Ordinati 35 diaconi dell’Opus Dei a Roma

La solenne cerimonia si è tenuta nella basilica di Sant’Eugenio

ROMA, lunedì, 7 novembre 2011 (ZENIT.org).- 35 fedeli dell’Opus Dei hanno ricevuto sabato 5 novembre l’ordinazione diaconale dalle mani di Mons. Javier Echevarría. La cerimonia si è tenuta nella basilica di Sant’Eugenio (Roma) dove, fra sei mesi, sarano ordinati sacerdoti. I nuovi diaconi provengono dai seguenti Paesi: Argentina, Benin, Bolivia, Brasile, Colombia, Filippine, Italia, Kenya, Messico, Perù, Polonia, Spagna e Svizzera.

Durante l’omelia, il vescovo consacrante si è soffermato su “una condizione essenziale che sta alla base della efficacia di ogni ministero ecclesiale, e anche di ogni esistenza cristiana: un’intensa vita di orazione (…) Oggi più che mai, quando siamo assorbiti da tante attività e impegni, è necessario trovare dei momenti concreti per parlare con Dio”. Mons. Echevarría ha aggiunto: “E non dimentichiamo che frequentare il sacramento della Confessione è un altro modo di pregare, perché il perdono di Dio aiuta a fare orazione con pace”.

“Se, con l’aiuto dello Spirito Santo, prendiamo sul serio i tempi da dedicare all’orazione -ha detto il Prelato-, resteremo meravigliati dei loro effetti nella nostra vita e in quella degli altri: saremo più sereni e contenti, perché le preoccupazioni svaniranno come la nebbia alla luce del sole; saremo più attenti al servizio degli altri; eseguiremo meglio il nostro lavoro e contribuiremo a fare nel mondo una semina abbondante di pace e di gioia. Vi consiglio di portare alla vostra meditazione e alla vostra preghiera vocale, la Persona e le intenzioni del Papa, i vescovi, i sacerdoti e i seminaristi, i religiosi e la santità delle nostre sorelle e dei nostri fratelli che vivono da cristiani nel bel mezzo della strada, come amava dire il fondatore dell’Opus Dei”.

Uno dei diaconi più giovani è Janvier Mahougnon Gbenou, nato 31 anni fa, il cui Paese -il Benin, la culla del Vudú dove ora fiorisce il cristianesimo- accoglierà Benedetto XVI fra pochi giorni. Alla domanda, “hai paura di ordinarti sacerdote?”, Janvier risponde: “No, no. Al contrario, ho tre motivi per sentirmi sicuro. Il primo è sapere di essere aiutato dalla preghiera di molti cristiani. Il secondo motivo è che, una volta ordinato sacerdote, sarà mio compito trasmettere la grazia e il messaggio di Cristo. Trasmettere, e non inventare o improvvisare. Ciò che darò non sarà mio, ma di Cristo. Infine, mi sento sicuro perché so di essere nelle mani della Vergine Maria, la Madre di tutti i sacerdoti”. (l’intervista completa si trova su: http://www.opusdei.it/art.php?p=45995).

I Focolarini accolgono con gioia l’annuncio dell’Anno della Fede

La dichiarazione della presidente Maria Voce

ROMA, giovedì, 20 ottobre 2011 (ZENIT.org) – “È con sorpresa e grande gioia e gratitudine che abbiamo accolto l’annuncio del prossimo “Anno della fede” indetto da Papa Benedetto XVI. E ancor più la sua lettera apostolica “Porta fidei”, con cui egli indice tale anno, che avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel 50° dell’apertura del Concilio Vaticano II”. Lo ha dichiarato la presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce.

“Ancora una volta si coglie la forte spinta dello Spirito Santo in questa iniziativa che giunge puntuale in questo momento della storia – ha aggiunto Maria Voce -. I giovani della Gmg, le famiglie, i lavoratori e i giovani che scendono nelle piazze, inaugurano nuove primavere e invocano profonde riforme sociali; sono segnali che dicono quanto l’umanità oggi sia alla ricerca di cambiamento”.

“Rilanciati con ancor maggiore vigore dal ‘mandato’ del Papa – ha poi proseguito – ci siamo impegnati a ritornare alla radicalità degli inizi del Movimento, a rievangelizzare innanzitutto noi stessi, per poi irradiare il Vangelo, con la sua forza di trasformazione, sull’umanità che ci circonda. Ancora oggi – come scriveva Chiara Lubich già nel 1948 – ‘il mondo ha bisogno di una cura di Vangelo’”.

La leader focolarina ha poi ricordato le parole di papa Benedetto XVI che esortava a testimoniare la fede della parola vissuta “come esperienza di un amore ricevuto”, “comunicata come esperienza di grazia e di gioia”.

Maria Voce ha poi ricordato i primi anni di attività del Movimento dei Focolari, durante i quali “era una novità la comunione delle esperienze della vita della Parola”, capaci di “generare l’incontro vivo con Gesù, di far di persone disperse una comunità”.

Questa comunione, secondo la presidente dei Focolari si riscontra nelle parole del Santo Padre, che “ci ha ricordato che non si affronta questa impresa da soli, ma in compagnia. Vogliamo intensificare quella esperienza di comunione e fraternità nei nostri ambienti: nei parlamenti, nelle fabbriche, nei quartieri, nelle università, nelle famiglie, perché è nella comunione che il Risorto stesso si fa spiritualmente presente, tocca i cuori e trasforma”.

In missione nel profondissimo est

Il grande sonno di Chemnitz, il sogno delle famiglie neocatecumenali

Fuori il sole è ancora alto, ma le strade alle otto sono già semideserte. Theater Strasse 29, un vecchio palazzo appena ristrutturato che sa ancora di calce fresca. Delle famiglie neocatecumenali a Chemnitz ciò che più ti colpisce, quando le vedi insieme come questa sera, sono i figli: sei coppie, ciascuna con nove o dodici o anche quattordici ragazzi. In tutto sono una settantina, adolescenti o da poco sposati. E guardi le loro facce, i loro occhi lucenti, e pensi: che meraviglia, e che ricchezza abbiamo perso noi, europei del figlio unico (mentre da una stanza accanto arriva perentorio lo strillo di uno dei primi nipoti).

Commuove, la piccola folla di ragazzi cristiani stasera a Chemnitz, ex Karl-Marx-Stadt. Perché in quest’angolo di ex Ddr la civiltà nacque, nell’anno 1136, da un pugno di monaci benedettini, che fondarono un’abbazia; e si erano portati dietro delle famiglie cristiane che vivevano attorno al convento e disboscavano le foreste, per farne terra da coltivare; e anche quelle famiglie avevano dieci figli ciascuna. Che la storia possa ricominciare, quando sembra finita? Te lo domandi in questa città silenziosa e spenta, dove un abitante su quattro è vecchio, e spesso solo, e soli sono i figli unici di famiglie disfatte. La gente di qui si volta, se una famiglia neocatecumenale esce con anche solo una metà dei suoi figli. E se un compagno di scuola capita a casa a pranzo, incredulo fotografa con il cellulare la lunga tavolata.

La missio ad gentes di Chemnitz, composta di due comunità, ciascuna accompagnata da un sacerdote, è formata da due famiglie italiane, due spagnole, una tedesca e una austriaca. I padri, in patria, avevano un lavoro sicuro. Negli anni ’80 partirono per la prima missione. Li mandò il fondatore del Cammino neocatecumenale Kiko Arguello, accogliendo un desiderio di Giovanni Paolo II: cristiani che riportassero il Vangelo nelle periferie delle metropoli occidentali. Andrea Rebeggiani, professore di latino e greco, lasciò con la moglie e i primi cinque figli la sua casa a Spinaceto, periferia sud di Roma, e approdò nel marzo 1987 in una Hannover sommersa da una tempesta di neve. Anche Benito Herrero, ricco avvocato catalano, abbandonò tutto e venne qui, a studiare tedesco alle scuole serali assieme ai profughi curdi.

E già era una straordinaria avventura. Ma nel 2004 il Cammino neocatecumenale immaginò un altro passo: famiglie accompagnate da un sacerdote si sarebbero trasferite nelle città più secolarizzate, semplicemente per stare tra la gente ed essere il segno di un’altra vita possibile. Una struttura, in sostanza, benedettina. Il vescovo di Dresda, Reinelt, invitò i neocatecumenali a Chemnitz, della ex Ddr forse la frontiera più dura. E di nuovo queste famiglie partirono.

Non solo i genitori, ma anche i figli, liberamente, uno per uno. «Avevamo solo cinque o sei anni quando abbiamo lasciato il nostro paese – spiega oggi Matteo, figlio di Andrea – ora siamo grandi, questa volta è la nostra missione». Difficile la vita a Chemnitz, in questa provincia povera che sa ancora di Ddr, per dei ragazzi cresciuti all’Ovest. Qualcuno soffre, se ne va. Poi, quasi sempre, ritorna. Dura la vita dei padri, di nuovo in cerca di lavoro a cinquant’anni. Se lo stipendio non basta, si vive degli assegni familiari del welfare tedesco e dell’aiuto delle comunità neocatecumenali di provenienza. In un legame forte: in patria, per queste famiglie le comunità recitano costantemente il rosario; in estate mandano qui i ragazzi, a fare la missione cittadina. (Un’esplosione di allegria per le solitarie vie di Chemnitz, da quei gruppi di adolescenti romani o spagnoli. Discussioni alla porte del cimitero: «Sapete che le ossa dei vostri morti risorgeranno, un giorno?».

I più, della gente di Chemnitz, alzano le spalle e se ne vanno: «Soprattutto i vecchi, sembrano non tollerare di sentire parlare di Dio»). Ma la vera missione, dice l’avvocato Herrero, «è essere qui». Qui nella vita quotidiana, dietro ai banchi o al lavoro, tra gente che ti guarda e non capisce, che domanda e si stupisce; scontrosa, diffidente, impaurita (quante sette che cercano adepti, per queste strade semivuote). Essere qui: come Maria, 27 anni, maestra in un asilo dove tanti genitori sono già divisi, e testimoniare di una famiglia in cui ci si vuole bene per sempre.

Come uno dei ragazzi spagnoli, barista d’estate in una gelateria: ha incuriosito il proprietario, che una sera è venuto a sentire la catechesi, e poi è ritornato. Piccolissimi numeri: ma non c’è smania di proselitismo in questa gente. Già lieti d’essere qui: «La missione prima di tutto educa noi e i nostri figli all’umiltà. Non siamo dei superman, ma uomini come gli altri, fragili e paurosi». Paurosi? A noi sembra che ci voglia un coraggio da leoni per mollare tutto e con una nidiata di bambini partire per un paese sconosciuto.

Da dove viene il coraggio? «Dio – ti rispondono – chiede all’uomo ciò che ha di più caro, proprio come lo chiese ad Abramo, che offrì suo figlio Isacco. Ma se offri tutto a Dio, scopri che lui ti dona molto di più. Ed è fedele, e non ti abbandona». Che storie, fra questi cristiani che invecchiano lietamente in una corte di figli e nipoti. C’è il professore ex sessantottino che a trent’anni si sentiva finito e disilluso, e ora ha 9 figli e 7 nipoti, più 3 in arrivo. C’è l’informatico che da adolescente ha sofferto dell’abbandono del padre, e ha perso la fede; e sa cosa possono avere in testa questi ragazzi di Chemnitz, con i loro affetti divisi. Ragazzi che invidiano i suoi figli: «Che fortuna – dicono spesso – voi tornate da scuola e mangiate tutti assieme. Noi mangiamo soli, o con il gatto», in un lampo di nostalgia di una famiglia vera. ».

Ci sono segni capaci di toccare anche il cuore dei più lontani – dice Fritz Preis, da Vienna – e noi siamo qui per portarli a questa gente». Ma quale motore spinge un così sbalorditivo lasciare ogni certezza? «Io ho fatto tutto questo per gratitudine – risponde l’avvocato catalano – gratitudine per mia moglie, per i figli, per la vita, per tutto quello che Dio mi ha dato». Taci, perché un cristiano “normale”, già in affanno con i suoi pochi figli nel suo paese, resta muto davanti alla fede di queste famiglie; testimoni di un Dio che chiede tutto, ma dà molto più di quanto ha ricevuto. Taci, davanti alla serenità delle quattro sorelle laiche che assistono le famiglie nelle necessità quotidiane: «Io volevo semplicemente mettermi al servizio di Dio», dice Silvia, romana, con un sorriso che trovi raramente nelle nostre città. Le vedranno, queste facce, questa singolare letizia, qui, dove non credono più in niente? Quando i neocatecumenali spiegano che sono venuti da Roma e Barcellona, per annunciare che Cristo è risorto, la gente di Chemnitz si ritrae turbata, come disturbata in sonno pesante. Talvolta rispondono: «Vorremmo crederci, ma non ne siamo capaci».

Due generazioni senza Dio sono tante, per la memoria degli uomini. Ma quando, un giorno, alcuni dei figli del professor Rebeggiani si sono messi a cantare – per la pura gioia di farlo – dal balcone di casa l’antico canto “Non nobis Domine”, i vicini si sono affacciati, e sono rimasti ad ascoltare. E una vedova ha chiesto ai ragazzi di cantare lo stesso canto al cimitero, in memoria del marito morto. Così è stato, e fra i presenti uno è si è avvicinato, alla fine: «Da tanto tempo – ha detto – non sentivo qualcosa che mi desse una speranza». Chissà, ti chiedi, se anche per quel pugno di monaci benedettini e di laici arrivati qui nel 1136 non sia cominciata così: con lo stupore di uomini che intravedevano in loro una bellezza, e ne provavano una misteriosa nostalgia.

Marina Corradi da Avvenire

Il Cammino Neocatecumenale prepara un missione in Europa per la GMG

40.000 giovani da tutto il continente si riuniranno questo finesettimana a Düsseldorf

 

MADRID, giovedì, 26 maggio 2011 (ZENIT.org).-In preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Madrid il prossimo agosto, Kiko Argüello e Carmen Hernandez, iniziatori del Cammino Neocatecumenale, e il padre Mario Pezzi si incontreranno con 40.000 giovani provenienti da tutta l’Europa.

L’incontro si svolgerà il 29 maggio prossimo, alle ore 15, nella Esprit Arena a Düsseldorf e sarà presieduto dal Cardinal Joachim Meisner, Arcivescovo di Colonia, secondo quanto ha spiegato lo stesso Argüello a ZENIT.

Sulla via di Düsseldorf, questi giovani faranno delle ‘missioni cittadine’ in tutta la Germania annunciando Gesù Cristo attraverso la loro esperienza ed invitandoi giovani a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid con il Santo Padre Benedetto XVI. Durante l’incontro, prima della chiamata vocazionale, sarà eseguita l’opera sinfonica “La sofferenza degli innocenti”, composta da Kiko Argüello.

L’incontro nell’Esprit arena si svolgerà in lingua italiana e sarà tradotto in otto lingue. Prima dell’incontro, alle ore 14:30 nella sala d’ingresso dell’ Hotel Tulip Inn, all’interno dell’Esprit arena di Düsseldorf vi sarà una conferenza stampa durante la quale Kiko Argüello, Carmen Hernandez e il padre Mario Pezzi si incontreranno con i giornalisti.

Perché questo incontro in preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid?

Kiko: Questo incontro a Madridsarà un evento importantissimo per il futuro dell’Europa e vogliamo preparare i giovani. A Madrid verranno circa duecentomila giovani dalle comunità neocatecumenali di tutto il modo e ciascun gruppo lungo il cammino si fermerà alcuni giorni ad evangelizzare in un villaggio o una città.

Perché presentare ai giovani questa sinfonia come preparazione a Madrid?

Kiko: In questa piccola opera si presenta la Vergine Maria sotto la croce, contemplando il supplizio di suo figlio, sottomessa allo scandalo della sofferenza degli innocenti nella sua carne, nella carne del suo figlio: “Ahi, che dolore”, canta una voce mentre una spada attraversa la sua anima. La sofferenza degli innocenti:uomini gettati per la strada, morti di freddo; bambini abbandonati e raccolti in orfanatrofi da orrore, dove sono violentati e abusati; quella donna che conobbi malata di Parkinson, abbandonata dal marito alla quale il figlio malato di mente colpiva con il bastone e che chiedeva l’elemosina davanti a casa mia; file di donne e bambini nudi che vanno verso le camere a gas… che mistero la sofferenza degli innocenti che si caricano con il peccato degli altri!

Questo concerto è stato eseguito anche in Israele davanti a un nutrito gruppo di ebrei che sono rimasti molto impressionati. Rabbi Rosen ha detto: “Abbiamo sperimentato qualcosa di veramente magnifico, …questo magnifico opus ha dimostrato una profonda risonanza con l’identità ebraica, con la sofferenza ebraica e con la speranza ebraica”. Anche Rabbi Levkovitz è rimasto impressionato: “Dopo una musica che esprime tanto dolore, è veramente difficile parlare. Questa musica, per me, ha espresso tanta sofferenza che c’è nel mondo. Ho imparato molto da questa musica, perché la musica è qualcosa che proviene dall’anima, da un luogo interiore. Sono venuto qua a dire che mi sento come ai giorni del Messia!”. E la direttrice del conservatorio di Gerusalemme ha detto: “Non avevo idea di quanto mi sarei commossa e di come mi avrebbe cambiata per tutto il resto della mia vita…ho sentito una grandezza e purezza di fede, di amore e di solidarietà` che mi ha lasciata attonita… questa musica ha cambiato qualche cosa in me e ora mi sento connessa ad un’altra realtà universale”. Perchè, in quell’occasione, ha dedicato questo concerto alle vittime dell’olocausto?

Kiko: Alcuni dicono che dopo l’orrore di Auschwitz ormai non si può credere in Dio. Nietzsche scrisse: “Se Dio esiste e non aiuta a quelli che soffrono, è un mostro. E se non può aiutarli, non è Dio, non esiste”. No! Non è vero! Dio si è fatto uomo per caricarsi con la sofferenza di tutti gli innocenti. Una guardia ad Auschwitz racconta che vedendo quella fila di condannati che andavano a morire provò un dolore profondo nel cuore e senti` una voce, che non sapeva da dove veniva, dirgli: “mettiti nudo in fila con loro e va alla morte”.

Questo è quello che ha fatto Gesù: Lui è l’innocente, completamente innocente, l’agnello portato al macello senza aprire bocca, lui si carica con il peccato di tutti. Vorremmo contemplare e sostenere la Vergine che accetta la spada che secondo il profeta Ezechiele Dio ha preparato per i peccati del suo popolo, e che ora attraversa l’anima di questa povera donna; eanche Gesù quando nell’orto del Gethsemani un angelo lo aiutò a bere la coppa preparata per i peccatori.Il profeta Ezechiele parla di questa spada e di questa coppa.

Che significa questa profezia di Ezechiele sulla spada e sulla coppa?

Kiko: Dio ha visto il suo popolo, che Lui aveva scelto per essere testimone del suo amore verso tutti gli uomini, che invece lo abbandona e diventa peggio degli altri; allora il profeta enumera la quantità dei peccati commessi: pecccati di sesso, incesti tra fratello e sorella; padri che violentano la figlia o vanno a letto con la nuora; uomini che commettono adulterio con la moglie del vicino; il sabato che non viene rispettato per amore al denaro; la gente piena di violenza e di calunnie che sparge sangue; l’idolatria per cui si sacrificano figli a Moloch…Dio aveva anche detto al suo popolo di non allearsi con l’Egitto, che a quell’epoca era la maggiore potenza e quindi la massima sicurezza umana, ma di confidare in lui; invece al popolo non gliene importa niente e continuano verso questo abisso di violenza e perversione. Il profeta fa una lista impressionante di tutti gli abomini commessi e dopo grida: “Spada, spada affilata per uccidere”. Allora arrivò Nabucodonosor e la spada entrò in Gerusalemme e corse il sangue per le strade e incendiarono il tempio e si portarono tutta il popolo a Babilonia in esilio: si compi` tutta la profezia di Ezechiele.

Alcuni capiscono questa profezia della spada come un castigo…

Kiko: No, questa spada non è un castigo di Dio. In realtà Dio ha pazienza e trattiene la catastrofe dall’accadere perchè non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva; però arriva un momento in cui gli uomini con i loro peccati, allontandosi da Dio, da loro stessi si precipitano in un abisso. Un abisso fisico, ma che è un abisso morale, è l’inferno, la separazione totale da Dio. Il fatto è che sono diventati tanto perfidi che stanno cadendo in un baratro di autodistruzione. Non solo non è un castigo, ma Dio invia suo figlio, il Padre invia suo Figlio, perche salvi gli uomini da questo inferno e associa sua Madre a questa opera di prendere su di sè i peccati. Cristo berrà la coppa dell’amarezza e la dovrà bere fino in fondo perchè noi potessimo ricevere il perdono dei peccati; ma sopratutto perchè potessimo essere curati dall’inferno più profondo; e sua madre lo aiuta lasciandosi trafiggere il cuore dalla spada.

Anche il Santo Padre, invitando i giovani a Madrid, parla dell’inferno sopratutto in relazione alla situazione attuale dell’Europa e dell’Occidente: “La cultura attuale …soprattutto in Occidente, tende ad escludere Dio, …si constata una “eclissi di Dio”, … un vero rifiuto del Cristianesimo…c’è una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un “paradiso” senza di Lui. Ma l’esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un “inferno”: prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l’odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza”.

Kiko: Sì, la situazione dell’Europa e dell’Occidente è molto grave. Questa profezia di Ezechiele è sempre perenne, anche per noi oggi: non si può nel mondo fare incesti, uccidere bambini con l’aborto, rubare, uccidere…è una profezia potente che la Vergine ha assunto accompagnando suo figlio sulla croce sopratutto per salvare gli uomini dall’ inferno: perchè la sofferenza più grande non è la morte fisica, o lo tsunami o altre catastrofi: la cosa più terribile è la morte dello spirito, vedere oggi la quantità enorme di suicidi che ci sono, l’abisso in cui l’uomo e la società sprofondano al separarsi da Dio.

Perchè questa profezia in questo incontro?

Kiko: In questo incontrò farò coraggio ai giovani perchè abbiano tutti forza: Cristo ha bevuto la coppa e la Vergine si è lasciata trafiggere dalla spada. Ora possiamo già evangelizzare il mondo e dare agli uomini il frutto della coppa di Gesù Cristo e della spada della Vergine: la resurrezione e la vittoria sulla morte. Insomma, tutto questo è in relazione con la nuova evangelizzazione: dare ai giovani questa allegria e questa forza. La musica parla al piu profondo del nostro essere e ci porta ad amare la Vergine che fa tutto perchè possiamo evangelizzare e salvare gli uomini.

In Germania Il Cammino è presente in 16 diocesi con 80 comunità e due seminari Redemptoris Materper la Nuova Evangelizzazione, nelle diocesi di Berlino e di Colonia. Ci sono cinque Missio ad Gentes inviate dal Santo Padre, due a Chemnitz e tre nella Diocesi di Colonia: sono gruppi di famiglie numerose, ciascuna accompagnata da un prete, che vanno a vivere in zone dove ormai la Chiesa è assente: a Chemnitz, per esempio, che era la vecchia Karlmarxstadt che doveva essere la città modello del “paradiso” comunista, dove i non battezzati sono il 98 per cento della popolazione e non sanno neppure chi è Gesù. Il comunismo ha lasciato un vuoto che non può essere colmato politicamente ma che solo Gesù Cristo può riempire. Perfino in Russia, proprio in questi giorni, Putin ha riconosciuto che la maggiore minaccia per il futuro è la crisi della famiglia e la mancanza di figli e ha proposto di non offrire più l’aborto come servizio medico.

Il Cardinal Joachim Meisner il 25 marzo 2011 ha firmato il decreto per l’istituzione della Missio ad Gentes nella sua diocesi che sono una nuova forma di fare presente la chiesa non più attraverso la parrocchia tradizionale ma attraverso comunità di persone che vivono in mezzo alla gente come era nella Chiesa primitiva.Il Cammino Neocatecumenale è un Cammino di iniziazione Cristiana ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa Cattolica per battezzati e non battezzati che possano iniziare un itinerario di fede attraverso il quale riscoprire il battesimo e fare una esperienza personale di Cristo e della salvezza.

Il Papa vuole una Caritas più cattolica

di Andrea Tornielli
Tratto da Sacri Palazzi, il blog di Andrea Tornielli, il 29 maggio 2011

Il Papa vuole che una Caritas pienamente cattolica, che sia «nel cuore della Chiesa» e che parli e agisca «in suo nome». È quanto si legge nel discorso che Benedetto XVI ha fatto ieri ai rappresentanti di Caritas internationalis, riuniti per una settimana a Roma.

Caritas internationalis è un’organismo vatissimo. Coordina 165 diverse Caritas nazionali, ciascuna delle quali a sua volta coordina le associazioni umanitarie cattoliche che raggiungono con i loro aiuti e la loro assistenza milioni di persone, impiegando 440mila salariati e oltre 600mila volontari. Il bidget complessivo sfiora i quattro miliardi di euro.

Il Papa, come ha sintetizzato il vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guenois, ha chiesto che nell’azione umanitaria della Caritas «la Chiesa cattolica non sia considerata una specie di partner, privilegiato ma tra gli altri», bensì sia essenziale e la fede cattolica sia il significato, la ragione dell’agire sociale dell’organizzazione. L’azione sociale della Chiesa non può infatti essere scollegata dal cuore stesso della fede cattolica e dunque anche l’azione sociale deve essere chiaramente identificata come cattolica.

L’intervento papale giunge alla fine di mesi piuttosto constrastati, che hanno visto contrapporsi il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente riconfermato di Caritas internationalis (col beneplacito vaticano), e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che a nome del Pontefice all’inizio dell’anno non ha concesso il nulla osta per la riconferma della direttrice generale Lesley-Ann Knight, considerata non in linea con la prospettiva voluta dalla Santa Sede, ma pubblicamente difesa da Maradiaga anche nei giorni scorsi. Si tratta di un epilogo che – dietro le quinte – ha visto confrontarsi negli ultimi anni lo stesso Maradiaga e un altro cardinale, molto vicino al Papa, il tedesco Paul Cordes, presidente emerito di Cor Unum.

Ecco alcuni passaggi del discorso di Benedetto XVI:

«Per noi cristiani, Dio stesso è la fonte della carità, e la carità è intesa non solo come una generica filantropia, ma come dono di sé, anche fino al sacrificio della propria vita in favore degli altri, ad imitazione dell’esempio di Gesù Cristo. La Chiesa prolunga nel tempo e nello spazio la missione salvifica di Cristo: essa vuole raggiungere ogni essere umano, mossa dal desiderio che ciascun individuo giunga a conoscere che nulla può separarci dall’amore di Cristo»

«Caritas Internationalis è diversa da altre agenzie sociali perché è un organismo ecclesiale, che condivide la missione della Chiesa. Questo è ciò che i Pontefici hanno sempre voluto e questo è ciò che la vostra Assemblea Generale è chiamata a riaffermare con forza».

«A differenza di tante istituzioni e associazioni ecclesiali dedite alla carità, le Caritas hanno un tratto distintivo: pur nella varietà delle forme canoniche assunte dalle Caritas nazionali, tutte costituiscono un aiuto privilegiato per i Vescovi nel loro esercizio pastorale della carità. Ciò comporta una speciale responsabilità ecclesiale: quella di lasciarsi guidare dai Pastori della Chiesa. Dal momento poi che Caritas Internationalis ha un profilo universale ed è dotata di personalità giuridica canonica pubblica, la Santa Sede ha il compito di seguire la sua attività e di vigilare affinché tanto la sua azione umanitaria e di carità, come il contenuto dei documenti diffusi, siano in piena sintonia con la Sede Apostolica e con il Magistero della Chiesa, e affinché essa sia amministrata con competenza ed in modo trasparente».

«Senza un fondamento trascendente, senza un riferimento a Dio Creatore, senza la considerazione del nostro destino eterno, rischiamo di cadere in preda ad ideologie dannose. Tutto ciò che dite e fate, la testimonianza della vostra vita e delle vostre attività, sono importanti e contribuiscono a promuovere il bene integrale della persona umana».

«Caritas Internationalis … è chiamata ad offrire il proprio contributo per portare il messaggio della Chiesa nella vita politica e sociale sul piano internazionale. Nella sfera politica – e in tutte quelle aree che toccano direttamente la vita dei poveri – i fedeli, specialmente i laici, godono di un’ampia libertà di azione. Nessuno può, in materie aperte alla libera discussione, pretendere di parlare “ufficialmente” a nome dell’intero laicato o di tutti i cattolici (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et Spes, 43; 88). D’altro canto, ciascun cattolico, anzi, in verità, ogni uomo, è chiamato ad agire con coscienza purificata e con cuore generoso per promuovere in maniera decisa quei valori che spesso ho definito come “non negoziabili”».

Vocazioni missionarie

di Laura Badaracchi da Roma Sette

Domenica nella basilica di San Giovanni in Laterano, il cardinale Vallini conferirà l’ordinazione sacerdotale a 5 diaconi del Redemptoris Mater: un romano, un ungherese, uno slovacco, un colombiano, un vietnamita

«Uno dei momenti decisivi per la mia vocazione? L’invito rivolto da Giovanni Paolo II a noi partecipanti alla Gmg di Tor Vergata: ci ha detto che se avessimo veramente seguito la volontà di Dio, avremmo “messo a fuoco” il mondo». Numerose le tappe del cammino che hanno portato don Paolo Itta, trentasettenne romano, a scegliere la via del seminario. Domenica 15 maggio alle 17.30, insieme ad altri quattro diaconi del Collegio diocesano missionario Redemptoris Mater, verrà ordinato sacerdote dal cardinale vicario Agostino Vallini, durante una solenne celebrazione nella basilica di San Giovanni in Laterano.

«I cinque ordinandi arrivano a questo giorno dopo una settimana di ritiro spirituale, ma soprattutto dopo una preparazione remota nel Cammino neocatecumenale nelle comunità e nazioni di origine, e una formazione alla diocesanità e alla missione, sperimentata in vari Paesi», riferisce don Gianvito Sanfilippo, vicerettore del seminario, ricordando che negli ultimi mesi, dopo l’ordinazione diaconale, i candidati al sacerdozio «hanno vissuto metà della settimana nelle parrocchie a cui sono stati destinati, per svolgere il loro servizio pastorale».

Don Paolo, ad esempio, si è occupato del catechismo delle cresime, della preparazione al battesimo e del centro d’ascolto Caritas presso San Bernardo di Chiaravalle, a Centocelle; la sua comunità di origine è, invece, Santa Maria Immacolata e San Vincenzo de Paoli. Dopo la laurea in statistica e il lavoro di poliziotto, «ho capito che dovevo mettermi in discussione, iniziando un periodo di discernimento nonostante le mie paure. I formatori mi hanno dato un aiuto enorme: spendono la loro vita per noi».

Sull’importanza della formazione insiste anche Iakel Carol, trentacinquenne di nazionalità ungherese nato a Satu Mare, in Romania. «Fino a 13 anni ho vissuto il comunismo, ma i miei genitori mi hanno trasmesso la fede; ho fatto il chierichetto fin da piccolo – ricorda -. Quando è caduto il sistema, dopo il 1989, da noi è arrivato il Concilio e poi i movimenti, i corsi biblici, tante novità nel vivere la fede». Nel suo Paese arriva un gruppo di catechisti itineranti del Cammino neocatecumenale; durante una liturgia «mi ha colpito la frase evangelica in cui Gesù dice che la messe è grande, ma gli operai pochi. Ma ero fidanzato, lavoravo come ingegnere in una fabbrica di mobili e pensavo che quella Parola fosse per altri più bravi di me. Il Signore, però, ha confermato nel 2002, durante la Gmg di Toronto, la mia vocazione». Ora presta il suo servizio a Ostia, presso la parrocchia Santa Maria Stella Maris, portando la comunione ai malati e seguendo i ragazzi dell’oratorio.

Arriva da Banskà Bistryca (Slovacchia) Ladislav Pokorny’, classe ’81 (il più giovane del gruppo) con un passato da tenore di canto lirico. Ha cantato il Vangelo durante la Messa delle Palme in piazza San Pietro, «con grande emozione». Perché proprio a Roma, durante la Gmg del Giubileo a Tor Vergata, «le parole del Beato Giovanni Paolo II hanno cambiato la mia vita». Viene da una famiglia di convertiti, ha ricevuto il battesimo quando aveva 6 anni e non era «molto d’accordo con la chiamata del Signore: cercavo l’amore in una famiglia», racconta. Poi «segni» continui lo hanno riconfermato; per il momento, nella parrocchia di San Clemente I Papa, coadiuva i presbiteri nella preparazione al battesimo e nella pastorale giovanile, oltre che nella liturgia.

Invece il colombiano Nelson Oswaldo Zubieta Vega, originario di Zipaquirà, prima di entrare in seminario era un atleta: ciclismo e triathlon le sue passioni, che seguiva a livello agonistico, fino a diventare un allenatore di atletica leggera. Fin da bambino avvertiva di essere chiamato, «ma ero troppo preso dal mio lavoro». Finché matura la decisione di entrare in seminario e ora, quando torna a casa, i suoi ex colleghi «sono sorpresi, perché vedono che stando con il Signore il mondo non è più piccolo, anzi si apre alla possibilità di comunicare con tante persone, culture ed esperienze». E lo sport diventa un gancio positivo con i ragazzi Scout, nella sua attività pastorale a San Luigi Gonzaga, che lo vede impegnato anche sul fronte sanitario come cappellano della clinica Quisisana.

«Il cammino della mia chiamata è stato molto lungo e complicato, soprattutto per essere vissuto in un Paese di regime comunista: volevo entrare nel seminario “ufficiale” della diocesi, ma non potevo, perché ogni anno accettavano soltanto 6 candidati; dopo aver concluso il seminario clandestino a Saigon, il mio vescovo mi ha mandato in Giappone, dove ho iniziato il Cammino neocatecumenale», riferisce il vietnamita Van Kien (Giuse) Nguyen: 37 anni, racconta che nella parrocchia di San Gerardo Maiella – oltre alla preghiera, alla liturgia e alla prepazione delle omelie, aiuta anche «nella pulizia della chiesa e a mettere a posto la sagrestia».