“Matrimoni” gay liberticidi per i sudditi di sua Maestà

“Matrimoni” gay liberticidi per i sudditi di sua Maestà

di Tommaso Scandroglio da www.lanuovabq.it

matrimonio gay

Nelle aule del Parlamento inglese oggi inizierà l’ultima puntata dell’iter legislativo sui “matrimoni” gay. Dopo che il 21 maggio scorso la Camera dei Comuni ha approvato il testo di legge con 366 voti contro 161, ora tocca alla Camera dei Lords esprimersi.
Il Primate cattolico Vincent Nichols e l’arcivescovo Peter Smith, in una nota, hanno spiegato che non è vero che nulla cambierà nella società inglese e che il matrimonio per gli eterosessuali rimarrà tale e quale a prima. In realtà il modo stesso di intendere questo istituto viene stravolto in radice: “l’apertura ai figli  – si dice nella nota – e, con essa, la responsabilità per padri e madri di rimanere insieme per occuparsi dei bambini nati nella loro famiglia non è più al centro dell’interpretazione che la società dà dell’istituzione matrimonio”.

La Conferenza episcopale cattolica ha poi messo l’accento su un altro aspetto non secondario di questa legge, aspetto che non interessa gli omosessuali e che produrrà i suoi frutti velenosi in merito alla libertà di parola e a quella di religione. I vescovi hanno chiesto che la legge venga modificata affinchè “i cittadini non vengano discriminati se esprimono pareri contrari ai matrimoni omosessuali” e affinchè “le scuole religiose non vengano costrette a sostenere e promuovere tali matrimoni”. Inoltre si chiede “che vengano tutelati gli ufficiali di stato civile che facciano obiezione di coscienza quando viene loro chiesto di ufficiare a cerimonie gay” e “che le organizzazioni religiose non vengano penalizzate, in alcun modo, se si rifiutano di dare spazio a matrimoni omosessuali”.

Incontrando i parlamentari, anche alcuni rappresentanti della Chiesa Anglicana hanno espresso la loro preoccupazione: “giovani cristiani e funzionari pubblici saranno costretti a scegliere tra la loro coscienza e la carriera sulla questione dei matrimoni omosessuali”. L’arcivescovo cattolico Peter Smith e i responsabili delle organizzazioni protestanti “Co-Mission” e “Fellowship of Independent Evangelical churcher” hanno poi preso in mano la penna ed hanno scritto una lettera comune al Daily Telegraph avvertendo che in ballo c’è la libertà personale di centinaia di migliaia di giovani, che piuttosto di scendere a patti con la propria coscienza si vedranno costretti a non intraprendere la strada dell’insegnamento o a non diventare ufficiali di stato civile per il timore di essere costretti in futuro ad insegnare ai bambini che esiste anche un legittimo “matrimonio” omosessuale e a celebrare “nozze” gay se richiesto.

Anche l’islam non è rimasto in silenzio: 500 imam hanno criticato il governo per aver voluto attaccare “la base della vita famigliare”, cioè lo stesso istituto matrimoniale.
Oltre al fronte ecclesiale si è mosso anche quello laico. La “Coalizione per il matrimonio” ha raccolto 700mila firme contro questa legge e da un sondaggio è emerso che 40mila insegnanti sono contrari all’inserimento nei piani didattici di lezioni sul “matrimonio” gay. Da ultimo l’associazione “Christian concern” ha raccolto più di 300 persone fuori da Westminster per protestare.

Ciò che sta accadendo oltre Manica – un copione molto simile a quello che è stato recitato in Francia – fa emergere almeno due riflessioni. Se un battito di ali di una farfalla in Brasile può provocare un uragano in Texas, figuriamoci cosa può provocare una legge a favore dei “matrimoni” gay in seno ad una società civile. L’obiezione libertaria del fronte gay “la libertà di sposarsi per due omosessuali non inciderà sulle altre libertà” ha i piedi di argilla. Come ben illustrato dalla Conferenza episcopale i pubblici funzionari e gli insegnanti saranno costretti a compiere atti contrari alla propria coscienza e la libertà di critica verrà penalizzata. Seconda riflessione: in Inghilterra come in Francia la democrazia ormai è un cadavere. Ci sono state sollevazioni popolari, raccolte di firme, petizioni, marce, appelli, denunce sulla carta stampata e i Parlamenti hanno fatto spallucce a tutto questo, sordi a ciò che la maggioranza del loro elettorato chiedeva a gran voce. Riprova che tali leggi non sono volute dalla base, ma da un ristretta oligarchia assai potente ed influente sul mondo politico.

Se conta solo l’amore, perché non estendiamo il matrimonio anche alle sorelle e ai poligami?

Se conta solo l’amore, perché non estendiamo il matrimonio anche alle sorelle e ai poligami?

di Leone Grotti da www.tempi.it

Ex arcivescovo di Canterbury: «Se l’unica cosa che conta è l’amore e l’impegno, allora non c’è niente di illogico nella poligamia»

Lord-CareyAlla vigilia del voto sul matrimonio gay nel Regno Unito, previsto per lunedì prossimo alla Camera dei Lord dopo l’approvazione alla Camera dei Comuni, è tornato ad esprimersi sulla «pericolosa ridefinizione del matrimonio nella nostra società» Lord Carey, anglicano, ex arcivescovo di Canterbury, tra i principali oppositori della legge voluta dal premier David Cameron: «Questa nuova legge dovrebbe preoccuparci perché porterà a conseguenze oggi impreviste».

SE CONTA SOLO L’AMORE. «Una volta che diamo il benservito all’esclusività del rapporto tra un uomo e una donna, in grado di procreare, perché dovremmo fermarci?», si chiede Lord Carey. «Se l’unica cosa che conta è l’amore e l’impegno, allora è del tutto logico estendere il matrimonio a due sorelle che vogliano crescere un bambino insieme, allora non c’è niente di illogico nelle relazioni multiple, nella poligamia, nei rapporti tra due donne e un uomo (come già avvenuto in Olanda, ndr)».

«PRECEDENTE PERICOLOSO». L’ex arcivescovo di Canterbury ha anche criticato l’avvocato americano William Eskridge, che ritiene illogico fissare per legge il numero dei contraenti di un rapporto matrimoniale, e il ministro inglese Theresa May, la quale ha dichiarato che le persone che si prendono cura l’uno dell’altro e vogliono spendere la propria vita insieme devono avere il diritto di sposarsi. «Questa lettura del matrimonio è del tutto inadeguata», ha risposto Lord Carey. «Chi di noi è stato accusato di essere dalla parte sbagliata della storia non ha fatto altro che implorare il governo di prendere in considerazione le nostre preoccupazioni. Estendere il matrimonio alle persone dello stesso sesso non è solo poco saggio ma costituisce anche un precedente pericoloso».

In Olanda niente stipendi ai prof di religione

In Olanda niente stipendi ai prof di religione

E’ battaglia politica sul pacchetto di misure che verrà in Parlamento entro una settimana

di Giacomo Galeazzi da Vatican Insider

In Olanda niente più stipendio statale agli insegnanti di religione delle scuole elementari. Il governo olandese ha predisposto un piano di tagli che prevede anche l’interruzione dei finanziamenti pubblici all’educazione religiosa negli istituti scolastici del Paese. Il provvedimento rientra in una manovra finanziaria che consentirà allo Stato di risparmiare 200milioni di euro. Il pacchetto di misure sarà presentato in Parlamento entro una settimana. La sforbiciata al 10% dei sussidi riguarderà anche prestigiose istituzioni accademiche.

 Inoltre nel giro di vite saranno totalmente azzerati i contributi statali a enti scientifici come il celebre Istituto Montesquieu, che si occupa di ricerche sulla storia parlamentare europea. Eppure fino a mezzo secolo fa, il cattolicesimo olandese e fiammingo appariva  forte delle sue tradizioni e attivo nelle missioni.Nel 2009 il quotidiano della cei,”Avvenire” pubblicò una sconvolgente inchiesta relativa alla Chiesa in Olanda. Il cardinale Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo di Utrecht e primate d’Olanda dal 1983 al 2007, grande amico di Papa Wojtyla, denunciò un paese nel quale il 41% della popolazione dichiara di non avere alcun credo religioso e il 58% non sa più che cosa sia il Natale.

Una chiesa nella quale, scrive Avvenire, “vi sono domenicani e gesuiti che teorizzano e mettono in pratica messe senza più sacerdozio né sacramento cristiano, nelle quali sono i presenti a consacrare collettivamente”. Insomma, in Olanda lo stop del governo agli stipendi pubblici degli insegnanti di religione è l’ultimo riflesso di una società scristianizzata.In Europa l’insegnamento della religione è maggioritario, ma non si tratta ovunque di religione cattolica o di una religione unica: questo caso si verifica solo in 6 paesi (tra cui l’Italia) per la religione cattolica, in due per quella ortodossa (Cipro e Grecia) e in uno (Turchia) per quella islamica. In dodici paesi l’insegnamento è multireligioso, sia nel senso di prevedere più confessioni, anche non cristiane (ebraismo, islam e buddismo) sia nel senso di prevedere discipline interconfessionali (Svezia, Regno Unito, alcuni cantoni svizzeri).

In due paesi (in Belgio e nelle secondarie croate) l’insegnamento della religione è materia opzionale, a scelta con un altro insegnamento (etica o morale).I titoli richiesti per insegnare religione sono in undici paesi lauree o diplomi in teologia o scienze religiose che sono erogati da università statali, in 15 paesi, tra cui l’Italia, fa fede un certificato ecclesiastico. In Bulgaria e nella regione francese dell’Alsazia-Lorena l’insegnamento della religione è demandato direttamente a personale religioso (diaconi, pastori, catechisti). Solo in tre paesi non si insegna religione a scuola: la Francia (con l’eccezione appunto della regione dell’Alsazia-Lorena), l’Ungheria (dove religione è materia extrascolastica e facoltativa) e la Slovenia. Vi sono poi paesi in cui religione non si insegna in alcune località o scuole (Svezia), cantoni (Svizzera) o gradi di scuola (nelle secondarie bulgare). In 17 paesi europei si parla di controllo statale sull’insegnamento della religione. In Italia e in Spagna la nomina è di fatto competenza dei vescovi. In Italia sia con contratto a tempo indeterminato (concorso) sia a tempo determinato, in Spagna a contratto a tempo indeterminato, ma non “di ruolo”. Anche in Grecia gli insegnanti di religione sono dipendenti pubblici.

Gay Day nel parco per famiglie più famoso del mondo

Gay Day nel parco per famiglie più famoso del mondo

di Marco Respinti da www.lanuovabq.it

George Kalogridis

Topolino e Minnie che folleggiano per le strade con un trans o un bisex. Hanno visto questo le centinaia di bimbi e di adolescenti cui tante mamme e tanti papà hanno deciso di regalare, dopo i sacrifici da formichine fatti per mettere via i dollari necessari, uno splendido biglietto all-inclusive per un primo week-end di giugno davvero speciale, nel fantasmagorico Disneyworld di Orlando, Florida. Sì, perché ieri sabato 1° giugno a Disneyworld i lustrini e i festoni sono stati tutti per il “Gay Day”, la giornata della sfacciataggine omosessuale che la “comunità” considera oggi uno dei più importanti appuntamenti mondiali del proprio calendario alternativo. Tant’è che li hanno subito imitati i cugini californiani di Disneyland, dove il “Gay Day” viene puntualmente celebrato ogni ottobre.

Tutto è cominciato nel 1991, un po’ sommessamente, quando 3mila fra gay e lesbiche hanno espropriato un intero giorno (accade sempre il primo sabato di giugno) del famoso parco dei divertimenti, mettendosi a girare per mano o a braccetto agghindati con magliette rosse griffate omosex per farsi pubblicità. Negli anni la cosa è cresciuta enormemente, arrivando a contare 150mila presenze per una kermesse che adesso occupa una settimana intera. Questa pagliacciata, che si è aperta martedì 28 maggio e che si chiuderà lunedì 3 giugno, è culminata con la programmazione di sabato 1° giungo. Spettacoli, feste, party in piscina, concerti, mostre a tema e persino manifestazioni pensate appositamente per i più piccoli. Da settimane i tour operator propagandano pacchetti predisposti ad hoc per i gruppi, ci sono sconti per le comitive e le agenzie di viaggio organizzano trasferte tutto compreso.

L’hotel ufficiale della manifestazione è il Doubletree by Hilton di Orlando at Seaworld (nome lungo e pomposo per un resort da mille e una notte), trasformato per l’occasione in un quartier generale dell’omosessualismo. Bene inteso, l’etichetta di “hotel ufficiale” del “Gay Day” se l’è creata e data il management stesso dell’albergo, fiero di servire anche da biglietteria per la Disneyworld diversa di sabato alla reception, benché tutto sia comunque comodamente prenotabile online.

Perché questa “Occupy Disney”? Perché così, dicono organizzatori e partecipanti, omosessuali e travestiti possono finalmente riappropriarsi di quelle gioie della fanciullezza che sono state negate loro da bambini per colpa di genitori e di una società “omofobi”. E poi si tratta di far vedere a tutti che la “famiglia gay” è una cosa normale, di educare i bambini alla banalità di sesso e omosessualismo, di dimostrare che l’essere gay o lesbica, bisessuale o transgender è solo un festoso spettacolo adatto a tutti.

Certo, se di tutto questo chiedete conto, come ovviamente è stato fatto, alla direzione di Disneyworld (nome ufficiale The Walt Disney World Resort)) quelli vi diranno che loro non c’entrano, che non ne sono gli organizzatori, che è solo una manifestazione privata. Formalmente vero: ma nessuno di quella direzione ha mai protestato per un tale vistoso sequestro di spazi e di giornate; e ovviamente questo è un understatement.

Qualche mese fa, infatti, Disneyworld ha enfaticamente e pubblicamente salutato l’insediamento del suo nuovo presidente, il quinto della sua storia, George A. Kalogridis, 59 anni, già presidente di Disneyland in California dal 2009. Come? Presentandolo con orgoglio come il primo presidente apertamente omosessuale di Disneyworld. Pare che Kalogridis stia mettendo su casa a Golden Oak, la nuova community abitativa di lusso di Disneyworld, con il suo partner Andrew Hardy, uno dei manager finanziari della Disneyland californiana. Secondo il South Florida Gay News (perché esistono anche autorevoli fonti d’informazione così), Kalogridis è con la Disney sin dal lontano 1971 e oggi si trova ai suoi massimi livelli dopo una dura gavetta. E, secondo l’Orlando Business Journal (perché esistono altre autorevoli fonti d’informazione così), Kalogridis è uno che «respira Disney». Difficile insomma pensare che la sua vita personale sia una cosa e gli affari un’altra, che Disneyworld non sappia nulla del “Gay Day”, che lui ed Andy non c’entrino niente con le politiche della “comunità” GLBT. Del resto, secondo l’informatissimo Huffington Post, che pubblica regolarmente pure una sezione intitolata Huffpost Gay Voices, Disneyworld, «ovviamente, fa da tempo la corte al codazzo gay» e ora, con il suo nuovo presidente omosessuale, «sta facendo un passo avanti».

In Olanda niente stipendi ai prof di religione

Sotto il sole del totalitarismo

Lo Stato francese impone la morale laica nelle scuole, pubbliche e cattoliche paritarie.

Totalitarismo alla luce del sole. Lo Stato etico si mostra nella sua formulazione più banale.
Il potere e la Repubblica devono decidere ciò che è bene e male, per poi penetrare nelle aule e nelle coscienze degli studenti di ogni età.

Nemmeno Hitler si era mai spinto ad affermare che il Reich è la discriminante tra bene e male, per lui lo Stato era un mezzo, non un fine.

Un ministro della pubblica istruzione che interviene dicendo quello che sta dicendo Peillon da Parigi è dunque una cosa oltremodo folle e inaudita.

Secondo i socialisti francesi la scuola ora deve avere un nuovo compito, una nuova missione. Si deve insegnare ai giovani cosa è giusto e cosa non lo è, cosa va tollerato e cosa no. Ecco qualche passaggio della “battaglia” di Peillon: “Morale laica significa comprendere ciò che è giusto e saper distinguere tra bene e male. Ci sono tanto dei diritti quanto dei doveri, delle virtù e soprattutto dei valori. Si deve proporre una morale universale fondata sulle idee di umanità e di ragione. La capacità di ragionare, di criticare, di dubitare: tutto questo si deve apprendere a scuola”.

«La morale laica è quell’insieme di conoscenze e di riflessioni sui valori, sui principi e sulle regole che permettono, nella nostra Repubblica, di vivere assieme secondo il nostro comune ideale di libertà, uguaglianza e fraternità».
Peillon annuncia che sulla facciata degli edifici scolastici saranno iscritte le tre parole magiche, Liberté Egalité Fraternité, lo slogan “che tutto risolve” per i guru della République.

Perché: «se non sarà la Repubblica a dire quali sono i vizi e le virtù, il giusto e l’ingiusto, altri lo faranno al suo posto».
L’azzeramento e l’annullamento delle coscienze degli uomini insomma.
Ovvero, se non è lo Stato a determinare cosa è giusto e cosa non lo è, c’è il pericolo che altri lo facciano. Il soggetto, la Persona, La famiglia, la Chiesa, il lavoro, lo sport, la vita vera insomma (come diceva Havel). E questo per Peillon non è ammissibile, in quanto spetta ai pochi illuminati che rappresentano la volonté général fare gnosi. La questione è sempre la stessa, Peillon pensa forse di essere un pioniere del laicismo, ma la questione è vecchia quanto la sua amata Révolution. Loro sono i migliori, quindi il meglio per tutti non possono essere che loro a deciderlo.
E ancora: “Durante quest’ora obbligatoria di laicismo, ampio spazio sarà dato all’educazione sessuale, perché l’istruzione deve decostruire i pregiudizi di genere”.
Per i laicisti, infatti: “è ormai un inutile pregiudizio parlare di uomini e donne”.
Che poi si tratti di diffondere nelle scuole la teoria gender, non deve essere un problema per i genitori. Perché per Peillon & Co. o bambini devono sapere che la loro sessualità è un dato manipolabile liberamente, a piacimento. Nelle ore di morale laica si dirà loro che non sono maschi o femmine. Ma che tocca a loro stessi scegliere se essere eterosessuali, gay, lesbiche, trans, bisex. Insegnare loro che l’uomo non riceve la propria natura, ma si dà una propria natura, in base ai capricci e ai bisogni del momento.
È ovvio che ai socialisti preme realizzare un progetto del genere perché le manifestazioni dei francesi contro gli ultimi assurdi disegni di legge che puntano ad abolire la persona hanno loro dimostrato che c’è ancora chi riconosce la verità, e questi per lo Stato sono nemici. La Chiesa in primis, è il nemico numero uno del potere.
Le scuole europee rischiano di diventare l’ennesimo luogo dove invece dell’educazione dell’insegnamento, conterà solo il potere. E ai giovani quale strumento resterà per affrontare la realtà?
Ecco allora che appaiono più chiare le parole pronunciate da Benedetto XVI lo scorso dicembre: “…è dato il fondamento di ciò che oggi, sotto il lemma gender, viene presentato come nuova filosofia della sessualità. Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente”.

Autore: Costa, Luca  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele

Fonte: CulturaCattolica.it
Corigliano e il fattore peccato originale

Corigliano e il fattore peccato originale

di Roberta Vinerba da www.lanuovabq.it

Fabiana, la ragazza uccisa

“Anche lui è una povera vittima”. Siamo abituati ad udire queste parole in bocca ai genitori dell’assassino. Poco invece sulle labbra della madre della vittima. Ho sobbalzato nel leggere le parole della madre di Fabiana, la sedicenne di Corigliano massacrata da quello che le cronache chiamano “fidanzatino”. Ho sobbalzato perché in un tempo nel quale i genitori di un ragazzo che si macchia di delitti anche efferati sogliono sempre scusarlo, il dolore che si colora di compassione, diventa uno schiaffo in pieno viso a noi, uomini e donne eredi di quei cattivi maestri che ci hanno insegnato che il peccato non esiste, che l’uomo nasce buono e che è la società che lo peggiora, che con una buona teoria si può costruire sulla terra il paradiso.

Sì, ascoltando le parole di quella donna mi sono chiesta: di cosa è vittima questo ragazzo? La tragedia è talmente grande, il mistero del male che racchiude il fatto è talmente profondo che qualunque contributo, sociologico, pedagogico, psicologico è ben accolto. Eppure sento che le spiegazioni che si possono dare – pur tutte lecite perché contengono una scintilla di verità – non colgono l’abisso, non attingono a quel “pozzo dell’abisso” che è il cuore umano.

Cosa nasconde in sé un ragazzo che ha la freddezza di dire ai coetanei di dover andare a comprare la benzina sapendo in cuor suo della ragazza agonizzante sulla quale l’avrebbe cosparsa? È sufficiente ragionare di valori che mancano? Ci basta parlare della scuola che latita? E ancora: la solita argomentazione, giusta certamente, della crisi della famiglia?
Non c’è forse qualcosa di più profondo, di più oscuro, di più antico e originario che sta all’uomo come una ferita putrescente dalla quale si sprigionano gas sulfurei, dolore, cancrena che prende possesso di tutto il corpo fino a farne una enorme massa decomposta?

La questione è tutta qui: ci stupiamo ogni volta della profondità dell’abisso della malvagità umana perché ci dimentichiamo che l’uomo è ferito nella libertà, nella volontà, nella conoscenza. Dimentichiamo, perché ci fa comodo crederci onnipotenti, buoni, liberi, adulti, emancipati, che l’essere umano è un poveraccio che ai piedi dell’albero del bene e del male ha scelto il male. Vogliamo dimenticarci che il peccato originale esiste, che agli albori del mio essere vi è una impossibilità, quella di amare, di essere libero per amare.

Senza la rivelazione della redenzione operata da Cristo che come una lama di luce incide la realtà del peccato e la mostra nel mentre l’annienta; senza la grandezza inaudita di un Dio che muore, non potremmo mai intuire – non dico comprendere, ma almeno intuire – l’enormità della ferita del peccato che spinge l’uomo alla malvagità e alla distruzione.

Se Dio è diventato peccato per annullare nella sua carne il peccato, vuol dire che vi è nell’uomo una forza che lasciata a sé lo annienta. Senza questa verità sull’uomo, non si capisce l’uomo. Senza attingere alla natura ferita e redenta, ferita ma redenta, come è possibile tenere insieme, ad esempio, il realismo e la speranza educativa? Come la colpa e la redenzione? Come il delitto e il riscatto? Come la giustizia e il perdono? Solo il realismo cristiano che conosce il Nuovo Adamo, sa trattare col vecchio Adamo.

Il ragazzo di Corigliano è vittima, sì, nel modo più radicale e atroce: vittima del peccato. Vittima e carnefice, ma carnefice perché vittima. L’uomo è questo: ogni carnefice è tale perché prima è vittima. E se è vittima è anche riscattabile, anzi, già riscattato. Da qui si apre il discorso sulla responsabilità: prima di tutto personale, poi familiare e sociale. Ma se non ammettiamo la grandezza di una coscienza ottenebrata dal peccato non ammettiamo neppure la grandezza della possibilità del riscatto. Se non si scende negli inferi di quello che si è commesso, se non si guarda senza pietà fin dove ci si è spinti, come potrà emergere l’altra grandezza, quella che risplende nella croce del Signore che vuole salvare anche questo ragazzo, anche lui, figlio Suo?

E infine, non posso parlare di questo assassino senza dire di me. Non posso stare davanti allo schermo a guardare, come se questo fatto non riguardasse anche me, non fosse una tragica ma concreta possibilità anche per me. L’antropologia cristiana, così cruda, così tragica, così magnifica, dice a me che la bestia dorme anche dentro di me. Dice che non ho nessuna assicurazione che mai si sveglierà. So anzi, molto bene che sbuffi del suo sonno leggero ne odo a volontà: le mie ire, le mie avarizie, i miei tradimenti, il mio orgoglio, la mia lussuria, la mia ipocrisia, la mia pigrizia, che cosa sono se non i segni della presenza della bestia in me? Devo guardarla negli occhi e non rifuggirla, chiamarla per nome e non negarla. Dai miei inferi posso allora dire: siano rese grazie a Dio che mi salva, mi ha già salvata da me stessa, dal mio inferno personale. Lui, diventato vittima per me. E mai come quando mi inginocchio davanti a questa Vittima – riconoscendo il mio peccato nel Suo perdono – divento grande, risplende la bellezza della natura umana nella sua verità.