da Baltazzar | Nov 6, 2013 | Cultura e Società, Testimonianze
di Massimo Introvigne da www.lanuovabq.it
Qualche volta basta la parola. È stato sufficiente leggere il nome di Chiara Atzori tra i relatori di un ciclo d’incontri privati per i genitori della scuola cattolica Faà di Bruno di Torino per scatenare la violenta aggressione degli attivisti Lgbt, che ha indotto l’istituto a sospendere l’incontro e l’Arcidiocesi di Torino a protestare energicamente per il tentativo d’imporre su queste materie un pensiero unico, censurando in modo preventivo chiunque proponga idee diverse da quelle della lobby gay. La dottoressa Atzori è di professione infettivologa: è stata subito accusata di considerare l’omosessualità una malattia infettiva, ridicolizzata e insultata. A differenza degli attivisti gay, abbiamo chiesto notizie sulla sua posizione non a qualche sito Internet Lgbt, ma direttamente alla dottoressa Atzori.
Dottoressa, Lei lavora come infettivologa e tiene conferenze sull’omosessualità. Significa che considera l’omosessualità una malattia infettiva?
L’accusa è talmente ridicola che non meriterebbe risposta. Sì, da vent’anni lavoro come infettivologa, e non sento il bisogno di scusarmene. Sono specialista di Aids e di altre malattie sessualmente trasmesse, che sono purtroppo tragicamente diffuse anche nella comunità omosessuale. Le ho studiate sul campo, anche negli Stati Uniti e in Africa, e ho partecipato a numerosi convegni internazionali. Ho molti pazienti omosessuali, che mi onorano della loro stima e spesso della loro amicizia. Non ho mai affermato che l’omosessualità sia una malattia.
Lei è stata dipinta come «la Nicolosi italiana», con riferimento allo psicoterapeuta statunitense dottor Joseph Nicolosi, sostenitore di una «terapia riparativa» per gli omosessuali che in Italia sarebbe «vietata» dall’Ordine degli Psicologi. È così?
Due precisazioni. Primo: non sono una psicoterapeuta. Secondo: il mio contatto con il dottor Nicolosi consiste nell’avere scritto dieci anni fa la prefazione all’edizione italiana di un suo libro. Nicolosi, però, non è un pazzo. Le sue teorie non sono certo condivise da tutti, ma è tuttora membro dell’American Psychiatric Association e invitato a parlare in convegni in tutto il mondo. L’Ordine degli Psicologi italiano, il cui presidente – candidato alle elezioni regionali pugliesi con la Lista di Vendola – è anch’egli non poco controverso per le sue posizioni militanti, non ha titolo a «vietare» alcunché e le sue raccomandazioni non hanno forza di legge.
Ma davvero questa «terapia riparativa» consiste nel «guarire» i gay dall’omosessualità intesa come malattia?
Altre sciocchezze. La terapia riparativa non è proposta ai gay, che per definizione sono gli omosessuali contenti e soddisfatti della loro condizione. È nata per un altro tipo di persone: coloro che sperimentano in sé un orientamento omosessuale indesiderato, che vivono con disagio e incertezza. Queste persone sono più numerose di quanto si creda, e gli psicologi che piacciono al presidente dell’Ordine italiano propongono loro la terapia Gat – «terapia affermativa gay» – la quale parte dalla premessa che il loro disagio nasca dall’interiorizzazione dell’omofobia presente nella società, e cerca di guidarli a superarlo vivendo positivamente la propria omosessualità. È certamente possibile che per qualcuno le cose stiano così, ma quella che non mi convince è l’affermazione dogmatica che dev’essere così per tutti, che tutte le persone incerte sulla loro identità sessuale sarebbero gioiosamente omosessuali se solo la società non fosse omofoba. L’alternativa alla Gat è la terapia riparativa, dove la parola «riparativa» non implica che in queste persone ci sia una qualche malattia da «riparare». La parola viene dal linguaggio psicanalitico, e ipotizza che l’omosessualità non desiderata sia un tentativo («sintomo riparativo» in psicanalisi) messo in atto dalla persona per ritrovare la propria identità sessuale dalla quale si è, per i motivi più variegati, inconsapevolmente distaccata. Può darsi che l’ipotesi non sia confermata. La terapia riparativa intende semplicemente esplorarla, su richiesta – lo ripeto ancora una volta – di queste persone che vivono una situazione d’incertezza.
Perché, allora, gli attivisti Lgbt ce l’hanno con Lei più che con altri?
Forse perché rompo un falso consenso secondo cui l’orientamento omosessuale è sempre per definizione bello, buono e felice, secondo cui esistono solo gay allegri e militanti e non anche persone incerte e a disagio. Questo falso consenso oggi cerca di esercitare un’egemonia su tutta la cultura. Mi sono sempre appassionata all’egemonia per una ragione di famiglia: Antonio Gramsci, il teorico comunista italiano dell’egemonia, era un mio pro-prozio. Ma mi consenta di dire che perfino Gramsci era più democratico e tollerante delle lobby Lgbt di oggi.
da Baltazzar | Nov 4, 2013 | Cultura e Società
Una nazione di vecchi disperati abbandona una donna malata di tumore al cervello che accetta rischi enormi per non dover abortire
di Alfredo Mantovano da www.tempi.it
Giovane e in attesa di una bambina. Una gioia rovinata dalla scoperta di un tumore al cervello. Ancora più calpestata dalla esortazione, che le viene rivolta, di abortire per sottoporsi alle cure più adeguate: rispetto a esse – le dicono – la gravidanza è un ostacolo.
Angela è più saggia dei consiglieri di morte: fa sapere che non si sottoporrà a nessuna cura che comporti l’uccisione della figlia. Poi scopre che esiste una terapia che le permette di curarsi e di portare a termine la gravidanza.
A Bari, in una struttura pubblica, vi è una macchina che pratica quella terapia: peccato che non sia mai stata messa in funzione; ve ne sono altre, ma in strutture private, non alla portata delle sue risorse e la Regione Puglia non vuol fare la convenzione. Alla fine pratica quella cura in una clinica in Grecia, a sue spese.
Che il Signore accompagni Angela e la sua creatura. Ma che elimini dalle nostre menti una così folle e ideologica indifferenza: una Regione impegnata nella diffusione della Ru486 e nel contrasto ai medici obiettori abbandona una mamma in difficoltà; la burocrazia della sanità inventa mille cavilli pur di non andare incontro alla vita nascente e a chi la porta in grembo; una quantità di comitati per le pari opportunità volutamente ignora che la prima opportunità è venire al mondo e restare in vita; un sistema mediatico dedica a uno scandalo del genere al più qualche trafiletto.
Siamo una nazione di vecchi disperati. L’emergenza antropologica non è una espressione roboante su cui costruire convegni, è la solitudine in cui si lascia chi ha il coraggio di sfidare la morte per dare la vita.
Il destino segnato non è quello di Angela che, comunque vada, ha vinto; è il nostro di italiani, che emarginiamo le nostre tante Angele che ci indicano una strada di speranza, e per questo siamo votati alla sconfitta.
da Baltazzar | Nov 4, 2013 | Cultura e Società, Segni dei tempi
L’azienda dei trasporti di Londra rifiuta la “Bus Campaign” di una associazione cristiana che offre supporto per uscire dall’omosessualità
di Benedetta Frigerio da www.tempi.it
Le prime pubblicità contro i credenti apparvero sulle fiancate dei bus inglesi nel 2008. «There’s probably no God. Now stop worrying and enjoy your life», recitavano i cartelloni che giravano per le strade del paese. Senza ottenere risultati, diverse comunità cristiane e parrocchie contestarono la “Atheist Bus Campaign” sostenendo che quelle scritte erano discriminatorie e irrispettose. Non ottennero alcun risultato.
L’ABORTO IN TV. Da allora ne è stata fatta di strada. Nel 2010 comparve la prima pubblicità tv a favore dell’aborto: «Sei in ritardo?», diceva la voce che invitava le donne incinte a rivolgersi alle cliniche abortive Marie Stopes. I cristiani protestarono ancora. Specialmente la Conferenza episcopale della chiesa cattolica inglese, che denunciò: «L’aborto non è un servizio di consumo. Presentarlo così corrode il rispetto per la vita ed è altamente fuorviante e dannoso per le donne». Anche in questo caso, nessuna conseguenza. La campagna fu giustificata come un’azione di volontariato per «affrontare il tabù dell’aborto».
PERCHÉ NOI NO? L’ultimo caso è stato quello dell’affissione lanciata sei mesi fa da Stonewall, una “lesbian, gay and bisexual charity”. Un’altra “Bus Campaign” per pubblicizzare l’accettazione degli omosessuali: «Some people are gay. Get over it!» («Alcune persone sono gay. Fattene una ragione»). A parte una finta tolleranza, non si leggeva nulla di offensivo. A ottobre, però, è partita una denuncia per discriminazione, quando il Core Issues Trust, un’associazione cristiana di supporto agli omosessuali, si è vista rifiutare dall’azienda dei trasporti pubblici londinese, la Transport for London (Tfl), la richiesta di pubblicizzare sugli autobus della capitale la propria attività. «Il punto è come mai loro possono esprimere la propria opinione mentre noi no?», ha dichiarato il direttore dell’associazione Mike Davidson. Per questo il direttore chiederà la sospensione della pubblicità della Stonewall finché non sarà pronunciata la sentenza d’appello.
TERAPEUTI ALLA SBARRA. Davison, ex militante gay che oggi cerca di aiutare quanti vogliano provare a uscire dall’omosessualità, era già stato accusato di omofobia. Per le sue idee Davidson è stato espulso dall’albo degli psicoterapeuti, nonostante nessuno lo avesse querelato. La stessa sorte a cui rischia di andare incontro anche la dottoressa Leslie Pilkington, finita sotto procedimento da parte dell’associazione inglese degli psicoterapeuti dopo essere stata ”incastrata” da un giornalista che fingendosi cristiano e gay le ha chiesto aiuto per uscire dall’omosessualità e ha registrato il colloquio con lei. Sempre in questi giorni alla Healing on the Streets (Host), organizzazione inglese che propone la preghiera come terapia, è stato chiesto di togliere dai muri i cartelloni che reclamizzavano la propria attività.
da Baltazzar | Nov 4, 2013 | Cultura e Società, Flatulenze
L’Apa distingue tra pedofilia e atto pedofilo: solo l’atto sessuale viene considerato “disordinato” per le conseguenze che ha sui bambini
di Benedetta Frigerio da www.tempi.it
L’associazione degli psichiatri americani (Apa) ha scritto nel suo ultimo manuale che la pedofilia, «il desiderio sessuale verso i bambini è un orientamento» come gli altri. La decisione denunciata dall’Associazione della famiglia americana (Afa) va così a completare un lungo percorso di sdoganamento cominciato già negli anni Cinquanta.
DA MALATTIA A ORIENTAMENTO. Dieci anni fa il Dsm-4 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) ha declassato la pedofilia da “malattia” a “disordine”. Ma nel nuovo testo, il Dsm-5 pubblicato quest’anno, l’Apa fa un passo ulteriore come denuncia l’Afa: «Come l’Apa dichiarò negli anni Settanta che l’omosessualità era un orientamento sotto la forte pressione degli attivisti omosessuali, così ora sotto la pressione degli attivisti pedofili ha dichiarato che il desiderio sessuale verso i bambini è un orientamento». L’Apa distingue tra pedofilia e atto pedofilo: se il desiderio sessuale nei confronti dei bambini è un orientamento come gli altri, l’atto sessuale viene considerato “disordinato” per le conseguenze che ha sui bambini.
«SOFFERENZE MODERATE». Già nel Dsm-4 si considerava “disordine mentale” quello di una persona che molestava un bambino, se la sua azione «causa sofferenze clinicamente significative o disagi nelle aree sociali, occupazionali o in altri importanti campi». E già nel 1998 sul Bollettino di Psicologia era stato pubblicato uno studio per dimostrare che gli abusi verso i bambini non causano danni così gravi. Gli autori (Bruce Rand della Temple University, Philip Tromovitch dell’Università della Pennsylvania e Robert Bauserman dell’Università del Michigan) avevano ridefinito l’«abuso sessuale sui bambini», affermando che «le esperienze sofferte da bambini, sia maschi sia femmine, che hanno subito abusi sessuali sembrano abbastanza moderate».
«SITUAZIONE GRAVE». Inoltre, si legge, «l’abuso sessuale su un bambino non necessariamente produce conseguenze negative di lunga durata». E infine si conclude: «Il sesso consensuale tra bambini e adulti, e tra adolescenti e bambini, dovrebbe venire descritto in termini più positivi, come “sesso adulto-bambino” e “sesso adolescente- bambino”». Al tempo, l’attivista ed ex omosessuale Anthony Falzarano aveva commentato così: «Ci troviamo in una grave situazione se l’Apa sta lavorando verso la decriminalizzazione della pedofilia. Il 75 per cento degli omosessuali è stato stuprato o molestato da bambino e suggerire che questo non ha effetti duraturi è ridicolo». Persino il governo americano aveva condannato questo studio, che però l’Apa non ha mai messo in discussione.
da Baltazzar | Nov 4, 2013 | Cultura e Società, Media, Segni dei tempi
di Riccardo Cascioli da www.lanuovabq.it

Il pomeriggio di mercoledì 30 ottobre l’avvocato Giancarlo Cerrelli riceve una telefonata dalla redazione di Domenica In per un invito a partecipare alla puntata di domenica 3 novembre, in uno spazio dedicato a un dibattito sul recente suicidio del giovane gay di Roma. Cerrelli è il vicepresidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani, già protagonista di una puntata di Unomattina estate, lo scorso agosto, in cui aveva argomentato contro la legge sull’omofobia e per questo aveva dovuto subire durissimi attacchi da parte delle organizzazioni gay.
Dunque la redazione di Domenica In aveva ritenuto di invitarlo sapendo benissimo le sue posizioni, anzi proprio per quello. Infatti gli era anche stato detto che degli ospiti previsti (quattro in tutto) sarebbe stato solo su certe posizioni. E’ il solito gioco che si fa in certe trasmissioni: si vuol far passare una tesi, ma per non sembrare di parte si invita anche un ospite contrario che, però, viene messo in mezzo a diversi ospiti impedendogli di esprimere compiutamente le proprie posizioni.
In questo caso è interessante notare anche chi sono i tre ospiti che la pensano all’opposto di Cerrelli: sono due giornalisti – Pierluigi Diaco e Tommaso Cerno – e don Antonio Mazzi. E qui vedremo domenica in che senso un sacerdote di Santa Romana Chiesa in materia di omosessualità sostiene tesi opposte a quelle di Cerrelli, visto che quest’ultimo non si discosta dal Catechismo.
Per Cerrelli comunque neanche questo basta: non è sufficiente il ruolo sacrificato, bisogna accertarsi che non faccia affermazioni sgradite; così i redattori di Domenica In gli fanno molte domande per accertarsi su tutte le cose che intende dire.
Si arriva così a ieri pomeriggio, 1 novembre: intorno alle 15 Cerrelli riceve un’altra telefonata dalla redazione di Domenica In, che gli annuncia che il suo intervento è stato annullato. Sono stati mantenuti gli altri ospiti ma Cerrelli verrà sostituito da una mamma che ha accettato l’omosessualità del figlio. In fondo, gli dice il redattore, ci sarebbe stato troppo poco tempo per lui per esprimere le sue posizioni, quindi terranno conto della sua disponibilità per la prossima occasione in cui si parlerà di omofobia.
Scusa patetica, in realtà cade ormai anche qualsiasi parvenza di obiettività: sul tema omosessualità non sono più ammesse opinioni che non siano quelle imposte dalla lobby gay. E come non ricordare che dopo la già citata trasmissione di Uno Mattina, era stato chiesto da alcuni deputati l’intervento della Commissione di Vigilanza Rai per evitare che fossero invitati alle varie trasmissioni «ospiti ultracattolici e omofobi»?
La situazione è ormai oltre ogni limite, come dimostra anche il caso della scuola Faà di Bruno di Torino, che riportiamo in altro articolo. Non c’è ancora una legge sull’omofobia, ma già la dittatura gay è una realtà. Sarebbe il caso che anche la politica intervenisse per garantire la libera espressione di opinioni che non sono diffamatorie né discriminanti né irrispettose. Non solo, sono anche opinioni che ricalcano quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge italiana, che riconoscono soltanto la famiglia naturale.
Chissà se quei parlamentari cattolici che alla Camera hanno votato a favore della legge sull’omofobia, soddisfatti dell’introduzione di un emendamento che garantisce libertà religiosa, si stanno rendendo conto di come sia davvero la realtà.
da Baltazzar | Nov 4, 2013 | Cultura e Società, Segni dei tempi
di Riccardo Cascioli da www.lanuovabq.it

E’ agghiacciante ciò che accade alla scuola media Gramsci di Torino,
come racconta Massimo Introvigne nell’articolo in Primo Piano, ma purtroppo non è un caso isolato. Sempre a Torino c’è stata la pesante intimidazione dei gruppi gay, di cui
abbiamo parlato nei giorni scorsi, che hanno costretto la scuola cattolica Faà di Bruno a sospendere un ciclo di incontri riservati ai genitori su famiglia e ideologia di genere. A Venezia invece, apprendiamo che esiste il progetto “A proposito di genere…” dedicato alle scuole materne e primarie, dove gli insegnanti – dopo sei lezioni di “rieducazione” sull’argomento – saranno affiancati in aula da un tutor che li assisterà nel proporre ai bambini il superamento degli stereotipi di genere.
Ma iniziative del genere volte a superare i cosiddetti “stereotipi di genere” ve ne sono ormai in tutta Italia. “Stereotipi di genere”, ovviamente, indica l’antica credenza secondo cui in natura esistono soltanto due sessi e non un numero imprecisato di generi che poi ognuno “indossa” a suo piacimento, anche passando da uno all’altro se ne ha voglia.
C’è insomma una voglia di “Corea del Nord”, di campi di rieducazione sul modello della Cina maoista, che sta invadendo l’Italia, grazie anche ai nostri governanti che – come dimostra l’articolo di Gianfranco Amato nel Focus odierno – hanno pensato bene di pagare tutto ciò con i soldi delle nostre tasse.
Per i lettori più attenti della Nuova BQ non si tratta di una sorpresa: già nel maggio scorso avevamo dato notizia di una “Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale”, a forte orientamento omosessualista, spiegando che la scuola sarebbe stato il terreno principale per imporre questa nuova ideologia. Avevamo anche spiegato che esiste già da anni una rete degli enti locali, chiamata Ready, che funge da coordinamento per promuovere a livello locale quei cambiamenti che poi – si calcola – imporrà ai parlamentari di adeguare la legislazione nazionale.
E’ brutto dire “l’avevamo detto” ma in questo caso è più che giustificato, visto che siamo stati praticamente gli unici a indicare subito il pericolo e la deriva che questa “Strategia” avrebbe significato. Ora però sta arrivando l’ondata di piena, con tanto di aggressione e minacce a chi vuole continuare a sostenere che in natura esistono solo maschio e femmina e che l’unica famiglia possibile è quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Non è questo un pensiero omofobo, ma una legittima convinzione che trova riscontro peraltro anche nella nostra Costituzione.
Lo abbiamo detto pochi giorni fa, ma lo ripetiamo: si sta instaurando un clima di intolleranza e sopraffazione da parte dei movimenti gay contro chi rifiuta l’indottrinamento, che non può lasciare indifferenti le autorità. Non è possibile chiudere gli occhi davanti a quel che accade e avallare la legge del più forte, saltando a piè pari anche ciò che dice la nostra Costituzione, tanto adulata quando fa comodo quanto bellamente ignorata se la si invoca a tutela della famiglia naturale.
Né si può accettare che l’educazione dei figli venga espropriata ai genitori per favorire l’indottrinamento di stato. E’ una grave violazione della nostra Costituzione e uno scivolamento verso una dittatura gay che in realtà è già iniziata, e senza neanche il bisogno di una legge sull’omofobia. Anche i genitori devono farsi sentire, rifiutare che ai propri bambini fin dalle elementari venga imposta una ideologia contraria ai valori con cui crescono in famiglia.
Libertà di opinione, libertà religiosa, libertà di educazione: tutto viene calpestato pur di affermare una ideologia propugnata da una piccola minoranza, cui si accoda volentieri tutto il bel mondo del politicamente corretto. Cos’altro si deve aspettare prima di intervenire a tutela di cittadini e associazioni che non vogliono fare altro che testimoniare la bellezza della famiglia naturale ed esprimere pubblicamente le proprie convinzioni?