Illustrando la figura di San Bonifacio, Benedetto XVI nota che, paragonando la sua con la nostra fede “spesso così tiepida e burocratizzata”, egli ci invita ad “accogliere nella nostra vita la Parola di Dio, amare appassionatamente la Chiesa, a essere uniti con il successore di Pietro e a promuovere il progresso dell’uomo, illuminando la cultura con la fede cristiana”. “Esecrazione” per gli attentati nell’Ulster.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Il missionario “ci incoraggia ad accogliere la parola di Dio”, ad “amare la Chiesa e la sua unità intorno al successore di Pietro”, a “promuovere la cultura animata dalla fede cristiana”. Così fece San Bonifacio, “l’apostolo dei tedeschi” la figura del quale è stata illustrata oggi da Benedetto XVI alle 20mila persone presenti in piazza San Pietro per l’udienza generale.
Proseguendo nella descrizione delle grandi figure della Chiesa del Medio Evo, il Papa ha oggi parlato del “grande missionario dell’VIII secolo”, che ha diffuso il cristianesimo nell’Europa centrale “ed anche nella mia patria”.
Nato nel 685 in Inghilterra, nell’Essex, Bonifacio, ha ricordato il Papa, entrò in monastero benedettino da giovane, “sembrava avviato a una tranquilla carriera di studioso”, era insegnante di latino, poeta. A 30 anni fu ordinato sacerdote e “sente la chiamata, la missione”. Nel 716 “si sentì chiamato dai pagani del Continente” e con alcuni compagni si recò in Frisia, l’attuale Olanda, ma la missione fallì. Due anni dopo è a Roma, da Gregorio II. Il Papa, racconta un biografo, “lo accolse col viso sorridente e lo sguardo pieno di dolcezza”. Impostogli il nome di Bonifacio (era stato battezzato Wilfrid) gli affidò la missione di predicare il Vangelo tra i popoli della Germania.
Nella sua azione “lottò cono i culti pagani e rafforzò le basi della morale umana e cristiana”. “Siamo – scriveva – pastori solerti che vegliano sul gregge di Cristo e annunciano alle persone importanti e umili, a ricchi e poveri la volontà di Dio, in tempi opportuni e inopportuni”. Ottenne grandi risultati e il Papa dichiarò che voleva inpogli la dignitò episcopale. Fu lo stesso Papa a consacrarlo vescovo regionale per tutta la Germania. Divenuto vescovo Bonifacio “riprese le sua fatiche” ed estese la sua azione anche in territori dela Gallia. “Rafforzò la comunione col Romano Pontefice, cosa che gli stava particolarmente a cuore”. Gregorio III lo nominò arcivescovo di tutte le tribù germaniche, con il compito di organizzare la gerarchia, papa Zaccaria ne confermò l’incarico e Stefano III, appena eletto, ricevette una sua letterea di filiale ossequio.
Nel suo impegno, “organizzò diocesi, celebrò sinodi, fondò monasteri maschili e femminili, in particolare Fulda, perché fossero come un faro per l’irradazione della fede in quei territori”, Monaci e monache “prestarono validissimo e prezioso aiuto” e diffusero anche le scienze umane: “il lavoro per il Vangelo era anche per la cultura umana”. “Per merito dunque di Bonifacio, dei suoi monaci e delle sua monache, fiorì ulla cultura umana, che è inseparabile dalla fede e ne rivela la bellezza”.
Sebbene avanzato negli anni, ha proseguito il Papa, vicino agli 80 Bonifacio si preparò a una nuova azione: fare ritorno in Frisia. Quasi presago del futuro, scriveva a un discepolo, “desidero condurre a termine questo viaggio. Non posso rinuciare a partire”. “E’ vicina l’ora della morte”. “Compi l’edificazione della già inizata basilica di Fulda e ivi porrai il mio corpo”. Il 5 giugno 754 fu assalito da una banda di pagani. Vietò ai suoi di combattere: “abbandonate la guerra perché la testimonianza della Scrittura ci ammonisce a non rendere il male per il male, ma bene per il male”. “Furono le sue ultime parole”. Le spoglie furono portate a Fulda.
Il santo vescovo Bonifacio, ha commentato il Papa, “può dirsi padre di tutti gli abitanti della Germania, perché per primo li ha portati a Cristo e infine ha dato per essi la vita”. “Quale messaggio abiamo oggi dall’insegnamento e dalla attività di questo missionario? La prima evidenza è la centralità della Parola di Dio, che egli visse e predicò fino al dono supremo di sé nel martirio”. “Sentiva l’urgenza e il dovere di portarla agli altri, anche a costo del personale rischio”. “La seconda evidenza, molto importante, è la fedeltà e la comunione con la Sede apostolica, principio centrale del suo lavoro di missionario”, “regola della sua missione”. “Frutto di questo impegno, il saldo spirito di comunione con Pietro che diffuse nei terreni di missione”. Egli pose quelle radici cristiane che avrebbero prodotto frutti”. La terza ”evidenza” è “l’incontro tra cultura romano-cristiana e germanica. Evangelizzare e umanizzare la cultura è parte della missione”. Nacque “un nuovo stile di vita, più umano, grazie al quale venivano rispettati meglio i diritti inalienabili della persona”.
Bonifacio, ha concluso Benedetto XVI, mostra uno “zelo ardente per il Vangelo: a 40 anni esce da una vita di monaco semplice e fruttuosa, di professore, per annunciare il Vangelo ai semplici e ai barbari”. E, paragonando la sua con la nostra fede “spesso così tiepida e burocratizzata”, ci invita ad “accogliere nella nostra vita la Parola di Dio, ad amare appassionatamente la Chiesa, ad essere uniti con il successore di Pietro e a promuovere il progresso dell’uomo, illuminando la cultura con la fede cristiana”.
Il Papa ha, infine, condannato gli atti di terrorismo che nei giorni scorsi hanno causato tre morti in Irlanda del nord. “Mentre – ha detto – assicuro la mia spirituale vicinanza alle famiglie delle vittime e ai feriti, esprimo la più ferma condanna per tali esecrabili atti di terrorismo, che, oltre a profanare la vita umana, pongono in serio pericolo il processo politico in corso nell’Irlanda del Nord e rischiano di spegnere le tante speranze da esso suscitate nella regione e nel mondo intero. Prego il Signore – ha aggiunto – affinché nessuno si lasci vincere nuovamente dall’orrenda tentazione della violenza, ma ognuno moltiplichi gli sforzi per continuare a costruire, attraverso la pazienza del dialogo, una società pacifica, giusta e riconciliata”.
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