da Baltazzar | Set 18, 2012 | Chiesa sofferente, Islam
Due cristiani sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco nel quartiere di Essa Nagri, alla periferia di Karachi, da gruppi musulmani estremisti di etnia pashtun che terrorizzano la popolazione residente. È quanto riferisce all’Agenzia Fides p. Victor John, parroco cattolico di Essa Nagri, che questo pomeriggio celebra i funerali dei due uccisi: Nasir Masih, cattolico, e Rafi Masih, protestante. Si tratta del terzo attacco nel giro di due settimane nel sobborgo cristiano (quattro morti in totale), preso di mira da gruppi estremisti che agiscono indisturbati, senza che la polizia li fermi.
L’episodio è avvenuto due giorni fa, il 15 settembre, quando un gruppo di criminali in motocicletta è entrato nel quartiere minacciando i residenti, chiedendo tangenti alle attività commerciali, intimando la riscossione della “Jizya” (la tassa imposta, secondo la sharia, sulle minoranze non musulmane). In una lite seguita a tali atti, gli estremisti hanno ucciso i due uomini cristiani nella strada n. 7 del quartiere e ne hanno feriti altri due.
Come spiega P. Victor, “i fedeli, per proteggersi, hanno deciso di erigere un muro e chiudere un ingresso di Essa Nagri, quello prospiciente il quartiere musulmano, dove vivono gruppi pashtun e beluchi, da cui provengono gli attacchi. Ora Essa Nagri è proprio un ghetto, con un’unica porta di accesso”. I cristiani, vittime di continue violenze, hanno anche organizzato un servizio di sicurezza interno, per cercare di prevenire le violenze e ulteriori attacchi che stanno martoriando Essa Nagri, quartiere densamente popolato, dove vivono circa 50.000 cristiani, in condizioni di estrema povertà e nella mancanza di servizi di base.
P. Victor celebra oggi un funerale ecumenico per i due uccisi, proprio nella Strada n. 7. Si è deciso inoltre che saranno sepolti nella chiesa cristiana multiconfessionale “Awama Church” (“Chiesa di tutti”) e non saranno portati al cimitero che si trova fuori dal quartiere “per evitare ulteriori disordini o provocazioni, dato che la situazione è tesa, anche a causa delle recenti proteste islamiche contro il film ‘L’innocenza dei musulmani’”. “Chiediamo ai fedeli cristiani di non vendicarsi, di essere sempre pacifici, anche nelle legittime proteste. Chiediamo alla polizia la tutela della povera popolazione di Essa Nagri, da mesi vittima di patenti abusi” conclude il parroco.
Fra le ultime vittime, il 12 settembre è stato ucciso il cristiano Yousaf Masih, e il 29 agosto il ragazzo cattolico Faisal Masih
Tratto da Avvenire
da Baltazzar | Set 3, 2012 | Cultura e Società, Islam
Per Khalid Jadoon disposti 14 giorni di carcere: avrebbe aggiunto alcune pagine a quelle del Corano bruciate
da Vatican Insider
Con un colpo di scena senza precedenti per il Pakistan, la vicenda della bambina cristiana Rimsha Masih accusata di blasfemia ha avuto oggi una svolta radicale con la decisione di un giudice di Islamabad di disporre 14 giorni di carcere giudiziario per l’imam Khalid Jadoon, fortemente sospettato di avere manipolato le prove del caso.
Proprio quando la situazione della bimba sembrava complicarsi con continui rinvii dell’esame della sua richiesta di libertà dietro cauzione, è spuntata una testimonianza scritta di un religioso, Hafiz Mohammad Zubair, che ha apertamente accusato l’imam Jadoon di avere aggiunto pagine del Corano a quelle bruciate portategli da un abitante musulmano del villaggio di Mehrabadi, di nome Amaad.
Questa testimonianza è stata confermata anche da altre due testimoni musulmani e raccontata all’ANSA dallo stesso Zubair. «Insieme ad altre due persone – ha detto – ho cercato inutilmente di impedire all’imam di manipolare le prove aggiungendo altre pagine a quelle bruciate. Per questo posso dire che «anche lui si è macchiato del reato di blasfemia».
«Io qui non sto dicendo – ha concluso – che Rimsha Masih non ha bruciato le pagine, perchè ci sono testimoni che l’hanno vista, ma devo ribadire che l’imam ha manipolato le prove».
Alla luce di questo colpo di scena, il presidente del Consiglio degli ulema del Pakistan, Tahir Ashrafi, ha chiesto oggi a tutti gli ulema del Pakistan di collaborare per una giusta punizione di Jadoon da parte del tribunale, sollecitando inoltre il presidente Asif Ali Zardari affinchè faccia liberare subito Rimsha e ne garantisca la sicurezza.
Per domani a Islamabad è stata intanto fissata una nuova udienza per un possibile rilascio dietro cauzione della bambina.
da Baltazzar | Lug 12, 2012 | Chiesa sofferente, Islam
La minaccia del gruppo fondamentalista Boko Haram
di John Newton
da Zenit.org
Militanti islamisti hanno rivendicato la propria responsabilità per la morte di più di 50 persone nella Nigeria centro-settentrionale, invitando i cristiani del paese a convertirsi all’Islam.
Il portavoce di Boko Haram, Abu Qaqa, ha diffuso un comunicato in cui si afferma che è stato il gruppo islamista a compiere gli attentati di due weekend fa (30 giugno-1 luglio), aggiungendo che gli attacchi contro i cristiani nigeriani continueranno.
Secondo quanto affermato nel documento “i Cristiani in Nigeria devono accettare l’Islam, che è la vera religione, altrimenti non avranno mai pace. Non diamo credito ai Cristiani, perché sono stati loro a dichiarare guerra per primi ai musulmani con il sostegno del governo”.
La colpa della violenza nello stato di Plateau lo scorso weekend è stata attribuita a membri del predominante ceppo etnico musulmano Fulani, che attaccò delle tribù cristiane nella regione nel marzo 2010, a causa di tensioni politiche e sociali.
Secondo un comunicato della Croce Rossa, diffuso domenica 1 luglio, i volontari hanno contato 58 morti, sebbene altre fonti parlino di un numero superiore. I reporter di Press Trust of India, che hanno sostato nella capitale Abuja, affermano che le persone uccise sono state 135.
Nel suo proclama Boko Haram ringrazia Dio per il massacro: “Lodiamo Dio nella sua guerra per il Profeta Maometto, ringraziamo Allah per il riuscito attentato nello stato di Plateau contro i Cristiani e le forze dell’ordine”.
Parlando con Aiuto alla Chiesa che Soffre, lo scorso mese il vescovo Martin Igwe Uzoukwu Minna ha detto: “Se dobbiamo morire per Cristo, moriremo per Cristo, ma perché la nostra scelta dev’essere forzata?”.
I vescovi della Nigeria hanno raccomandato più volte i loro fedeli di non compiere rappresaglie, tuttavia, a seguito dell’esplosione delle bombe in tre chiese, lo scorso 17 giugno, alcuni negozi musulmani sono finiti nel mirino dei cristiani.
Aiuto alla Chiesa che Soffre invita alla preghiera per il paese in questo momento di crisi.
La portavoce di ACN, Patricia Hatton ha dichiarato: “Le comunità ecclesiali del paese ci hanno allertato sulla natura dei problemi incontrati dai cristiani nel Nord. Nelle vostre preghiere ricordatevi, per favore, della Nigeria e delle comunità cristiane e pregate per la pace”.
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Link alla versione originale: http://www.acnuk.org/news.php/349/nigeria-quotchristians-must-convertquo…
[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]
da Baltazzar | Giu 25, 2012 | Chiesa sofferente, Islam
La chiusura forzata di alcune chiese cristiane, la condanna degli atei dichiarati: è un momento buio per il paese musulmano più popoloso al mondo
Marco Tosatti da Vatican Insider
Il più popoloso Paese musulmano del mondo vive un momento di sempre maggiori limitazioni alla libertà religiosa. Tutta una serie di segnali indicano uno spostamento in questa direzione. In primo luogo la condanna, il 15 giugno scorso, a due anni e mezzo di prigione per un ateo dichiarato,Alexander An, con l’accusa di blasfemia e di ateismo pubblico. Ma non solo: dalla zona di Aceh la stampa locale riporta la chiusura forzata di almeno venti chiese cristiane, mentre a West Java aumentano intimidazioni e restrizioni all’attività di un’altra Chiesa, la HKBP Filadelfia, situata a Bekasi.
Alexander An, 30 anni, è stato accusato di aver postato su Facebook dichiarazioni e fotografie come membro del gruppo ateo di Facebook Minang; e secondo i suoi accusatori aveva insultato l’islam e il profeta Maometto. L’accusa è stata formalizzata a gennaio, come “disseminazione di informazioni che mirano a incitare all’odio o all’ostilità religiosa”, e come richiamo di altri all’ateismo. I suoi accusatori faranno appello, perché ritengono che la pena (due anni e mezzo, oltre all’equivalente di 800 euro di multa) sia troppo benigna.
L’Indonesia protegge cinque religioni, in base all’ideologia statale, la “Pancasila”; e cioè islam, cristianesimo, buddismo, induismo e confucianesimo. Ma si chiede anche di aderire, a una delle confessioni riconosciute; e così i seguaci di altre fedi, che non rientrano nella Pancasila, e naturalmente gli atei e gli agnostici dichiarati si trovano in una posizione di grande debolezza, più vulnerabili degli altri ad accuse di blasfemia, e in generale a essere attaccati.
E’ una situazione che, unita a una crescente spinta fondamentalista dei radicali islamici, sta lentamente ma percettibilmente spostando l’equilibrio fra i vari gruppi religiosi. A West Java, dove i radicali sono particolarmente attivi, alcune chiese protestanti, e specialmente la HKBP Filadelfia sono soggette ad aggressioni e intimidazioni. Che non risparmiano peraltro nemmeno gli Ahmadiya, una setta musulmana considerata eretica o quasi dalla mainstream fondamentalista sunnita; non solo in Indonesia, peraltro.
La situazione comunque sembra assumere particolare gravità nella zona di Aceh, nella provincia di Sinhkil, dove venti chiese cristiane sono state chiuse, e probabilmente saranno demolite dalle amministrazioni locali. La denuncia viene dal Parlamento indonesiano, dove Eva K. Sundari, membro della Commissione III sui diritti umani ha dichiarato che venti chiese che appartengono a una confessione protestante, la United North Sumatra Alliance, sono state chiuse. La chiave legale per questo genere di azione risiede nella poca chiarezza legislativa; secondo una legge ci vogliono almeno 90 fedeli, per firmare la petizione, secondo un’altra il numero deve essere di almeno 150. Ma soprattutto è necessario che almeno 60 cittadini di fede diversa diano la loro approvazione. E dal momento che un editto locale, emanato dagli imam, proibisce ai musulmani di dare la loro approvazione a luoghi di culto che non siano moschee, le amministrazioni locali, condizionate dai radicali, hanno buon gioco nell’ordinare chiusure e demolizioni. E il rischio di chiusura tocca anche un luogo “storico” la Pakpak Dairi protestante, stabilita nel 1932.
da Baltazzar | Giu 11, 2012 | Cultura e Società, Islam
L’ennesima strage di cristiani in Nigeria avviene in un contesto che ci fa toccare con mano che l’Occidente più che essere il bersaglio della feroce aggressione dei fanatici islamici, è vittima di una chiara vocazione al suicidio della propria civiltà. Se ci limitassimo a subire l’arbitrio, l’arroganza, la violenza e il terrorismo degli adoratori di Allah e dei sottomessi a Maometto, potremmo dedurre che siamo fondamentalmente dei pavidi, ingenui, ignoranti, scellerati. Ma la verità che emerge dal nostro comportamento concreto, è che questo Occidente è ideologicamente colluso con i suoi carnefici; si è innamorato, consapevolmente o meno, dei predicatori di odio e di morte al punto da favorirne l’avvento al potere nei Paesi a maggioranza islamica e il radicamento all’interno stesso di casa nostra.
Prendiamo atto che questa vocazione al suicidio si perpetra in un contesto che vede l’Occidente in profonda crisi materiale e morale, succube della dittatura finanziaria e della dittatura del relativismo, dove la persona è ridotta a un tubo digerente la cui missione è produrre per consumare beni materiali; dove si relativizzano i valori che sostanziano l’essenza della nostra umanità e si violano le regole fondanti della civile convivenza. Con il risultato è che ci stiamo trasformando, da un lato, in schiavi della moneta asserviti ai poteri finanziari speculativi e, dall’altro, in aspiranti schiavi di Allah e Maometto azzerando la nostra civiltà, cancellando il nostro stato di diritto, umiliando la nostra umanità, calpestando la nostra dignità, rinunciando alla nostra libertà.
Se contestualizziamo l’ennesima strage di cristiani in Nigeria con l’offensiva globale del terrorismo islamico, emerge che la crisi materiale e morale dell’Occidente ci ha portato a perdere il senno della ragione e a far venire meno il sano amor proprio. Come spiegare diversamente il fatto che, nonostante stiamo toccando con mano l’efferatezza dei regimi islamici che si sono insediati al potere dal Marocco allo Yemen grazie alla scellerata strategia promossa dall’Occidente sin dal 2006 e ribattezzata infaustamente “Primavera araba”, siamo più che mai determinati a favorire l’avvento al potere anche in Siria delle bande armate dei Fratelli Musulmani e dei gruppi terroristici di Al Qaeda che costringono l’esercito del dittatore laico Assad a compiere delle stragi di civili che sono comunque da condannare? Come è possibile che l’Occidente continui ad essere cieco, sordo e muto di fronte alla crescita della discriminazione, repressione e massacri dei cristiani arabi che invano ci implorano di non sostenere gli islamici? Come è possibile che sia passato pressoché in sordina l’atroce crimine perpetrato da terroristi islamici in Tunisia, che hanno sgozzato e decapitato un musulmano convertito al cristianesimo, diffondendo con un video le immagini della loro assoluta disumanità affinché non ci sia alcun dubbio che quella sarà la fine di tutti gli apostati e gli infedeli?
Così come sull’altro fronte, quello della dittatura finanziaria, come è possibile che assistiamo rassegnati allo scardinamento del sistema dell’economia reale, rappresentato da chi lavora e produce, strangolando i micro, piccoli e medi imprenditori che vantano crediti per 100 miliardi di euro dallo Stato e a cui le banche non erogano più crediti se non a tassi usurai, mentre nessuno si ribella al fatto che la Banca Centrale Europea ha regalato mille miliardi di euro alle banche europee lo scorso dicembre ed ora si appresta a concederne altri 100 miliardi alle banche spagnole? Come è possibile che i soldi da regalare alle banche debitrici ci sono subito mentre i soldi per le imprese creditrici non si trovano?
Infine come è possibile che, di fronte all’indubbia crisi materiale e morale, si arrivi al punto di immaginare che ormai non abbiamo alternativa al suicidio, sostenendo, da un lato, che la dittatura dell’euro è irreversibile e, dall’altro, che dobbiamo rassegnarci alla dittatura islamica che è anch’essa irreversibile al punto che i nostri islamologi ideologicamente collusi ci dicono che dobbiamo distinguere tra i Talibani radicali e quelli moderati, tra i Fratelli Musulmani intransigenti e quelli dialoganti?
Sveglia Occidente! Recuperiamo l’uso della ragione! Riscopriamo il sano amor proprio! Rimettiamo al centro la persona! Non abbiamo paura della verità! Non rinunciamo alla libertà! Svegliamoci!
di Magdi Cristiano Allam
da Il Giornale
da Baltazzar | Mag 22, 2012 | Chiesa sofferente, Islam
La polizia nega il rilascio della giovane sequestrata lo scorso 4 maggio dallo zio, musulmano neo-convertito. Il padre: “Mia figlia soffre di cuore ed è stata rapita con l’inganno”
da Vatican Insider
La ferita della libertà religiosa continua a sanguinare in Pakistan. Chiede giustizia la famiglia di Mary Salik (nome di fantasia, ndr) la giovane cristiana di 14 anni, rapita lo scorso 4 maggio ad Ali (Faisalabad, Punjab) e costretta a convertirsi all’islam. L’autore del rapimento, secondo quanto riferisce l’agenzia missionaria Asianews, è lo zio della ragazza che, circa un anno fa, ha abbracciato l’islam. Da allora ha evitato qualsiasi contatto con la famiglia di origine. L’uomo ha sequestrato la giovane per farla sposare con il figlio Kashif. Il matrimonio si è celebrato lo scorso 7 maggio.
Il padre della ragazza, dice ad AsiaNews, che “mia figlia ha solo 14 anni e dalla nascita soffre di problemi di cuoree non può fare lavori pesanti. Dopo la conversione mio fratello sta complottando contro la nostra famiglia e ha rapito Mary con l’inganno”.
Subito dopo il sequestro, il padre della giovane cristiana si è rivolto alla polizia locale chiedendo l’immediato rilascio della figlia, ma gli agenti si sono rifiutati di riconsegnare Mary alla sua famiglia. Secondo la polizia, la ragazza si è convertita di sua volontà. La prova? Una dichiarazione scritta in cui la giovane afferma di “essere matura e di aver abbracciato l’islam senza costrizioni o minacce”.
Per riavere indietro la figlia, il genitore ha deciso di trovare una mediazione con l’aiuto di alcuni personalità influenti della zona e ha depositato una denuncia contro gli agenti di polizia.
Padre Bonnie Mendes, sacerdote e attivista pakistano ex-segretario della Commissione nazionale di giustizia e pace, sottolinea i soprusi subiti dalla comunità cristiana. “Anche se siamo liberi di pregare – afferma ad Asianews – e di praticare il nostro culto, veniamo minacciati quando tentiamo di difendere i nostri diritti”. Il sacerdote denuncia il problema dei casi di conversione forzate all’islam di giovani cristiane, che insieme alla legge sulla blasfemia sono una delle più gravi violazioni delle libertà religiosa a danno delle minoranze. Per padre Mendes il caso di Mary è contro gli insegnamenti dell’islam. Infatti, chi desidera convertirsi ha bisogno dell’iddat, un periodo discernimento che deve durare almeno tre mesi. Tuttavia, nota ancora l’agenzia, a causa dell’ignoranza, dell’analfabetismo e dell’ingiustizia sociale, la maggior parte dei musulmani non tiene conto di questa regola.
Ogni mese tra le 25 e le 30 giovani subiscono soprusi simili, per un totale di circa 300 conversioni e matrimoni forzati l’anno. Ragazze indù – ma anche cristiane – che vengono strappate alla famiglia ancora ragazzine e consegnate nelle mani dei mariti/aguzzini. Di recente ha fatto scalpore la decisione della Corte suprema pakistanache ha costretto tre giovani donne indù a tornare con i propri mariti musulmani, nonostante il desiderio delle giovani di ritornare con la propria famiglia. Le giovani erano state rapite in febbraio, costrette a convertirsi all’islam e a sposarsi con uomini islamici.
Lo scorso 26 marzo Rinkle Kumari, una delle ragazze, aveva espresso ai giudici della Corte il desiderio di ritornare dalla sua famiglia. Davanti al tribunale essa ha affermato che “in questo Paese c’è giustizia solo per i musulmani, agli indù la giustizia è negata. Uccidetemi qui, ora, in tribunale. Ma non rimandatemi alla Darul-Aman [una scuola coranica]… ci ammazzeranno”. Anche le altre due giovani, Lata e Asha, avevano espresso, invano, il desiderio di ricongiungersi con i propri familiari. Invano, per ora.