La Consulta nazionale della società civile indiana rilancia un disegno di legge sulla libertà religiosa “congelato” in Parlamento. E i cristiani sono sempre più nel mirino

GIACOMO GALEAZZI da Vatican Insider

La fede è schiava nella più popolosa democrazia del mondo. Urge unabuona legge contro la violenza religiosa e intercomunitaria in India, che garantisca l’uguaglianza, il diritto alla vita, la libertà di vivere con dignità e il diritto alla giustizia a tutti i cittadini. La Consulta nazionale della società civile indiana rilancia le caratteristiche fondamentali di undisegno di legge sulla libertà religiosa, riferisce l’agenzia missionaria «Fides».

La Consulta è intervenuta, dopo che il disegno di legge presentato lo scorso anno, il cosiddetto “Communal Violence Bill”, “è stato oggetto di numerose critiche ed è stato congelato dal Parlamento”. Della Consulta fanno parte centinaia di organizzazioni, fra le quali numerose cristiane e cattoliche, come l’All India Christian Council. Dopo un incontro tenutosi nei giorni scorsi, la Consulta, in un documento dai toni insolitamente netti ricorda episodi come “il massacro di Nellie nel 1983, la strage Sikh del 1984, le uccisioni di Hashimpura nel 1987, i pogrom in Gujarat nel 2002, gli attacchi contro i cristiani in Orissa nel 2007 e nel 2008”. “Questi e molti altri casi di violenza –afferma il testo – portano alla ribalta i temi ricorrenti di complicità dello stato e di impunità”, notando “gravi carenze nel riconoscimento del crimine e nella legge, per garantire che le persone siano protette e che sia fatta giustizia”.Per questo le comunità colpite e i gruppi della società civile hanno avviato una campagna per un nuovo strumento legislativo, sfociata nell’elaborazione della bozza sul “Communal Violence Bill”, approdato in Parlamento lo scorso anno ma bloccato dall’Assemblea.

La Chiesa cattolica in India ha una storia bi-millenaria e difficile. Attualmente si configura come una comunione di tre Chiese: latina, siro-malabarese e siro-malankarese. Il cristianesimo è profondamente radicato nella cultura indiana, come appare evidente dalla pratica del matrimonio, unzione degli infermi, dei riti connessi con la nascita e la morte, la formazione del clero e la costruzione delle chiese. Dunque il cristianesimo parla indiano da due millenni. Perfino le feste e i digiuni dei fedeli cattolici che sono ancora chiamati «cristiani di San Tommaso» seguono regole locali. Ma i cristiani sono vittime di feroci persecuzioni.

Nello Stato dell’Orissa, le violente persecuzioni hanno ucciso numerosi cristiani e costretto decine di migliaia a fuggire da casa. Nel villaggio di Gadaguda (giurisdizione della stazione di polizia di G.Udayagiri, città di Tikabali) sono esplose le violenze anticristiane durate mesi. Nel villaggio Dakanaju ai cristiani è proibito prendere l’acqua dal pozzo pubblico. In termini di libertà religiosa, il bilancio è drammatico: solo nel 2011 infatti, la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi per mano di nazionalisti indù.

Il Karnataka è il Paese in cui si registra il numero più alto, con 45 incidenti. Seguono l’Orissa, 25 casi; Madhya Pradesh, 15; Kerala, 10; Tamil Nadu, Chhattisgarh, Uttar Pradesh, Andhra Pradesh e Maharastra con 6 ciascuno. Riconoscendo il bisogno urgente di una legge contro la violenza intercomunitaria e mirata sulle minoranze, la Consulta Nazionale esprime nuovamente al governo la richiesta di redigere una legge che, secondo la Consulta, dovrebbe avere queste caratteristiche principali: proteggere tutte le persone dalla criminalità comune e mirata, rendendo le autorità pubbliche penalmente responsabili; introdurre elementi di responsabilità nella catena di comando; eliminare lo scudo dell’immunità per le alte cariche pubbliche; riconoscere speciali reati per la violenza su donne e bambini; prevedere speciali strumenti investigativi per tali violenze; fornire un solido programma diprotezione dei testimoni; riconoscere da parte dello stato la condizione degli “sfollati interni”; prevedere un adeguato risarcimento alle vittime e ai sopravvissuti.

Secondo i dati del «Global Council of Indian Christians» (Gcic) gli attacchi contro la comunità cristiana sono sistematici e di ogni tipo: omicidi, mutilazioni, ferite agli occhi e alle orecchie, spesso con danni permanenti; chiese, Bibbie, crocifissi e altri manufatti religiosi distrutti, dissacrati o bruciati; automobili, moto e biciclette distrutte; espropri forzati di case e terreni; tombe profanate.