La centralità dell’Eucaristia, l’esigenza di coniugare ascolto della Parola, liturgia e attenzione ai poveri: i temi del percorso formativo a Bari e Bitonto • Ieri al convegno nazionale Cop su comunità cristiana ed educazione gli interventi di Falco, Benzi, Savino e Toti. Cacucci: comporre autorità e obbedienza è lasciarsi guidare dallo Spirito
di Mimmo Muolo
Tratto da Avvenire del 25 giugno 2009
Una pastorale più incisiva passa attraverso la riscoperta dell’Eucaristia domenicale. Lo diceva già sant’Ignazio di Antiochia: «I cristiani sono coloro che vivono secondo la domenica». Lo hanno confermato ieri i lavori della 59ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale organizzata dal Cop e incentrata quest’anno sul tema «Comunità cristiana ed educazione. L’emergenza educativa: problema e provocazione». «Vivere secondo la domenica – ha ricordato don Domenico Falco, direttore dell’Ufficio liturgico nazionale – significa vivere nella consapevolezza della liberazione portata da Cristo e svolgere la propria esistenza come offerta di se stessi a Dio, perché la sua vittoria si manifesti pienamente a tutti gli uomini attraverso una condotta intimamente rinnovata». In altri termini, ha aggiunto il relatore, «da questo giorno scaturisce il senso cristiano dell’esistenza ed un nuovo modo di vivere il tempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la morte». Altrimenti si è solo «cristiani a intermittenza». E «l’annuncio senza liturgia diviene propaganda». Il segreto per passare dal dire al fare sta nella «mistagogia», parola più volte risuonata durante i lavori di questi giorni, che letteralmente significa accompagnamento. In pratica un percorso formativo che porti il fedele a capire più profondamente la Parola di Dio, a partecipare con più intensità alla liturgia e a tradurre in comportamenti concreti il Vangelo. Anche l’arcivescovo di Bari-Bitonto Francesco Cacucci, nell’omelia della Messa celebrata nella Cattedrale del capoluogo pugliese, ha toccato i temi del convegno. «L’unica vero educatore – ha detto – é Dio. Quindi è necessario che ogni educatore umano sia contemporaneamente maestro e discepolo». L’arcivescovo ha citato l’esempio di san Giovanni Battista cui ieri ricorreva la festa liturgica. «Il rapporto tra autorità e obbedienza – ha ricordato Cacucci – é estremamente difficile in campo educativo. Se si sottolinea l’autorità, c’è il sentore del potere, mentre se prevale l’obbedienza si può andare verso atteggiamenti rinuciatari. Comporre questi due aspetti è lasciarsi guidare dallo Spirito». Giovanni Battista è anche maestro degli educatori perché non crea dipendenza nei suoi discepoli – ha aggiunto Cacucci – ma li manda da Gesù.
«È importante considerare la profonda unità tra la Parola di Dio e l’Eucaristia – ha sottolineato a sua volta don Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale –. L’Eucaristia è un principio ermeneutico della Scrittura, così come la Scrittura illumina e spiega il mistero eucaristico».
In senso più ampio, ha aggiunto Benzi, «l’unità della pastorale non è l’esito di un cammino, ma ci precede». Dunque c’è un «collegamento intimo tra annuncio, celebrazione e testimonianza». Un collegamento, ha ricordato il sacerdote, che trae origine dalle Scritture «ed è stato anche recentemente ribadito dal Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio». «L’annuncio – ha affermato don Benzi – vive all’interno della celebrazione, e al tempo stesso costituisce testimonianza». A saldare tra di loro i tre elementi c’è poi la coerenza tra fede e vita, poiché «non si dà vero annuncio se non si vive fino in fondo la dimensione eucaristica». Da qui l’impegno della catechesi, che in questi anni si concentra particolarmente, ma non esclusivamente, sul primo annuncio.
«Occorre ripensare i percorsi di iniziazione cristiana – ha concluso – mettendo il primo annuncio in ogni dimensione pastorale».
Anche per don Francesco Savino, parroco e rettore del Santuario dei Santi Medici di Bitonto, dove si svolge la Settimana del Cop, «la pastorale mistagogica è una scelta che aiuta sicuramente a superare la frammentazione in gruppi della pastorale». Aiuta cioè «a superare la mentalità del fare, organizzare, inventarsi delle tecniche, a favore del primato della grazia». I tre luoghi di esperienza educativa, ha sottolineato, «sono la Parola, l’Eucaristia, il povero: il Cristo ascoltato, celebrato e vissuto. Dall’organizzazione non nasce nessuna comunità cristiana. Ma solo nell’orizzonte dell’amore del Cristo incontrato si può crescere, educare e lasciarsi educare». Un prospettiva, questa, rimarcata anche da Marco Toti della Caritas pugliese. «Educare significa preoccuparsi che la proposta comunitaria o personale costituisce un segno per indurre a una riflessione, ad un impegno, ad un cambiamento di vita. Non è il risultato efficientista che ci importa, ma il mettere cura e attenzione nell’elaborare una proposta al servizio dell’uomo: il resto sarà dono dello Spirito».