Per il sociologo delle religioni l’uccisione dei cristiani non è un fenomeno legato solo ai secoli passati ma caratterizza il nostro tempo
Tratto da Vatican Insider

Il martirio dei cristiani non è un fenomeno legato solo ai secoli passati, come ai tempi dell’Impero romano. Tutt’altro: «l’epoca dei martiri è la nostra». Lo sostiene il sociologo e studioso delle religioni Massimo Introvigne, rappresentante Osce per le discriminazioni verso i cristiani, all’indomani della strage di Natale nelle chiese cristiane in Nigeria e nel giorno in cui la Chiesa festeggia Santo Stefano, suo primo martire.

«È curioso che molti, quando si parla di martirio, pensino a qualche cosa che appartiene ai tempi dell’Impero Romano» dice Introvigne ai microfoni della Radio Vaticana, aggiungendo che «è certamente così, però sarebbe anche bene che non soltanto i cristiani – direttamente coinvolti – ma tutti sapessero che, da un punto di vista storico, l’epoca dei martiri è la nostra». Secondo uno studio statistico «del maggiore specialista di statistica religiosa moderna, David Barrett», i martiri cristiani «dalla morte di Gesù Cristo ai giorni nostri sono stati 70 milioni, ma di questi, 45 milioni – più della metà – sono concentrati nel XX secolo e negli inizi del XXI».

Introvigne ricorda che anche Giovanni Paolo II invitava a «riflettere sempre sul fatto che il secolo dei martiri è stato il XX secolo e questo secolo di martirio, che certamente ha avuto delle punte negli orrori del comunismo e del nazionalsocialismo, tuttavia continua anche nel XXI secolo».

Il rappresentante Osce contro le discriminazioni anti-cristiane spiega che, tra le situazioni oggi nel mondo che destano maggiore allarme, «certamente, la prima che viene in mente è quella dell’ultrafondamentalismo islamico». Poi «c’è una seconda area, che è quella dei Paesi ancora influenzati dall’ideologia comunista». Una terza area è «quella dei nazionalismi a sfondo religioso, in altre aree dell’Africa e dell’Asia, dove i cristiani sono considerati un corpo estraneo, quasi traditori della cultura locale».

«Poi dovremmo aprire il capitolo di quello che succede da noi, in Occidente, in Europa», osserva Introvigne, dove, pur senza «nulla di paragonabile alla violenza che si verifica in certe aree dell’Africa e dell’Asia», c’è tuttavia «questo sottile, e qualche volta neppure tanto sottile, tentativo di discriminare, di marginalizzare, di mettere ai margini il cristianesimo, di negare l’identità cristiana e le radici cristiane, di aggredire in molti modi la Chiesa e il Santo Padre».