Internet e l’illusione di sapere tutto. Si voleva fare una scuola di massa invece si è fatta una scuola classista.

Con questo intervento concludo la lunga presentazione di Togliamo il disturbo, di Paola Mastrocola, edito da Guanda, d’obbligo una premessa: il libro della Mastrocola non rappresenta il vangelo in terra, anche perché sulle questioni scolastiche come l’insegnamento, l’apprendimento, i saperi, la valutazione, non  esistono ricette facili. La scuola non è come negli uffici postali, dove si smistano buste, pacchi, etc, a scuola si “lavora” sui cervelli dei giovani, si dovrebbe costruire il futuro della nostra società. Mi è sembrato corretto fare questa premessa perché ho ricevuto dei commenti critici, in particolare, sul giornale online zammeru maskil.com, il visitatore nel suo articolato commento alla 7 parte , ha difeso lo studioso americano Benjamin Bloom, anche se poi ha scritto cose condivisibili sul processo dell’insegnamento-apprendimento che è soggetto a moltissime variabili. Infine, da segnalare, i commenti del visitatore abituale, ma di altro tenore, sul giornale online furcisiculo.net.

Comunque la cosa migliore è leggere il libro, sicuramente fa bene a tutti e non credo che la Mastrocola abbia la pretesa di voler risolvere tutti gli annosi problemi che affliggono la nostra scuola. Di una cosa sono certo, Togliamo il disturbo, se viene preso in seria considerazione dagli organi istituzionali, certamente potrà offrire un ottimo contributo per il bene della scuola italiana.

L’ultimo mostro che sta facendo male alla nostra scuola e non solo, per la prof di Torino è il web, e tutto quello che ruota intorno, facebook, in particolare. “Quando apprendo che nel marzo 2010 è nata a Londra la prima clinica specializzata nella disintossicazione della mente infantile dalla dipendenza da internet e videogichi e in particolare dal ‘morbo di facebook’”, allora alla Mastrocola, questo la preoccupa molto. La colpa è di tutti noi, che dovevamo mettere in guardia, in particolare i più giovani. Essere sempre connessi, significa che si è dipendenti. Forse qui la Mastrocola esagero un poco, ma come si fa a non essere d’accordo con i suoi ragionamenti. “Penso che stiamo prendendo un abbaglio: crediamo che le nuove tecnologie ci cambieranno la vita, il cervello e l’identità; invece forse, se usati con moderazione, sono soltanto utili e innovativi strumenti che ci permetteranno di essere meglio quello che siamo e ci faciliteranno la vita che abbiamo”.

Del resto quando è stata inventata l’automobile, non ci siamo messi dentro per tutta la giornata, lucidando il cruscotto e per tutto il giorno a viaggiare col nuovo strumento. “Ha solo migliorato i trasporti. Ha solo cambiato, in meglio, il nostro modo di muoverci…” La stessa cosa dovrebbe essere per internet, adesso perché c’è internet non vuol dire che smetteremo di pensare e di studiare. Certo è una grandiosa novità, scoperta, progresso, che la prof non demonizza, lo considera solo uno strumento utile, per comunicare più velocemente.

Una seconda nuvola – per Mastrocola – è che internet ci dà l’illusione del sapere. Nel fatto che in rete c’è tutto, noi abbiamo maturato la convinzione che andando su internet sapremo tutto. Invece, non sappiamo niente. Perché ci siamo limitati a guardare, leggere, stampare: non abbiamo studiato e quindi alla fine non sappiamo niente. E’ stato sostituito il verbo studiare; i giovani, in particolare, hanno l’illusione di aver studiato, guardando delle pagine su internet. Invece per Mastrocola, per sapere, bisogna trattenere. Appropriarci delle cose, farle scendere giù nell’hardware della nostra mente, ancorarle. Studiare è questo. Insiste la prof, internet non ci dispensa dallo studio (…) può benissimo sostituire i libri e le enciclopedie (…) ma le videate e le stampate, poi, bisogna studiarle allo stesso modo di un libro (…)Non è che, usando il supporto video, magicamente le cose si trasferiscono nella nostra mente e lì dimorano per sempre rendendoci sapienti!” Il maledetto sforzo di memorizzare e organizzare e trattenere bisogna che lo facciamo sempre e comunque”. Mi sembrano ragionamenti condivisibili.

E più avanti la professoressa di Torino espone una sua teoria abbastanza originale, per usare internet dovremmo già avere una buona dose di conoscenze, uno che è digiuno naviga a vuoto. Può proficuamente navigare, per la Mastrocola, chi possiede già una sua personale dispensa di nozioni, chi ha letto libri, conosce l’esistenza di certi autori, e personaggi, e fatti, e idee. E così chi si trova in questo contesto, naviga tra le sue conoscenze, e il mezzo di internet, gli rende molto più agevole ritrovare. Ecco internet, serve per ri-trovare non per trovare. E qui mi sembra di ritrovarmi in toto. Per me è una meraviglia usare internet, è stata una rivoluzione che ho sperimentato sulla mia pelle. “Ma i giovani? I giovani non possono che giocare con Internet, visto il livello di scuola che gli stiamo offrendo…”

Qualche saggista parla di demenza digitale di massa e denuncia la preoccupante scomparsa di facoltà quali la memoria e la concentrazione, ecco perché nel mare del web si rischia una frammentazione dei saperi. La Mastrocola ci mette in guardia dalla sacralizzazione del pc, del resto, gli americani da tempo, hanno superato questo aspetto. Diversi studiosi ci mettono in guardia dalle illusioni delle cosiddette “didattiche democratiche”, dalle riforme “progressiste” fondate sui miti dell’autonomia e del territorio, dal “mammismo pedagogico” e dal trionfo tecnologico dell ‘informatica e della digitalità”.

Sartori il 22 marzo 2010 sul Corriere della Sera citando Tullio De Mauro, scrive: “il 70% degli italiani è pressoché analfabeta o analfabeta di ritorno, cioè fatica a comprendere testi, non legge niente, nemmeno i giornali”. Per Sartori, le cause sono quattro: lo sfascio della scuola che dovrebbe alfabetizzare  e invece non lo fa più perché è caduta nelle mani dei pedagogisti (li chiama i ‘diseducatori degli educatori’); il ‘ sessantottismo demagogico dei politici’; il permissivismo illuminato delle famiglie spockiane; ma soprattutto la tecnologia che inneggia all’homo novus zappiens avviato a gloriosi destini grazie alle sue Nuove abilità, multitasking in primis”.

L’importanza di questo libro sono le numerose domande che pone ai lettori, tra queste ne formula una a proposito di questi giovani figli di questa società opulenta che frequentano le scuole e non aprono più un libro. Che cosa facciamo con questi ragazzi? Abbiamo creato una scuola classista: non prepariamo più nessuno a forza di non insegnare più alcuna “nozione”, per la Mastrocola, stiamo penalizzando proprio le classi meno abbienti e facilitiamo invece, le classi socialmente avvantaggiate, che sanno perfettamente cosa fare, evitano con grande maestria le scuole statali di quartiere, e si vanno a cercare le scuole internazionali o le scuole confessionali private o quelle rare scuole statali di qualità che ancora sopravvivono: i luoghi esclusivi, dove ancora si insegnano i contenuti, dove si fa grammatica insieme alle lingue straniere, e si fanno leggere i libri e si pretende lo studio”. Così per la Mastrocola abbiamo condannato definitivamente all’ignoranza e all’immobilismo sociale proprio coloro che dovremmo più aiutare. Un vero capolavoro classista, complimenti! Soprattuto se penso che tutto ciò è opera di insegnanti e politici di sinistra…Concludiamo, la nostra lunga maratona, con il rimedio possibile che offre per i nuovi analfabeti, il professore De Mauro, “propone di prolungare ulteriormente l’obbligo scolastico e di diffondere maggiormente Internet (d’accordo con la Gelmini?), allora di colpo capisco che è la fine. Inutile lottare. Tutti a scuola per anni e anni a imparare il nulla più a lungo, tutti a smanettare sul computer tra un sito e un blog, convinti di essere in un fulgido futuro. Con la lavagna interattiva, naturalmente…”

Nella terza parte la Mastrocola espone la sua modesta proposta sulla scuola del futuro, continuate voi, leggendo il libro.

 

DOMENICO BONVEGNA

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