Ha legato un lenzuolo al soffitto di casa

MILANO — È toccato al padre trovarla morta. Quando ha aperto la porta di casa si è visto di fronte la figlia con un lenzuolo al collo, impiccata ad una delle grate del soffitto. M. aveva solo 15 anni e avrebbe festeggiato il suo sedicesimo compleanno il 20 agosto. Ottimi voti all’istituto magistrale di Lecce, amici e amiche con cui divideva i pomeriggi dopo la scuola, una famiglia con la quale, almeno apparentemente, andava d’accordo: non c’erano mai stati grandi problemi, se non le classiche incomprensioni tra genitori e figli adolescenti.

Eppure quella punizione che il padre le aveva inflitto, il «sequestro» del cellulare per qualche ora e il divieto di uscire con un gruppo di amici, a M. deve essere sembrato insopportabile, ed è per questo, forse, che ha deciso di farla finita. Domenica pomeriggio i genitori di M., padre negoziante e mamma casalinga, si sono avviati in Chiesa, in un paese della provincia di Lecce, per celebrare la Comunione dell’altro figlio più piccolo. Anche M. avrebbe dovuto unirsi a loro, ma quando è stato il momento di uscire si è rifiutata. «Preferisco tornarmene a casa per conto mio e poi voglio uscire con i miei amici» avrebbe detto ai genitori, mandandoli su tutte le furie. «Se non vieni con noi non uscirai neppure con i tuoi amici» la risposta. Da qui sarebbe scoppiato il diverbio, che si è concluso con la decisione del padre della ragazza di portarsi via il suo cellulare come punizione. Lei è rimasta in camera sua e non si è mossa di casa. Ha trascorso il pomeriggio a leggere e a chiacchierare con le amiche al telefono, raggiunte con il telefono fisso. I carabinieri, che hanno indagato sull’episodio, le hanno ascoltate tutte, nel tentativo di scavare meglio nelle motivazioni che l’avrebbero spinta a un gesto tanto estremo.

Le compagne di classe hanno ascoltato gli sfoghi di M., ma nulla ha mai fatto sospettare loro che le cose si sarebbero concluse in modo tanto tragico. Increduli anche i genitori, che non vogliono accettare l’idea di un gesto volontario. M. non ha lasciato alcun biglietto di addio, sembra che non avesse confidato a nessuno il desiderio di farla finita. Ed è anche per questo che l’impressione di chi ha lavorato sul caso è che M. forse non voleva uccidersi. È possibile che il suo gesto volesse essere solo un atto dimostrativo, dettato dalla rabbia per il divieto di uscire, vissuto come una punizione incomprensibile. I genitori della studentessa, rientrati intorno alle 23 dopo la festa, hanno subito chiamato i soccorsi, l’ambulanza è arrivata in fretta, ma ogni tentativo di rianimarla è stato inutile. Amici e compagni di classe hanno scritto molti messaggi per lei su Facebook, salutandola con tantissimi abbracci, perché a tutti sembra impossibile che si sia fatta travolgere dalla disperazione solo per una lite con mamma e papà.

C. Mar. da Corriere della sera