di Domenico Bonvenga

La manovra economica varata dal Governo ha previsto diversi tagli e subito si sono accese le critiche, i malumori, in particolare dell’opposizione ma anche dalle varie categorie lavorative. Stiamo assistendo a una specie di toto-tagli, bisognerebbe tagliare qui, no bisogna tagliare là, su, giù, a destra, a sinistra. Puntuale la vignetta pubblicata dal quotidiano online Legnostorto, a fianco dell’articolo di Angelo Panebianco, I costi politici dei tagli, si vede un signore indeciso con un forbicione che non sa dove tagliare.

A quanto pare i tagli di questa manovra, del resto come tutte le manovre economiche di qualsiasi governo, sono indiscriminate, fatte a pioggia e mai selettive. Se ne sono accorti il professore Luca Ricolfi e Angelo Panebianco. Il primo in un’editoriale in prima pagina su La Stampa, lo ha bene evidenziato: “I tagli di spesa e le misure antievasione non sono selettive, colpiscono alla cieca e quindi sono fondamentalmente ingiuste e inefficaci”. (Luca Ricolfi, Quelle misure che colpiscono alla cieca, 28.5.2010 La Stampa)

In pratica sono dei “tagli lineari”: tot% sui ministeri, tot% sui Comuni, tot% sulle regioni, sui parlamentari. Per questo motivo le parti sane dell’organismo sociale non capiscono perchè vengono colpite e la loro giusta protesta si mescola alle lamentele di chi vuole solo conservare privilegi, o non ha la minima intenzione di abbandonare i propri vizi, o non è disposto a fare alcun sacrificio per il bene comune.

Eppure scrive Ricolfi ci sono studi ben precisi dell’Agenzia delle Entrate, delle università, centri di ricerca, che disegnano mappa regione per regione, qualche volta addirittura provincia per provincia, dove si può sapere con notevole precisione chi spreca e chi evade. Per questo l’editorialista de La Stampa sostiene che una manovra equa dovrebbe tenerne conto, dandosi obiettivi rigorosamente territoriali. E se il presidente Berlusconi può sostenere che “siamo vissuti al di sopra dei nostri mezzi”, in realtà è che alcuni territori del nostro paese sono vissuti al di sopra dei propri mezzi, mentre altri al di sotto.

Il professore Ricolfi sostiene che in Italia lo squilibrio fra quel che un territorio dà e quel che riceve è impressionante. Il cittadino lombardo consuma 50, quello calabrese 113. L’intensità dell’erosione fiscale in Lombardia è pari al 12% in Calabria l’85%. Le false pensioni d’invalidità costano alla collettività 8 miliardi di euro all’anno. Nel Lombardo-veneto sono sotto il 10% nelle tre regioni di mafia sopra il 50%.

Questa è la triste situazione, si sa benissimo che le responsabilità del dissesto economico non sono distribuite tutte allo stesso modo, ma quando si deve arrivare al dunque, come in questo momento dei tagli, allora si colpisce all’impazzata. Ma  finchè i sacrifici richiesti a Lombardia ed Emilia Romagna, le due regioni “formiche”, sono uguali a quelli richiesti a Calabria e Sicilia, le due regioni “cicale” del Paese allora si può concludere che il Federalismo è morto ancora prima di nascere e non per colpa dei suoi nemici storici ma proprio per colpa di quelli che lo sostengono.

L’analisi politica del professore Ricolfi è perfetta soltanto che secondo Panebianco, non può essere attuata,  perchè “(…)ovviamente, i tagli selettivi colpirebbero prevalentemente (non solo, ma prevalentemente) le istituzioni locali del Mezzogiorno. Tenuto conto che il consenso del Sud è decisivo al fine di vincere le elezioni, quale governo se li può permettere? Questa è la ragione per la quale da sempre (non solo oggi), quando si tratta di varare manovre di austerità, si ricorre a tagli e blocchi indiscriminati (alle università, agli enti locali, eccetera). Si ritiene (probabilmente, con ragione) che sia politicamente meno pericoloso permettere che un senso di iniquità si diffonda fra i virtuosi che scatenare la furibonda reazione dei viziosi. Se i tagli, infatti, si concentrassero su quei territori ed enti ove sono più forti gli sprechi dovrebbero colpirli ancor più pesantemente. È politicamente più accorto spalmare le misure restrittive su tutti, diluendone così l’impatto. (Angelo Panebianco, I costi politici dei tagli, 29.5.2010 Il Corriere della Sera).

Per Panebianco ci sono due aspetti che frenano l’opera di razionalizzazione della spesa, da un lato c’è la volontà della politica, sia della Lega che dei vari notabili politici meridionali, che non hanno voglia di rinunciare a nessuno degli strumenti locali di intermediazione di cui dispongono (le province, i comuni). Cambia solo il contesto in cui l’una e gli altri operano. La resistenza della Lega sulla questione dell’abolizione di alcune Province è assai significativa. Così come è significativa la paura del partito berlusconiano che il blocco degli stipendi degli statali e le misure anti-sprechi possano aprire, soprattutto al Sud, grandi falle nel suo bacino elettorale. E poi c’è, soprattutto, la questione del Mezzogiorno, del Sud, che per i giornali inglesi è la nuova Grecia d’Italia, che nessuno sa più come affrontare.