La verità dopo quasi tre decenni di smentite: il Paese si assume la responsabilità dell’assassinio del presule
Tratto da Avvenire dell’8 novembre 2009

«È iniziata una nuova era di collaborazione con i tribunali internazionali». Ha pronunciato queste parole con lentezza David Morales – capo della delegazione del Paese di fronte alla Corte interamericana per i diritti umani –, consapevole che così sanciva una svolta storica.

Dopo quasi tre decenni di smentite e mezze verità, il Salvador ha deciso di assumersi la responsabilità dell’assassinio di monsignor Oscar Arnulfo Romero, massacrato il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa. Ad uccidere l’arcivescovo – proclamato Servo di Dio da Papa Giovanni Paolo II – fu un membro di uno dei tanti squadroni della morte che, all’epoca, scorazzavano per San Salvador. Già dal 1993 – dopo la fine della guerra civile – una Commissione Onu indicò come mandante Roberto D’Auibuisson, esponente di spicco della destra ultraconservatrice. Un delitto politico, dunque, compiuto con la complicità dei settori più oltranzisti dello Stato. Affermazione ribadita nel 2000 dalla stessa Corte interamericana. Questo – secondo il tribunale – spiegherebbe anche perché le indagini siano andate avanti a rilento e i colpevoli – protetti dall’amnistia del 1992 – siano liberi. Un pronunciamento non facile da digerire. Ci sono voluti nove anni e l’avvento del nuovo presidente progressista Manuel Funes perché il Salvador accettasse le sue responsabilità e – come chiesto dalla Corte – aprisse una nuova indagine. (Lu. C. )