da Baltazzar | Mag 22, 2013 | Biopolitica, Flatulenze, Libri
di Massimo Introvigne da www.lanuovabq.it
«Il Vaticano mi odia», afferma a un certo punto di «Inferno», il nuovo romanzo di Dan Brown, la dottoressa Elizabeth Sinskey, direttrice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e santa laica del racconto. «Anche lei? Pensavo di essere l’unico», risponde Robert Langdon, il professore di simbologia di Harvard già protagonista dei precedenti romanzi «Angeli e demoni», «Il Codice da Vinci» e «Il simbolo perduto», che svolge sempre la funzione di portavoce delle idee di Dan Brown.
L’avversione per «il Vaticano», cioè per la Chiesa Cattolica, è il filo rosso che tiene uniti i romanzi di Dan Brown. In «Angeli e demoni» – scritto prima de «Il Codice da Vinci», anche se tradotto dopo in italiano – scopriamo che la Chiesa è da secoli nemica della scienza. Ne «Il Codice da Vinci» Brown cerca di distruggere le fondamenta stessa del cristianesimo, rivelandoci che Gesù era sposato con Maria Maddalena, non pensava di essere Dio e non intendeva fondare la Chiesa. Ne «Il simbolo perduto» il romanziere americano aggiunge che la tradizionale rivale della Chiesa, la massoneria, è un’organizzazione molto più simpatica, illuminata e amica del progresso. Stavolta… e qui devo chiedere al lettore interessato a farsi sorprendere dai colpi di scena di Brown di smettere la lettura di questo articolo, perché – pur senza scendere in troppi particolari – per illustrare l’ideologia che presiede a «Inferno» è necessario dire qualcosa della trama.
Stavolta Langdon – che all’inizio del romanzo ha perso la memoria e si trova in un letto d’ospedale a Firenze – è impegnato in una corsa contro il tempo per evitare una pandemia, un’epidemia planetaria scatenata – prima di suicidarsi – dallo scienziato svizzero Bertrand Zobrist. Lo scienziato, un famoso biochimico, fa parte di un’ala estrema del Transumanesimo, un movimento realmente esistente, alle cui origini c’è il biologo Julian Huxley (1887-1975), che propugna la trasformazione della natura umana in una realtà di livello fisicamente e intellettualmente superiore attraverso l’uso senza limitazioni dell’ingegneria genetica. Nel romanzo, Zobrist si convince che gli scopi del Transumanesimo non potranno essere raggiunti, perché richiedono tempi lunghi e nel frattempo l’umanità sarà annientata dalla crescita demografica. Come spiega un’altra scienziata a Langdon, «la fine della nostra specie è alle porte, Non sarà causata dal fuoco né dallo zolfo, dall’apocalisse o da una guerra nucleare… Il collasso globale sarà provocato dal numero di abitanti del pianeta. La matematica non è un’opinione».
Zobrist ha dunque pensato a una soluzione drastica. Ha nascosto nell’acqua in un luogo molto frequentato una sacca idrosolubile, che entro pochi giorni da quando Langdon entra in scena si aprirà e libererà un virus in grado di diffondersi rapidamente nel mondo intero, risolvendo drasticamente il problema della sovrappopolazione. Aiutato dall’inevitabile bella signora, – ce n’è una diversa in ogni romanzo – di cui finirà per innamorarsi, Langdon si mette dunque alla ricerca della sacca letale. Decifra indizi lasciati dallo stesso Zobrist, fanatico cultore dell’«Inferno» di Dante Alighieri (1265-1321), che alludono alla «Divina Commedia», al pittore e storico dell’arte rinascimentale Giorgio Vasari (1511-1574) e all’astuto e controverso doge veneziano Enrico Dandolo (1107-1205), che lo portano da Firenze a Venezia e da Venezia a Istanbul. Perché Zobrist – se veramente voleva che la sacca non fosse scoperta – abbia lasciato degli indizi che un esperto di simboli può decifrare abbastanza facilmente non è veramente spiegato.
Ma l’appassionato di Dan Brown trova comunque quello che cerca: inseguimenti mozzafiato quasi in ogni capitolo, perché con Langdon corrono per trovare la sacca – senza che si capisca subito chi lavora per chi, chi finge, chi fa il doppio gioco – gli agenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità guidati dalla dottoressa Sinskey, quelli del «Consortium», una società privata di «contractor» – Brown afferma che esiste davvero, gli ha solo cambiato nome – disposta a fare qualunque cosa per il migliore offerente, e i Transumanisti discepoli di Zobrist i quali intendono assicurarsi, dopo il suicidio del loro maestro, che il suo piano giunga comunque a compimento.
Non senza un ulteriore ammonimento a saltare almeno questo paragrafo rivolto a chi vuole leggere il romanzo e lasciarsi sorprendere dal finale – che però è essenziale per capire gli aspetti ideologici – menzionerò soltanto che Langdon, per una volta, fallisce. Quando arriva al luogo dov’è nascosta la sacca, questa si è già aperta, e il virus ha ormai rapidamente contagiato quasi tutti gli abitanti della Terra. Ma non si tratta di un virus che uccide. Rende sterili, ma in alcuni casi l’organismo riesce a difendersi così che questa sterilizzazione forzata, inconsapevole e trasmissibile alle generazioni future colpisce solo un terzo degli abitanti della Terra. E alla fine Langdon, la sua bella e la stessa dottoressa Sinskey si rendono conto che Zobrist usava sì metodi discutibili e perfino criminali ma i suoi scopi erano giusti: conviene non cercare nessun antidoto e lasciare le cose come stanno. Forse lo avrebbe voluto lo stesso Dante, il cui messaggio «non riguardava tanto i tormenti dell’inferno quanto la forza dello spirito umano nell’affrontare qualsiasi sfida, anche la più terribile». Questa «laicizzazione» di Dante, che ignora il profondo cattolicesimo del poeta, ha una lunga tradizione nel mondo esoterico, ma è del tutto infondata.
Nell’epilogo del romanzo Langdon medita sul fatto che il «peccato» esiste, ma non è quello di cui parla la Chiesa Cattolica. È la «negazione» (denial), una «pandemia globale» che fa sì che cerchiamo di non pensare alla bomba a orologeria della sovrappopolazione mondiale che ticchetta e che distruggerà certamente l’umanità, distraendoci e rivolgendo la nostra attenzione ad altri problemi, tutti in realtà meno urgenti.
La Chiesa Cattolica è la principale responsabile di questo «peccato» universale. Si oppone alla sterilizzazione di massa – di cui il virus del romanzo è un’ovvia metafora – e alla «diffusione capillare degli anticoncezionali», specie in Africa. La dottoressa Sinskey spiega che il Papa e i vescovi «hanno speso un’enorme quantità di soldi e di energie per indottrinare i paesi del Terzo mondo e indurli a credere che la contraccezione sia un male». «Chi meglio di un gruppetto di ottuagenari celibi può spiegare al mondo come si fa sesso?» risponde con il consueto livore anti-cattolico Langdon. E, in uno scambio con Zobrist, la Sinskey si vanta del fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha «speso milioni di dollari per inviare medici in Africa a distribuire profilattici gratis». Non serve, risponde Zobrist: «dopo di voi un esercito ancora più numeroso di cattolici si è precipitato ad ammonire gli africani che se avessero usato i profilattici sarebbero finiti all’inferno». Per fortuna, ci hanno pensato Bill Gates, il padrone della Microsoft, e sua moglie Melinda – che per avere «coraggiosamente sfidato l’ira della Chiesa» meriterebbero di «essere santificati» – a donare «cinquecentosessanta milioni di dollari per favorire l’accesso al controllo delle nascite in tutto il mondo». Ma anche questo sforzo è arrivato troppo tardi.
Chiudendo il romanzo, si rimane perplessi. Brown non può non sapere che quello dell’esplosione demografica è un mito, un «cavallo morto» – per usare un’espressione americana – distrutto da innumerevoli studi statistici che mostrano come gran parte del mondo soffra precisamente del contrario della sovrappopolazione. L’Europa e la Russia hanno troppe poche nascite, non troppe, e i giovani sono già diventati troppo pochi per mantenere livelli adeguati di produzione, di consumo e di contribuzione pensionistica a favore di chi ha cessato di lavorare.
La Banca Mondiale prevede che la Cina avrà a breve lo stesso problema. L’Africa stessa potrebbe mantenere una popolazione ben superiore a quella attuale, con una migliore e più razionale distribuzione delle risorse. In un momento in cui da tanti grandi economisti a Putin tutti paventano semmai il «suicidio demografico» evocato dal beato Giovanni Paolo II (1920-2005) sembra paradossale che Brown si presenti a frustare il cavallo morto della sovrappopolazione, riprendendo un vecchio mito che sembrava perfino sprofondato nel ridicolo. Chi prende sul serio oggi il Club di Roma che nel 1970 prevedeva intorno al 2000 guerre mondiali per il controllo di risorse agricole che sarebbero dovute venire a mancare a causa dell’aumento della popolazione?
Ma Brown non è solo. Per rimanere a casa nostra Marco Pannella, Dario Fo, Eugenio Scalfari – per non parlare di Gianroberto Casaleggio, il vero capo del movimento di Beppe Grillo, che considera anche lui necessario ridurre da sette miliardi a un miliardo gli attuali abitanti della Terra per assicurare loro un luminoso futuro a cinque stelle – hanno cercato di rilanciare negli ultimi anni, in un coro unanime e sospetto, i vecchi miti della sovrappopolazione. Nostalgie della loro giovinezza? No, c’è una ragione precisa per questo ritorno a miti screditati. Si tratta di fare propaganda per la sterilizzazione forzata, l’aborto, l’eutanasia e anche per l’ultimo abominio, l’infanticidio dei bambini già nati – e sfuggiti all’aborto – di cui si paventano malattie gravi, mascherato sotto il nome ipocrita di «aborto post-natale» e per cui si è già cominciato a battere la grancassa.
Il virus del dottor Zobrist – purtroppo, direbbe Brown – non esiste, è solo un’invenzione da romanzo e non è possibile immetterlo nell’aria per sottoporre a sterilizzazione forzata, senza che possa in alcun modo opporsi, un terzo della popolazione mondiale e i suoi discendenti. Ma siccome la «negazione» e il non voler pensare all’inevitabile e relativamente imminente – cento anni al massimo – fine dell’umanità dovuta alla sovrappopolazione è l’unico vero «peccato», è chiaro che si deve fare qualcosa. Subito: e non manca, come in tutti i romanzi di Dan Brown, la solita avvertenza in prima pagina secondo cui tutti i riferimenti scientifici «si basano su dati reali». Così, il libro si risolve in un manifesto per quella che il beato Giovanni Paolo, Benedetto XVI hanno chiamato la cultura della morte: la cultura dei «disegni di morte» evocata da Papa Francesco nella Messa d’inaugurazione del suo pontificato. Se un virus che rende molti sterili non è disponibile, non resta che lottare contro le nascite con altri mezzi. E favorire le morti: Langdon ricorda che «negli Stati Uniti circa il sessanta per cento delle spese sanitarie serve a curare i pazienti durante gli ultimi sei mesi di vita». «Il nostro cervello capisce che è una pazzia», gli risponde la sua compagna.
da Baltazzar | Mag 22, 2013 | Cultura e Società, Flatulenze, Post-it
Il governo regionale invia una circolare agli istituti chiedendo che dal calendario scolastico venga soppresso il riferimento alla Natività sostituita da “Vacanze d’inverno”
Marco Tosatti
da Vatican Insider
Il governo del Principato delle Asturie ha deciso di contribuire all’eliminazione delle radici culturali cristiane dalla Spagna. E in particolare, la Responsabile dell’Istruzione del governo regionale, Doña Ana González Rodríguez, ha emanato una circolare, inviata a tutte le scuole che ricadono sotto la sua giurisdizione, chiedendo che sopprimano la dicitura “Natale” e “Settimana Santa” dal calendario scolastico. La signora Gonzalez impone che la vecchia dicitura, che ricorda la religione cristiana, venga sostituita con qualche cosa che possa essere accettabile per tutti, anche i non cristiani. Per esempio “Vacanze d’inverno” e “Vacanze del secondo trimestre”. Il problema è che la decisione è stata presa in maniera unilaterale , senza consultare né gli istituti interessati, né tantomeno i genitori. Naturalmente l’Osservatorio per la Libertà Religiosa e di Coscienza, (OLRC) ha inviato alla Consigliera Gonzalez una richiesta affinché tenga conto del sentimento comune e del rispetto verso le tradizione, e la esorta a impegnarsi integralmente a lavorare all’educazione globale dei giovani, così necessaria al momento attuale. “Brillante trovata della signora Gonzalez, con cui pretende dimenticare le radici cristiane della Spagna” ha commentato Maria Garcìa, portavoce dell’ORLC.
Secondo il governo socialista del Principato delle Asturie, questa decisione è stata presa per “non ferire sensibilità”. “Si sono sempre chiamati Natale e Settimana Santa, e nessuna sensibilità è stata ferita – è stato il commento dell’ORLC. – Però questa settimana del nulla, la Consigliera del governo delle Asturie si è immaginato di poterla fare, senza consultarsi con i protagonisti della comunità educativa. Qui all’ORLC non capiamo perché si possano ferire sensibilità, e chiediamo a Doña Ana González che ci spieghi le sue ragioni”.
E continua Maria Farcìa: “Per tutto questo, l’ORLC esorta la Consigliera a rinunciare alle sue aspirazioni laicista, dal momento che la Spagna è un Paese con radici cristiane che non si possono dimenticare dalla notte alla mattina”. Fra l’altro, è da notare che proprio dal Regno delle Asturie partì, molti secoli fa, il processo di riconquista del territorio iberico invaso dai musulmani provenienti dall’Africa.
Il governo socialista asturiano imita d’altronde quello che sembra essere un tentativo di molti socialismi europei. In Belgio nelle settimane passate è stata forte la polemica contro una circolare ministeriale che proibiva di parlare di “Vacanze di Pasqua”, e cambiava quel nome con quello di “vacanze di primavera”. Anche in questo caso la giustificazione era quella della “laicità” delle istituzioni pubbliche che non devono “urtare” gli immigrati non cristiani.
Così il congedo di Ognissanti a novembre si chiamerà “congedo di autunno”; le vacanze di Natale diventano le “vacanze d’inverno” e perfino Carnevale viene messo in un angolo per fare spazio a un “congedo di relax”. Nazionalisti fiamminghi e valloni hanno denunciato l’ennesimo tentativo di distruggere l’identità cristiana del Belgio.
da Baltazzar | Mag 20, 2013 | Biopolitica, Flatulenze, Post-it
Correttore di bozze da www.tempi.it
Il presente pensierino del Correttore di bozze richiede una premessa. La premessa è che il Correttore di bozze, pur essendo un pericoloso cattolico pro life, si dissocia con forza dalla Marcia per la vita perché per lui quella è roba da moderati compromessi con la modernità. I marciatori vogliono tornare all’Ottocento abolendo la 194, il Correttore di bozze vuole tornare al Medioevo ripristinando l’Inquisizione.
Ciò detto, i nemici dei nemici del Correttore di bozze sono gli amici del Correttore di bozze. Quindi oggi è stato per lui doveroso ritagliarsi un momento per gustare con la dovuta calma “A domanda rispondo”, la rubrica del Fatto quotidiano in cui Furio Colombo risponde alle lettere dei lettori. Anche l’ex direttore dell’Unità infatti ha da dirne quattro ai partecipanti della Marcia per la vita. Il suo però è più che altro un tentativo di destare le coscienze dell’Italia giusta di fronte a una palese emergenza democratica. Che ci stanno a fare, del resto, Colombo e il Fatto quotidiano se non per denunziare un dieci-quindici emergenze democratiche al giorno?
La Marcia per la vita, in particolare, avrebbe secondo Furietto «inferto il colpo di un’altra spaccatura, in un Paese già spaccato a cura di Berlusconi e dei suoi nelle leggi e nei costumi». E in effetti, francamente, la nostra povera Italia aveva già il problema del Cavaliere, dobbiamo proprio dividerci anche sulle quisquilie? Incorreggibili questi pro life. Ma che dico pro life? Quella gente è tutt’altro che in buona fede. In realtà, spiega Colombo, si tratta della «destra più accorta» che «con opportuna mossa strategica» pugnala «il cuore dell’unico partito che dovrebbe fare da sostegno (e lo fa poco, male e di rado) alle leggi di civiltà». Proprio così. Gli astuti volponi della destra si travestono da marciatori pro life per uccidere il Pd e soggiogare l’Italia alle loro leggi di inciviltà. Altro che salvare i bambini.
I bambini, semmai, continua Colombo, li salva la legge dell’aborto: «La 194 (di cui l’Italia dovrebbe essere grata al Partito Radicale) ha ridotto il drammatico evento della interruzione di gravidanza, in Italia, del 50 per cento, un risultato che nessun proibizionismo potrebbe ottenere o ha mai ottenuto». Infatti, come ormai sanno tutti, ma proprio tutti, compreso il Correttore di bozze, l’aborto è un specie di droga: uno tira l’altro, dopo di che entri nel tunnel. E non è con il proibizionismo che si combattono le droghe. Anzi, più lo Stato metterà limiti, più la gente abortirà. Magari il sabato sera, così, tanto per provare il brivido della trasgressione.
Ma torniamo al punto, che è squisitamente politico. La Marcia della vita per l’ex senatore del Pd non è altro che «una potente mossa della destra tradizionalista (che dunque si ambienta bene soprattutto nel post-fascismo)» – piccola pausa per il Correttore di bozze che sperava proprio di veder comparire la parola fascismo –, una potente mossa postfascista, dicevamo, «per mettere con le spalle al muro non solo coloro che, in Parlamento o al governo, vorrebbero difendere la 194, ma anche chi si facesse venire delle idee e pensasse di vivere in un Paese democratico in cui contano per tutti le leggi votate dal Parlamento e non i dogmi o dottrine imposte da una chiesa». Al Correttore di bozze piace questa idea di «Paese democratico» in cui una «legge votata dal Parlamento» non si può neanche contestare. Potremmo definirla una potente idea della sinistra tradizionalista (che dunque si ambienta bene soprattuto nel post-sovietismo).
E per finire, con un piccolo volo pindarico, Colombo fa notare ai lettori che proprio in questi giorni «il più grande musicista turco è stato condannato a 10 mesi di prigione “per alcuni commenti giudicati offensivi sulla religione islamica, fatti via twitter”». Ed ecco la conclusione, se riuscite a seguire il ragionamento: «Un consiglio a colleghi giornalisti, commentatori e leghisti. Attenti a giudicare con sarcasmo eventi come questi nei Paesi islamici. Potreste incorrere, senza volerlo, in una critica alla marcia anti aborto. Molto rischiosa per qualunque carriera». Fine. Bè, con oggi probabilmente Furio non se l’è giocata proprio del tutto la carriera, ma qualche sinapsi ha fatto una brutta fine.
da Baltazzar | Mag 20, 2013 | Cultura e Società, Flatulenze

Non meritano pubblicità, è vero. Una povera imbecille si è spogliata e – per protestare contro l’apertura a Berlino di una Casa dedicata alla Barbie – ha bruciato questa bambola di plastica legata su un crocifisso. Idiozia, volgarità condita dalla solita mancanza di rispetto per i simboli religiosi cristiani. Idiozia, appunto. Ho visto le immagini, e pure il filmato: poche decine di persone a guardare. Molti di più i fotografi. E così una notizia squallida e francamente disgustosa ha fatto in breve il giro del mondo, scomodando le più note Femen. Quello che sconcerta in tutto questo – ed è troppo tempo che accade – è la risonanza che fatti insignificanti (per il numero di partecipanti, in questo caso; non per la becera gravità dell’azione contro simboli cristiani) trovano sui media. E fa pensare ai giornalisti che sembrano più lacchè del disgusto che «cercatori di perle» di quel bello che eleverebbe l’esperienza umana. No, non si tratta di censura da invocare, ma di senso della realtà e di gusto e fierezza per una professione che non può diventare cassa di risonanza per il degrado umano, per la vacuità esistenziale, per ogni forma di esibizione da chiunque sia compiuta.
Abbiamo fondato i «Giuristi per la Vita», ed è già una esperienza formidabile di senso della dignità umana. Vorremmo dare avvio a una sorta di «Giornalisti per la Verità, la Bellezza e la Bontà» come, implicitamente, ha suggerito Papa Francesco.
Chissà che la finisca questa invasione del vuoto e ci si ricordi dell’uomo, della sua dignità, delle sue sofferenze, dell’anelito a un oltre, del suo diritto alla libertà, in primis quella religiosa! Che si possano leggere «buone notizie», sfatando quel superficiale luogo comune che le vorrebbe irrilevanti e noiose. Ma non sono più noiose le sfilate dei gay pride e le tette delle femen? Dopo un po’ di curiosità (a poco prezzo) sembrano un rito stantio, che interessa sempre più i fotoreporter e i guardoni che gli uomini e le donne appassionati alla loro umanità!
È finito il tempo del «MinCulPop»; non riesumiamolo con la nostra dabbenaggine e piaggeria!
da Baltazzar | Mag 13, 2013 | Biopolitica, Flatulenze, Post-it
di Leone Grotti da www.tempi.it
Le lobby per i diritti gay hanno chiesto che i gruppi cristiani contrari all’omosessualità non possano più ricevere i premi della lotteria riservati a chi realizza progetti per le classi sociali svantaggiate
Da oltre 20 anni la Lotteria nazionale inglese garantisce premi in denaro per quei gruppi religiosi – cristiani, musulmani, ebrei – che realizzano progetti comunitari a favore delle classi sociali più svantaggiate. Quest’anno le lobby che si battono per i diritti degli omosessuali hanno chiesto che molti gruppi cristiani vengano esclusi perché «diffondono letteratura anti-gay online».
ACCUSE AI PROTESTANTI. Il Guardian ha dedicato un lungo articolo ai misfatti della chiesa protestante apostolica di Cristo di Luton, la Società apostolica della rivelazione, la chiesa del nuovo testamento di Dio a Wolverhampton e altre. Tutte queste hanno ottenuto fondi negli anni passati per realizzare progetti perfettamente riusciti. Ma siccome il pastore Oluwasola di Luton ha dichiarato che «le relazioni dello stesso sesso sono straniere alla legge di Dio», la sua chiesa non avrebbe dovuto ricevere i fondi. Davanti alle accuse il pastore risponde: «Tutti i membri della chiesa la pensano allo stesso modo. La nostra chiesa non è favorevole all’omosessualità per quello che si dice nella Bibbia». Ad ogni modo, ha precisato, il progetto portato avanti con i soldi della lotteria non aveva niente a che fare con questo.
FONDAZIONE LESBICHE E GAY. La chiesa del nuovo testamento di Dio è invece accusata di essere gemellata con la chiesa di Dio nel Tennessee, la quale sostiene che «l’omosessualità va condannata come una pratica peccaminosa», pertanto si oppone «alla tendenza crescente verso la legittimazione delle unioni omosessuali». I laburisti hanno deprecato la Lotteria affermando che «appoggia gruppi di fedeli con visioni estremiste». La Fondazione lesbiche e gay si è accodata alle accuse affermando di «essere preoccupata se organizzazioni ottengono fondi pubblici, mentre discriminano apertamente i gay, le lesbiche, i transessuali e i bisessuali». Un responsabile della chiesa protestante incriminata ha risposto affermando che i soldi sono stati usati per il progetto previsto e che criticare le unioni omosessuali non è la stessa cosa che discriminare.
LIBERTÀ DI COSCIENZA. Nonostante il governo non c’entri con la distribuzione dei premi della lotteria, Hilary Benn, ministro ombra per i governi locali, ha affermato un principio importante: «I gruppi religiosi danno un contributo importante alla società. (…) Ma quando si elargiscono fondi pubblici bisogna distinguere (…). Se offri servizi alla comunità, allora la società ha il diritto di chiedere il rispetto di principi fondamentali come il trattamento equo». Sottinteso: se sei contrario alle unioni omosessuali, anche se le tue opere fanno bene alla società non verrai più finanziato.
da Baltazzar | Mag 7, 2013 | Cultura e Società, Flatulenze
Dopo l’asilo che non distingue tra bambini e bambine e la proposta di eliminare l’espressione “donna incinta” perché discrimina i trans, arriva dal paese scandinavo un’altra notizia assurda.
da www.tempi.it
I maschi devono fare la pipì seduti per ridurre la differenza tra i sessi. L’idea – per ora è una proposta di legge – arriva dalla Svezia, patria del politicamente correttissimo.
Il paese scandivano, in effetti, si era già nei mesi scorsi segnalato per altre iniziative di ugual tenore, tutte all’insegna della teoria del gender (che vorrebbe eliminare le differenze tra uomo e donna). Prima era stata la volta dell’asilo Egalia dove non ci sono più maschi né femmine, poi è stato il turno dei giocattoli neutri, quindi la messa al bando dell’omino di pan di zenzero perché razzista, infine la proposta di eliminare l’espressione “donna incinta” perché discriminatoria verso i transessuali.
Ebbene, ora è il turno del modo di fare pipì. La proposta di legge vorrebbe vietare ai maschi di rimanere in piedi davanti al water. Così si migliorerebbe l’igiene dei bagni pubblici e si educherebbero gli svedesi che nemmeno “i quei momenti lì” esiste una differenza tra uomini e donne.