di Mons. Gianluigi Nuvoli

Mons. Gianluigi Nuvoli, economo arcivescovile, smonta la campagna radicali-Repubblica

Pubblichiamo con piacere un intervento di mons. Gianluigi Nuvoli, che smonta la campagna radicali-Repubblica contro la Chiesa.

Mi è venuta in mente questa similitudine leggendo su Repubblica, venerdì 24 settembre, la solita, ormai noiosa tiritera del presunto e fantasioso sconto ICI, su immobili commerciali, concesso, dallo Stato alla Chiesa. Tale “privilegio” produrrebbe, dice Repubblica ed affini, un danno all’erario italiano di ben due miliardi di euro l’anno, tanto è vero che per iniziativa del radicale Maurizio Turco e di Carlo Pontesilli, segretario di anticlericale.net e altri,  si farà un’indagine approfondita su questi  presunti “aiuti di Stato” alla Chiesa Cattolica del “bel paese che l’appennin parte, il mar circonda e l’alpe”. (dal “Canzoniere” di Francesco Petrarca).

Il “caso” è riapparso, su diversi giornali, martedì 12 ottobre. L’articolo più sereno, mi è parso quello de “il Resto del Carlino”. Gli altri, a cominciare, ancora una volta, da Repubblica, dimostrano o fanno finta, di non conoscere la legislazione italiana sull’ICI o, peggio, di volerla volutamente travisare. E’ stato detto in tutti i toni ed ampiamente dimostrato che gli enti ecclesiastici pagano regolarmente l’ICI sui propri immobili commerciali. Se vi fosse qualche eccezione, questa non farebbe altro che confermare la regola. Ma “inutile zuffolare ai buoi che non hanno sete”, dicevano  i nostri vecchi contadini. Gli articoli letti sono più esatti sull’IRES, ma confondono ancora Chiesa Cattolica Italiana con Vaticano, Santa Sede, come se questi Enti fossero la stessa cosa ed il Vaticano, non uno Stato, politicamente straniero come S. Marino o la Svizzera ma un pezzo d’Italia. Ho visto, in questi giorni, anche un gazebo di propaganda radicale, all’incrocio fra via Indipendenza e via Altabella con una scritta in cui si diceva: “ l’Italia regala, ogni anno, al Vaticano 10 miliardi di Euro”. Peccato che questi radicali, oltre l’evidente strafalcione, non presentino la relativa documentazione bancaria, a sostegno della loro tesi. Dando per scontata la superficialità ed il pressapochismo di tanti, vendono  panzane e polpette intellettualmente avvelenate a iosa. “Calunnia, calunnia qualcosa resterà”. Il 19 e 20 ottobre, sui giornali, ritorna l’argomento. Mi complimento con Eleonora Cappelli. Questa volta è più precisa nell’adoperare i termini. Non confonde “polmoni con polmonite”, come diceva il Card. Biffi. Forse ha letto la mia risposta alle sue bordate circa le“scovate ricchezze” della “Curia” bolognese. Non così posso dire di Alberto D’Argenio che continua a confondere Chiesa Cattolica Italiana con Vaticano.

Leggendo però i loro articoli mi è venuto un sospetto: “sta a vedere che anche il ministro Tremonti è rimasto contagiato dalle “polpette avvelenate”! Sarebbe un formidabile autogol per l’Italia -dice l’ottima tributarista Patrizia Clementi, su “Avvenire” del 20 ottobre u.s. e sull’inserto di Avvenire di martedì 26 ottobre u.s. che consiglio vivamente, a tutti, di leggere. Infatti, cosa significa o significherebbe eliminare dal decreto che introdurrà l’imposta unica   municipale ( IMU), l’attuale esenzione ICI per tutti gli enti che si occupano di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive? Certamente o un vuoto vergognoso nel campo dell’assistenza ecc., o un nuovo “buco nero” finanziario per lo Stato.

Fra queste associazioni senza scopo di lucro, oltre la Chiesa Cattolica, vi sono le confessioni religiose non cattoliche e quelle laiche di qualunque tipo. Queste, però, non sembrano interessare ai venditori di “polpette avvelenate”. L’unico ente che viene attaccato è, generalmente, solo la Chiesa cattolica. Sembra che ripetano in coro: “Muoia Sansone con tutti i Filistei”. Cioè: “Vada pure in malora tutto, purché, per prima, vada a rotoli la Chiesa Cattolica”. E’ poi veramente più ridicolo che pazzesco sentir dire, che togliere le esenzioni alla Chiesa Cattolica significherebbe cancellare un privilegio, mentre togliere le stesse esenzioni agli enti laici che svolgono le stesse attività ma in numero assai inferiore alla Chiesa Cattolica, sarebbe un danno sociale. Evviva le uguali opportunità per tutti ed il buon senso!

Vorrei ricordare a chi si rode il fegato contro la Chiesa Cattolica che questa ha, nel proprio DNA, il culto e l’amore verso Dio e la carità verso il prossimo, sempre, in qualsiasi condizione venga a trovarsi.  Non è  detto, però, che la Chiesa sia tenuta ad operare  sempre con le stesse modalità. Se saremo costretti a chiudere o ad affittare scuole, case della carità, centri d’accoglienza per drogati, per donne in difficoltà, sale della comunità, centri aggregativi e sportivi ecc. lo Spirito Santo ci indicherà quale nuova strada seguire. Di certo, se questo sarà deciso dal governo, pagheremo l’IMU ma, per forza di cose, dovremo anche scaricare tutti i problemi educativi e sociali, di cui oggi ci facciamo carico,  sullo Stato . E questi cosa farà? Dovrà, per forza, provvedere al tutto, con personale e strumenti adatti ma con enorme esborso di denaro pubblico. Dove lo troverà? E’ semplice. Nelle tasche dei contribuenti. Se così sarà, il primo e forse unico risultato che si otterràsarà quello di indebitare ulteriormente il nostro stato. Quindi, complimenti Repubblica ed affini, complimenti accoppiata Turco-Anticlericale, complimentissimi signori radicali! Non vi siete ancora accorti che l’unica idea,da voi sposata e propagandata consiste, per risolvere (?!?) i problemi, nel proporre la morte. Morte per aborto, morte per selezione di embrioni, morte ai giovani per droga, agli anziani per eutanasia, agli ammalati terminali per suicidio assistito, morte all’amore coniugale col divorzio ed ora morte all’attività benefica e portatrice di vita della Chiesa per tentato strangolamento economico. Che fetore cadaverico in tutto questo!  Ma alle  sorprese e bumerang che  potrebbero ritorcersi  contro di voi, da tutta questa campagna, ci avete mai pensato? Posso dirvi il mio pensiero?

Che i giornali, Repubblica compresa, ricevano aiuti di Stato è cosa nota. Che si sbraiti per tagli, in questo settore, è cosa recente anche per il rischio di chiusura di alcuni giornali. Che i sindacati siano sommersi da fiumi di denaro pubblico, tutti lo dicono. Che il mondo dell’arte vera o più spesso presunta, venga foraggiato dal pubblico erario e i partiti politici ricevano aiuti di Stato é più che notorio. Per questi ultimi è stato raggirato anche un referendum in cui gli Italiani avevano espresso, a larga maggioranza, il loro no al finanziamento pubblico dei partiti. Perché la mannaia del Ministro non potrebbe abbattersi anche nei settori nei quali voi  e altri nuotano? Non è che, per far dimenticare questo vampiraggio legalizzato, si cerchi un capro espiatorio nella Chiesa Cattolica, con un sacco di menzogne, ovviamente?

Che cosa danno in cambio allo Stato i vostri giornali, telegiornali e servizi televisivi? Mi si risponderà:
“assicurano la libertà e il dovere d’informazione pubblica”. Sarà anche vero; ma è ancor più vero che, prima, cercano di salvaguardare la tutela e la difesa degli interessi dei gruppi finanziari, dei potenti e dei partiti, vostri datori di lavoro. Allora che ragione c’è per avere aiuti di Stato? Molto più conveniente per lo Stato sarà sempre aiutare gli Enti che danno, fattivamente,  una mano allo stesso, per risolvere i problemi sociali, culturali, educativi e sportivi. Non è la prima volta, nella storia che governi o dittatori vari ricorrono alla cicuziente trovata di denigrare la Chiesa Cattolica con l’intento di dare in pasto all’opinione pubblica la sua attività benefica dipingendola come economicamente ed ideologicamente dannosa per lo Stato. Si vuol far credere che la Chiesa è piena di soldi ma non si dice mai dove vanno a finire. Da qualche parte andranno pure, se ci sono! Perché non viene detto e dimostrato  dove vanno? Semplice! La Chiesa vive della carità dei cristiani di oggi e di ieri e le bugie giornalistiche hanno le gambe corte.

A proposito delle ricchezze della Chiesa leggo nell’articolo sulle esenzioni ICI diD.Argenio del 24 settembre: “La Chiesa ha un patrimonio di circa 100.000 fabbricati”. Poi, dato che la matematica, per certi personaggi, sembra solo un’opinione, enumera 8.779 scuole, 26.300 strutture ecclesiastiche, 4.712 centri di sanità. A casa mia la somma fa in tutto 39.791! Allora gli immobili esenti sono 100.000 o 39.791?  La Chiesa non paga l’Ici sui 100.000 o solo sui 39.791? Repubblica dovrà pure spiegarlo? E non faccia, per favore come quel giornalista che, da un canale della televisione pubblica, poche settimane or sono, tutto gongolante e sicuro di sé, sfidato a trovare una struttura commerciale ecclesiastica esente da ICI si è vantato di averla trovata. Ebbene sì, dice lui, l’ho trovata! E’ la casa “S. Francesca Romana” del Vicariato di Roma. Ha persino i prezzi esposti all’esterno, ed é diretta da Mons. Antonio Interguglielmi. La maggioranza degli italiani, suppongo, non conosca questa casa e questo sacerdote romano. Fatto sta che hanno ingoiato, ancora una volta, una bella” polpetta avvelenata” particolarmente paralizzante per il cervello. Si dà, però, il caso che don Antonio sia un mio carissimo e stimato amico. Gli ho telefonato e mi ha confermato quello che già sapevo. La casa da lui diretta offre ospitalità, ai prezzi esposti, ma paga regolarmente l’ICI, appunto perché svolge attività commerciale. Quel Sig. giornalista, ammantandosi di mendace verità, ha calunniato pubblicamente don Antonio, gettato fango in abbondanza sulla Chiesa e soprattutto ha propinato agli ignari ascoltatori la solita polpetta avvelenata. Se me lo ricordassi, non esiterei a far nome e cognome. Si dà però il caso che don Antonio sia anche il cappellano di Saxa Rubra. Non tarderà ad identificare questo signore. E’ vero che il buon Dio ci ha insegnato a porgere l’altra guancia, ma una bella svergognatina gli starebbe a pennello.

Lo sconto del 50% dell’IRES risponde a verità. Ma, a conti fatti, come già ho detto, è un modesto riconoscimento per gli enormi risparmi economici che lo Stato accumula grazie all’attività della Chiesa e non viceversa. Prendo per buoni i numeri che stanno stampati sul citato articolo di Repubblica e mi domando ancora una volta: “Se la Chiesa chiudesse da un giorno all’altro le sue 8.779 scuole, lo Stato ci guadagnerebbe o ci rimetterebbe?”.  Basta fare due conti e la risposta è presto data.
E se chiudesse i 4.712 centri sanitari, a cominciare dal Cottolengo di Torino e tutte le altre case della Carità e di accoglienza, lo Stato cosa farebbe? Quanto spenderebbe il Ministero della Sanità ed il contribuente italiano per far fronte all’emergenza? Non so esattamente che cosa intenda il dott. Alberto quando parla di 26.300 strutture ecclesiastiche, poiché anche le scuole e i centri sanitari lo sono. Forse si riferisce agli edifici sacri, ricreativi, sportivi, culturali. La Chiesa, infatti, ha musei, archivi, biblioteche, chiese artistiche piene di opere d’arte. Ha centri culturali e sportivi. Tutti sanno però che queste strutture non producono reddito, anzi mangiano risorse per il loro funzionamento. So che teoricamente sono di proprietà della Chiesa ma di fatto è lo Stato che comanda e fa da padrone in maniera ferrea su tutto questo tipo di edilizia, se ha compiuto 50 anni.
Non si può mettere o cavare neppure un chiodo senza il permesso della Soprintendenza.

“Noi abbiamo prodotto l’arte – dice il Card. Biffi – e lo Stato non ha trovato di meglio che inventare le Soprintendenze”. Dato che parliamo di soldi, si sappia che tutti gli Enti ecclesiastici (non esiste un’Azienda Chiesa) debbono spendere le poche risorse che in gran parte giungono dai fedeli per mantenere questi beni culturali, vincolati dallo Stato e allo Stato. Inoltre i parroci o chi per loro debbono fare i guardiani a nome dello Stato di questi beni, naturalmente senza alcun riconoscimento economico e dato che si fa allo Stato un annuale favore di alcuni miliardi di euro, per i necessari lavori di restauro, lo stesso esige anche l’IVA, bontà sua, solo al 10/%.

Cosa ne direste se in risposta alla sconsiderata campagna mediatica contro di noi cattolici, facessimo, pure noi, sciopero (ce lo permetterete, suppongo, visto che tutti ne hanno sacrosanto diritto) e chiudessimo  le nostre chiese artistiche a cominciare dal Duomo di Milano, S. Marco a Venezia, le chiese di Ravenna, S. Petronio a Bologna, S. Maria del Fiore a Firenze e relativo Battistero, il Duomo di Pisa, le Basiliche di Roma, il Duomo di Cefalù, di Monreale, di Noto, solo per dirne alcune.
E se portassimo il Papa in Svizzera, al centro dell’Europa ma fuori dall’U E, insieme coi corpi di S. Antonio, Santa Rita, San Padre Pio, S. Francesco, la Madonna di Loreto e di Pompei, per elencare alcune mete capofila di migliaia  di altri luoghi sacri particolarmente importanti per il turismo religioso e culturale?

Secondo voi cosa ne direbbero le compagnie aeree, le ferrovie, gli albergatori, i negozianti di ogni genere, i bar e tutti gli italiani che lavorano in queste strutture? Ricorderete tutti quel celebre professor Carlo Giulio Argan ( pace all’anima sua) esimio esperto d’arte che cadde, insieme con l’allora Soprintendente di Toscana, nella trappola delle teste di Modigliani scolpite da alcuni studenti buontemponi livornesi.  Dimostrarono l’incompetenza di questi illustri conoscitori d’arte anche in diretta TV. Ebbene questo esimio personaggio, divenuto Sindaco di Roma, con la stessa acuta intelligenza, per risolvere il problema del traffico a Roma, non trovò di meglio che scrivere al Papa perché impedisse ai cattolici di venire a Roma il mercoledì per l’udienza generale. Quest’affluenza di turisti, per Argan, era, infatti, la vera causa del traffico caotico di Roma. Protestò il Papa? Neanche per sogno. Protestarono invece gli operatori turistici e giustamente. Il progetto Argan, infatti, non solo non avrebbe risolto il problema traffico della capitale ma ne avrebbe creato un altro ben più grave. Il danno economico a più di una categoria di lavoratori insieme col conseguente danno erariale per lo Stato. Anche in questo caso era lo Stato ad aiutare la Chiesa o viceversa?

Oltre l’esempio, ampiamente ridicolo, appena ricordato, ne abbiamo avuto tanti altri e purtroppo, tragici nella nostra storia. Pensiamo agli espropri contro i primi cristiani, perpetrati dagli antichi imperatori di Roma, da Filippo il Bello contro i Templari, da Napoleone, Lenin, Stalin, Mao e amici – pardon – compagni, per finire col Regno Sabaudo. A proposito: dove sono andati a finire tutti questi così detti grandi della storia ma persecutori raffinati e crudeli? La Chiesa è ancora qui per aiutare, come può, tutti, anche se è vista come fumo negl’occhi da alcuni. Di loro e dei loro sbandierati salvifici programmi, cosa è rimasto?
Inviterei tutti a leggere un’opera di grande valore storico perché riporta, alla lettera, atti, leggi e discorsi ufficiali del ceto politico piemontese e italico, intitolata: “Storia dei nostri tempi”, curata da Gio-Battista Clara ed altri, edita a Torino nel 1863 dalla Stamperia dell’Unione Tipografico-Editrice, via Carlo Alberto, casa Pomba n. 33, in epoca di piena persecuzione sabaudo-massonica. E’ certmente datata ma di un’attualità sorpendente. Consiglierei, per incominciare l’articolo:

“Tribolazioni della Chiesa in Piemonte” Vol. 1°, pag. 19. Proseguendo poi con l’articolo: “Martirologio dell’Episcopato italiano” a pag.193 del Vol.3°. Son sicuro che, se qualcuno volesse informarsi di come sono andate, veramente, le cose, si convincerebbe di quanta falsità e prosopopea sia circondata la parola -Risorgimento-. A pag. 192 vol. I° dell’opera citata si  legge una sintesi a commento delle prime soppressioni e incameramenti di beni ecclesiastici per L.2:282.852,26. Si esprime così: “Vedremo in seguito come una gran parte di questi denari andassero in fumo, restassero affamati i frati, le monache (i poveri) e il Governo sull’orlo del fallimento”. Interessantissimo è poi l’articolo: “Il primo gran libro del debito pubblico” (pag.33, vol. III°.) Nel 1847 si conservavano nelle casse piemontesi una riserva di L.30 milioni, pur avendo speso per le strade ferrate, l’esercito, gli arsenali e la marina. Nel 1861 vi era un debito pubblico di L. 2.806.383.583. Di questi L.706.700.022 erano la somma del debito pubblico globale ereditato dai vari Stati italiani conquistati dal Piemonte. L. 2. O99.683.561, invece,  il debito pubblico accumulato in pochi anni dal novello regno d’Italia. Interessante è pure l’articolo del giornale filogovernativo – L’ Opinione – dell’otto aprile 1861. Cito:. “se si vuole chiudere la serie degli imprestiti, se si vuole dare solidità al nostro credito, CONVIENE PENSARE a far concorrere i popoli secondo i bisogni, ed a ridurre le spese ne’ limiti più ristretti”. Segue un commento amaramente sarcastico: “Ecco la conclusione dell’Opinione. Significa che bisogna pensare a mettere imposte e sovraimposte, a squattrinare di qua, a mungere di là, a tosare i Toscani, a spremere i Romagnoli, a vuotare le tasche de’ Modenesi, de ’Parmigiani, de’ Napoletani, de’ Siculi. Ecco che cosa BISOGNA PENSARE”. In altri termini il governo proponeva più tasse per tutti e meno servizi, ai cittadini della penisola liberati, loro malgrado, dai piemontesi. Oggi, ironia della storia, da più parti d’Italia si reclama la liberazione da Roma, ma di questo non voglio occuparmi.

Noi cattolici, anche se questa campagna contro la nostra Chiesa avesse successo, visti i precedenti, ce la caveremo ugualmente, dicendo magari Messa in una piazza o in un cortile. E lo Stato italiano? Non gli resterebbe altro, che aumentare, seguendo l’esempio del governo sabaudo, vertiginosamente le tasse per cercare di colmare il vuoto che si verrebbe a creare. Altro che danno di due miliardi di euro per mancato introito ICI dai beni della Chiesa! La Chiesa Cattolica, volenti o nolenti, è una delle prime risorse economiche per lo Stato Italiano. L’altra possibilità, in mano al governo, potrebbe essere quella di obbligare vescovi, preti, suore, laici impegnati, volontari cattolici a continuare l’attività odierna, a loro spese con tasse a carico. In questo caso, solo ipotetico, voi giornalisti cosa scrivereste? I giornali governativi piemontesi inneggiavano alle misure repressive contro la Chiesa. E voi, gloriosi paladini della libertà dei singoli e dei popoli?!

Sto per finire ma vorrei farvi una proposta. Perché non rinunciate, per primi, agli aiuti di Stato e camminate sulle vostre gambe e su quelle dei potentati per cui lavorate? Non avreste almeno il peccato di pesare sui magri bilanci dello Stato? Perché venite a far la predica a noi quando sapete benissimo che dovreste indirizzare prima verso di voi gl’infuocati dardi che lanciate in altra direzione?

Permettetemi un’ultima osservazione sul destino di tutti questi presunti soldi che attribuite all’inesistente “Azienda Chiesa”. Il primo sospetto che viene a chiunque vi legge è che se li godano vescovi e preti. Bene. Ci state a pubblicare la mia e la vostra dichiarazione dei redditi?
Io non ho alcuna paura ed alcuna vergogna: percepisco, come tutti i sacerdoti italiani, un modesto stipendio, formato in maggioranza, per me, dalle due pensioncine statali di cui  sono titolare. Come sacerdoti non percepiamo né tredicesima, né TFR. E’ così anche per voi?

da Tempi.it