Roma diffonde il suo progetto di costruire 51 parrocchie

di Edward Pentin

ROMA, mercoledì, 21 luglio 2010 (ZENIT.org).- L’ultima settimana di giugno è stata, per  molti motivi, un momento piuttosto particolare per la Chiesa a Roma.

L’annuncio della scoperta delle più antiche immagini conosciute degli apostoli Pietro, Paolo e Andrea ha attirato gran parte dell’attenzione mondiale, grazie anche ad alcuni annunci sagaci e attraenti da parte del Vaticano.

Scoperte sul soffitto di una tomba nelle catacombe di Santa Tecla, vicino alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, le immagini sono state fatte risalire alla seconda metà del IV secolo. Sono state scoperte utilizzando una nuova tecnica al laser che brucia i depositi di carbonato di calcio, lasciando intatti i colori scuri delle pitture sottostanti.

La qualità delle immagini è impressionante, vista l’età e la quantità di sporcizia che ha dovuto essere rimossa. Ogni apostolo appare in un medaglione agli angoli del soffitto: San Paolo, la cui immagine è stata la prima ad essere scoperta l’anno scorso, è forse il più facilmente distinguibile. Sembra un filosofo rinascimentale con la testa calva e la barba appuntita. I santi Andrea e Giovanni, vestiti in abiti romani, appaiono risoluti e pensierosi, mentre San Pietro, con la barba bianca e folti ciuffi di capelli, è sereno e distinto.

Gli archeologi hanno effettuato la scoperta in quella che è forse la parte più improbabile della città: un semplice sobborgo pieno di alcuni dei peggiori esempi dell’architettura degli anni Settanta.

Poco prima di questo annuncio sono arrivate altre buone notizie per la Chiesa cattolica a Roma: i progetti per costruire 51 nuove parrocchie in città.

Gianni Alemanno, il Sindaco della Città Eterna, ha detto che le nuove parrocchie, finanziate con la collaborazione del Vicariato di Roma, di altre Diocesi e con la donazione di terreni da parte del Comune, non saranno solo centri di culto, ma anche “centri sociali, culturali nelle periferie”. “Siamo infatti consapevoli che le parrocchie sono spesso punto di aggregazione ed identità dei quartieri”, ha aggiunto.

E’ difficile immaginare che Roma, una città in cui si può visitare ogni giorno una chiesa diversa, abbia bisogno di altri templi, ma ci sono parrocchie, come quella di Santa Maria Regina della Pace a Tor Vergata, che aspettano da più di otto anni di trovare una sistemazione permanente. Ora i suoi parrocchiani ne potranno avere finalmente una, ha detto Alemanno, una volta che saranno stati chiariti i dettagli del progetto.

Non tutti sono però contenti di queste notizie. I membri di altre confessioni cristiane e di altre religioni obiettano che anche loro dovrebbero ricevere dei terreni. Alemanno si è quindi impegnato a “trovare un modo per dare loro dei terreni”. L’appartenenza religiosa, ha detto, è un “valore universale”, e quindi rispondere alle richieste in questo senso è “sempre un arricchimento per la società”.

Questa risposta è caratteristica di Alemanno, uno dei Sindaci di Roma più favorevoli alla Chiesa e alle religioni, coerente nel suo sostegno alle preoccupazioni della Chiesa, non solo in relazione alle questioni pratiche, ma anche nelle sue battaglie contro il laicismo radicale.

Una cosa che avrebbe sicuramente incoraggiato i quattro apostoli.

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Un vero bavarese

Tra i tanti amici di Benedetto XVI, quelli della Baviera sono molto probabilmente quelli che lo conoscono meglio.

Una di loro è la professoressa Hanna Barbara Gerl-Falkowitz, docente di Filosofia e Religioni Comparate all’Università di Dresda, che conosce il Papa da prima che venisse nominato Arcivescovo di Monaco e Frisinga, quando era semplicemente il professor Joseph Ratzinger.

Il mese scorso, mentre era a Roma per partecipare a una conferenza sul filosofo cattolico Dietrich von Hildebrand, ha condiviso con me alcuni aspetti della sua personalità. In concreto, ha ricordato un aneddoto particolarmente divertente relativo al loro primo incontro.

La Gerl-Falkowitz stava organizzando una conferenza per 300 persone e aveva invitato il professor Ratzinger a parlare di Romano Guardini, il grande intellettuale tedesco cattolico che Joseph Ratzinger ammirava da molto tempo. Il luogo dell’incontro era il castello Rothenfels, in cima a una montagna vicino alla città di Würzburg.

“E’ stato nel 1976”, ha spiegato. “Ricordo l’anno esatto perché lui [il professor Ratzinger] divenne Arcivescovo di Monaco un anno dopo”.

“Avevo mandato una persona a prenderlo alla stazione, e questi tornò dicendo: ‘Il professor Ratzinger non c’era. Non l’ho visto’. Io avevo un castello con 300 persone che lo aspettavano ed ero molto ansiosa”.

“Il castello si trova su uno sperone roccioso. Circa venti minuti dopo ero in piedi sulla cima e accanto a me c’era una siepe che iniziò a muoversi. Allora vidi prima una borsa, poi due mani, e quindi i capelli bianchi – allora aveva già i capelli bianchi – del professor Ratzinger. Stava sudando, sforzandosi di attraversare la siepe. Era salito lungo tutta quella collina così ripida fino al castello. Volevo che la terra sprofondasse sotto di me, ma lui era gentile e sorridente. Mi disse: Ascensio in montem sacrum, che significa: ‘Ascesa alla montagna sacra’”.

“Stava alludendo a Guardini, perché è stato lui a permettere che quel castello venisse utilizzato dalla gioventù cattolica tedesca. Quello fu il mio primo incontro con Joseph Ratzinger – i suoi capelli spettinati, le carte che volavano… Non so se lo ricorda, io sì. E’ stato terribile – essere invitato a pronunciare un discorso e nessuno che fosse andato a prenderlo!”.

La Gerl-Falkowitz nutre una grande ammirazione per il Santo Padre, e continua a sorprendersi per la forza del suo carattere. “E’ molto forte – afferma –. Mi sorprende sempre il fatto che, con tutto ciò che sta accadendo intorno a lui, con tutte le sue attività, quest’uomo possa pregare con una concentrazione così incredibile. Significa che è davvero vicino al Signore – è questa la mia impressione. Ed è molto semplice. Tutta la sua intelligenza è una specie di involucro intorno a una sensibilità molto profonda e preziosa”.

“La prima impressione che si ha sempre è che sia un po’ timido, e questo è sicuro, perché viene da una parte della Baviera – l’antica Baviera – in cui le persone sono timide. C’è il bavarese che è forte e ama bere, ecc., che corrisponde all’immagine ufficiale della regione, ma nell’antica Baviera le persone sono timide, silenziose; non parlano molto, ma sono molto profonde e hanno una grande pietà”.

Per la Gerl-Falkowitz, la crisi nella Chiesa ha fatto sì che il Papa “soffra molto” e “sia davvero abbattuto”, ma “è un credente forte”, aggiunge, e non ha dubbi che la sua forza di carattere e la sua fede si vedranno in mezzo alle tempeste.

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Edward Pentin è uno scrittore freelance che vive a Roma. Può essere contattato all’indirizzo : epentin@zenit.org