di Luisella Saro
Tratto dal sito Cultura Cattolica

“La vita è fatta di incontri. La conoscenza è incontro. Tutto è incontro. Tra il dito di Dio e il niente, da cui siamo stati tratti perché il Mistero-Carità ha avuto pietà di noi che non c’eravamo”.
(Renato Farina, Maestri)

“Scuola in Chiaro”. Si chiama così l’iniziativa presentata dal ministro Francesco Profumo, che prevede che da oggi, 12 gennaio, si possa accedere, tramite il sito del MIUR, alle informazioni relative a tutti gli Istituti scolastici italiani.

I Dirigenti e le segreterie in questi giorni hanno dovuto integrare le schede sulle proprie scuole affinché a disposizione degli utenti ci sia una sorta di mappa costantemente aggiornata: una carta di identità degli Istituti in cui compaiano informazioni sul numero e la dimensione delle aule, la ripartizione in trimestri o quadrimestri, le statistiche relative al successo scolastico (promozioni e bocciature), il numero e la tipologia dei corsi pomeridiani, i progetti, le attività extrascolastiche, il numero di laboratori, di computer, di lavagne interattive multimediali, gli spazi attrezzati per lo sport e le altre attività, e via discorrendo.

Solo chi è “fuori” dal mondo (reale) della scuola può essere così ingenuo da pensare che la qualità di un Istituto dipenda dai numeri, i dati, le tabelle che compariranno online da domani!

Sicuramente servono gli strumenti informatici, nelle scuole che desiderino stare al passo con i tempi (ci mancherebbe!), ma ciò che conta davvero – e per fortuna! – era, è e resta l’insegnante.

C’è dunque un problema non di poco conto: nelle informazioni che si potranno reperire nel sito del Ministero, si potrà conoscere il numero dei docenti in servizio, ma mica “chi” sono e “come” sono gli insegnanti della scuola tal dei tali!

Mi ha molto colpito una ricerca effettuata dagli economisti Raj Chetty e John Friedman dell’Università di Harward e da Jonah Rockoff della Columbia; uno studio che ha preso in esame due milioni e mezzo di studenti, seguiti per oltre vent’anni, e i cui risultati sono stati presentati in diversi seminari nel corso del 2011. Secondo tali ricercatori, un bravo insegnante non solo aiuta i suoi alunni a migliorare il rendimento agli esami, ma esercita un influsso positivo generale e di lunga durata sull’intera loro vita, e non solo in ambito scolastico. Lo studio mette in luce come gli studenti che, nel percorso scolastico, abbiano incontrato bravi insegnanti, hanno poi avuto migliori probabilità di iscriversi all’università ed anche migliori prospettive di guadagno in età adulta.

Bene. Quel che più mi ha fatto riflettere, in realtà, non è stata l’idea del “successo” o del “guadagno”, ma sono state le interviste a persone che, in settori diversi, si sono realizzate nella vita. Nessuno di loro ricordava la grandezza delle aule, o le attività extrascolastiche proposte dagli Istituti che ha frequentato; tornando, con il pensiero, ai banchi di scuola, l’imprenditore Luca di Montezemolo, ad esempio, ha detto: “Ho avuto due maestre: sono state fondamentali per la mia vita successiva. Mi hanno insegnato a scrivere e a leggere, ma soprattutto, con intelligenza, mi hanno educato”.

“Forse quelle erano le maestre di una volta, accudenti”, ha affermato lo scrittore Sandro Veronesi “e trasmettevano dei valori più con certi gesti che con le lezioni. Per me è un buon maestro quello che ti fa sentire speciale, che sa stimolare un sentimento esclusivo. (…) Anche se certi professori che al liceo sono capaci di trasmetterti delle passioni riescono a farlo proprio perché qualcuno, quando eri piccolo, ha saputo preparare un terreno fertile, lasciando un’impronta benefica per tutta la vita”.

“Sono anni cruciali per un ragazzo”, è stata la riflessione del regista Pupi Avati. “Un maestro o professore che sappia valorizzare la tua identità, la tua vocazione, è essenziale. (…) Un professore di Lettere e filosofia delle medie mi ha cambiato la vita. Sapeva trasmettere un piacere sconfinato per la sua materia. Per me era un modello”.

Questo hanno detto alcuni tra gli intervistati a commento della ricerca americana, segno che da sempre gli studenti, checché se ne dica, hanno bisogno innanzitutto di “maestri”.

Il computer, ormai, oltre che a scuola è nelle case di tutti. Ma dà informazioni, il computer, non educa. Non lo può fare, perché l’educazione passa solo attraverso un incontro: un rapporto tra esseri umani.

E’ di questo, di educazione, che c’è bisogno ora più di sempre, perché di informazioni i giovani sono bombardati: dai mass media e dal web, ma tutto è messo sullo stesso piano di tutto. Occorre dunque qualcuno che, “maestro”, a scuola sappia educare (e-duco: porto fuori, alla realtà) ed aiuti ad usare bene la ragione, a discernere criticamente.

Che ruolo svolgono, però, i ragazzi, nella scuola di oggi? Spettatori? interlocutori? comparse? cooperatori? bestioline da addestrare? recipienti da riempire? E poi: che uomini e che donne vogliamo formare (sempre che si creda – ancora, e seriamente, e responsabilmente, ed onestamente – nella scuola come luogo di formazione umana, prima ancora che civile)?

Ben vengano, da oggi, le “carte di identità delle scuole”. L’iniziativa potrà servire per una maggiore chiarezza e per una maggiore trasparenza. Ma non può sostituirsi alle domande poste sopra e, soprattutto, alle risposte che, come adulti, siamo chiamati a dare.

E allora, per favore: non facciamoci abbindolare dagli specchietti per allodole che saranno le valanghe di dati che confluiranno nel sito del Ministero! Lì, delle scuole, si vedrà solo la facciata (magari anche dopo una sistematina con la bacchetta magica, stile photoshop). Il cuore no, non si vedrà. Quello non è numeri, tabelle, statistiche. Il cuore non è fotografabile, pesabile, codificabile. Il cuore della scuola restano i docenti.

E allora andateli ad incontrare, gli insegnanti, prima di decidere in che scuola iscrivere i vostri figli! Guardateli negli occhi. Parlate un po’ con loro. Insieme a voi dovranno occuparsi della formazione e dell’educazione di chi avete generato, e non è roba che si può fare online!

State alla larga dai docenti che vi parleranno in scolastichese: è solo fumo negli occhi.

State alla larga anche da chi vi dirà che, in fondo, un insegnante vale l’altro, perché, oggigiorno, il docente è solo un “mediatore”, un “facilitatore di apprendimenti”. Balle! Gli insegnanti che ci sono rimasti nel cuore e che hanno segnato la nostra vita sono state, innanzitutto, persone autorevoli (da augeo, che significa “far crescere”). L’ha appurato lo studio americano, seguendo per oltre vent’anni due milioni e mezzo di studenti; l’hanno raccontato gli intervistati citati sopra, ma, soprattutto – sfido chiunque ad affermare il contrario – è stato vero per la storia di ciascuno di noi. Non dimentichiamocene!

L’educazione dei giovani, oggi più di sempre, è un’emergenza, ed è opportuno occuparsene seriamente. E di persona. Usando occhi, orecchie, ragione, cuore… tutto!

E’, per ogni adulto, un compito troppo importante, perché ci si possa accontentare (e fidare) di un… virtual tour al MIUR!