Anche i luterani spingono per entrare nella Chiesa Cattolica.

Verso l’inizio del mese scorso, la Anglican Catholic Church of Canada ha votato l’unione con la Chiesa cattolica, nelle modalità previste dalla Costituzione apostolica «Anglicanorum coetibus» emanata da Benedetto XVI l’anno scorso. La decisione è stata presa nel corso dell’ottavo sinodo provinciale, ai quali era presente l’arcivescovo John Hepworth, primate della Traditional Anglican Communion (da Il Giornale 30/7/10).

Come riporta il vaticanista Magister, l’atteggiamento di Benedetto XVI nei confronti dei numerosi anglicani che bussano alla porta della Chiesa di Roma chiedendo quasi di entrare, è all’opposto dell’atteggiamento di chi  vorrebbe «incassare», veder aumentare la quotazione numerica. Dicendo che è annunciare Cristo al mondo che crea la vera  unità, fa di tutto per non suscitare o enfatizzare «corse» nella Chiesa anglicana per entrare nella chiesa cattolica.

In pochi hanno informato che anche un nutrito gruppo di Luterani ha fatto lo stesso. Ne danno notizia La Razon e Religion En Libertad. La Chiesa Americana Angloluterana ha avviato i contatti con la Congregazione per la Dottrina della Fede, chiedendo di aderire alla Chiesa cattolica.

Sono sempre più i luterani, battisti, metodisti ed evangelici che ammirano Benedetto XVI, la liturgia e la spiritualità cattolica.

da UnioneCattoliciCristianiRazionali

La Chiesa deve essere inclusiva ma non a scapito della verità

La visita all’arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace di Londra
Nel pomeriggio di venerdì 17 settembre il Papa ha compiuto una visita all’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, nella sua residenza londinese di Lambeth Palace. Dopo il discorso rivoltogli dal primate della comunione anglicana, il Pontefice ha pronunciato il seguente discorso. • Di seguito una nostra traduzione italiana delle parole del Papa
Tratto da L’Osservatore Romano del 19 settembre 2010

Vostra Grazia,
sono lieto di poter restituire la cortesia delle visite che mi ha reso a Roma attraverso una visita fraterna a Lei, qui nella Sua residenza ufficiale. La ringrazio per l’invito e per l’ospitalità che Lei così generosamente mi ha riservato. Saluto pure i Vescovi anglicani qui riuniti dalle diverse parti del Regno Unito, i miei fratelli Vescovi delle diocesi cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia, come pure i consultori ecumenici qui presenti.

Vostra Grazia ha accennato allo storico incontro che ebbe luogo, quasi trent’anni orsono, nella Cattedrale di Canterbury, fra due dei nostri predecessori: il Papa Giovanni Paolo II e l’Arcivescovo Robert Runcie. In quello stesso luogo dove san Tommaso di Canterbury rese testimonianza a Cristo versando il proprio sangue, essi pregarono insieme per il dono dell’unità tra i seguaci di Cristo. Anche oggi continuiamo a pregare per quel dono, sapendo che l’unità voluta da Cristo per i suoi discepoli giungerà solo come risposta alla preghiera, mediante l’azione dello Spirito Santo, che senza sosta rinnova la Chiesa e la guida alla pienezza della verità.

Non è mia intenzione parlare oggi delle difficoltà che il cammino ecumenico ha incontrato e continua ad incontrare. Tali difficoltà sono ben note a ciascuno qui presente. Vorrei piuttosto unirmi a Lei nel rendere grazie per la profonda amicizia che è cresciuta fra noi e per il ragguardevole progresso fatto in moltissime aree del dialogo in questi quarant’anni che sono trascorsi da quando la Commissione Internazionale Anglo-Cattolica ha cominciato i propri lavori. Affidiamo i frutti di quelle fatiche al Signore della messe, fiduciosi che egli benedirà la nostra amicizia mediante un’ulteriore significativa crescita.

Il contesto nel quale ha luogo il dialogo fra la Comunione Anglicana e la Chiesa Cattolica si è evoluto in maniera impressionante dall’incontro privato fra Papa Giovanni XXIII e l’Arcivescovo Geoffrey Fisher nel 1960. Da una parte, la cultura che ci circonda si sviluppa in modo sempre più distante dalle sue radici cristiane, nonostante una profonda e diffusa fame di nutrimento spirituale. Dall’altra, la crescente dimensione multiculturale della società, particolarmente accentuata in questo Paese, reca con sé l’opportunità di incontrare altre religioni. Per noi cristiani ciò apre la possibilità di esplorare, assieme ai membri di altre tradizioni religiose, delle vie per rendere testimonianza della dimensione trascendente della persona umana e della chiamata universale alla santità, conducendoci a praticare la virtù nella nostra vita personale e sociale. La collaborazione ecumenica in tale ambito rimane essenziale, e porterà sicuramente frutti nel promuovere la pace e l’armonia in un mondo che così spesso sembra a rischio di frammentazione.

Allo stesso tempo, noi cristiani non dobbiamo mai esitare di proclamare la nostra fede nell’unicità della salvezza guadagnataci da Cristo, e di esplorare insieme una più profonda comprensione dei mezzi che Egli ha posto a nostra disposizione per giungere alla salvezza. Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm 2, 4), e quella verità è nient’altro che Gesù Cristo, l’eterno Figlio del Padre, che ha riconciliato tutte le cose mediante la potenza della sua croce. Fedeli alla volontà del Signore, espressa in questo versetto della Prima Lettera di san Paolo a Timoteo, riconosciamo che la Chiesa è chiamata ad essere inclusiva, ma mai a scapito della verità cristiana. Qui si colloca il dilemma che sta davanti a tutti coloro che sono genuinamente impegnati nel cammino ecumenico.

Nella figura di John Henry Newman, che sarà beatificato domenica, celebriamo un uomo di Chiesa la cui visione ecclesiale fu alimentata dal suo retroterra anglicano e maturò durante i suoi lunghi anni di ministero ordinato nella Chiesa d’Inghilterra. Egli ci può insegnare le virtù che l’ecumenismo esige: da una parte egli fu mosso dal seguire la propria coscienza, anche con un pesante costo personale; dall’altra, il calore  della continua amicizia con i suoi precedenti colleghi, lo portò a sondare insieme a loro, con vero spirito irenico, le questioni sulle quali divergevano, mosso da una ricerca profonda dell’unità nella fede. Vostra Grazia, in quello stesso spirito di amicizia, rinnoviamo la nostra determinazione a perseguire il fine ultimo dell’unità nella fede, nella speranza e nell’amore, secondo la volontà dell’unico nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo.

Con tali sentimenti prendo congedo da Lei. Che la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor 13, 13).

Un pioniere del cammino ecumenico

A cinque anni dall’uccisione di frère Roger Schutz, fondatore della Comunità di Taizé, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, a nome del Papa, ha indirizzato il seguente messaggio a frère Alois, priore della stessa Comunità.

Caro Fratello,

in questi giorni in cui ricordiamo il ritorno al Padre del caro frère Roger, fondatore della  comunità di Taizé, assassinato cinque anni fa, il 16 agosto 2005, durante la preghiera serale nella Chiesa della Riconciliazione, Sua Santità Papa Benedetto XVI desidera manifestarvi la sua vicinanza spirituale e la sua unione nella preghiera con la Comunità e con tutti coloro che partecipano alla commemorazione del ricordo di frère Roger.
Instancabile testimone del Vangelo di pace e di riconciliazione, frère Roger è stato un pioniere sul difficile cammino verso l’unità tra i discepoli di Cristo. Settant’anni fa, egli diede inizio a una comunità che continua a veder venire a sé migliaia di giovani provenienti dal mondo intero, alla ricerca di dare un senso alla propria vita, accogliendoli nella preghiera e permettendo loro di fare esperienza di una relazione personale con Dio.
Ora che è entrato nella gioia eterna, egli continua a parlarci. Possa la sua testimonianza di un ecumenismo della santità ispirarci nel nostro cammino verso l’unità e possa la vostra Comunità continuare a vivere e a irradiare il suo carisma, in special modo tra le giovani generazioni!
Con tutto il cuore, il Santo Padre domanda a Dio di colmarvi delle sue benedizioni, come anche i Fratelli della Comunità di Taizé e tutti coloro che sono impegnati con voi sul cammino dell’unità dei discepoli di Cristo, particolarmente i giovani.

(©L’Osservatore Romano – 11 agosto 2010)

Ortodossi e cattolici devono portare avanti il dialogo sulla figura del Papa

Benedetto XVI riceve una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 28 giugno 2010 (ZENIT.org).- Ortodossi e cattolici devono portare avanti una riflessione comune sul ruolo del Vescovo di Roma. E’ quanto ha detto lunedì Benedetto XVI nel ricevere in Vaticano una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, guidata dal Metropolita Gennadios di Sassima, inviata da Bartolomeo I per la Festa dei Santi Patroni di Roma.

Nel suo discorso il Papa ha espresso la speranza che il dialogo cattolico-ortodosso “continui a compiere significativi progressi”.

Benedetto XVI ha quindi ricordato che la Commissione mista internazionale per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse sta discutendo sul “Ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo Millennio”.

A questo proposito la Commissione mista si è infatti incontrata a Ravenna dall’8 al 14 ottobre del 2007 ed ha approvato un documeno in 46 punti in cui cattolici e ortodossi concordano sul fatto che il Vescovo di Roma deve essere considerato come il protos, cioè il “primo” tra i Patriarchi tanto delle Chiese d’Occidente quanto d’Oriente, poiché Roma è, secondo l’espressione di Ignazio di Antiochia, la “Chiesa che presiede nella carità”.

Rimangono tuttavia da studiare le prerogative derivanti da questo primato, poiché secondo il documento “esistono delle differenze nel comprendere sia il modo secondo il quale esso dovrebbe essere esercitato, sia i suoi fondamenti scritturali e teologici”.

Nell’Enciclica “Ut Unum Sint” pubblicata nel 1995 il Papa Giovanni Paolo II aveva invitato a studiare la questione del ministero petrino nelle sue implicazioni ecumeniche allo scopo di “cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio d’amore riconosciuto dagli uni e dagli altri”.

In seguito la questione del ministero petrino suscitò diversi echi negli ambienti ecumenici e varie iniziative di studio da parte di Istituti e Centri di ricerca per l’aspetto teologico e storico del tema.

La Commissione mista di dialogo aveva cominciato a studiare il tema già nella precedente Sessione plenaria di Belgrado, svoltasi dal 18 al 25 settembre 2006 sulla base di un progetto elaborato a Mosca nel 1990.

Un momento cruciale questo, ha sottolineato il Papa, augurandosi che “illuminati dallo Spirito Santo, i membri della Commissione proseguano lungo questo cammino durante la prossima sessione plenaria a Vienna e dedichino a esso il tempo necessario per uno studio accurato di tale delicata e importante questione”.

Il Pontefice ha ringraziato poi il Signore per il fatto che le relazioni tra cattolici e ortodossi “sono caratterizzate da sentimenti di mutua fiducia, stima e fraternità” come testimoniato dai tanti incontri che si sono tenuti quest’anno tra esponenti della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa.

Nel suo discorso Benedetto XVI ha quindi sottolineato che, nel Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente che si terrà l’ottobre prossimo in Vaticano, il tema della cooperazione ecumenica riceverà una grande attenzione, come già evidenziato nell’Instrumentum laboris, il documento di lavoro che serve a preparare l’incontro.

Dopo aver espresso compiacimento per la presenza al Sinodo di una delegazione del Patriarcato ecumenico, il Papa ha sottolineato che “le difficoltà che i cristiani del Medio Oriente stanno sperimentando sono in larga misura comuni a tutti”.

Per questo ha lanciato l’invito a una sempre più stretta “cooperazione ecumenica fra i cristiani” affinché i cristiani del Medio Oriente riescano a “vivere come una minoranza” e ottenere “una libertà religiosa autentica e la pace”, senza interrompere “il dialogo con le comunità islamiche ed ebree”.

A Cipro, Benedetto XVI non ha cercato di vincere, ma di convincere

La visita supera le aspettative

di Jesús Colina

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 8 giugno 2010 (ZENIT.org).- I viaggi di Benedetto XVI, inclusa la sua ultima visita apostolica a Cipro, dal 4 al 6 giugno, sono diventati altoparlanti perché il suo magistero possa penetrare nei mezzi di comunicazione.

Dopo il sedicesimo itinerario internazionale del pontificato, esplicitamente presentato come una continuazione di quello in Terra Santa, ai giornalisti non sarà più possibile mettere in dubbio la sua posizione e il suo impegno a favore dell’unità dei cristiani, del dialogo con l’islam o della pace e della riconciliazione nello scenario internazionale.

I numeri parlano da sé. La Messa che ha presieduto questa domenica a Nicosia è stata uno degli incontri più affollati della storia del Paese, e l’avvenimento più importante della storia della Chiesa cattolica a Cipro (vi hanno partecipato più di 10.000 cattolici).

L’interesse della stampa è stato evidente, e infatti questa domenica la consegna dell’Instrumentum laboris (documento di lavoro) per il Sinodo dei Vescovi del Medio Oriente appariva sulla maggior parte delle prime pagine dei quotidiani europei su Internet. La gran parte degli articoli aveva un tono positivo.

Padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, constata come, con i suoi ultimi tre viaggi a Malta, in Portogallo e a Cipro, Benedetto XVI abbia modificato decisamente la percezione che si era creata nei mezzi di comunicazione con la crisi degli abusi sessuali.

“Una cosa che colpisce è che nel giro di poco più di un mese e mezzo abbiamo avuto tre viaggi all’estero del Papa, tutti e tre coronati direi da grandissimo successo, rispetto agli obiettivi che si potevano attendere e anche al di là di essi”, ha spiegato il portavoce vaticano.

Progresso ecumenico

In primo luogo, come ha riconosciuto lo stesso padre Lombardi, il grande successo del viaggio è stato ecumenico, in particolare relativamente al progresso nelle relazioni con la Chiesa ortodossa, maggioritaria nell’isola.

“Questo abbraccio di pace durante la Messa, questa mattina, tra il Papa e Chrysostomos, è il simbolo di questo incontro che segna un passo ulteriore sulla lunga strada dell’ecumenismo, ma con una Chiesa, come quella di Cipro, che pur essendo piccola numericamente è molto significativa nel movimento ecumenico, soprattutto nell’ambito ortodosso, e molto ricca di iniziative”, ha affermato padre Lombardi.

E’ un risultato che non era assolutamente evidente alla vigilia del viaggio, perché i mezzi di comunicazione avevano dato ampio spazio alle voci critiche del dialogo con la Chiesa cattolica nella Chiesa ortodossa di Cipro.

Anche Giovanni Maria Vian, direttore de “L’Osservatore Romano”, è categorico: “La portata del viaggio, in un Paese ortodosso, è storica per l’avvicinamento ulteriore a un’autorevole e veneranda Chiesa sorella, che sotto la guida dell’Arcivescovo Crisostomo II si è impegnata con decisione nel cammino ecumenico”.

Rapporti con l’islam

Il progresso nel dialogo con l’islam è un altro dei successi di questo viaggio di Benedetto XVI a Cipro, ed è servito per smentire quanti continuano a presentare il Papa come un “nemico” dell’islam basandosi sulla polemica generata da una frase estrapolata dal contesto a Ratisbona nel settembre 2006.

Quando il Papa si stava recando da Roma a Paphos, nel suo incontro con i giornalisti, ha dato prova della sua volontà di “dialogo con i fratelli musulmani, che sono fratelli, nonostante le diversità”. Le sue parole sono state riportate sulla prima pagina dei quotidiani del Medio Oriente e del resto del mondo. Abbandonando l’isola, al momento del congedo all’aeroporto di Larnaca, il Pontefice ha poi espresso la sua “speranza e preghiera che, insieme, cristiani e musulmani diverranno un lievito di pace e riconciliazione”.

A causa del conflitto tra Turchia e Cipro, non ha potuto avere luogo un incontro del Papa con alcune delle principali autorità musulmane di Cipro Nord, ma ha commosso l’abbraccio che il Papa ha scambiato con un anziano rappresentante sufi, al quale la stampa ha dato ampio spazio.

Riconciliazione e pace

Nessun leader internazionale in genere vuole recarsi a Cipro, perché teme le conseguenze che questa visita potrebbe avere sulle sue relazioni con la Turchia o la Grecia (e l’Europa in generale) a causa della divisione che soffre l’isola dal 1974.

Benedetto XVI, che ha visitato la Turchia tra il novembre e il dicembre 2006, ha invece avuto il coraggio di visitare Cipro e lo ha fatto in circostanze estremamente difficili, dopo la morte di cittadini turchi che facevano parte della piccola flotta che cercava di rompere l’embargo a Gaza attaccata dall’esercito israeliano.

Se ciò non bastasse, alla vigilia del viaggio è stato assassinato dal suo autista monsignor Luigi Padovese, presidente della Conferenza Episcopale Turca, che avrebbe dovuto incontrare il Papa a Cipro.

“Le autorità, sia quelle politiche, sia quelle religiose, hanno fatto presente con molta forza le loro attese, i loro problemi, connessi anche alla situazione di divisione dell’isola, di rischio di perdita del patrimonio culturale cristiano. Lo hanno fatto con molta chiarezza, approfittando anche dell’occasione di avere un ospite così importante”, ha riconosciuto padre Lombardi.

“Il Papa ha risposto da par suo con grande equilibrio e con chiarezza, sostenendo quelli che sono i principi fondamentali della convivenza: il rispetto dei diritti della persona umana e il diritto di poter tornare ai propri luoghi originari, essere in comunicazione con essi per coloro che li hanno dovuti lasciare, il diritto alla libertà religiosa, alla libertà di coscienza, alla libertà di culto”, ha aggiunto.

“Da Cipro il Papa lancia alla comunità internazionale un nuovo e forte appello alla ragione”, ha spiegato Giovanni Maria Vian commentando il discorso che il Papa ha rivolto alle autorità civili e al corpo diplomatico, che paragona per importanza a quelli pronunciati dal Pontefice nel 2006 all’università di Ratisbona e nel 2008 a New York davanti alle Nazioni Unite.

“Con uno scopo che può essere compreso e accettato da tutti, al di là di ogni divisione: servire il bene comune”, ha osservato.

A Malta, ad aprile, Benedetto XVI ha sorpreso i mezzi di comunicazione nel bel mezzo di una campagna contro la sua persona. In Portogallo, a maggio, ha aperto una nuova fase del suo pontificato, quando alcuni media occidentali hanno iniziato a fare marcia indietro nei loro attacchi. A Cipro il Pontefice non ha voluto vincere, ma convincere.

Papa: unità tra i cristiani del Medio Oriente, testimoni del Vangelo in circostanze difficili

L’ecumenismo e il Sinodo per il Medio Oriente segnano il primo giorno della visita di Benedetto XVI a Cipro, luogo di “incrocio di culture e religioni”. Il desiderio della piena unità nella celebrazione con l’arcivescovo cipriota Chrysostomos.

Nicosia (AsiaNews) – Striscioni e e grida di benvenuto, monaci e metropoliti sorridenti intorno a Benedetto XVI e all’arcivescovo Chrysostomos II, nella chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa (Santa Ciriaca Chrysopolitissa), antica chiesa ortodossa cipriota, aperta al culto anche per cattolici e anglicani. E’ il primo appuntamento del Papa dopo la cerimonia di benvenuto a Cipro, all’aeroporto di Paphos (nella foto). E’ una celebrazione ecumenica che indica da subito uno dei due motivi principali di questo 16mo viaggio di Benedetto XVI fuori d’Italia. L’altro è la consegna ai vescovi cattolici del Medio Oriente dell’Instrumentum laboris, il documento di lavoro del Sinodo per il Medio Oriente, occasione di unità per i cristiani che nella regione vivono “talora in circostanze difficili”.
Il cammino verso l’unità assume un senso particolare su quest’isola che, ricorda lo stesso Papa, “fu la prima tappa dei viaggi missionari dell’Apostolo Paolo”. “Proprio vicino a questo luogo aggiunge – predicarono alla presenza del proconsole romano Sergio Paolo. Fu quindi da questo posto che il messaggio del Vangelo cominciò a diffondersi in tutto l’impero e la Chiesa, fondata sulla predicazione apostolica, fu capace di piantare radici in tutto il mondo allora conosciuto”. “Da qui si diffondono le radici cristiane di tutta l’Europa”, dice da parte sua l’arcivescovo Chrysostomos.
Nel tempo attuale, Chrysostomos, figura di rilievo nell’ortodossia, è apertamente impegnato per la ricerca dell’unità, ha incontrato Benedetto XVI in Vaticano, lha invitato a Cipro e ha avuto parole dure contro quelle frange dell’estremismo ortodosso che non vogliono vedere il papa nelle loro terre.
“La Chiesa a Cipro – dice Benedetto XVI – può giustamente andare fiera del proprio collegamento diretto con la predicazione di Paolo, Barnaba e Marco e della comunione nella fede apostolica, che la lega a tutte quelle Chiese che custodiscono la stessa regola della fede. Questa è la comunione, reale, benché imperfetta, che già ora ci unisce, e che ci sospinge a superare le nostre divisioni e a lottare per ripristinare quella piena unione visibile, che è voluta dal Signore per tutti i suoi seguaci”.
“La comunione ecclesiale nella fede apostolica – aggiunge – è sia un dono, sia un appello alla missione”. “Come Paolo e Barnaba, ogni cristiano, mediante il battesimo, è ‘riservato’ perché porti testimonianza profetica al Signore risorto ed al suo vangelo di riconciliazione, di misericordia e di pace”. Parola difficile in quest’isola divisa in due in segito all’invasione turca del 1974. La ricorda il presidente cipriota, Demetris Christofias, nel suo discorso di benvenuto, la ricorda Chrysostomos che evoca la distruzione di chiese, monumenti, opere d’arte e persino nomi cristiani nella parte occupata e chiede al Papa aiuto perché la divisione abbia fine.
Il Papa non fa cenno alla questione, ma si sa che il Vaticano ha reclinato l’invito ad allargare all’altra parte dell’isola la sua visita. Benedetto XVI, al suo arrivo, parla invece di Cipro come “incrocio di culture e religioni, di storie gloriose ed antiche insieme, ma che ancora mantengono un forte e visibile impatto sulla vita del Paese. Essendo entrata recentemente nell’Unione Europea, la Repubblica di Cipro ha iniziato a sentire il beneficio di scambi economici e politici con gli altri Paesi Europei. Tale appartenenza ha dato al vostro Paese anche l’accesso a mercati, a tecnologia e a conoscenze pratiche. E’ grandemente auspicabile che questa appartenenza porti prosperità nel vostro Paese e che gli altri Paesi Europei, a loro volta, vengano arricchiti dalla vostra eredità spirituale e culturale, che riflette il vostro ruolo storico, trovandovi tra l’Europa, l’Asia e l’Africa”.
“Cipro – aggiunge – è perciò un luogo appropriato dal quale lanciare la riflessione della nostra Chiesa sul posto della secolare comunità cattolica del Medio Oriente, la nostra solidarietà con tutti i Cristiani della regione e la nostra convinzione che essi hanno un insostituibile ruolo da sostenere nella pace e nella riconciliazione fra i suoi popoli”.
Il Sinodo, secondo tema centrale del viaggio, nelle parole dette dal Papa al suo arrivo, “esaminerà molti aspetti della presenza della Chiesa nella regione e le sfide che i Cattolici devono affrontare, talvolta in circostanze difficili, vivendo la comunione con la Chiesa Cattolica ed offrendo la loro testimonianza a servizio della società e del mondo”.  Esso, aggiunge nel corso dell’incontro ecumenico, “rifletterà sul ruolo vitale dei cristiani nella regione, li incoraggerà nella loro testimonianza al Vangelo e li aiuterà a promuovere maggior dialogo e cooperazione fra cristiani in tutta la regione. Significativamente, i lavori del Sinodo saranno arricchiti dalla presenza di delegati fraterni di altre Chiese e Comunità cristiane dell’area, quale segno del comune impegno al servizio della parola di Dio e della nostra apertura alla potenza della sua Grazia che riconcilia”.