione le verità della dottrina cristiana e non ne dubita. È perfettamente casto e non ha mai commesso un peccato di lussuria in vita sua. Dona gratuitamente del suo senza esigere contropartite materiali. Eppure è il nemico assoluto di Dio e dell’uomo, menzognero, omicida e tessitore di inganni. È il diavolo, l’angelo ribelle. Questo ritratto geniale e sconcertante di Satana si trova nelle pagine di La fede dei demoni, l’ultimo libro di Fabrice Hadjadj tradotto in italiano (da Marietti).
Lo scrittore francese parte di qui per sviluppare una tesi suggestiva: l’ateismo e i peccati della carne, frutto dell’ignoranza e della debolezza umana, non sono i mali peggiori. Molto più gravi per le loro conseguenze sono gli spiritualissimi peccati propri del diavolo, soprattutto quando vengono compiuti dai cristiani: superbia, invidia, odio e disprezzo, vizi dello spirito, sono la base delle più grandi sciagure e di permanenti divisioni fra gli uomini. Per questo il diavolo li ispira continuamente. Dopo l’estate italiana dei giudizi sprezzanti distillati da tribune cristiane, delle gare di purezza e di sputtanamenti fra politici, difficile dare torto ad Hadjadj. Il quale indica anche la strategia per respingere l’assalto diabolico: affidarsi all’incarnazione, cioè alla carne di Cristo e alla carne di Maria, prefigurata nel Genesi come la donna che senza sforzo o paura schiaccia il serpente demoniaco sotto il proprio tallone. Contro ogni superbia, imparare da Maria l’apertura alla Grazia. Perché Maria è accoglienza della Parola di Dio che si fa carne, mentre il diavolo è il contrario dell’accoglienza. È orgoglioso, trae tutto da sé e non vuole ricevere.
Fabrice Hadjadj, il diavolo non è ateo, e perciò, lei dice, l’antitesi fondamentale non è quella fra teismo e ateismo, ma quella fra conoscenza e riconoscimento di Dio. Cosa vuol dire?
Anzitutto va notato che il primo riconoscimento di Gesù Cristo come figlio di Dio nel Vangelo non è quello di san Pietro o degli altri apostoli, ma dell’indemoniato di Cafarnao. Nella sinagoga di quella città un indemoniato incontra Gesù e il diavolo che possiede quell’uomo dice: «Io so chi sei tu, il Santo di Dio». Notare questo ci obbliga a rimetterci in discussione, perché forse non abbiamo le idee chiare sull’identità del nemico radicale e della natura della vera lotta: che non è quella contro l’ateo o il libertino, ma contro un’intelligentissima creatura spirituale. Un puro spirito, ovvero uno spirito impuro che è puro spirito. Pertanto non sarà appellandosi alla mera spiritualità che lo si potrà affrontare: quella è una specialità del demonio, che ha per progetto di ridurre il cristianesimo a uno spiritualismo. Lo scopo del mio libro non è soltanto di ricordare che la fede non è mera conoscenza, ma è riconoscimento che anima il cuore; è anche ricordare che la fede non è evasione in un mondo etereo, ma incarnazione. Dio ha voluto donarci la sua Grazia attraverso la carne, ed è nella carne e attraverso la carne che noi lo raggiungiamo. I grandi teologi ce l’hanno spiegato: il primo peccato del diavolo è stata l’invidia, scaturita dal fatto di sapere che il Verbo si sarebbe incarnato. Satana è inorridito all’idea che Colui che era spirito, e dunque aveva una connivenza speciale con gli angeli come lui, potesse farsi carne, e che gli angeli, puri spiriti, avrebbero dovuto adorare la carne, una carne umana.
Lei distingue fra la fede come dono di Grazia, che gli uomini sperimentano, e la fede come perspicacia dell’intelligenza naturale, che attribuisce ai demoni. In cosa sono differenti?
Gli angeli, compresi quelli caduti, hanno un’intelligenza più sviluppata della nostra. A loro i segni dell’agire di Cristo e della Chiesa sono sufficienti per ammettere che c’è qualcosa che viene da Dio. Per quanto attiene alla fede come dono di Dio, la fede che opera attraverso la carità, questa passa attraverso motivi di credibilità, perché l’atto di fede non annulla la ragione, non è un salto nell’assurdo. Ma i motivi ragionevoli non sono sufficienti a costringere l’intelligenza umana alla fede. L’uomo entra in essa attraverso una sorta d’umiltà, di abbandono. Al cuore della fede come dono c’è un atto di amore: non c’è semplicemente l’intelligenza che riconosce un fatto oggettivo, come nel caso dei demoni, ma un’intelligenza che chiama in causa il cuore e implica un atto di volontà. La volontà pone un atto di adesione, di fiducia, in una sorta di penombra. La fiducia, come ogni atto di amore, non si colloca né in piena luce né nelle tenebre, ma in una penombra. Nel Credo noi non diciamo: «Credo che Dio è così e cosà, è onnipotente e creatore». Noi diciamo: «Credo in Dio». Ed è l’“in” del modo accusativo del latino: «Credo in unum Deum». Cioè c’è un movimento per andare verso. Invece i demoni dicono: «Credo Deum», credo Dio. Cioè c’è l’intelligenza ma manca il cuore. E siccome è una fede prodotto delle sole forze del soggetto, è automaticamente orgogliosa. Lo si è visto a Cafarnao: il diavolo dice «io so chi se Tu». La prima parola è “io”.
Oggi succede un fatto curioso: la maggioranza della gente non crede nel diavolo come realtà teologica, ma allo stesso tempo è sedotta e intimorita dall’immagine della sua potenza. Film e telefilm propongono in continuazione il tema delle forze malefiche soprannaturali, e tanti si rivolgono a maghi e guaritori convinti di essere vittime di spiriti malvagi. Perché questa contraddizione?
Perché quando si abbandona il giusto rapporto con una realtà, immediatamente si manifestano due errori opposti. L’umanità è entrata nel razionalismo, ma il razionalismo non soddisfa il cuore umano. Di conseguenza si produce una reazione uguale e contraria: l’invasione dell’irrazionale. Il razionalismo ha detto: il Mistero è irrazionale, nessun rapporto con esso è possibile. La conseguenza è stata una reazione che instaura un rapporto ossessivo e anarchico con le forze delle tenebre. E che riconosce la potenza del diavolo, ma non la sua intelligenza: lo raffigura folcloristicamente come un caprone, lo associa ai sacrifici di animali. Ma il diavolo agisce più attraverso la sua intelligenza che attraverso la forza, la sua specialità è provocare due o più derive opposte, è orchestrare quelle che Giovanni Paolo II ha chiamato “strutture di peccato”: peccati che non sono in rapporto con un’intenzione umana univoca, ma che si creano per l’opposizione di due o più parti. Pensiamo alla Spagna, dove la reazione alle stragi anticristiane è stato il fascismo e da lì tre anni di guerra civile. Pensiamo al trionfo del nulla in tivù: nessuno l’ha deciso a tavolino, eppure si ha l’impressione che qualcuno l’abbia orchestrato. Il fatto è che il diavolo distingue perfettamente l’errore dalla verità, e moltiplica coscientemente gli errori per giocarci. Noi invece, anche quando siamo nell’errore, crediamo di essere nella verità, e ci teniamo. Il diavolo non ci tiene, ed è per questo che è capace di manovrare e di creare strutture che ci spingono a commettere cose che vanno al di là delle nostre intenzioni coscienti.
Lei semina il dubbio anche riguardo a parole feticcio sia del cristianesimo che della modernità come “dono” e “amore”. Lei dice che donare è cosa buona solo a condizione che il dono non nuoccia a chi lo riceve, e che il valore dell’amore dipende dal valore di ciò che si ama. Dunque anche il dono e l’amore possono essere astuzie diaboliche?
A don Luigi Giussani veniva rimproverato di usare poco la parola “amore”, e lui rispondeva che nella nostra cultura era diventata una parola equivoca. Aveva ragione. Oggi viviamo in un’eresia dell’amore. Il primato dell’amore è un’invenzione cristiana, ma il diavolo distorce la cosa così: purché sia amore, tutto è legittimo. Se una donna si innamora di un boa constrictor e desidera sposarlo, fa bene, perché è amore. Nel nome dell’amore, si perde di vista l’oggettività dell’amore. Perché amare non è semplicemente avere dei sentimenti per l’altro, è anche volere il bene dell’altro. Quando amo io debbo chiedermi: “Qual è il bene per l’altro?”. Ciò che conta di più è questa oggettività.
E per quanto riguarda il dono?
Intorno al dono effettivamente si è installata tutta una retorica moderna, dovuta soprattutto alla realtà dell’economia capitalista, per cui il dono appare come un argine alla logica del mercato. Ora, non è il dono in quanto tale ad essere una cosa cattiva, ovviamente, ma la logica del “dono di sé”, perché al centro mette il “sé”. Il punto non è dare se stessi all’altro, il punto è il bene dell’altro. Non devo donare me stesso all’altro, devo ridonare l’altro a se stesso. E ciò implica il Bene. L’ha detto perfettamente Heidegger: «L’amore predispone uno spazio affinché l’altro possa donarsi all’altro, non solo a me che lo amo. E affinché possa essere se stesso, e non è se stesso se non nella sua relazione col bene». La seconda cosa che va sottolineata è che il dono non è mai principio in una creatura. Il proprio di una creatura è di ricevere prima di donare. La creatura non ha l’iniziativa del dono, ce l’ha il Creatore. Come si legge nella lettera di san Giacomo: «Dio ci ha amato per primo». Se si dimentica questo, il dono entra in una logica demoniaca. Il diavolo è uno che vuole dare senza dover ricevere. Accetta la natura con cui Dio l’ha creato, ma rifiuta la Grazia, perché vuole dare da se stesso, con le sue proprie forze. La sua è una posizione di ebrezza e di orgoglio: io non ricevo, io do da me stesso, senza bisogno della Grazia. Il peccato del diavolo e di quanti sono sotto la sua influenza è di voler fare il bene con le sole proprie forze e secondo i propri piani. Pensiamo ai totalitarismi: hanno cercato di dare all’umanità una società perfetta, ma a partire dai propri piani, senza considerare il carattere irriducibile dell’altro, la singolarità di ogni essere umano. Il totalitarismo consiste nel voler dare all’uomo tutto, ma a partire da una teoria, da un’ideologia, e dunque in maniera totalmente riduttiva e soffocante, come si è visto nella storia.
Lei considera due errori opposti di ispirazione diabolica anche la riduzione del cristianesimo a cristianità, cioè a istituzione secolare, e l’opzione di una Chiesa dei pochi e dei puri, che rinuncia programmaticamente a influire politicamente. Cosa bisognerebbe fare per non cadere nella duplice trappola?
Che i due errori siano diabolici si vede da una cosa: un cristianesimo politicamente realizzato cadrebbe nell’orgoglio di sé, così come il ripiegamento su di sé di una piccola Chiesa di gente pura che ha rinunciato al potere provocherebbe un settario orgoglio spirituale. E l’orgoglio, lo sappiamo, è un caratteristico peccato del diavolo. Nel primo caso, la riduzione del cristianesimo a istituzione secolare ci impedirebbe di donare veramente il nostro cuore, ridurrebbe il paradosso cristiano a slogan, trasformerebbe la vocazione a essere martiri in vocazione a essere signori. Nel secondo caso, l’accontentarci di una piccola Chiesa di puri farebbe di noi una setta che guarda la società dall’alto in basso con disprezzo, www.tempi.it/
da Baltazzar | Mag 19, 2010 | Diavolo
La versione greca della Bibbia detta dei Settanta traduce “Satana” con il vocabolo “Diabolos”, che signi¬fica “colui che divide (dal verbo greco diaballo) e corrompe”. Il Nuovo Testamento presenta il diavolo come un essere attivo, abile, ingegnoso (Mt. 13, 19; Lc. 8,12; Es. 2, 14), seduttore e astuto (2 Cor. 11, 3), violento e collerico (Ap. 2, 10; 12). Gesù lo identifica con Beelzebul, principe dei demoni (Mc. 3, 22¬24); e l’Apocalisse (20, 2) lo identifica con questi termini: “Il dragone, l’antico serpente, cioè il diavolo, satana”. Oggi il pensiero esoterico, nuovamente rinvigorito dalla diffusione in larghissimi strati della popolazioni di scritti di astrologia occulta e della Kabbalah diffusi dal New Age, parla di geni, ondine, fate, elfi e di altri demoni benigni. In realtà in quella scelta primordiale pro o contro Dio non vi fu posto per angeli neutrali. Il teologo Lessio, discepolo di Suarez, affermò decisamente: “L’opinione …
… che vi siano dei demoni benigni (come pure geni elementari nel fuoco, nell’aria, nella terra) è contro la Sacra Scrittura e l’insegnamento della Chiesa, che riconosce solo demoni cattivi”. Gli angeli decaduti o diavoli, essendo spiriti, hanno anche dopo il castigo divino quella savratemporalità ed extraspazialità che li rende superio¬ri agli esseri umani. I diavoli, insegna S. Tommaso, hanno la naturale facoltà conoscitiva particolarmente brillante e quindi sono di gran lunga più intelligenti degli uomini.
l demoni sono molto più abili di tutti i nostri fisiologi e psicologi, sono più esperti e scaltri di tutti i nostri uomini politici. Dopo il peccato solo la volontà angelica è mutata. Con quella libera decisione presa al momento della prova con Dio o contro Dio, la volontà degli angeli rimane o confermata nella grazia o indurita nel peccato. Per Lucifero-Satana e il suo seguito, la punizione divina fu l’eterna dannazione. Non esiste dunque alcuna possibilità di salvezza per gli angeli ribelli. A questo riguardo c’è un falso pietismo verso i diavoli che crea molta confusione e alcuni teologi parlano dl una finale riabilitazione la salvezza dì tutti i diavoli come pure di tutti gli uomini malvagi grazie alla infinita bontà e misericordia di Dio.
Lo scrittore Giovanni Papini nel suo libro “Il diavolo” pubblicato negli anni 50 fece scalpore con una tesi a dir poco ardita. Papini affer¬mava che Satana non può salvarsi da sé e Dio non può fare il primo passo; quindi agli uomini di buona volontà è offerta la possibilità di esercitare l’amore al nemico e con questo amore indurre Satana a mani¬festare il suo pentimento. In tal modo Dio lo perdonerà e ci libererà dal “male” come chiediamo nell’ora¬zione domenicale. La verità è che la situazione di ribellione a Dio da parte degli spiriti malvagi è una scelta irrevocabile. I diavoli hanno rifiutato la signoria di Dio definitivamente, per l’eternità. La loro scelta irrevocabile nasce dalla loro natura di puri spiriti che per decidere non hanno bisogno di ragiona¬menti prolungati, ma scelgono immediatamente.
San Tommaso d’Aquino afferma: “Non c’è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta come non c’è possibilità di pentimento per l’uomo dopo la morte”. Sempre San Tommaso riguardo al destino ultimo ed alle scelte dei puri spiriti dichiara: “Permangono immutabili nel bene o nel male subito dopo la prima scelta, perché finisce in quel momento il loro status viatoris; né spetta alla natura della divina sapienza la comunicazione di un’altra grazia ai demoni con cui siano richiamati dal male della prima avversione, nella quale perseverano ormai in modo irrevocabile”. Poiché il peccato degli angeli maligni fu molto più grave di quello degli uomini, molto più pesante fu il castigo loro inflitto. I diavoli, essendo spiriti, hanno un inferno peggiore degli uomini, molto più pesante fu il castigo loro inflitto.
I diavoli, hanno un maggiore dolore spirituale poiché si rendono più degli uomini, della eccellenza del bene perduto e dell’enormità della perfidia realizzata. L’inferno non deve essere visto tanto come una costrizione divina contro i demoni, ma come un prolungamento del combat¬timento degli spiriti maligni per il regno del male. L’inferno è la realizzazione piena dell’infelicità, di chi ha voluto guadagnare la sua vita, senza Dio, ma in realtà così facendo l’ha persa (Mt. l, 35). Il fallimento del Marxismo e del Nazismo nel XX secolo ci aiutano a capire meglio l’Inferno dei demoni. L’Ateismo marxista e il paganesimo occultista hitleriano con le loro false promesse hanno ingannato molti, ma alla fine entrambi hanno dimostrato di essere dei giganti con i piedi d’argilla. Queste due ideologie “diaboliche” hanno portato allo sterminio di decine di milioni di uomini nei lager e nei gulag rivelando così il loro perfido potere di distruzione e di degradazione del genere umano. Mentre Dio crea la vita, l’essere, i demoni realizzano il niente, il caos, la confusione e la perversione.
Attenzione: non è vero che gli spiriti maligni diffondono l’ateismo; essi non sono atei, sanno bene che Dio esiste ed è all’opera, nel loro progetto di destabilizzazione della terra, l’ateismo è solo un momento di transizione perché l’obiettivo che essi propongono è l’adorazione del male. Moolenburgh ha scritto: “L’inferno vuo¬le sempre dominare e appena si vede il desiderio di dominazione accompagnato da quella che sembra un’idea brillante, si dovrebbe manifestare qualche sospetto. Invece dell’abolizione del proletariato, si instaura la dittatura del proletariato, e invece di una cooperazione, la costituzione di un ordine stabilito. Messo in parole povere: l’ispirazione maligna prima o poi conduce al sospetto e all’odio e infine all’op¬pressione e all’omicidio. L’ispirazione celeste invece conduce alla fiducia e all’amore reciproci”.
Riguar¬do all’Inferno, il Nuovo Testamento insegna con la massima chiarezza che il destino degli uomini giusti e quello degli uomini empi dopo la morte e alla fine dei tempi sarà diverso. I Vangeli sono estremamente crudi al riguardo: “Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”. Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capi alla sinistra” (Mt. 25, 31-33). Il destino ultraterreno dei malvagi comporta l’esclusione definitiva di quella situazione che il Nuovo Testamento definisce “vita eterna”: “Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt. 25, 41).
Il concetto di impedimento assoluto dei cattivi dal regno celeste di Dio è assai frequente in S. Paolo: “O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? ” (1 Cor. 6, 9). Il senso delle formule di esclusione dal Paradiso sono talmente nette che non lasciano alcuna pretesa di salvezza da parte dei diavoli e dei malvagi. Riguardo all’inferno, dottrina della Chiesa Cattolica è assai chiara: esso è uno stato che tocca, nell’aldilà, a coloro che muoiono in uno stato di peccato mortale e d’inimicizia con Dio, avendo perso l’amicizia con Dio (grazia santificante) con un atto personale libero. L’idea che le pene dell’inferno debbano durare per un tempo assai lungo e poi terminare è stata condannata dai Sinodo di Costantinopoli. “Se qualcuno dice o Sostiene che il supplizio dei demoni e degli uomini empi è temporale e che avrà fine dopo qualche tempo o che vi sarà una restituzione o reintegra¬zione dei demoni e degli uomini empi, sia scomunicato”. Per il cattolico medio inferno e fuoco eterno assumono il medesimo significato; la teologia, invece, distingue due tipi di pene: quella del danno e quella del senso. Il Catechismo della Chiesa cattolica così definisce al n. 1035 la pena del danno: “La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale l’uomo può avere la vita e la felicità, per le quali è stato creato e alle quali aspira”. Oltre la pena del danno, la Bibbia afferma anche una pena del senso che tormenta diavoli e dannati e ne usa varie analogie: “lo stagno ardente di fuoco e di zolfo” (Ap. 21, 8), “la Geenna”, “le tenebre esteriori, la morte eterna, un verme che non muore” (Mc. 9, 44.46.48). S. Tommaso commenta che nel peccato, oltre all’aspetto dell’allontanamento dell’amicizia di Dio, vi è anche un eccessivo e sbagliato attaccamento alle realtà create. La pena del senso corrisponde a questo atteggiamento disordinato.
La pena del senso più ricorrente nella Scrittura e nella tradizione teo¬logica è il fuoco. Sant’Agostino lo definisce un fuoco misterioso perché, al contrario del nostro, è inestinguibile ed eterno, e perché ha il potere di tormentare sia i corpi sia gli spiriti. Il Magistero della Chiesa insegna che non si tratta di un fuoco metaforico, quale simbolo di dolori puramente spirituali, ma di un fuoco reale anche se non è da confondere con il nostro fuoco terrestre. Il Concilio di Firenze, inoltre, afferma che come il grado della felicità celeste è diverso nei singoli beati, secondo il grado dei loro meriti, così le pene dell’ inferno saranno proporzionate al numero e alla gravità delle colpe. Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, emanato da Benedetto XVI nel 2005, Al n. 108 afferma: “ Gesù accompagna la sua parola con segni e miracoli per attestare che il Regno è presente in lui, il Messia. Sebbene egli guarisca alcune persone, non è venuto per eliminare tutti i mali quaggiù, ma per liberarci anzitutto dalla schiavitù del peccato. La cacciata dei demoni annuncia che la sua Croce sarà vittoriosa sul “Principe di questo mondo” (Gv 12,31)”.
Don Marcello Stanzione
da Pontifex.Roma.it
da Baltazzar | Apr 23, 2010 | Diavolo
Durante un ufficiale esorcismo professato da un Sacerdote autorizzato ed in retta coesione con il Rituale Romano di Liberazione, ogni Prelato può, per interesse dell’umanità, estorcere preziose informazioni al demonio. Questa pratica, per quanto utile, può rivelarsi però eccessivamente rischiosa; il diavolo, difatti, nella sua dannata condizione, è in grado di mentire all’inverosimile, tanto da scoraggiare il Sacerdote nel compiere il Ministero affidatogli. Da questo si evince il motivo per cui in nessun modo un laico o un religioso non autorizzato può interrogare il Maligno, questo è tassativamente vietato dalla Santa Romana Chiesa. In un esorcismo riportato da Domenico Mondrone nel suo libro “A tu per tu col Maligno”, Satana testualmente afferma: “Non vedi che il Suo regno si sgretola ed il mio si allarga giorno per giorno sulle rovine del Suo? Provate a fare il bilancio tra i Suoi seguaci ed i miei. Tra quelli che credono nelle …
… Sue Verità e quelli che seguono le mie dottrine, tra quelli che seguono la Sua Legge e quelli che abbracciano le mie. Pensa soltanto al progresso che sta facendo l’ateismo militante, che è il rifiuto totale di Lui. Ancora poco tempo ed il mondo cadrà in adorazione dinanzi a me”.
Quest’ultima affermazione è, a mio parere, una delle tipiche menzogne del Maligno.
“Sarà completamente mio. Pensa alle devastazioni che sto portando in mezzo a voi servendomi principalmente dei vostri ministri. Ho scatenato nel Suo gregge uno spirito di confusione e di rivolta che mai finora ero riuscito ad ottenere. Avete quel vostro pecoraio vestito di bianco che tutti i giorni chiacchiera, grida e blatera, ma chi lo ascolta? Io ho tutto il mondo che ascolta i miei messaggi e li applaude e li segue. Ho tutti dalla mia parte. Ho le cattedre con le quali ho dato scacco alla vostra filosofia. Ho con me la politica che vi disgrega. Ho l’odio di classe che vi dilacera. Ho gli interessi terreni, l’ideale di un paradiso in terra che vi accanisce gli uni contro gli altri. Vi ho messo in corpo una sete di denari e di piaceri che vi fa impazzire e vi sta riducendo ad una accozzaglia di assassini. Ho scatenato in mezzo a voi una sessualità che sta riducendovi ad una sporca mandria di porci. Ho la droga che presto farà di voi una massa di miserabili larve di folli e di moribondi”.
Basta vedere tutti gli ossessi, i malati di mente, di allucinazioni e di paure frutto dell’assunzione di sostanze stupefacenti.
“Vi ho portati ad ottenere il divorzio per sgretolare le famiglie. Vi ho portati a praticare l’aborto con cui fate strage di uomini prima ancora che nascano. Tutto quello che può rovinarvi non lo lascio intentato, ed ottengo tutto ciò che voglio: ingiustizie a tutti i livelli per tenervi in continuo stato di esasperazione; guerre continue che devastano tutto e vi portano al macello come pecore; ed insieme a questo la disperazione di non potervi liberare da queste sciagure con le quali devo portarvi alla distruzione. Conosco fin dove arriva la stupidità degli uomini e la sfrutto fino in fondo. Alla redenzione di Quello che si è fatto ammazzare per voi bestie ho sostituito quella di governanti massacratori, e voi vi buttate al loro seguito come stupidissime pecore. Con le mie promesse di cose che non avrete mai, sono riuscito ad accecarvi, a farvi perdere la testa, fino a portarvi facilmente dove voglio. Ricorda che io vi odio infinitamente, come odio Colui che vi ha creati. […] .In un secondo momento mi lavorerò uno per uno i parroci rispetto al loro Pastore. Oggi il concetto di autorità non funziona più come una volta. Sono riuscito a dargli uno scossone irreparabile, il mito dell’ubbidienza sta tramontando. Per questa via la Chiesa sarà portata alla polverizzazione”.
Questa è un’altra menzogna del diavolo, Dio non permetterà mai l’annientamento della Chiesa che è corpo Mistico di Cristo.
“Intanto vado avanti con la decimazione continua dei preti, dei frati e delle suore, fino ad arrivare allo spopolamento dei seminari e dei conventi; tolti di mezzo i Suoi operai della Vigna subentreranno i miei ed avranno via libera nel loro lavoro definitivo”.
Satana infine mostrando una folla sterminata di giovani in piazza disse:
“Guarda, guarda che spettacolo meraviglioso! … È tutta gioventù passata dalla mia parte. È gioventù mia. Molta l’ho conquistata con la lussuria, con la droga e l’alcool, con lo spirito del materialismo consumistico ed ateo. Quasi tutti sono venuti su senza i soliti sciacqui battesimali. Questi giovani sono passati attraverso scuole programmate su ateismo sindacale. Lì hanno imparato che non è stato quello di Lassù a creare l’uomo. Ora sono agguerriti ad una lotta contro di Lui, che resiste a non scomparire”.
E Dio mai lo farà, non ci abbandonerà per nessun motivo, fino al giorno del Giudizio. Senza il suo aiuto, saremmo come indifese pecore consegnate ad un branco di lupi.
“Questi miei giovani hanno imparato a disfarsi di tutte le cosiddette verità eterne. Per essi esiste solo il mondo materiale e sensibile. È stato un gigantesco lavaggio al cervello, e ci serviremo di questo per tutti coloro che osassero ancora tenersi aggrappati alle vecchie credenze. Egli deve scomparire in modo assoluto sulla faccia della terra”.
Il diavolo tenta, con queste affermazioni, di scoraggiare l’esorcista, ma egli sa benissimo che il Mentitore è tale proprio perché già sa di aver perso in partenza, ma non vuole ammetterlo.
“Le poche cose di resistenza che non riusciremo ad eliminare con la nostra filosofia, le cancelleremo con il terrore. Uno dopo l’altro devono cadere ai miei piedi, abbracciare il mio culto, riconoscere che l’unico signore del mondo sono io …”.
Che il demonio sia il principe del nostro mondo non è una novità, difatti lo stesso Gesù nella Sacra Scrittura dichiara:
“Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. (Giovanni 12, 30-32).
“Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E quando sarà venuto, Egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato”. (Giovanni 16, 7-11).
Satana, inoltre, afferma:
“Io copro di rovine il mondo, lo inondo di sangue e di lacrime; io deformo ciò che è bello, rendo sordido ciò che è puro, abbatto ciò che è grande; faccio tutto il male che posso e vorrei poterlo aumentare fino all’infinito. Io sono tutto odio, niente altro che odio. Se conosceste la profondità, l’altezza e la larghezza di questo odio, avreste una intelligenza più vasta di tutte le intelligenze che vi furono fin dal principio del mondo, anche se queste intelligenze fossero riunite in una sola. E quanto più odio, tanto più soffro, ma il mio odio e le mie sofferenze sono immortali come me, perché io non posso più odiare, come non posso che vivere sempre. Ciò che accresce in me questa sofferenza, ciò che moltiplica questo odio è il pensare che io sono stato vinto, che odio quindi inutilmente e che faccio tanto male per nulla. Ma che dico per nulla? No, una gioia la ho, se posso chiamarla tale; è l’unica gioia che io abbia; quella di uccidere le anime per le quali Egli ha versato il Suo sangue, per le quali è morto, risorto e salito in cielo. Ah, si! Io rendo vana per molti la Sua incarnazione, la Sua morte; le rendo vane queste cose per le anime che uccido. Capite? Uccidere un’anima! Egli l’ha creata a Sua immagine e somiglianza, l’ha amata di un amore infinito, per lei fu crocifisso. Ma io quest’anima gliela prendo, gliela rubo, la uccido e la perdo con me. Io quest’anima non la amo, ma la odio solamente; eppure essa mi ha preferito a Lui. Come mai io dico queste cose? Vi potreste convertire anche voi! Potreste scappare da me! Eppure debbo dirle queste cose, perché Egli mi costringe. Volete sapere quanto io soffro e quanto odio? Io sono capace di odio e di dolore nella stessa misura in cui ero capace di amore e di felicità. Io, Lucifero, sono diventato Satana, l’avversario. In questo momento io ho tutta la terra nel mio pensiero, tutti i popoli, tutti i governi, tutte le leggi. Ebbene io tengo la direzione di tutto il male che si prepara. E, dopo tutto, quale vantaggio me ne viene? Io sono stato vinto già prima! Tuttavia qualche vantaggio l’ho ricavato; io Gli uccido delle anime, delle anime immortali, delle anime che Egli ha pagato sul Calvario”.
Preferisco non aggiungere successivi commenti, anche un ateo può comprendere, a malincuore, ciò che Satana è appena stato obbligato a rivelare. Se non lo avete già fatto vi prego di rileggere con attenzione questo capitolo e di confrontarne il suo conforme contenuto con la realtà che viviamo.
Tratto dal testo “il Burattinaio” di Carlo Di Pietro
da Baltazzar | Apr 1, 2010 | Chiesa, Diavolo
di Tempi
Perché il più prestigioso quotidiano liberal del pianeta mistifica i fatti intorno a vecchi casi di pedofilia pur di trascinare nel fango Benedetto XVI e innescare una campagna d’opinione che mira a ottenere addirittura le dimissioni del Pontefice? Perché è convinto che sia ora di chiudere i conti con la Chiesa cattolica, questa istituzione anacronistica che pretende di sottrarre all’arbitrio umano il criterio del bene e del male. I sacerdoti della Chiesa relativista ateista sono convinti che la storia stia dando loro ragione e sia giunto il momento di sbarazzarsi, senza andare tanto per il sottile quanto ai mezzi, di un concorrente che considerano ancora pericoloso. Il New York Times che accusa Benedetto XVI di aver insabbiato il caso di un sacerdote americano pedofilo è lo stesso giornale che nel 2006, all’indomani delle reazioni islamiste violente al discorso di Ratisbona, anziché difendere il diritto del Papa a esprimere il suo punto di vista, gli intimò di scusarsi coi musulmani “offesi”.
L’anno prima aveva definito l’appello della Chiesa cattolica italiana alla coscienza dei cittadini affinché facessero fallire il referendum sulla procreazione assistita un «atto antidemocratico» e «un’interferenza inaccettabile». E si era lagnato del fatto che «per quanto vuote possano essere le chiese italiane, la Chiesa ha una considerevole influenza sulle questioni morali». Con un presidente liberal alla Casa Bianca e la Chiesa americana demoralizzata da dieci anni di attacchi mediatici e cause giudiziarie che l’hanno presentata come un club dedito alla pedofilia e al suo occultamento, il New York Times pensa che sia tempo di un’egemonia culturale laicista incontrastata. Prima, però, bisogna liberarsi del fastidioso soglio romano. Per questo ha scatenato la sua artiglieria, confidando nel motto di Goebbels: «Ripetete una bugia mille volte e diventerà una verità».
© Copyright Tempi, 30 marzo 2010
da Baltazzar | Mar 30, 2010 | Benedetto XVI, Chiesa, Diavolo
di Antonello Iapicca
Un celebre radiocronista sportivo, Mario Ferretti, descrivendo in modo impareggiabile le gesta di Fausto Coppi coniò la celebre frase che rimase poi scolpita nella memoria di tanti appassionati: “Un uomo solo è al comando. Ha la maglia biancoceleste della Bianchi. Il suo nome è Fausto Coppi”. Mi è venuta alla mente in questi giorni nei quali ricordiamo il nostro amato Papa Giovanni Paolo II, mentre il suo successore porta su di sé il peso di molti, troppi, scandali che stanno infangando la Chiesa, ed il peso di un attacco violentissimo. Anche ora appare evidente la linea di successione che accumuna i Pontefici: incarnare nelle generazioni il Servo di Yahwè.
In un’intervista di qualche anno fa, il fido segretario di Giovanni Paolo II, don Stanislao, così riassumeva l’intimità del Papa: “La sua santità traeva forza dalla preghiera. La preghiera e l’unione con Dio erano il suo segreto. Cominciando dalla giovinezza, per tutta la vita sacerdotale, episcopale e papale, era immerso in Dio, in Lui cercava le soluzioni e i programmi del pontificato. Ciò gli dava forza e pace. Pregava sempre, anche la notte. Spesso mi alzavo al mattino prestissimo e vedevo che non era in stanza. Così andavo verso la sua cappella privata e lo trovavo che pregava da solo, spesso in ginocchio, altre volte sdraiato faccia a terra, innanzi all’altare”. La preghiera. Il suo luminosissimo esempio per tutti noi. Pregare, e trovare in Dio la pace, la certezza che anche nelle pieghe della storia, anche ora, Dio provvederà alla nostra vita. E, nella preghiera, trovare la luce per il combattimento che ci attende ogni giorno, che non è contro le creature di sangue e di carne, ma contro il demonio. Si, il demonio. “Il Papa è sempre stato cosciente della presenza reale del diavolo e lo ha sempre combattuto”, ci ripete don Stanislao. Ecco il punto, ecco una verità che ci si impone dinnanzi. E’ il demonio ad ergersi, esattamente come due millenni fa proprio di questi giorni, contro il Signore. E’ il combattimento escatologico, sono gli angeli demoniaci precipitati sulla terra a far guerra a Cristo, a coloro che portano la sua testimonianza; ed è guerra dentro e fuori della Chiesa.
In questi giorni ricordiamo con struggimento il Predecessore di Benedetto XVI, amato e venerato, l’uomo immerso in Dio, “l’uomo solo al comando nella corsa verso il Cielo, dove è giunto certamente, da dove si affaccia ogni giorno per svelarcene il mistero e indicarci il cammino. Ha un vestito bianco. Il suo nome è Giovanni Paolo II”. Ma non è solo, con lui, subito a ruota, se ne scorge un altro, anch’egli vestito di bianco. E’ il suo amico, il Cireneo che lo ha aiutato per tanti anni a portare la Croce-timone della Chiesa, che ora è passato nelle sue mani. Due gocce d’acqua, diversi ma uniti dallo stesso spirito. Due uomini soli al comando, distanti anni luce dal chiasso della politica d’accatto che ci vogliono far trangugiare, dalla cultura acre di sinistri presagi che si spaccia per civile e moderna. Sono lontani dal plotone che arranca inseguendo la vita e semina morte. Lontani, come Gesù dai farisei, che guarda alla donna adultera, la fissa con amore, la perdona. Due uomini al comando, per svelare il volto di Dio, la sua misericordia che guarda le ferite che si nascondono in ogni peccato. L’amore, la carità infinita del cuore di Dio. Due papi diversi eppure uguali nell’incarnare lo Spirito di Colui del quali sono Vicari.
E’ Lui infatti il vero ed unico Uomo al comando, il primo ad entrare nella morte e ad uscirne vittorioso. Due Papi, pastori della Chiesa sposa di Cristo, che nel crogiuolo del martirio d’ogni giorno, rivela anche in questo secolo la luce di Cristo viva nei suoi figli. Le parole di Benedetto XVI incarnano l’eredità di Giovanni Paolo II, che è l’eredità di duemila anni di storia. Le sue parole sono oggi le uniche a cui aggrapparci, per non perderci, per sperare, per camminare verso il Cielo. Giovanni Paolo II vi è entrato condotto per mano dalla Divina Misericordia. Noi tutti ci abbandoniamo al suo sguardo, ai suoi occhi colmi di tenerezza. Li contempla ora Karol il Grande, intimo dell’Amato per il quale ha vissuto. Che anche le nostre povere vite possano innamorarsi di Gesù, e tagliare, quando il Padre vorrà, il traguardo del Cielo.