di Rodolfo Casadei
Tratto da Tempi del 3 gennaio 2011

Nel denunciare l’”ingerenza” di Benedetto XVI, lo sceicco si comporta come un esponente della leadership nazionale, preoccupato dell’indebolimento del governo e dell’eventualità che le tensioni in Egitto sfocino in una guerra di religione vera e propria. Grave il vuoto di memoria sulle parole che il Santo Padre spende da anni anche contro le violenze subite dai musulmani

Meraviglia, irritazione, imbarazzo: i commenti negativi dello sceicco di Al Azhar alle parole del Papa, che si era appellato alle autorità egiziane perché rafforzassero la protezione dei cristiani copti all’indomani della strage della chiesa dei Santi ad Alessandria, hanno spiazzato più di un osservatore. Ahmed Al Tayeb non è un islamista radicale, e ha partecipato a varie iniziative di dialogo interreligioso col mondo cristiano. Eppure non ha trovato di meglio che intimare al Papa di non ingerirsi nelle vicende interne dell’Egitto e ha alluso a presunti silenzi di Benedetto XVI sui massacri di musulmani in Iraq.

Tuttavia, non c’è da stupirsi: in Egitto le massime cariche religiose islamiche  rappresentano a tutti gli effetti pubblici ufficiali dello Stato, nel quale la sharia è riconosciuta dalla Costituzione come la base di tutte le leggi. Nel denunciare l’”ingerenza” del Papa lo sceicco si comporta come un esponente della leadership nazionale, preoccupato dell’indebolimento del governo e dell’eventualità che le tensioni fra la minoranza cristiana e la maggioranza musulmana in Egitto sfocino in una guerra di religione vera e propria. Le parole del Papa fanno pensare a una protezione insufficiente da parte dello Stato egiziano nei riguardi dei cristiani, coincidono con le proteste e le rivendicazioni dei manifestanti copti di questi giorni, e quindi contribuiscono secondo lo sceicco ad alzare la tensione.

Peccato che lui stesso contribuisca alle contrapposizioni e all’inasprimento della situazione accusando il Papa di una colpa inaudita: il silenzio di fronte alle violenze contro i musulmani nel mondo, a cominciare dall’Iraq. In realtà, tutti sanno che l’Angelus del Papa è dedicato ormai da decenni anche a manifestare la preoccupazione del Santo Padre per gli attentati alla dignità umana in tutte le parti del mondo; le sofferenze delle popolazioni musulmane hanno conosciuto e conoscono la simpatia pontificia e richieste di interventi di pacificazione, anche internazionali: dalla Bosnia al Kosovo, Algeria, Darfur, Afghanistan, Pakistan e più di tutti Iraq. Roma ha manifestato la sua contrarietà sia alle sanzioni economiche contro il paese di Saddam Hussein dopo la prima Guerra del Golfo, sia all’intervento anglo-americano del 2003. Le violenze reciproche fra sunniti e sciiti negli ultimi sette anni hanno conosciuto molti più interventi da parte del Papa, di deprecazione e di manifestazione del proprio personale dolore, che non da parte di alti esponenti religiosi islamici. Che Al Tayeb faccia finta di non ricordarselo è piuttosto grave.