Dichiarazione del presidente della Conferenza Episcopale

di Nieves San Martín

LIMA, giovedì, 9 luglio 2009 (ZENIT.org).- Il presidente della Conferenza Episcopale Peruviana e Arcivescovo di Trujillo Héctor Miguel Cabrejos ha reso pubblica il 2 luglio una dichiarazione in cui lamenta che la Chiesa non sia stata consultata sul progetto di legge sulla libertà religiosa che il Governo sta preparando e afferma che non tutte le religioni sono uguali e che è importante il radicamento sociale di una confessione.

“La Chiesa cattolica è la prima a difendere e promuovere la libertà religiosa – afferma monsignor Cabrejos -. E’ bene ricordare che è stata la Conferenza Episcopale Peruviana a proporre il principio della libertà religiosa raccolto nella Costituzione del 1979 e per come viene riconosciuto dall’attuale Costituzione”.

Il presule ricorda che l’articolo 2 della Costituzione Politica del Perù sostiene che nessuno deve essere discriminato per la sua religione, mentre l’articolo 3 segnala che ogni persona ha il diritto alla libertà di religione, in modo individuale o associato, e al libero esercizio pubblico di tutte le confessioni, sempre che non offenda la morale e l’ordine pubblico.

“Dalla Costituzione del 1979, lo Stato peruviano è aconfessionale e stabilisce con la Chiesa cattolica una relazione di indipendenza e collaborazione, come raccoglie l’articolo 50 della nostra attuale Costituzione, lo stesso che stabilisce che lo Stato rispetta altre confessioni e può stabilire forme di collaborazione con loro”, ha dichiarato il presule.

Di fronte alla pretesa di usare il termine “uguaglianza” in campo religioso, ricorda monsignor Cabrejos, “è importante sottolineare il fatto precedente a qualsiasi normativa che le religioni non sono uguali. Il cristianesimo, l’ebraismo e l’islamismo non sono uguali, il che non significa svalutare qualcuno, ma constatare oggettivamente la natura di ogni religione”.

“E’ importante il radicamento sociale di una confessione di fede – ha sottolineato -. La Chiesa cattolica ha più di 2.000 anni e in Perù è indubbia la sua partecipazione alla formazione storica, culturale e morale della società attuale, il che la differenzia necessariamente nel suo rapporto con lo Stato, rispetto alle relazioni che questo può stabilire con le altre confessioni”.

Il presule ha anche ricordato che i rapporti tra il Perù e la Chiesa cattolica sono regolati attraverso l’Accordo tra la Santa Sede e lo Stato peruviano, che ha carattere vincolante perché è un accordo di diritto internazionale.

Per questo, monsignor Cabrejos lamenta “che, nel contesto della collaborazione che deve spiccare nel rapporto tra la Chiesa cattolica e lo Stato, su questo tema il Parlamento non abbia consultato ufficialmente la Conferenza Episcopale Peruviana”.

“Bisogna rimediare a questa omissione – aggiunge – tenendo conto che i diritti individuali interessano anche i cittadini cattolici, che in Perù sono la grande maggioranza”.

Per il presule richiama l’attenzione anche il fatto che “di 16 membri della Commissione della Costituzione abbiano votato solo 6”.

Senza voler sminuire l’importanza della regolamentazione tecnica che si deve implementare, l’Arcivescovo afferma che suscita perplessità il fatto che “mentre nel Paese ci sono tanti problemi seri e urgenti da risolvere un gruppo di parlamentari si affretti a cercare l’approvazione di questa legge nella Commissione della Costituzione”.

Per questo, rivolge un appello “alla serenità e alla saggezza perché dal Parlamento si affrontino i temi più urgenti per la società peruviana”, concludendo con un’esortazione a che “questo tema si affronti in un clima di dialogo, di rispetto per le persone e le istituzioni e cercando in primo luogo il bene del Paese”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]