di Domenico Bonvegna

Un cristiano ucciso ogni cinque minuti, scrive il professore sociologo Massimo Introvigne, sul mensile Il Timone.

È uno spaventoso e ignorato massacro dei cristiani, che si ripete in particolare in questi giorni di festa. Ultimo massacro in Nigeria: oltre 110 morti un bilancio provvisorio e ufficioso. L’episodio simbolo è avvenuto nella chiesa cattolica di Santa Teresa a Madalla, nello stato confederato di Niger, a circa 45 chilometri dalla capitale federale, Abuja. Qui, la mattina del 25, un’auto bomba è esplosa al termine della messa quando i fedeli stavano uscendo dalla chiesa uccidendo almeno 35 persone e provocando oltre 50 feriti, di cui numerosi in gravi condizioni. L’attentato è stato rivendicato da Boko Haram, gruppo terroristico di matrice islamica, movimento vicino ad Al Qaida che si rifà ai Taliban afghani, che ufficialmente rivendica l’estensione a tutta la nazione della sharia, attualmente in vigore, seppure in modo blando, in 12 dei 36 stati confederati che compongono la Repubblica federale. Mentre nel nord-est del Paese, sempre il giorno di Natale, i morti sono stati quattro, da sommare alle 70 vittime dei giorni immediatamente precedenti, di cui una sessantina provocati dall’azione repressiva dell’esercito locale in risposta ad alcuni attentati rivendicati.

“I cristiani sono i più perseguitati, ma anche i meno ricordati – scrive Introvigne – Si ripete il film già visto prima del 1989. I persecutori saranno sconfitti se si comincerà a denunciare i loro crimini” (Massimo Introvigne. Cristiani: un martire ogni cinque minuti, dicembre 2011, Il Timone) .

Introvigne ricorda che grazie a lui, i media, hanno ripreso una nota del giugno scorso secondo cui ogni anno i cristiani uccisi nel mondo per la loro fede sono 105. 000, uno ogni cinque minuti. Il sociologo torinese è arrivato a questa tragica conclusione basandosi sui lavori del principale centro mondiale di statistica religiosa, l’americano Center for Study of Global Christianity, diretto da David B. Barrett (1927- 2011).

Nel 2001 Barrett e il suo collaboratore Todd M. Johnson cercarono di calcolare il numero totale dei martiri nei duemila anni di cristianesimo. Definendo prima che cosa significa martiri cristiani : “credenti in Cristo che hanno perso la loro vita prematuramente, nella situazione di testimoni, come risultato dell’ostilità umana”. I due studiosi, avvertivano che perdere la vita “nella situazione di testimoni” non implica alcun giudizio sulla santità personale del martire, ma significa che questi cristiani sono stati vittime di genocidi o di guerre con motivazioni prevalentemente religiose. Lo studio alla fine calcolava che i martiri cristiani nei primi due millenni erano stati circa settanta milioni, di cui quarantacinque milioni concentrati nel solo secolo XX”.

Recentemente in un volume pubblicato nel 2011, The Price of Freedom Denied, dei sociologi statunitensi Brian J. Grim e Roger Finke, il numero dei martiri cristiani che perdono la vita ogni anno potrebbe essere più alto, fra i 130. 000 e 170. 000. Facendo un confronto tra i due lavori, secondo Introvigne si può stimare prudentemente per l’anno 2011, circa 105. 000 morti. Questo significa che in un anno si hanno tra i 287 e 288 morti al giorno e 12 all’ora, cioè “uno ogni cinque minuti”. Questo è un dato che è emerso al vertice dell’ OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) organizzazione che si occupa della lotta al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza e alla discriminazione contro i cristiani, di cui Introvigne è rappresentante per l’Italia. E proprio in questo vertice per la prima volta a livello internazionale si è chiesto esplicitamente che i crimini di odio contro i cristiani assumano la caratteristica di categoria giuridica e di emergenza umanitaria. Questi crimini sono commessi principalmente in Africa e in Asia, ma anche in Occidente (Usa, Canada, Europa).

In particolare il professore Introvigne per quanto riguarda l’Occidente, rileva che spesso vengono attaccate chiese e cimiteri, ma anche sacerdoti, religiosi e “predicatori di strada”; e ricordando il martirio della Serva di Dio, suor Laura Mainetti (1939-2000) uccisa da tre ragazze, Introvigne scrive che di solito la stampa attribuisce questi misfatti a “giovani balordi”, invece, spesso sono attacchi da inserire nella categoria di crimini di odio. Il professore torinese ricorda ancora due sue proposte lanciate in questo vertice: una di creare una bancadati internazionale sui crimini contro i cristiani, per favorire la consapevolezza e la conoscenza del fenomeno sia per una maggiore collaborazione tra le polizie. L’altra proposta, che ha incontrato consensi ma anche resistenze, quella di istituire una giornata europea che ricordi ogni anno i martiri cristiani dell’epoca contemporanea, da celebrare non tanto nelle chiese, ma nelle scuole e nelle città, da celebrare il 7 maggio in ricordo della commovente celebrazione ecumenica nel Colosseo dedicata il 7 maggio 2000 dal beato Giovanni Paolo II (1920-2005) a questi martiri.

Infine Introvigne individua la necessità di diffondere tra la l’opinione pubblica internazionale la consapevolezza di una doppia emergenza: 1) La denuncia dei persecutori salverà molti innocenti. Certo degli omicidi, delle torture o degli stupri non sono responsabili i Paesi occidentali, ma essi possono fare di più coordinandosi fra loro per esercitare pressioni efficaci sui governi che perseguitano le minoranze cristiane. A questo proposito, dimostrando concretezza, bene ha fatto La Padania, il quotidiano della Lega Nord, di invitare a boicottare i Paesi che perseguitano i cristiani. 2) E’ l’emergenza dell’intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Occidente. Consapevole che non siamo ai livelli di Africa e Asia, certamente in Occidente esiste un tentativo laicista di emarginare il Cristianesimo dalla vita sociale con campagne ridicolizzanti e ostili nei confronti della Chiesa. Come spiega bene il Papa Benedetto XVI, “si comincia con il ridicolo e la discriminazione e si arriva ai veri e propri crimini. Il processo ha tre stadi: dall’intolleranza, che è un fatto culturale, si passa alla discriminazione, che è un dato giuridico e quindi alla vera e propria violenza”. Per i sociologi americani Grim e Finke, l’intolleranza e la discriminazione preparano la violenza, è quasi una legge sociale.