Offensiva del terrore • Domenica l’esplosione davanti alla cattedrale di Cotabato. Nessuna rivendicazione, ma tutti i sospetti portano agli integralisti del Moro • Cinque vittime nell’attentato a Mindanao Il Papa: la violenza non è mai la soluzione
di Stefano Vecchia
Tratto da Avvenire del 7 luglio 2009
L’ordigno che domenica ha ucciso 5 persone e ne ha ferite una quarantina esplodendo davanti alla cattedrale cattolica dell’Immacolata Concezione nella città di Cotabato, grande centro dell’isola di Mindanao, Filippine meridionali, porterebbe il marchio della guerriglia musulmana.
Le testimonianze parlano di un uomo che ha abbandonato sotto una bancarella prospiciente l’edificio religioso la bomba di mortaio modificata, poco prima del passaggio di un veicolo militare rimasto coinvolto nell’esplosione. Lo scoppio è avvenuto alle 8. 50 del mattino nelle Filippine (quando erano le 2. 50 in Italia) durante la Messa e ha ucciso immediatamente due persone, tra cui un bambino. Altri tre feriti sono deceduti poco dopo. Nessuna rivendicazione, ma le forze armate di Manila hanno puntato il dito contro il Fronte islamico di liberazione Moro (Milf), che a Mindanao ha le sue roccaforti. Per esse, la crisi del Milf, impegnato da mesi da una offensiva dei marines filippini sostenuti da milizie locali, sta costringendo il gruppo ad azioni disperate, colpendo «obiettivi non militari e attaccando anche fedeli innocenti». La bomba esplosa domenica, come pure quelle dei giorni scorsi a Koronadal e Datu Piang, due cittadine della provincia di Maguindanao, sarebbe parte di una campagna di terrore affidata alle reclute del Milf destinate alla guerriglia urbana.
Una teoria respinta dal Fronte. Il portavoce del Milf, Eid Kabalu, attraverso i mass media locali ha indicato in «provocatori di destra» i possibili responsabili e sottolineato come i militari abbiano espresso accuse precise «quando non è ancora stata avviata l’inchiesta sull’accaduto».
L’esercito ha anche avvisato della possibilità di ulteriori azioni dinamitarde. Il sequestro di 59 ordigni nelle ultime settimane non sarebbe, infatti, che frutto di scoperte fortuite e molti ne resterebbero in circolazione.
Ferma la condanna della Chiesa. Già all’Angelus di domenica, a poche ore dall’attentato, Papa Benedetto XVI ha espresso la sua «profonda deplorazione». «Mentre prego Dio per le vittime dell’ignobile gesto – aveva aggiunto – elevo la mia voce per condannare ancora una volta il ricorso alla violenza, che non costituisce mai una via degna alla soluzione dei problemi esistenti». Ieri ad esprimere condanna ma anche i dubbi sulle ragioni dell’attentato, è stato monsignor Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato ed ex presidente della Conferenza episcopale filippina. «Affermare che l’attacco ha avuto come obiettivo la cattedrale o i fedeli potrebbe essere una valutazione estremista dei fatti», ha comunicato.
Nel pomeriggio di ieri, infine, mentre veniva rilasciato un sospetto arrestato il giorno prima, la presidente Gloria Macapagal Arroyo ha chiesto il massimo coordinamento degli organi di sicurezza filippini per arrivare a individuare i colpevoli.
Se ne venisse confermata la matrice islamista, aggraverebbe ulteriormente la situazione in un contesto dove al dramma di una Chiesa sovente assediata, si aggiunge quello degli ostaggi, rapiti – come il nostro connazionale Eugenio Vagni – per ottenere vantaggi in termini di scambio con guerriglieri in carcere o di visibilità, ma sovente vittime di veri e propri episodi di banditismo.
Agenti della polizia scientifica filippina sul luogo dello scoppio a Cotabato nelle isole meridionali del Paese: l’ordigno ha ucciso cinque persone che si trovavano all’esterno della cattedrale. Nella zona operano gruppi di estremisti islamici del Fronte Moro (Epa)