di Fausto Biloslavo e Bahram Rahman
Tratto da Il Giornale del 8 maggio 2009

Un migliaio o forse anche più sarebbero gli afghani  convertiti al cristianesimo, che vivono la loro fede in segreto. Se scoperti rischiano la galera o la pena di morte in nome della sharia, la dura legge del Corano.

Chi li conosce rivela al Giornale di averli incontrati soprattutto nel centro del Paese. In particolare nella provincia di Bamyan, abitata in gran parte da sciiti. «Molti si convertono sperando di uscire dal girone della povertà» spiega una fonte afghana a Kabul.

Anche nella capitale esistono “cellule” di cristiani, composte in particolare da giovani. Alcuni lavorano per organizzazioni umanitarie straniere. Per motivi di sicurezza si ritrovano in piccoli gruppi di sei persone e pregano Gesù Cristo di nascosto. Uno dei giovani afghani convertiti ha spiegato al Giornale: «Viviamo una doppia vita. Non possiamo mostrare pubblicamente la nostra fede. Se lo facessi verrei ucciso e sarebbe per prima la mia famiglia a pretenderlo». Anche traduttori e collaboratori dei militari stranieri, a cominciare dagli americani della grande base di Bagram, sono tra i convertiti. Non esiste alcun “piano dei crociati”, come tuonano i talebani. Singoli cappellani militari o soldati portano con loro qualche volantino, un Vangelo o una Bibbia in più. Talvolta convincono i giovani afghani che usano il computer a iscriversi a delle newsletter cristiane.

Agli inizi di maggio la televisione satellitare Al Jazeera ha filmato la distribuzione di testi sacri cristiani, tradotti in pashtu e farsi (le due lingue afghane), 100 chilometri a nord di Kabul. Un cappellano americano ha detto ai soldati: «I ragazzi delle forze speciali danno la caccia a uomini. Noi facciamo lo stesso come cristiani». Da Bagram hanno smentito che ci sia un piano per il proselitismo. Secondo una fonte del Giornale la scorsa settimana sono state distribuite delle copie tradotte della Bibbia in due scuole di Kabul. La faccenda è finita in Parlamento e al Consiglio religioso afghano. I preti islamici già lo scorso anno avevano accusato «alcune organizzazioni umanitarie» di proselitismo. La più nota è Shelter Now, che durante il periodo talebano finì nei guai. Otto dei loro volontari occidentali furono arrestati per proselitismo. Lo scorso ottobre è stata uccisa a Kabul l’inglese Gayle Williams, che lavorava per Serve Afghanistan, Ong dichiaratamente cristiana, che però ha sempre smentito di fare proselitismo.

I talebani, nel comunicato che minaccia il Santo Padre, citano il caso del convertito afghano Abdel Rahman. Condannato a morte e poi espulso grazie all’intervento del nostro Paese, che ancora oggi lo ospita. A Kabul esiste una chiesa nel perimetro dell’ambasciata italiana dove si dice regolarmente messa. All’esterno, invece, opera un gruppetto di suore di Madre Teresa, che da sempre aiuta i bambini evitando il proselitismo. Più che i cattolici sono i protestanti, gli evangelici e altre comunità minori a tentare di  convertire gli afghani. Non solo con “missionari” sul terreno, ma attraverso i canali tv religiosi sul satellite Hotbird in lingua farsi.