I doveri del mondo (e dell’islam)
di Luigi Geninazzi

Tratto da Avvenire dell’11 novembre 2010

Finora avevano un unico modo per cer­care di sfuggire alle violenze, ai seque­stri e alle uccisioni che da sette anni rap­presentano lo stillicidio quotidiano della barbarie di cui sono fatti oggetto i cristia­ni in Iraq: stare chiusi nella propria abita­zione e uscire il meno possibile. Ma ades­so «ci stanno dando la caccia casa per ca­sa, quartiere per quartiere» è la disperata denuncia dell’anziano Patriarca caldeo di Baghdad. A dieci giorni dalla strage di fe­deli in una chiesa siro–cattolica, assistiamo costernati a un ulteriore drammatico sal­to di qualità degli attacchi contro la mino­ranza cristiana, colpita con mortai e ordi­gni esplosivi tra le mura domestiche. Do­po aver violato con gesto infame i luoghi di preghiera, dopo aver steso mese dopo me­se una lunga catena di morte a Mosul, i fon­damentalisti islamici che si sono inventa­ti un Dio crudele non s’arrestano neppure davanti ai luoghi da sempre sinonimo di tranquillità e intimità familiare.

Secondo molti analisti l’ultima recente on­data di attentati che ha investito la capitale irachena non è altro che il tentativo delle frange estremiste di destabilizzare il Paese nel bel mezzo di una cruciale trattativa tra le diverse fazioni etnico–religiose in vista di un governo d’unità nazionale, dopo un vuo­to politico–istituzionale che dura da oltre sette mesi. Ma quando il terrore bussa alle porte di casa anche le più raffinate spiega­zioni risultano insufficienti. Le bande ira­chene legate ad al–Qaeda puntano indub­biamente al caos politico ma fanno leva sul­l’odio anti–cristiano. L’hanno ripetuto nel­l’ultimo comunicato emesso dal cosiddet­to “Ministero della Guerra dello Stato isla­mico d’Iraq” secondo cui tutti i cittadini di fede cristiana verranno considerati d’ora in avanti “obiettivi legittimi” da colpire a mor­te. Fin dentro le loro case. Probabilmente questi fanatici sono talmente ignoranti da non sapere che esattamente settantadue an­ni fa, il 10 novembre del 1938, l’Europa vis­se l’orrore e la vergogna della “Notte dei cri­stalli”, l’assalto ai negozi degli ebrei, il po­grom scatenato dai nazisti del Terzo Reich che segnò l’inizio dell’Olocausto. Oggi in Medio Oriente non c’è un regime che pia­nifica lo sterminio, ma i cristiani sono presi di mira, fatti segno di attentati dinamitardi nelle chiese e nelle case. Siamo di fronte a un martirio collettivo che si configura co­me una vera e propria “pulizia confessiona­le”. In Iraq è in atto una strategia di svuota­mento di un’antica tradizione religiosa che esisteva fra il Tigri e l’Eufrate ben prima che arrivasse il Corano di Maometto. E’ in cor­so il progressivo e micidiale annientamen­to di un’intera comunità che un intellettua­le laico, il francese Regis Débray, ha parago­nato addirittura all’anti–semitismo. Per ve­gliare sui rigurgiti di quel disumano e intol­lerabile fenomeno, duro a sparire, è stato giustamente creato un Osservatorio inter­nazionale. Ma chi si preoccupa della cri­stianofobia che dilaga in molte parti del mondo e che in Medio Oriente sta raggiun­gendo livelli inquietanti? Chi difende i cri­stiani perseguitati in Iraq? Quali misure a lo­ro protezione intende adottare il vecchio– nuovo premier al–Maliki? Quanto tempo do­vremo ancora aspettare prima che le Na­zioni Unite puntino a iniziative concrete contro quest’emergenza, che non è solo po­litica ma coinvolge un’enorme questione ci­vile e religiosa e rappresenta uno sfregio a tutta l’umanità? E perché la “umma” isla­mica continua a tacere e a non fare, salvo po­chi casi isolati d’intellettuali musulmani che hanno espresso il loro sdegno?

Tante, troppe domande senza risposte. Il mondo si svegli, prima che sia troppo tardi. Prima che una notte ancora senza nome ci faccia ripiombare nel buio e nella vergogna.