Margherita Hack se ne va proprio adesso che l’ateismo dell’UAAR diventa religione

Margherita Hack se ne va proprio adesso che l’ateismo dell’UAAR diventa religione

Correttore Di Bozze da www.tempi.it

Una sentenza della Cassazione in merito a un ricorso dell’UAAR apre la strada all’equiparazione tra l’ateismo e le altre «fedi acattoliche» 

margherita-hackMargherita Hack è morta la notte scorse a Trieste. Aveva 91 anni. Il Correttore di bozze rende omaggio a una grande astrofisica italiana, che però, purtroppo per lei, i giornali ricorderanno soprattutto per l’ateismo militante. In quanto tale, in effetti, come hanno riportato quasi tutti i necrologi apparsi oggi in internet, era stata anche nominata presidente onorario dell’UAAR, acronimo di “Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti”, una simpatica «associazione di promozione sociale» composta da circa 4 mila individui che, non avendo evidentemente un cacchio da fare nella vita, passano il tempo a combattere per l’abolizione del Concordato, a promuovere lo “sbattezzo” dei cattolici e altri simili inani trastulli.

Ecco. Dovete sapere che proprio ieri l’UAAR ha vinto forse la più importante delle sue inutili battaglie. Le sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno infatti depositato la sentenza con cui stabiliscono che «anche le associazione atee e agnostiche devono ricevere dal governo la stessa tutela e gli stessi diritti riconosciuti dall’articolo 8 della Costituzione alle confessioni diverse da quella cattolica, mettendo al bando la discriminazione tra le fedi acattoliche». Il verdetto è scaturito per l’appunto da un lungo e complicato contenzioso tra lo Stato italiano e l’UAAR che il Correttore di bozze rinuncia a spiegare per non ammorbare il sabato ai suoi lettori. In pratica, comunque, secondo la sintesi del Corriere della Sera, in virtù di codesta deliberazione, di fatto «l’ateismo diventa come una religione».

Ora, se il Correttore di bozze fosse un ateo, agnostico e magari pure assòreta, un tantino si offenderebbe vedendosi paragonato a un credente “acattolico”. Quelli dell’Uaar, invece, esultano. L’Acorrettore di bozze ha trovato nel loro sito questo commento che è un inno alla vittoria di tutte le «confessioni religiose» (sic):

uaar«La Cassazione ha stabilito che in un regime di “pluralismo confessionale e culturale” quale è o dovrebbe essere il nostro deve essere assicurata “l’eguale libertà delle confessioni religiose”. In poche parole, le confessioni religiose senza intesa ora possono agire giudizialmente per costringere il governo a trattare. Si tratta quindi, lo ribadiamo, di un’importantissima vittoria di principio: le Sezioni Unite della Cassazione confermano che il diritto ecclesiastico è governato dall’eguaglianza e non dalla discrezionalità del governo. La vicenda mostra bene come le rivendicazioni Uaar non siano campate per aria, e come siano foriere di diritti anche per chi non ne fa parte, o addirittura è credente. L’impegno dell’associazione per una società dove i cittadini siano realmente considerati uguali, indipendentemente dalle loro opinioni in materia religiosa, continuerà ovviamente più determinata che mai. In un paese migliore, lo ripetiamo spesso, l’Uaar non dovrebbe nemmeno esistere».

Dato che invece, purtroppo, l’UAAR esiste, così come esiste il Correttore di Abozze, vediamo almeno di lavorare alla costruzione di un paese migliore. Tutti insieme, atei e cattolici, buddisti e correttori di bozze, acattolici e astronzi. Da parte sua l’UAAR, dopo questo grandioso trionfo della ragione sull’oscurantismo, propone al Corriere della Sera per bocca di Raffaele Carcano «”pari diritti, pari doveri”. Che significa, per dirne due, celebrare matrimoni e fare assistenza negli ospedali. “Adesso lo facciamo a discrezione del singolo centro. Ma poiché non tutti i pazienti sono credenti, non si capisce perché non possano avere adeguato sostegno”».

Nella concreta speranza di poter quanto prima assistere a matrimoni atei officiati da preti agnostici, nonché di versare l’8 per mille alla Achiesa acattolica, il Correttore di bozze si unisce all’impegno dell’UAAR per «una società dove i cittadini siano realmente considerati uguali». Se dunque già oggi gli atei debbono essere equiparati ai religiosi «indipendentemente dalle loro opinioni in materia religiosa»; e se gli apreti acattolici presto uniranno adonne e auomini nel sacro avincolo adivino dall’aamore senza più diseguaglianze; se infine i correttori di bozze scrivono liberamente cazzate come se fossero giornalisti; bè, se tutto ciò è finalmente possibile, non si capisce perché quei poveri discriminati del Ku Klux Klan non abbiano diritto di essere considerati pari ai negri.

La Cassazione s’inventa il matrimonio gay

La Cassazione s’inventa il matrimonio gay

di Tommaso Scandroglio da www.lanuovabq.it

Corte di Cassazione

Quando la realtà (giuridica) supera la fantasia. Ecco i fatti. Alessandro sposa Maria. Poi Alessandro decide di diventare Alessandra cambiando sesso. Per il nostro ordinamento giuridico se sei sposato e successivamente cambi sesso, non c’è nulla da fare: il tuo matrimonio viene sciolto automaticamente, nolenti o volenti i due coniugi. E’ questione di logica elementare: per la nostra legge il matrimonio è un vincolo che unisce un uomo e una donna. Se all’anagrafe metti mano alla rettificazione del sesso il matrimonio va a sbattere contro il muro del divorzio andando in mille pezzi. Questo è ciò che disciplina l’art 4 della legge 164/1982.

Alessandra però non ci sta e prima si reca presso il comune di Bologna, il quale comune allarga le braccia e dice che la coppia si deve rassegnare. Poi si reca in tribunale che gli/le dà ragione ma solo per una questione formale: ci deve essere comunque una sentenza di un giudice che dichiari il matrimonio defunto, non ci possono essere automatismi di sorta (però non così dice la legge). Ma il Ministero dell’Interno si oppone e in appello la coppia si vede confermato il divorzio, dato che il persistere di un vincolo a fronte del cambiamento di sesso di uno dei coniugi significherebbe “mantenere in vita un rapporto privo del suo indispensabile presupposto di legittimità, la diversità sessuale dei coniugi”.  Ma l’ex Alessandro non demorde e ricorre in Cassazione. I giudici dell’alta corte il 6 giugno scorso gli/le danno ragione e rinviano la decisione alla Corte Costituzionale perché secondo loro il divorzio imposto ai coniugi dove uno dei due ha cambiato sesso è incostituzionale dal momento che contrasta con gli artt. 2 (diritti inviolabili) e 29 (matrimonio) della Costituzione e con gli artt. 8 (vita privata) e 12 (diritto al matrimonio) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il fatto che il matrimonio è appannaggio solo di due persone di sesso diverso è oggi come oggi un’ingiustizia bella e buona secondo i giudici: “tale univoca previsione”, non riconosce “il rilievo primario di formazioni sociali in un contesto costituzionale in cui è largamente condivisa l’esigenza di riconoscere le unioni di fatto”. Ma non si parlava di matrimonio? Cosa c’entrano le unioni di fatto? Forse tutto fa brodo.

Comunque proseguiamo. Il divorzio coattivo “mina alla radice il principio di autodeterminazione del soggetto che intende procedere alla rettificazione del sesso, conseguendo a tale opzione la eliminazione per il futuro del diritto alla vita familiare, realizzato mediante la scelta del vincolo matrimoniale”. In sintesi: lo scioglimento automatico del vincolo rappresenta “un’ingerenza statuale”, è “discriminatorio” ed incide negativamente sulla “volontà individuale nell’esercizio del diritto personalissimo allo scioglimento del matrimonio”. Questo perché il matrimonio “è fondato in via esclusiva” sul “canone indefettibile del consenso”. Traduciamo per i non cassazionisti: sei tu che devi decidere quando ti vuoi sposare e sei sempre e solo tu che devi decidere quando vuoi divorziare. Non lo Stato. Così i giudici: “le scelte appartenenti alla sfera emotiva e affettiva costituiscono il fondamento dell’autodeterminazione” e “si esplicano al di fuori di qualsiasi ingerenza statuale”. Insomma la Cassazione ha detto sì ad un matrimonio con due mogli.

Un paio di riflessioni. Il peccato originale di tutto questo imbroglio giuridico sta nel fatto che c’è una legge iniqua, la n. 164/82, che permette l’incredibile: cioè che Tizio dall’oggi al domani possa venir chiamata Tizia. Quando la valanga inizia a scendere a valle è impossibile fermarla e questa vicenda giudiziaria ne è la testimonianza.

Seconda riflessione. La legge prevede lo scioglimento automatico perché la tipologia di matrimonio fatta nostra dalla costituzione è quella del matrimonio come istituto di diritto naturale, cioè quello tra un uomo e una donna. Così si legge nell’art. 29, proprio quell’articolo che per gli avvocati della coppia dichiarerebbe incostituzionale il divorzio automatico del transessuale. E’ invece puntellandosi a questo articolo che dobbiamo dire che il divorzio imposto è legittimo.

Arriviamo al terzo pensierino. Siamo onesti: i giudici di Roma meritano il nostro plauso. Questo rinvio alla Corte costituzionale è davvero una strategia furbissima per far passare il matrimonio gay. Se la Consulta darà semaforo verde affinchè Alessandra rimanga sposata con Maria, avremo il primo matrimonio tra persone dello stesso sesso, non genetico, ma anagrafico. Vero che Alessandra rimarrà biologicamente sempre Alessandro, e nessuna carta bollata potrà mai sconfessare questo dato di realtà. Ma dal punto di vista giuridico comparirà su un atto di matrimonio che una donna anagrafica è sposata con un’altra donna anagrafica. Da qui il passo è breve: in men che non si dica due lesbiche chiederanno di non essere discriminate perché anche loro, come il trans Alessandra e Maria, sono donne anagrafiche. Perché i trans possono sposarsi – o rimanere sposati, la cosa cambia poco – e le lesbiche e gli omosessuali no? Sarebbe discriminatorio.

L’applauso è ancor più meritato se andiamo a leggere questa bella foglia di fico presente nella loro pronuncia messa lì apposta per ribattere all’obiezione appena fatta: “Non può essere trascurato, peraltro, che la sfera dei diritti complessivamente connessi alla rettificazione di sesso ed al fenomeno del transessualismo è del tutto peculiare e non omologabile od equiparabile alla condizione della coppie dello stesso sesso che richiedono a vario titolo il riconoscimento delle proprie relazioni stabili”.

Ultima riflessione. Qui si vuole la botte piena e la moglie transessuale. Alessandro sapeva che se avesse cambiato sesso non poteva rimanere sposato. Le due cose sono in conflitto. “Libero” lui di cambiare sesso, ma che abbia la responsabilità di assumersi le conseguenze dei suoi atti.

Norrie da maschio è diventato femmina, infine “neutro”. L’Australia riconosce un terzo sesso

Norrie da maschio è diventato femmina, infine “neutro”. L’Australia riconosce un terzo sesso

di Leone Grotti di www.tempi.it

La Corte d’appello del Nuovo Galles del sud (Sidney) ha annullato l’obbligo di registrare una persona negli atti legali come uomo o donna. Si potrà richiedere la dicitura “imprecisato” nel campo “sesso”

australia-norrie-neutroL’australiana Norrie May-Welby è la prima «persona neutra» al mondo. Dopo tre anni di battaglia legale, la Corte d’appello del Nuovo Galles del sud (Sidney) ha annullato l’obbligo di registrare una persona negli atti legali come uomo o donna. Sulla carta di identità, certificato di nascita, morte e matrimonio oltre a maschio o femmina chiunque potrà richiedere la dicitura “imprecisato” nel campo “sesso”.

MASCHIO-FEMMINA-NEUTRO. Norrie May-Welby, uomo di 52 anni, che a 28 ha deciso di cambiare sesso con un’operazione chirurgica, non riconoscendosi più come donna, ma non sentendosi neanche uomo, ha chiesto di essere indicata come “persona neutra”, «senza alcuna identificazione sessuale, perché non mi sentivo più a mio agio con una identità unicamente femminile». Norrie, che si definisce «androgino anarchico», ha vinto la sua battaglia tre giorni fa con lo Stato del Nuovo Galles del sud.

SESSO NON È BINARIO. L’avvocato dell’uomo/donna/neutro esulta: «È la prima volta che si riconosce ufficialmente che il sesso non è binario, maschio o femmina. Questa sentenza crea un precedente importante». Norrie concorda: «È veramente importante che una specifica identità sessuale non sia forzata su nessuno. Anni dopo l’operazione è sorto il problema dei documenti: dichiarare di essere uomo era in contraddizione con il fatto di essere castrato e con le mie movenze femminili. Dire di essere donna rischiava di farmi arrestare per falso. La soluzione più semplice era quella di non avere alcuna identificazione sessuale sui documenti».

“Papà porta la gonna”: il nuovo libro di testo per le elementari consigliato agli insegnanti in Francia,

“Papà porta la gonna”: il nuovo libro di testo per le elementari consigliato agli insegnanti in Francia,

di Leone Grotti da www.tempi.it

Effetto matrimonio gay, parte seconda. Tutte le scuole elementari della Francia dovranno educare i ragazzi «all’uguaglianza di genere»

francia-papà-porta-la-gonna-matrimonio-gay-genereÈ il secondo effetto tangibile dell’approvazione di matrimonio e adozione gay in Francia: dopo la cancellazione dal codice civile dei termini “padre” e “madre”, a tutte le scuole elementari del paese è stata inviata una circolare del ministero dove «si invita fortemente» a educare i ragazzi «all’uguaglianza di genere» e a combattere in classe «l’omofobia». Per ottenere questi risultati, il testo consigliato da Snuipp, il principale sindacato degli insegnanti della scuola primaria, è “Papà porta la gonna”.

SESSI NON COMPLEMENTARI. Il libro insegna che «i sessi non sono complementari», che si possono cambiare a piacimento, «permettendo in questo modo di affrontare i temi del sessismo e dell’omofobia, che sono legati». L’Ump, il principale partito di opposizione in Francia, ha protestato affermando che con la scusa dell’omofobia «si cerca di far passare il  messaggio che si può passare da un sesso all’altro». Il partito di centrodestra ha denunciato il tentativo di «decostruzione della famiglia» e ha invitato gli insegnanti a «resistere». Olivier Vial, presidente del sindacato studenti Uni, ha lanciato per questo una petizione su internet che ha già ottenuto 270 mila firme per fermare «la teoria del gender nella scuola».

JEAN HA DUE MAMME. Il sindacato Snuipp ha anche applaudito all’iniziativa messa in atto in questi giorni dal Comune di Montpellier, che nel modulo per iscrivere i figli a scuola ha eliminato le parole “padre” e “madre”, sostituendole con “responsabile legale 1″ e “responsabile legale 2″. Per ora in Francia spetta all’educazione sessuale, obbligatoria dalle elementari alla scuola secondaria, il compito di trattare positivamente il tema dell’omosessualità e dell’omogenitorialità. Il sindacato ha anche consigliato a tutti gli insegnanti di seguire l’esempio di Gaël Pasquier, che a scuola legge il libro “Jean ha due mamme”. Inoltre, come riporta il Le Figaro, a partire da ottobre il governo di Hollande sta studiando un modo perché le famiglie composte da due papà o due mamme vengano sponsorizzate di più alle elementari.

La Francia cancella dal codice civile i termini “padre” e “madre”, sostituiti da “uno dei genitori”

La Francia cancella dal codice civile i termini “padre” e “madre”, sostituiti da “uno dei genitori”

di Leone Grotti da www.tempi.it

Effetto matrimonio gay. Il ministro della Giustizia socialista Taubira aveva detto: «Le parole padre e madre non scompariranno dal codice civile»

francia-manif-26maggio-gay8I primi effetti della legge sul matrimonio omosessuale in Francia si vedono già: le parole “padre ” e “madre” sono state cancellate. Stamattina è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto applicativo della legge Taubira che legalizza matrimonio e adozione gay in Francia, sono stati modificati il libretto di famiglia e il codice di procedura civile.

LIBRETTO DI FAMIGLIA. Prima dell’approvazione della legge nel “libretto di famiglia”, documento ufficiale rilasciato dallo Stato francese che indica tutti gli atti riguardanti lo stato civile di una famiglia, erano indicati i campi “sposo o padre” e “sposa o madre”. Queste diciture sono sparite: nei nuovi libretti sarà lasciato un campo bianco neutro per tenere conto delle famiglie composte da due padri o due madri. I vecchi libretti saranno ancora distribuiti in Francia «fino a esaurimento scorte».

CANCELLATI “PADRE” E “MADRE”. È cambiato anche il Codice di procedura civile francese (su internet è ancora disponibile quello vecchio): nella prima riga dell’articolo 1181 le parole “il padre, la madre” sono state sostituite da “uno dei genitori”. Nell’articolo 1182, nella prima riga le parole “al padre, alla madre”, sono state rimpiazzate da “a ciascuno dei genitori”. Nella quarta riga dell’articolo 1182, nella prima dell’articolo 1189 e nell’articolo 1197 le parole “padre e madre” sono state cambiate con “i genitori”. Nella prima riga dell’articolo 1184 le parole “del padre, della madre” sono state sostituite con “di ciascuno dei genitori”. I termini “padre” e “madre” sono stati cancellati anche dagli articoli 1185, 1188, 1190, 1192, 1186, 1187 e 1191. Nell’articolo 1208, infine, la frase “il padre, la madre, il tutore” è stata cambiata così: “i genitori, il tutore”.

DICEVANO IL CONTRARIO. L’8 novembre del 2012, quando il dibattito sul matrimonio gay era agli inizi e molti paventavano il rischio che «le parole padre e madre scompaiano dal codice civile», il ministro della Giustizia socialista Christiane Taubira, promotrice della legge, dichiarava: «Le parole padre e madre non scompariranno dal codice civile». In effetti in altre parti del Codice i termini “padre” e “madre” sono rimasti ma non negli articoli citati.

La Cassazione s’inventa il matrimonio gay

Unioni civili in Inghilterra. Diritti per tutti, ma non per le coppie eterosessuali

Passa la legge sulle unioni civili omosessuali in Inghilterra, ma resta inascoltato l’emendamento che l’avrebbe estesa anche alle coppie etero. Il motivo? Sarebbe costata troppo.
Morale: se i diritti fossero davvero uguali per tutti, lo Stato andrebbe in bancarotta. Meglio favorire le minoranze, perché costano meno e sono più controllabili.

Cameron David

Il 21 maggio è passata la legge sulle unioni civili (omosessuali) in Inghilterra, in seconda lettura alla Camera dei Comuni di Londra. Voti favorevoli: 366, contrari: 161. Poi sarà la volta della Camera dei Lord.
A parte i festeggiamenti della comunità LGBT, che così vede coronarsi il suo sogno d’amore, il nocciolo della questione può essere un altro.
Per contrastare la legge, qualche giorno prima, il parlamentare Tim Loughton ha proposto un emendamento particolare. Ha chiesto, con un glossario molto simile alla comunità gay, di estendere le unioni civili anche alle coppie eterosessuali.

La proposta è risultata subito spaventosa. Già perché, a parte l’amore, le civil partnership prevedono la riforma del sistema pensionistico e tutta una serie di diritti solitamente riservati al coniuge. Il Downing Street l’ha bollata immediatamente come “distruttiva”, in quanto l’estensione avrebbe avuto un costo supplementare di 4 miliardi di sterline (circa 4,7 miliardi di euro).
Rizzate le antenne, anche Cameron è corso ai ripari. Attenzione, ha detto, se passa questo emendamento non solo è a rischio il progetto di legge, ma l’intero Tesoro dello Stato.
In tempo di crisi, è meglio non farsi venire strane idee in testa.
Una vera e sana democrazia, attenta ai diritti di tutti, avrebbe bloccato il progetto. Altolà, avrebbe detto, se non si può fare per tutti, allora non si può fare per nessuno.
Invece la legge è passata tutelando solo gli interessi delle coppie omosessuali. Tanto gli etero si possono già unire in matrimonio, che bisogno hanno delle unioni civili? Oltretutto il nuovo sondaggio di YouGov conferma che il 54% della popolazione inglese è favorevole al riconoscimento delle nozze gay. Quindi, dov’è il problema?

In realtà, il percorso della legge non fa che confermare che è in atto la decostruzione della coppia e della famiglia tradizionale, e che gli Stati non hanno più intenzione di investire su di essa. La si vuole indebolire affiancandole altre definizioni che, in assenza di altri valori decisivi che non siano quelli laici, finiscono per essere “le diverse possibilità dell’amore”. Possibilità, ovviamente, tutte degne dello stesso status, posizionabili tutte sullo stesso piano.
Mettendole in comunicazione sul piano giuridico, si vuole abbassare una per innalzare l’altra.
La domanda successiva, però, non è se questo sia possibile (lo è già) e nemmeno se sia plausibile, ma è: perché?
Perché i governi si danno tutto questo gran da fare per sdoganare le unioni gay?
La risposta potrebbe giacere in un’unica parola: spaccatura. Frammentare, indebolire il fronte più grosso corrisponde al vecchio motto latino “divide et impera”, separa per comandare.
L’impressione è che l’istituzione di una società pluralista, fatta di tanti interessi particolari ma nessuno fondamentale, possa creare fette di popolazione meglio controllabili e manipolabili. Con un uso accorto dell’antilingua e di fiere parole come “libertà” (all’ombra della quale i totalitarismi sguazzano), si tenta ciò che con un confronto diretto sarebbe impossibile ottenere.

Attenzione, però. Proprio perché termine cruciale, la “spaccatura” in questo momento è utilizzata dai media solo contro i cattolici. Sono loro a voler interrompere la democrazia, a non consentire questo o quell’altro.
Secondo questa interpretazione, li si identifica come anti-sociali, come antiquati, e via di questo passo. E mentre li si accusa di spaccatura, nel frattempo si spaccano tutti i valori intorno o anche in “semplice odore” di cristianità.
Se non fosse così, non si capirebbero tanto cose. Non sarebbe chiaro, ad esempio, perché Furio Colombo definisca la Marcia per la Vita “un’altra spaccatura, in un Paese già spaccato”, con tanto di allarme per la democrazia, mentre riconoscere la coppie omosessuali non è una spaccatura nella maggioranza, né desta preoccupazioni.

Eppure dovrebbe essere esattamente il contrario. In Italia, l’88% si definisce cattolico, perché dovrebbe sembrare una frattura che 40.000 persone manifestino sulla base dell’ideologia della maggioranza?
E non è ancora più curioso che invece in Inghilterra una minoranza imponga alla maggioranza un modello di vita e di famiglia in cui non si riconosce, senza creare (secondo i media) nessuna divisione?
Quello che preoccupa, in realtà, è che questa maggioranza si accorga di quanto vale tutta insieme. Quello che preoccupa è che esistano ancora fronti compatti che non si disperdono né per denaro, né per potere, né per costumi sessuali.
Perché sarebbe ben duro imporre capitalismo aggressivo, ideologie relativiste, disoccupazione strutturale eccetera eccetera se di fronte si ha a che fare con un gruppo unito che sa bene quello che vuole. E che nella carità e nel rispetto della persona (non dei suoi pallini sessuali) sa anche come ottenerlo.
Ed è questo a far paura.

Davide Greco da www.http://www.nocristianofobia.org