L’offerta di uno studio legale milanese caduta nel vuoto dopo 38 colloqui e altrettanti rifiuti: «Al lavoro fino alle 19? È troppo». Ecco il Paese che piange sulla disoccupazione mentre ride in faccia ai posti di lavoro
di Cristiano Gatti
Tratto da Il Giornale del 24 ottobre 2010

Cari ragazzi d’Italia, la parte mi è odiosa, ma certe volte ve le andate a cercare. Sembra quasi lo facciate apposta, per dare ragione ai babbioni che con ghigno nonnista vi danno sadicamente dei bamboccioni, dimenticando quanto sia difficile, sempre e comunque, in ogni epoca, il mestiere d’essere giovane. Quanto sia impegnativo trovare la strada.

Però, anche voi: non aiutate ad aiutarvi. Sul vostro conto, arrivano da tutte le parti segnali avvilenti. Uno incredibilissimo ce la segnala l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace, esperta in diritto di famiglia e nota al nostro pubblico come apprezzata opinionista. Il caso: sta cercando una giovane segretaria per il suo studio milanese. Finora ha sostenuto 38 colloqui. Per 38 volte ha ricevuto un cordiale no. Meglio precisare il genere di mansione: l’avvocato chiede una reperibilità telefonica dalle 8 e 30 del mattino, l’arrivo in ufficio alle 9, nonché una leggera flessibilità sull’orario di fine giornata, fissato alle 17, ma passibile di allungarsi fino alle 19, ovviamente con gli straordinari retribuiti. Paga base come da contratto nazionale: sui 1. 300 euro mensili. Così, a naso, noialtri cresciuti in un altro tempo e in un altro mondo saremmo portati a definirla un’occasione imperdibile, con genitori commossi pronti a regalare il primo vestitino, per fare subito bella figura. Al limite, i più increduli si chiederebbero subito dove sta il trucco. Ma quel posto, posso giurarlo, noi di quel mondo antico non ce lo lasceremmo sfuggire, a costo di aspettare l’avvocato Bernardini De Pace tutta la notte sotto casa.

Invece, 38 no su 38 candidate. Cento per cento di rifiuti, al tempo della grande crisi. Le ragazze pensano, valutano, infine girano i tacchi. Dicono tutte che è un lavoro scomodo. Dichiarano apertamente che le richieste sono troppo gravose.

Certo qualcuno può pure pensare che la nostra illustre collaboratrice sia particolarmente sfortunata. Ma, ragazzi miei: quasi per combinazione, in queste ore circolano notizie tutte dello stesso genere. Elaborando i dati del rapporto 2010 di Unioncamere, la Confartigianato comunica quanto segue: in quest’anno, che è sempre bene ricordare sarebbe un anno di crisi occupazionale, le aziende italiane non riescono a trovare il 26, 7% dei lavoratori necessari. Più esplicitamente: delle 550mila assunzioni previste, ne restano vuote quasi 150mila. Qualche dettaglio. Dei 1. 500 installatori di infissi che servono, ne manca l’83%. Dei 1040 panettieri, se ne copre solo il 39%. Manca il 30% di gelatai e pasticceri, manca il 22% di sarti, manca il 20% di estetisti, parrucchieri e falegnami.

Numeri. Ma che numeri. Sono l’espressione di una situazione che ormai si può definire consolidata. Ogni singola realtà segnala i suoi paradossi. Esselunga fatica da sempre a trovare fornai e macellai per i propri laboratori. Non parliamo dell’edilizia: a spalare malta ormai ci vanno soltanto gli extracomunitari. Negli allevamenti, uguale: i mungitori vengono tutti da India, Sri Lanka e Pakistan. Badanti e infermiere, sappiamo.

Certo fare il manovale nei cantieri e mungere vacche non sono occupazioni rotariane. Fatica e mani sporche sono da molto tempo, da più di una generazione, deterrenti fenomenali alla piena occupazione. Ma qui, cari ragazzi d’oggi, siamo in presenza di cose più gravi. Tutte vostre. Non si trovano segretarie, sarte, gelatai. Evidentemente volete fare solo gli avvocati e i pierre, gli attori e i giornalisti. Non vi rivolgerò l’accusa facilona che vi rivolgono quasi tutti, «al giorno d’oggi hanno in testa solo di entrare nel Grande Fratello». Non è vero: per i cinque o i diecimila ragazzi d’Italia che fanno la fila davanti alla Casa, ce ne sono milioni che provano a fare altre cose. Però, dati alla mano, è evidente che vogliono fare soltanto certe cose. Quanto meno, vi meritate la patente di generazione schizzinosa. E siamo ancora tiepidi. Ripensando alle 38 ragazze che dicono no alla segreteria di uno degli avvocati più noti d’Italia, bisognerebbe parlare di generazione smidollata.

Guardiamoci attorno: viviamo nella nazione che continua a piangere sulla disoccupazione, ma ridiamo in faccia a chi offre posti di lavoro. Di che malattia soffriamo? Direi che siamo in preda alla famosa sindrome della comodità. Vorremmo l’estate fresca e l’inverno caldo. Vorremmo benessere senza sacrificio. Vorremmo lavoro senza fatica. Vorremmo avere senza dare. Ben addestrati, i nostri giovani affrontano la vita allo stesso modo: vorrebbero arrivare senza partire. Però, giovani ragazzi d’Italia, lasciatevelo dire: che noia. Ma di che cosa riempite i vostri sogni?