di Don Antonello Iapicca

Gv 4,43-54

In quel tempo, Gesù partì dalla Samaria per andare in Galilea. Ma egli stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Ma il funzionario del re insistette: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Gesù gli risponde: “Va’, tuo figlio vive”. Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: “Tuo figlio vive!”. S’informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato”. Il padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive”, e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.

IL COMMENTO

Il miracolo è già tutto compiuto nella Parola. L’annuncio dice di un fatto che si compie nello stesso istante in cui è annunciato. Come fu per la notte della creazione. Come fu per Abramo, per Mosè ed il popolo in Egitto. Come fu per la Vergine Maria quando udì le parole dell’angelo. Come per i discepoli sulle rive di Cafarnao e del Giordano. “Accade un fatto imprevedibile e incredibile, eppure reale: nello spessore della vita, in cui l’impotenza e la rassegnazione sembrano inevitabili, c’è una presenza che cambia i termini della questione. Li cambia oggettivamente per una pretesa che pone” (L. NEGRI, Essere prete oggi, Casale Monferrato 1999, pag 130) La pretesa di essere vera. Reale. La pretesa di avere un’autenticità e un potere unici. Una pretesa che si può “verificare”. La fede è questa verifica, un cammino nella storia reale dove si realizza la Parola, ed in essa tutto ciò che pretende. La fede è un cammino al vero appoggiato ad una parola. Spesso assurda e in contrasto con l’evidenza. L’annuncio svela sempre un impossibile che si fa possibile, un figlio nato da una carne sterile, il concepimento in un seno vergine, la guarigione di chi è ormai senza speranza, il perdono dei peccati e la possibilità reale d’una vita nuova nella sequela del Signore, la risurrezione dalla morte. Nell’annuncio appare sempre la vita trionfante sulla morte. L’annuncio della Parola contiene il compimento della vita. La Parola è la vita e il suo annuncio ne attesta il compimento. Ascoltare e credere è andare a vedere il prodigio operato dalla Parola. Verificarlo. Abramo esce dalla sua terra e spera contro ogni speranza. Mosè lancia il popolo nel mare, Maria corre da Elisabetta, i discepoli lasciano tutto e seguono il Signore, il centurione va abbrancato ad una Parola, e scende da suo figlio. Vi è dunque un cammino da percorrere, una notte da attraversare, e trepidazione, speranza, desiderio, stanchezza, scoramento. Un tempo, l’esistenza che ci è data. Un tempo, questa giornata che si dischiude dinnanzi ai nostri occhi. E le Sue orme, le Parole che ci dice nella Sua Parola, proclamata, ascoltata, meditata, pregata. Un crinale di morte si spalanca ogni giorno davanti a noi, la reale situazione di preoccupazione, di precarietà, di solitudine, di angoscia. Quel letto d’ospedale, quelle analisi, quel ragazzo che se n’è andato, quel figlio che sembra perduto, quel lavoro stressante. Scendere. Nella storia buia aggrappati alla Sua Parola che scende con noi. Si, l’odore di morte, la sofferenza, le delusioni, non ci sono estranee. Questa nostra vita scorre in una “valle di lacrime”, ed è inutile ogni alienazione. Eppure ad ogni lacrima è data una Parola. Tutte sono raccolte nelle Sue mani, in ciascuna v’è un seme di vita. Anche laddove sembra impossibile. Scendere oggi dove Lui è già sceso, quel sepolcro che ci spaventa ci consegna la vita invece della morte. Scendere e riconoscere che proprio nell’istante dell’ascolto, in quel momento la Parola aveva operato il prodigio: dove la carne aveva visto la morte, lo Spirito aveva dischiuso la vita. Le tue parole Signore sono Spirito e Vita.

Meditazione del giorno:

Baldovino di Ford ( ? – circa 1190), abate cistercense
Omelia sulla lettera agli Ebrei 4, 12 ; PL 204, 451-453

« Quell’uomo credette alla parola che gli era stata annunciata »

« La parola di Dio è viva » (Eb 4, 12). Ecco quanto è grande la potenza e la sapienza racchiusa nella parola di Dio ! Il testo è altamente significativo per chi cerca Cristo, che è precisamente la parola, la potenza e la sapienza di Dio. Questa parola, fin dal principio coeterna col Padre, a suo tempo fu rivelata agli apostoli, e per mezzo di essi fu annunziata e accolta con umile fede dai popoli credenti…

Questa parola di Dio è viva, e ad essa il Padre ha dato il potere di avere la vita in se stessa, né  più né meno come il Padre ha la vita in se stesso (Gv 5, 26). Per cui il Verbo non solo è vivo, ma è anche vita, come egli stesso dice : « Io sono la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6). È quindi vita, è vivo, e può dare la vita. Infatti « come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole » (Gv 5, 21). E dà la vita quando chiama il morto dal sepolcro e dice : « Lazzaro, vieni fuori ! » (Gv 11, 43). Quando questa parola viene predicata, il Cristo dona alla voce del predicatore, che si percepisce esteriormente, la virtù di operare interiormente, per cui i morti riacquistano la vita, e rinascono nella gioia dei figli di Abramo (Mt 3, 9). Questa parola è dunque viva nel cuore del Padre, viva sulla bocca del predicatore, viva nel cuore di chi crede e di chi ama.