Un dono non un’imposizione

Il vero significato della legge sul celibato sacerdotale
di Giuseppe Versaldi, Vescovo di Alessandria
Tratto da L’Osservatore Romano del 28 aprile 2011

Mentre sta tornando di attualità il dibattito sulla tradizione della Chiesa latina, che richiede il celibato a coloro che accedono agli ordini sacri, ritorna anche l’obiezione circa la presunta forzatura da parte della stessa Chiesa, la quale – si sostiene – imporrebbe per legge, a chi è chiamato al presbiterato, il celibato, che è invece un dono (carisma) dello Spirito. Conviene però chiarire bene qual è il significato della norma canonica in questa tradizionale scelta della Chiesa in Occidente.

Tralasciando la questione delle origini apostoliche del celibato legato al ministero sacerdotale – che, peraltro, sono sempre più convincenti – e limitandoci al problema del ruolo della legge canonica, giova riprendere il testo approvato il 7 dicembre 1965 dal concilio Vaticano II con 2. 390 voti favorevoli dei padri conciliari (con solo 4 contrari): “Il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge nella Chiesa latina a tutti coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri. Questo sacro Sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato, avendo piena certezza nello Spirito che il dono del celibato, così confacente al sacerdozio della Nuova Legge, viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento dell’ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza” (Presbyterorum ordinis, n. 16).

Come si vede, il testo conciliare contiene entrambi i termini del problema: conferma che il celibato è un dono dello Spirito, ma anche che nella Chiesa latina esiste per legge il legame tra sacerdozio e celibato, che prima era solo raccomandato. La deliberazione conciliare è stata poi formulata nel nuovo Codice di diritto canonico del 1983, al canone 277 § 1, che recita: “I chierici sono obbligati ad osservare la perfetta e perpetua castità per il Regno dei cieli, per cui sono vincolati al celibato, che è un dono speciale di Dio”. Ma come conciliare i due termini della disposizione così che, da una parte, non sia stravolta la natura del carisma e, dall’altra, possa essere mantenuta la legislazione attuale? In altre parole, cosa stabilisce la legge della Chiesa, dal momento che nessuna autorità umana può imporre il celibato a chi non lo ha ricevuto come dono dallo Spirito? In realtà, con questo legame giuridico la Chiesa d’Occidente, fin dal IV secolo con il concilio di Elvira, non imponeva il celibato a chi non ne era chiamato per dono dello Spirito, ma restringeva l’ordinazione sacra a coloro che erano anche chiamati alla castità perfetta per il Regno. La legge canonica, dunque, non altera il significato del celibato come carisma che viene dallo Spirito, ma limita l’accesso al sacerdozio a coloro che, attraverso opportuno discernimento, sono dotati anche di questo prezioso dono.

A questo punto si potrebbe obiettare che così viene violato il diritto di chi si sente chiamato al sacerdozio senza aver ricevuto la chiamata al celibato. Con Paolo VI va risposto che “la vocazione sacerdotale, benché divina nella sua ispirazione, non diventa definitiva e operante senza il collaudo e la responsabilità del ministero ecclesiale; e quindi spetta all’autorità della Chiesa stabilire, secondo i tempi e i luoghi, quali debbano essere in concreto gli uomini e quali i loro requisiti, perché possano ritenersi adatti al servizio religioso e pastorale della Chiesa medesima” (Sacerdotalis caelibatus, n. 15). In altre parole, nessuno può dirsi chiamato al sacerdozio senza il discernimento da parte della Chiesa che stabilisce i criteri oggettivi per verificare l’idoneità al sacro ministero. Ne consegue che nella Chiesa latina dal IV secolo fino a oggi, nessuno può dirsi chiamato al sacerdozio, se non è anche chiamato dallo Spirito al celibato. Due sono le conseguenze di questa chiarificazione circa il rapporto tra celibato come carisma e legge canonica che lo esige per la sacra ordinazione: a nessuno viene imposto il celibato per accedere al sacerdozio e nessuno può sentirsi privato del diritto di accedere al sacerdozio se non ha ricevuto anche il dono del celibato. Chiarito così che l’attuale legislazione non cancella la natura del celibato come carisma né viola alcun diritto soggettivo, si potrà, se si vuole, ancora discutere sulla convenienza di mantenere tale tradizione, purché non si usino false argomentazioni giuridiche non corrispondenti alla realtà. In buona sostanza, come sapientemente nella citata enciclica ricordava Paolo VI, stando la indiscutibile convenienza del legame tra sacerdozio e celibato, la radice dei problemi di infedeltà alle promesse e gli scandali passati e presenti tra i sacerdoti sono spiegabili nella maggioranza dei casi o per l’inadeguatezza della formazione al sacerdozio o per il venir meno della volontà di seguire Cristo dopo l’ordinazione oppure per errori nel discernimento vocazionale, quando viene considerato idoneo al sacerdozio chi non ha la duplice chiamata al sacerdozio e al celibato. Giustamente ancora Paolo VI ricordava che “una vita così totalmente e delicatamente impegnata nell’intimo e all’esterno, come quella del sacerdote celibe, esclude, infatti, soggetti di insufficiente equilibrio psico-fisico e morale, né si deve pretendere che la grazia supplisca in ciò la natura” (Sacerdotalis caelibatus, n. 64). D’altra parte “non si può senza riserve credere che con l’abolizione del celibato ecclesiastico crescerebbero per ciò stesso, e in misura considerevole, le sacre vocazioni: l’esperienza contemporanea delle Chiese e delle comunità ecclesiali che consentono il matrimonio ai propri ministri sembra deporre in contrario” (Sacerdotalis caelibatus, n. 49). Più di ogni altra cosa, dunque, sembra necessario rendere più efficace e attenta la formazione umana e spirituale e il discernimento vocazionale prima dell’ordinazione sacra come pure fare ogni sforzo per una reale attuazione della formazione permanente dei sacerdoti che Giovanni Paolo II definiva come “vocazione nel sacerdozio” (Pastores dabo vobis, n. 70), in cui il dono della chiamata viene continuamente ravvivato (cfr. 2 Timoteo, 1, 6) per una risposta perseverante e fedele.

Kiko Argüello evangelizza con un’opera sinfonica

Un moderno Atrio dei Gentili in Terra Santa

di Álvaro de Juana

GERUSALEMME, domenica, 24 aprile 2011 (ZENIT.org).- Evangelizzare attraverso la musica è la nuova forma di predicazione che ha preso forma nel Cammino Neocatecumenale grazie alla composizione di un’opera sinfonica il cui autore è l’iniziatore di questo itinerario di riscoperta del Battesimo, lo spagnolo Kiko Argüello.

La Domus Galilaeae, una casa di preghiera e convivenze situata sul Monte delle Beatitudini e diretta dal Cammino Neocatecumenale, è stata lo scenario di due celebrazioni in cui l’orchestra ha interpretato la sinfonia.

Questa celebrazione liturgica è composta da una monizione ambientale e dalla proclamazione della lettura di Ezechiele relativa alla spada che trapasserà l’anima della Vergine Maria, dall’omelia, da preghiere e dal Padre Nostro.

L’idea di comporre una sinfonia come mezzo di evangelizzazione è nata dopo la realizzazione del disco in spagnolo “Paloma Incorrupta” (“Colomba Incorrotta”), dedicato alla Vergine Maria, su richiesta dell’Arcivescovo di Madrid, il Cardinale Antonio María Rouco Varela, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Madrid ad agosto.

Argüello ha riunito 170 musicisti professionisti di tutta la Spagna appartenenti a questa realtà ecclesiale per iniziare a lavorare e a dar forma alla composizione musicale nel contesto delle varie convivenze (Spagna, Italia, Israele) in un clima di penitenza, preghiera e celebrazione dell’Eucaristia.

Da tutto questo lavoro è sorta una sinfonia alla “sofferenza degli innocenti” o alla sofferenza della Vergine Maria.

“Uomini buttati per strada, morti di freddo. Bambini abbandonati e raccolti in orfanotrofi dell’orrore, dove sono violentati e abusati. Quella donna che ho conosciuto in quel quartiere, con il Parkinson, abbandonata dal marito, che il figlio malato di mente picchiava con un bastone e che chiedeva l’elemosina. Sono rimasto sopraffatto di fronte a Gesù morto sulla croce presente in lei e in tanti altri”, ha spiegato Kiko Argüello circa l’ispirazione dell’opera.

“Quale mistero la sofferenza di tanti innocenti che si caricano dei peccati di altri: incesto, violenze inaudite, quella fila di donne e bambini verso le camere a gas e il dolore profondo di uno dei guardiani che dentro il proprio cuore sentiva una voce: ‘Entra nella fila e vai con loro alla morte’ e non sapeva da dove gli venisse”, ha aggiunto.

“Dicono che dopo l’orrore di Auschwitz non si può più credere in Dio, ma non è vero, perché Dio si è fatto uomo per caricarsi della sofferenza di tanti innocenti. Egli è l’innocente totale, l’Agnello condotto al macello senza aprire la bocca, che si carica dei peccati di tutti”.

Celebrazioni

La prima delle celebrazioni è stata offerta a circa 700 arabi cristiani di Gerusalemme, Tel Aviv, Haifa e di tutta la Galilea, ed è stata presieduta da Elias Shakkour, Arcivescovo greco-cattolico di Galilea. Ha partecipato anche monsignor Giacinto Marcuzzo, Vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme per Israele.

Tutti hanno assistito all’opera sinfonica in un ambiente di preghiera nel quale è stata ascoltata la spiegazione di Argüello sul motivo dell’opera. A questo scopo, ha raccontato ai presenti la sua esperienza in riferimento alla sofferenza degli innocenti e l’importanza che questo fatto ha avuto alle origini del Cammino Neocatecumenale.

La seconda celebrazione sinfonico-catechetica che ha avuto luogo nella Domus Galilaeae si è svolta davanti a più di 800 ebrei della zona e altre persone giunte da ogni parte di Israele. L’evento ha contato sulla presenza di alcuni rabbini, tra cui il rabbino Leskovie.

Questa celebrazione storica è avvenuta nel pomeriggio del Giovedì Santo e ha portato a compimento ciò Benedetto XVI segnala nella recente Esortazione Apostolica Verbum Domini: “Desidero riaffermare ancora una volta quanto prezioso sia per la Chiesa il dialogo con gli ebrei. È bene che dove se ne veda l’opportunità si creino possibilità anche pubbliche di incontro e confronto che favoriscano l’incremento della conoscenza reciproca, della stima vicendevole e della collaborazione anche nello studio stesso delle sacre Scritture”.

Visite continue

Da quando la Domus Galilaeae ha iniziato la sua attività, è stata costante la visita di ebrei della zona e di tutta la Galilea che sono attratti dalla bellezza estetica della casa e restano colpiti dall’accoglienza dei fratelli della struttura, il cui unico interesse è quello di accoglierli, come “nostri fratelli maggiori”, con le parole di Giovanni Paolo II.

La Domus Galilaeae favorisce inoltre la scomparsa dei pregiudizi che molti hanno sulla Chiesa. Gli ebrei sono guidati durante la loro visita da seminaristi che, proprio per svolgere questo compito, hanno studiato l’ebraico per un anno all’Università di Gerusalemme.

I visitatori restano così colpiti che, tornati a casa, consigliano ad altri di recarsi sul posto. Solo nel 2010 sono stati 120.000 gli ebrei di tutto Israele che hanno visitato la struttura, realizzando in questo modo il desiderio espresso in varie occasioni da Giovanni Paolo II.

Un moderno Atrio dei Gentili

L’opera sinfonica è stata inagurata davanti a circa 1.000 catechisti itineranti del Cammino Neocatecumenale in tutto il mondo in una convivenza, dopo un anticipo a Benedetto XVI nel gennaio scorso nell’Aula Paolo VI.

Nell’udienza concessa ai membri del Cammino, alla quale erano presenti i responsabili a livello internazionale, Kiko Argüello, Carmen Hernández e il sacerdote Mario Pezzi, il Pontefice ha affermato che questa realtà ecclesiale è “un dono di Dio per la sua Chiesa”.

Con la convinzione che la musica arriva là dove la parola molte volte non riesce a giungere, Argüello fa sì che la composizione musicale tocchi il cuore di quanti sono lontani della Chiesa e li commuova profondamente. Sono già varie le persone che, dopo aver ascoltato l’opera sinfonica, si sono avvicinate di nuovo ad essa e hanno riflettuto sulle proprie convinzioni, in un Atrio dei Gentili simile a quello avviato dalla Santa Sede attraverso il Pontificio Consiglio per la Cultura e il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione.

I giovani musicisti interpretano questa composizione divisa in vari movimenti: Gemito, Lamento, Spada e Perdonali. In questi giorni, Argüello ha composto nuove parti dell’opera che corrispondono al momento in cui Gesù si trova nel Getsemani e viene catturato dai romani dopo il tradimento di Giuda. La parte finale dell’opera rifletterà la risurrezione di Cristo.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

Al via il Cammino neocatecumenale

A Lugo, con il saluto del vescovo, riprendono le catechesi

Circa 30 anni fa don Ennio Vaccari, prevosto della Collegiata, avviò a Lugo nella sua parrocchia l’esperienza del Cammino Neocatecumenale.

La settimana scorsa, dopo due anni, l’esperienza Neocatecumenale è ricominciata nella parrocchia della Madonna del Molino con le catechesi e nuovi catechisti itineranti, in accordo con i parroci della Collegiata e con il vescovo Tommaso Ghirelli che nella serata di apertura delle catechesi ha rivolto loro questo saluto.

 

L’annuncio del Vangelo è un evento che da duemila anni si rinnova senza perdere nulla della sua freschezza né della sua potenza.

Così anche a partire da questa sera.

Non è possibile dire in anticipo quali effetti questo annuncio essenziale, forte e umile nello stesso tempo, produrrà nel cuore delle persone e nell’intera comunità lughese, ma di una cosa siamo certissimi: che cambierà la situazione, non lascerà le cose tali e quali. Perciò vi esorto ad ascoltare con animo aperto, lasciando alla parola di Dio l’iniziativa.

Questo annuncio è rivolto personalmente a ciascuno di noi che siamo venuti liberamente ad ascoltarlo, ci interpella e ci mette in discussione. Ci porta a riconsiderare tutte le esperienze passate e non solo la situazione attuale. Sottopone a verifica le conclusioni a cui ciascuno di noi era arrivato, perché – pur essendo recato da uomini soggetti come noi a sbagliare – viene da un Altro, il quale garantisce la propria presenza attiva. Ha detto infatti “Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo”.

È un annuncio che risponde ad attese, a problemi aperti; viene a sciogliere tensioni e fare chiarezza dentro di noi. D’altra parte, non impone nulla, propone e rispetta la libertà di ciascuno. Non impedisce quindi di rimanere o confermarsi in una condizione di pregiudizio, di poca sincerità, di risentimento, anche se viene appositamente a fare risplendere la verità e la bellezza del reale. Non pretendiamo di porre noi le domande iniziali, ma prima ascoltiamo; poi tireremo le nostre conclusioni ed esprimeremo i nostri giudizi secondo coscienza.

Così verrà superato un pericolo sempre in agguato: quello del plagio e del condizionamento negativo. Se in passato alcune persone hanno subito torti anche gravi da parte dei catechisti o di altri membri del Cammino, più che discutere conviene mettersi in ascolto del Vangelo. Se poi emergerà che sono stati inferti dei danni documentati, sarà mio dovere comminare una sanzione ai colpevoli e, nella misura del possibile, risarcire chi li ha subiti.

Anche chi è rivestito di autorità nella Chiesa per il bene dei fratelli, anzi lui per primo, è interpellato dal Vangelo, proprio mentre viene confermato in questa sua vocazione. Anche chi è già cristiano praticante, obbediente ai pastori, arricchito di esperienze spirituali, viene raggiunto e rinnovato dall’annuncio fatto in forma di kerigma. Questo vale in particolare per chi ha già fatto il cammino neocatecumenale, cammino iniziato – come è noto – una quarantina d’anni orsono, sulla scia del Concilio Vaticano II. Nessuno, neanche il catechista che lo propone, neanche il vescovo che lo autorizza, è superiore al Vangelo.

L’annuncio viene fatto a Lugo non per la prima volta, non in una parrocchia, ma – eccezionalmente – a livello cittadino, presso questo santuario della Madonna, per esprimere rispetto ed evitare giudizi, per esprimere apertura ed evitare condizionamenti derivanti dal passato. Che non sia innocuo, che provochi reazioni contrastanti, lo sappiamo e ci verrà ripetuto, quindi non si intende affatto renderlo “indolore” o ignorare le ingiustizie, attraverso la scelta di un luogo diverso dalla Collegiata, ma si intende sottolineare la novità perenne del Vangelo e aiutare ciascuno a liberarsi dai condizionamenti e dalle incomprensioni.

Il mio pensiero in questo momento va anche a quanti nel Cammino e a causa di persone ad esso legate hanno dovuto soffrire, a quanti sono scandalizzati o provano risentimento. Gesù ha detto: “E’ inevitabile che vi siano scandali, ma guai a coloro che ne sono responsabili”. Desidero incontrare nuovamente queste persone, far loro sapere che mi pongo a loro disposizione, anche se sono convinto che sia ingiusto trarre dagli errori compiuti la conclusione che i danni siano irreparabili. Infatti il bene fatto dal Cammino supera il male che vi si è insinuato. Piuttosto, vedo le catechesi che iniziano questa sera come un richiamo all’esame di coscienza, alla conversione e alla richiesta di perdono. Anch’io so di avere delle responsabilità, per le quali prego nella speranza di riuscire a riconoscerle e di riuscire a riparare.

Per parte mia dunque pongo questo inizio delle catechesi proprie del Cammino Neocatecumenale sotto la protezione della Beata Vergine del Molino, saluto tutti i convenuti e in particolare don Bettoli, ringrazio, nella persona di don Tondini, il Santuario e la sua comunità parrocchiale. Ringrazio infine i catechisti venuti appositamente da Fano e chi li ha inviati e dico loro: «Benedetto chi viene nel nome del Signore».

www.nuovodiario.com

Toni Spandri, l’apostolo della nuova evangelizzazione

Fece conoscere al Papa il Cammino Neocatecumenale

di Giuseppe Gennarini

ROMA, lunedì, 7 marzo 2011 (ZENIT.org).- Accompagnato in processione da tremila persone tra cui tantissimi giovani, il corpo di Antonio Spandri è stato deposto venerdì 4 marzo nel cimitero di Neuer Suedfriedhof, a Monaco, al termine di una cerimonia in cui tutti hanno avuto modo di congedarsi personalmente da lui gettando una manciata di terra sulla sua bara.

Toni è morto improvvisamente e inaspettatamente a Monaco lo scorso 28 febbraio mentre insieme alla moglie Bruna stava leggendo e commentando dei testi sull’iniziazione cristiana.

In mattinata è stato celebrato il funerale di questo apostolo della nuova evangelizzazione nel duomo stracolmo di Nostra Signora di Monaco e il Cardinale Paul Josef Cordes, Presidente emerito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, aveva trasmesso il dolore del Santo Padre alla notizia della sua morte. Benedetto XVI aveva conosciuto Toni come suo studente in Germania più di quaranta anni fa e da allora era sempre rimasto in contatto con lui.

“Vi invito tutti a celebrare questa festa – ha detto Bruna dopo avere ringraziato il Cardinale Reinhard Marx per aver inviato il suo vicario generale, monsignor Peter Beer, a presiedere la messa esequiale -. Abbiamo avuto desiderio che i presbiteri fossero rivestiti di bianco, e non di viola, come segno del battesimo ma soprattutto come segno della resurrezione di Gesù Cristo”.

“Caro Toni, ti ringrazio per l’amore che hai avuto per me – ha detto Kiko Argüello, iniziatore del Cammino neocatecumenale -. Ti ringrazio soprattutto perché con la tua morte mi hai concesso il dono di farmi pensare alla mia morte e questo mi ha fatto tanto bene. Spero di essere presto con te!”.

Nato a Venezia nel 1943, Spandri aveva studiato giurisprudenza a Venezia e, durante gli studi universitari alla fine degli anni Sessanta, aveva vissuto in prima persona il travaglio della Fuci, l’associazione universitaria dei cattolici: Spandri si era distinto per una ricerca di fede e di interiorità che lo portò con la moglie Bruna a studiare teologia a Tubinga. Anche qui si trovò in un’università divisa dalla contestazione e si avvicinò al professor Ratzinger e lo seguì quando questi si trasferì a Regensburg.

Attraverso un compagno di studi, Stefano Gennarini, conobbe il Cammino Neocatecumenale e contribuì alla sua introduzione nella diocesi di Venezia, grazie all’appoggio dell’allora Cardinale Albino Luciani. Quando nella parrocchia di S. Maria Formosa a Venezia nacque la prima comunità Neocatecumenale, Toni fu eletto suo responsabile. Successivamente, insieme a Bruna e a Stefano Gennarini comunicarono al professor Ratzinger la loro esperienza del cammino.

“Io ero professore a Tübingen – scrisse nel 1999 il futuro Benedetto XVI, ricordando quegli incontri – e vennero da me alcuni neocatecumeni, tra cui Toni Spandri che è stato poi mio studente per molti anni e che adesso lavora a Monaco. Quei giovani erano toccati dalla scoperta che la Chiesa ha bisogno di un nuovo catecumenato post battesimale, che deve realizzare di nuovo l’appropriazione personale e comunitaria del Battesimo in un cammino comune. Io, riflettendo sul Battesimo mi ero accorto da tempo che il Battesimo è quasi il sacramento dimenticato nella Chiesa, mentre è il fondamento del nostro essere cristiani. Avendo studiato i Padri, in particolare, avevo appreso da loro come il sacramento si realizzi in un cammino di iniziazione e per questo fui felice che si desse un nuovo inizio di questa esperienza. Quello che il Cammino Neocatecumenale aveva compreso, infatti, era appunto che, anche se siamo battezzati da bambini, dobbiamo entrare nella realtà del nostro Battesimo, dobbiamo in tutta la nostra vita, in tappe diverse, naturalmente, entrare in questa iniziazione alla comunione con Cristo nella Chiesa. Fui felice, quindi, che si aprisse così un cammino di rinnovamento di questa esperienza fondamentale della Chiesa e questo soprattutto in un tempo in cui la famiglia e la scuola non erano già più, come in passato, luoghi di iniziazione alla fede e alla comunione con Cristo nella Chiesa”.

Fu poi proprio il professor Ratzinger ad introdurre il Cammino a Monaco di Baviera scrivendo a due parroci suoi amici.

“Penso che tutti noi siamo molto grati del fatto che sia stato Toni a dare una luce al Papa – ha detto il Cardinal Cordes durante il funerale -. Siamo anche grati per tutto ciò che il Cammino ha dato alla Chiesa”.

Nel 1974 Toni e Bruna, che avevano allora due figli, lasciarono tutto – anche l’impresa ereditata – per diventare catechisti itineranti responsabili del Cammino Neocatecumenale in Germania e successivamente anche in Olanda.

Questa decisione radicale – raccontava Toni con grande gratitudine a Kiko, Carmen e al Cammino – lo aveva salvato dalla tristezza di una vita piatta e gli aveva dato una vera libertà. Ai suoi figli ricordava che da quando Cristo lo aveva chiamato a seguirlo “il vino e la gioia non sono mai mancati sulla sua tavola”.

Toni e Bruna aprirono il Cammino anche nella allora Germania comunista attraversando molte volte il check-point Charlie, il posto di confine tra le due Berlino: diverse volte vennero arrestati dai Vopos (la polizia comunista) e passarono nottate in cella, interrogati dalle guardie comuniste.

Don Mario Pezzi ha sottolineato nell’omelia l’intensità con cui Spandri ha contribuito alla nuova evangelizzazione: “Si è messo al servizio di un cammino che mira ad accompagnare i cristiani a riscoprire il loro battesimo, per poter affrontare le sfide di un mondo secolarizzato. Toni e Bruna hanno voluto servire il rinnovamento della Chiesa nello spirito del Concilio Vaticano II… Per questo hanno lasciato le loro famiglie facoltose per vivere in sobrietà e semplicità per l’evangelizzazione, aprendosi al dono dei figli”.

Toni e Bruna hanno infatti avuto dieci figli: Maria, la sesta, era in clinica per partorire il secondo figlio, quando il padre è morto, e Stefano, il settimo, si era sposato poche settimane fa ed era appena tornato dal viaggio di nozze. Toni e Bruna hanno avuto finora trentadue nipoti dimostrando, con il loro esempio, che l’insegnamento della Chiesa, sopratutto attraverso l’Humanae Vitae, non solo era profetico riguardo alla situazione di crisi dell’Europa odierna ma sopratutto era fonte di gioia e di amore.

Tante famiglie tedesche hanno seguito l’esempio di Toni e Bruna e questo spiega il numero impressionante di giovani al funerale. Nei giorni precedenti il funerale Casa Spandri, dove il corpo di Toni è rimasto esposto per tre giorni, è stata invasa da tantissime persone sopratutto giovani che raccontavano e celebravano il dono di Toni. “In questi giorni abbiamo veramente visto il cielo aperto – ha detto Tobia, il primogenito e padre di otto figli – e al termine di questi giorni possiamo dire che la forza della morte è stata spezzata. Per tutti noi oggi è Pasqua”.

Per tanti anni Toni e Bruna, di fronte alle tante difficoltà poste dalla evangelizzazione in Nord Europa, erano sempre stati incoraggiati ed appoggiati dal Santo Padre che come loro aveva tanto a cuore l’evangelizzazione della Germania.

Appena sei settimane fa Benedetto XVI aveva inviato circa 200 coppie del Cammino neocatecumenale in missione ed aveva inaugurato altre tre “missio ad gentes” nella diocesi di Colonia, in Germania. Le missio ad gentes seguite da Toni e Bruna erano così salite a sette, tre a Colonia, due a Chemnitz e due in Olanda. Ciascuna di queste missio ad gentes è costituita da un presbitero accompagnato da tre o quattro famiglie numerose che, su richiesta di un Vescovo, riceve un mandato per evangelizzare zone scristianizzate o pagane, con la missione, come dice il Vangelo, di far presente una comunità cristiana dove “siano perfettamente uno perché il mondo creda”.

Giovanni Paolo II nel 1985, al sesto Simposio dei Vescovi europei disse che per rispondere alla secolarizzazione dell’Europa era necessario ritornare al “primissimo modello apostolico”. Così queste missio ad gentes, ad imitazione del “primissimo modello apostolico”, si riuniscono nelle case in mezzo ai non battezzati. Dopo quattro anni di esperienza molte persone che mai sarebbero entrate in una chiesa, si stanno avvicinando a queste famiglie. Un filosofo ateo ha ringraziato la missio ad gentes perché senza di essa non avrebbe mai scoperto l’amore di Cristo.

Toni e Bruna avevano dedicato ultimamente sempre più energie alle missio ad gentes, esperienza verso cui anche Benedetto XVI nutre molta fiducia e speranza. Lo scorso settembre Toni e Bruna avevano partecipato all’incontro annuale che il Santo Padre tiene ogni anno a Castel Gandolfo incontrando i suoi alunni per tre giorni; alla fine si era discusso il prossimo tema per il 2011 e Toni aveva proposto come tema la “Nuova evangelizzazione”, tema che il Papa ha adottato subito con entusiasmo.

Attualmente in Germania esistono un centinaio di comunità neocatecumenali, di cui una trentina nell’Arcidiocesi di Monaco. Toni e Bruna hanno inoltre promosso la erezione in Germania di due Seminari “Redemptoris Mater” a Berlino e Colonia e di altri due in Olanda: Amsterdam e Roermond.

Nel 2005 con l’aiuto di 95 comunità tedesche e olandesi, Spandri ha gestito l’organizzazione del mega-incontro dei giovani seguito alla Giornata Mondiale della Gioventù durante il quale 2500 giovani hanno dato la loro disponibilità a seguire Gesù Cristo.

“Cari fratelli e sorelle: Toni Spandri è passato al Padre. Noi vogliamo condividere con voi la Parola che il Signore gli ha donato, aprendo il Vangelo nel momento della sua morte, per accompagnarlo nel suo passaggio al cielo”, ha scritto Bruna Spandri in una lettera. “‘Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero’ (Mt. 11,28-30). Il Signore, che  gli ha donato di portare per 40 anni la Croce di Cristo nell’evangelizzazione gli ha donato anche di trovare ristoro in LUI! Cristo è veramente risorto!”.

Tutta la diocesi e tanti fratelli piangono per la perdita di Toni: durante il funerale Bruna ha concluso così: “Alla domanda che si stanno ponendo tanti fratelli del Cammino: ‘E ora che succederà?’ non posso dire altro che questo: ‘Dio è fedele! Se amiamo Dio e il suo Figlio, Gesù Cristo, non dobbiamo temere nulla!'”.

Toni ripeteva spesso, come gli aveva detto Kiko, che un itinerante muore evangelizzando, “con i sandali ai piedi”, e così gli ha concesso Dio.

Toni Spandri, l'apostolo della nuova evangelizzazione

Fece conoscere al Papa il Cammino Neocatecumenale

di Giuseppe Gennarini

ROMA, lunedì, 7 marzo 2011 (ZENIT.org).- Accompagnato in processione da tremila persone tra cui tantissimi giovani, il corpo di Antonio Spandri è stato deposto venerdì 4 marzo nel cimitero di Neuer Suedfriedhof, a Monaco, al termine di una cerimonia in cui tutti hanno avuto modo di congedarsi personalmente da lui gettando una manciata di terra sulla sua bara.

Toni è morto improvvisamente e inaspettatamente a Monaco lo scorso 28 febbraio mentre insieme alla moglie Bruna stava leggendo e commentando dei testi sull’iniziazione cristiana.

In mattinata è stato celebrato il funerale di questo apostolo della nuova evangelizzazione nel duomo stracolmo di Nostra Signora di Monaco e il Cardinale Paul Josef Cordes, Presidente emerito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, aveva trasmesso il dolore del Santo Padre alla notizia della sua morte. Benedetto XVI aveva conosciuto Toni come suo studente in Germania più di quaranta anni fa e da allora era sempre rimasto in contatto con lui.

“Vi invito tutti a celebrare questa festa – ha detto Bruna dopo avere ringraziato il Cardinale Reinhard Marx per aver inviato il suo vicario generale, monsignor Peter Beer, a presiedere la messa esequiale -. Abbiamo avuto desiderio che i presbiteri fossero rivestiti di bianco, e non di viola, come segno del battesimo ma soprattutto come segno della resurrezione di Gesù Cristo”.

“Caro Toni, ti ringrazio per l’amore che hai avuto per me – ha detto Kiko Argüello, iniziatore del Cammino neocatecumenale -. Ti ringrazio soprattutto perché con la tua morte mi hai concesso il dono di farmi pensare alla mia morte e questo mi ha fatto tanto bene. Spero di essere presto con te!”.

Nato a Venezia nel 1943, Spandri aveva studiato giurisprudenza a Venezia e, durante gli studi universitari alla fine degli anni Sessanta, aveva vissuto in prima persona il travaglio della Fuci, l’associazione universitaria dei cattolici: Spandri si era distinto per una ricerca di fede e di interiorità che lo portò con la moglie Bruna a studiare teologia a Tubinga. Anche qui si trovò in un’università divisa dalla contestazione e si avvicinò al professor Ratzinger e lo seguì quando questi si trasferì a Regensburg.

Attraverso un compagno di studi, Stefano Gennarini, conobbe il Cammino Neocatecumenale e contribuì alla sua introduzione nella diocesi di Venezia, grazie all’appoggio dell’allora Cardinale Albino Luciani. Quando nella parrocchia di S. Maria Formosa a Venezia nacque la prima comunità Neocatecumenale, Toni fu eletto suo responsabile. Successivamente, insieme a Bruna e a Stefano Gennarini comunicarono al professor Ratzinger la loro esperienza del cammino.

“Io ero professore a Tübingen – scrisse nel 1999 il futuro Benedetto XVI, ricordando quegli incontri – e vennero da me alcuni neocatecumeni, tra cui Toni Spandri che è stato poi mio studente per molti anni e che adesso lavora a Monaco. Quei giovani erano toccati dalla scoperta che la Chiesa ha bisogno di un nuovo catecumenato post battesimale, che deve realizzare di nuovo l’appropriazione personale e comunitaria del Battesimo in un cammino comune. Io, riflettendo sul Battesimo mi ero accorto da tempo che il Battesimo è quasi il sacramento dimenticato nella Chiesa, mentre è il fondamento del nostro essere cristiani. Avendo studiato i Padri, in particolare, avevo appreso da loro come il sacramento si realizzi in un cammino di iniziazione e per questo fui felice che si desse un nuovo inizio di questa esperienza. Quello che il Cammino Neocatecumenale aveva compreso, infatti, era appunto che, anche se siamo battezzati da bambini, dobbiamo entrare nella realtà del nostro Battesimo, dobbiamo in tutta la nostra vita, in tappe diverse, naturalmente, entrare in questa iniziazione alla comunione con Cristo nella Chiesa. Fui felice, quindi, che si aprisse così un cammino di rinnovamento di questa esperienza fondamentale della Chiesa e questo soprattutto in un tempo in cui la famiglia e la scuola non erano già più, come in passato, luoghi di iniziazione alla fede e alla comunione con Cristo nella Chiesa”.

Fu poi proprio il professor Ratzinger ad introdurre il Cammino a Monaco di Baviera scrivendo a due parroci suoi amici.

“Penso che tutti noi siamo molto grati del fatto che sia stato Toni a dare una luce al Papa – ha detto il Cardinal Cordes durante il funerale -. Siamo anche grati per tutto ciò che il Cammino ha dato alla Chiesa”.

Nel 1974 Toni e Bruna, che avevano allora due figli, lasciarono tutto – anche l’impresa ereditata – per diventare catechisti itineranti responsabili del Cammino Neocatecumenale in Germania e successivamente anche in Olanda.

Questa decisione radicale – raccontava Toni con grande gratitudine a Kiko, Carmen e al Cammino – lo aveva salvato dalla tristezza di una vita piatta e gli aveva dato una vera libertà. Ai suoi figli ricordava che da quando Cristo lo aveva chiamato a seguirlo “il vino e la gioia non sono mai mancati sulla sua tavola”.

Toni e Bruna aprirono il Cammino anche nella allora Germania comunista attraversando molte volte il check-point Charlie, il posto di confine tra le due Berlino: diverse volte vennero arrestati dai Vopos (la polizia comunista) e passarono nottate in cella, interrogati dalle guardie comuniste.

Don Mario Pezzi ha sottolineato nell’omelia l’intensità con cui Spandri ha contribuito alla nuova evangelizzazione: “Si è messo al servizio di un cammino che mira ad accompagnare i cristiani a riscoprire il loro battesimo, per poter affrontare le sfide di un mondo secolarizzato. Toni e Bruna hanno voluto servire il rinnovamento della Chiesa nello spirito del Concilio Vaticano II… Per questo hanno lasciato le loro famiglie facoltose per vivere in sobrietà e semplicità per l’evangelizzazione, aprendosi al dono dei figli”.

Toni e Bruna hanno infatti avuto dieci figli: Maria, la sesta, era in clinica per partorire il secondo figlio, quando il padre è morto, e Stefano, il settimo, si era sposato poche settimane fa ed era appena tornato dal viaggio di nozze. Toni e Bruna hanno avuto finora trentadue nipoti dimostrando, con il loro esempio, che l’insegnamento della Chiesa, sopratutto attraverso l’Humanae Vitae, non solo era profetico riguardo alla situazione di crisi dell’Europa odierna ma sopratutto era fonte di gioia e di amore.

Tante famiglie tedesche hanno seguito l’esempio di Toni e Bruna e questo spiega il numero impressionante di giovani al funerale. Nei giorni precedenti il funerale Casa Spandri, dove il corpo di Toni è rimasto esposto per tre giorni, è stata invasa da tantissime persone sopratutto giovani che raccontavano e celebravano il dono di Toni. “In questi giorni abbiamo veramente visto il cielo aperto – ha detto Tobia, il primogenito e padre di otto figli – e al termine di questi giorni possiamo dire che la forza della morte è stata spezzata. Per tutti noi oggi è Pasqua”.

Per tanti anni Toni e Bruna, di fronte alle tante difficoltà poste dalla evangelizzazione in Nord Europa, erano sempre stati incoraggiati ed appoggiati dal Santo Padre che come loro aveva tanto a cuore l’evangelizzazione della Germania.

Appena sei settimane fa Benedetto XVI aveva inviato circa 200 coppie del Cammino neocatecumenale in missione ed aveva inaugurato altre tre “missio ad gentes” nella diocesi di Colonia, in Germania. Le missio ad gentes seguite da Toni e Bruna erano così salite a sette, tre a Colonia, due a Chemnitz e due in Olanda. Ciascuna di queste missio ad gentes è costituita da un presbitero accompagnato da tre o quattro famiglie numerose che, su richiesta di un Vescovo, riceve un mandato per evangelizzare zone scristianizzate o pagane, con la missione, come dice il Vangelo, di far presente una comunità cristiana dove “siano perfettamente uno perché il mondo creda”.

Giovanni Paolo II nel 1985, al sesto Simposio dei Vescovi europei disse che per rispondere alla secolarizzazione dell’Europa era necessario ritornare al “primissimo modello apostolico”. Così queste missio ad gentes, ad imitazione del “primissimo modello apostolico”, si riuniscono nelle case in mezzo ai non battezzati. Dopo quattro anni di esperienza molte persone che mai sarebbero entrate in una chiesa, si stanno avvicinando a queste famiglie. Un filosofo ateo ha ringraziato la missio ad gentes perché senza di essa non avrebbe mai scoperto l’amore di Cristo.

Toni e Bruna avevano dedicato ultimamente sempre più energie alle missio ad gentes, esperienza verso cui anche Benedetto XVI nutre molta fiducia e speranza. Lo scorso settembre Toni e Bruna avevano partecipato all’incontro annuale che il Santo Padre tiene ogni anno a Castel Gandolfo incontrando i suoi alunni per tre giorni; alla fine si era discusso il prossimo tema per il 2011 e Toni aveva proposto come tema la “Nuova evangelizzazione”, tema che il Papa ha adottato subito con entusiasmo.

Attualmente in Germania esistono un centinaio di comunità neocatecumenali, di cui una trentina nell’Arcidiocesi di Monaco. Toni e Bruna hanno inoltre promosso la erezione in Germania di due Seminari “Redemptoris Mater” a Berlino e Colonia e di altri due in Olanda: Amsterdam e Roermond.

Nel 2005 con l’aiuto di 95 comunità tedesche e olandesi, Spandri ha gestito l’organizzazione del mega-incontro dei giovani seguito alla Giornata Mondiale della Gioventù durante il quale 2500 giovani hanno dato la loro disponibilità a seguire Gesù Cristo.

“Cari fratelli e sorelle: Toni Spandri è passato al Padre. Noi vogliamo condividere con voi la Parola che il Signore gli ha donato, aprendo il Vangelo nel momento della sua morte, per accompagnarlo nel suo passaggio al cielo”, ha scritto Bruna Spandri in una lettera. “‘Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero’ (Mt. 11,28-30). Il Signore, che  gli ha donato di portare per 40 anni la Croce di Cristo nell’evangelizzazione gli ha donato anche di trovare ristoro in LUI! Cristo è veramente risorto!”.

Tutta la diocesi e tanti fratelli piangono per la perdita di Toni: durante il funerale Bruna ha concluso così: “Alla domanda che si stanno ponendo tanti fratelli del Cammino: ‘E ora che succederà?’ non posso dire altro che questo: ‘Dio è fedele! Se amiamo Dio e il suo Figlio, Gesù Cristo, non dobbiamo temere nulla!'”.

Toni ripeteva spesso, come gli aveva detto Kiko, che un itinerante muore evangelizzando, “con i sandali ai piedi”, e così gli ha concesso Dio.

E’ morto a Monaco Toni Spandri

E’ morto improvvisamente lunedì sera nella sua casa, a Monaco di Baviera, Toni Spandri, 67 anni, catechista itinerante del cammino neocatecumenale, lì presente con la famiglia dal 1974. Sposato con Bruna, era padre di 10 figli, di cui una oggi residente a Venezia. Membro della prima comunità di S. Maria Formosa a Venezia, laureato in legge, ha studiato teologia a Tubingen e Regensburg, avendo come professore l’attuale papa Ratzinger. Nei primi anni settanta, conosciuta l’esperienza nascente del cammino, si è adoperato per poter iniziare le catechesi anche nel Patriarcato. Con la moglie Bruna era responsabile delle comunità di Germania e da qualche anno anche dell’Olanda e seguiva la pastorale vocazionale dei seminari “Redemptoris Mater”.

Toni Spandri si può dire che abbia fatto conoscere il Cammino neocatecumenale a Joseph Ratzinger, verso la metà degli anni Sessanta. “Io ero professore a Túbingen – ricordava il futuro Benedetto XVI – e vennero da me alcuni neocatecumeni, tra cui Toni Spandri che è stato poi mio studente per molti anni e che adesso lavora a Monaco. Quei giovani erano toccati dalla scoperta che la Chiesa ha bisogno di un nuovo catecumenato post‑battesímale, che deve realizzare di nuovo l’appropriazione personale e comunitaria del Battesimo in un cammino comune”.
“Io, riflettendo sul Battesimo – continua il card. Ratzinger nel corso di un dialogo del 1999 con mons. Stanislao Rylko, Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici – mi ero accorto da tempo che il Battesimo è quasi il sacramento dimenticato nella Chiesa, mentre è il fondamento del nostro essere cristiani. Avendo studiato i Padri, in particolare, avevo appreso da loro come il sacramento si realizzi in un cammino di iniziazione e per questo fui felice che si desse un nuovo inizio di questa esperienza. Quello che il Cammino Neocatecumenale aveva compreso, infatti, era appunto che, anche se siamo battezzati da bambini, dobbiamo entrare nella realtà del nostro Battesimo, dobbiamo in tutta la nostra vita, in tappe diverse, naturalmente, entrare in questa iniziazione alla comunione con Cristo nella Chiesa. Fui felice, quindi, che si aprisse così un cammino di rinnovamento di questa esperienza fondamentale della Chiesa e questo soprattutto in un tempo in cui la famiglia e la scuola non erano già più, come in passato, luoghi di iniziazione alla fede e alla comunione con Cristo nella Chiesa”.
In Germania si era dedicato a tempo pieno all’evangelizzazione, viaggiando spesso per tutto il paese. Grazie a lui erano nate comunità anche nella Germania orientale, durante il regime comunista. Faceva parte del Collegio elettivo del Cammino neocatecumenale, organo previsto dallo Statuto per la nomina dell’équipe responsabile internazionale, in caso di scomparsa dei due iniziatori Kiko Argüello e Carmen Hernández.
I funerali avranno luogo venerdì 4 marzo alle 11.00 nella cattedrale di Monaco. Sono attese circa duemila persone.

da www.gvonline.it