di Domenico Bonvegna

Il 2 aprile abbiamo ricordato il settimo anniversario della scomparsa di Giovanni Paolo II, tra qualche settimana, il 1 maggio, ricorderemo il 1° anniversario della sua beatificazione voluta da Benedetto XVI. Durante queste brevi vacanze pasquali ho avuto modo di leggere due ottimi libri sul papa polacco di Cracovia, I segreti di Karol Wojtyla di Antonio Socci, e Il miracolo di Karol di Saverio Gaeta. Sono stato impressionato soprattutto dal primo anche perché non conoscevo alcuni aspetti della vita di Giovanni Paolo II. Mi riferisco ai segreti che custodiva e perché fino a oggi sono rimaste sconosciute. Il libro di Socci fa riferimento alle esperienze mistiche di Giovanni Paolo II, alla sua forza spirituale che è riuscita a cambiare il mondo, in particolare quello sotto l’impero sovietico. Socci scrive del presunto disastro nucleare imminente, scongiurato grazie all’intervento di Karol Wojtyla.

 Giovanni Paolo II è il primo slavo sulla Cattedra di Pietro, primo straniero da 500 anni, uno dei papi più giovani per uno dei pontificati più lunghi della storia della Chiesa, un Papa proveniente da un Paese dell’Est, il Papa che ha abbattuto i sistemi totalitari del blocco comunista, cambiando la storia del mondo, il Papa che ha portato la Chiesa nel terzo millennio e che, con la sua personalità, ha ridato forza al Papato suscitando lo stupore e l’ammirazione di tanti popoli, insieme all’odio di chi ha cercato di assassinarlo sul luogo stesso del martirio di San Pietro.

 Il libro di Socci parla di un pontificato misteriosamente annunciato e accompagnato da una serie stupefacente di profezie, di mistici, di avvenimenti soprannaturali e di manifestazioni della Madonna. Evidente il rapporto di Karol Wojtyla con uno dei più grandi mistici del XX secolo, padre Pio da Pietrelcina. A cominciare dal suo viaggio nel 1948 a S. Giovanni Rotondo, per confessarsi dal frate. Pare che Padre Pio avrebbe svelato allo stesso Wojtyla che sarebbe diventato Papa, anche se poi lui ha negato questa profezia. Un particolare destino tra Wojtyla arcivescovo di Cracovia, il Papa Paolo VI e il frate del Gargano si ha attorno all’evento che provoca la tempesta sull’enciclica Humanae vitae, il documento contro la contraccezione che ha lasciato Paolo VI solo di fronte agli attacchi e dure critiche anche all’interno del mondo cattolico. Il 5 gennaio 1969 sulla prima pagine dell’Osservatore Romano appare un lungo articolo, firmato proprio, dall’arcivescovo di Cracovia Wojtyla per commentare e spiegare l’importanza dell’enciclica. Poi c’è padre Pio, che in quel momento drammatico per il pontificato, il 12 settembre 1968, dieci giorni prima di morire, indirizza una lettera pubblica al Papa. “L’evento è del tutto insolito e va compreso. Mai padre Pio aveva fatto una cosa simile. Quali ne erano le ragioni? Si domanda Socci. Principalmente la terribile crisi che stava esplodendo nella Chiesa. Il postconcilio, come ebbe a dire Paolo VI, si rivelò essere, anziché l’alba di un giorno radioso, una giornata buia e tempestosa. Soprattutto con la pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae, sulla crescita demografica del mondo e sulla morale sessuale, esplose tutta la carica di ribellione al Papato che stava covando dentro la Chiesa, anche tra teologi e pastori”. (pag.98)

 Il pontefice si trovò solo, incompreso e sotto attacco, padre Pio con la lettera, corse in difesa del Santo Padre e della Chiesa minacciata da una delle crisi peggiori della sua storia. Non solo il frate si offriva come vittima in difesa del Papa e della Chiesa, così dopo cinquant’anni esatti di crocifissione, padre Pio morì improvvisamente il 23 settembre del 1968. Qualcuno ha scritto: “Padre Pio è morto di crepacuore per qual che succede nella Chiesa di Dio “. Da quel momento gli anni del pontificato di Paolo Vi trascorrono nel dolore, circa 70 mila sacerdoti lasciano l’abito e altrettante religiose abbandonano i chiostri. Erano gli anni dell’autodemolizione della Chiesa.

 Ma ritorniamo a Karol Wojtyla, al papa missionario, con i suoi numerosi viaggi in 27 anni di pontificato. “Potremmo dire che si è letteralmente dato in pasto, perché gli uomini hanno bisogno di incontrare un volto concreto in cui riconoscere Gesù”. (pag. 105) Il grande filosofo contemporaneo, Renè Girard, definisce Giovanni Paolo II, un grande conquistatore di folle. Bisogna risalire ai grandi papi medioevali per trovare un pontefice con una personalità altrettanto incisiva, sconvolgente e carismatica. Anzi, per Socci, forse neanche i papi medioevali reggono il confronto con Karol il Grande.

 Tra la serie di profezie, Socci cita quella di un sacerdote napoletano Dolindo Ruotolo, morto nel 1970, fu un mistico simile a padre Pio, in una lettera ravvisava la venuta di un Papa polacco che ci avrebbe liberato dal comunismo. “Il mondo va verso la rovina, ma la Polonia come ai tempi di Sobieski, per la devozione che ha al mio cuore, sarà oggi come i 20.000 che salvarono l’Europa e il mondo dalla tirannia turca. Ora la Polonia libererà il mondo dalla più tremenda tirannia comunista. Sorge un nuovo Giovanni, con una marcia eroica spezzerà le catene, oltre i confini imposti dalla tirannide comunista”. Dodici anni dopo, in effetti, dalla Polonia, sarebbe venuto “un nuovo Giovanni”, eroe disarmato, che avrebbe abbattuto, il più vasto, duraturo e mostruoso impero ateo e persecutore dei cristiani della storia, il comunismo. Il caso vuole che don Karol Wojtyla, il 2 novembre 1946, ha celebrato la sua prima messa nella cattedrale di Wawel, nella cripta di S. Leonardo, il cuore della nazione polacca, qui riposano re, regine, vescovi, poeti, ma soprattutto riposa re Giovanni III Sobieski. Wojtyla nel secondo viaggio in Polonia diceva ai polacchi riuniti a Varsavia: “come la Polonia salvò nel 1683 l’Europa dai turchi, così essa libererà un giorno l’Europa dal comunismo”.

 Per Giovanni Paolo II la caduta del comunismo e la liberazione delle nazioni dal gioco del totalitarismo marxista è stato come una grazia divina, voluta dalla Madonna di Fatima, che lei stessa aveva chiesto al Papa l’affidamento della Russia, compiuto il 25 marzo 1984. Secondo Socci siamo di fronte a due miracoli: il primo, senza alcun atto di violenza, da uomini inermi è stato spazzato via il più feroce impero armato fino ai denti. Il secondo: l’impero sovietico non ha scatenato una guerra che sarebbe stata certamente nucleare. Dunque, Giovanni Paolo II ci ha salvati dal comunismo ma anche da una ecatombe nucleare. Sarà un caso ma l’atto di affidamento alla Madonna di Fatima pare che abbia scongiurato una catastrofe planetaria, infatti il 13 maggio 1984, accade un incidente a Severomorsk, nel Mare del Nord, il potenziale sovietico atomico viene messo fuori uso. Sembra la firma della Madonna di Fatima così come avvenne il 13 maggio 1981, quando Maria salvò il Papa dalla pallottola del killer turco Ali Agca.

 Per Socci però la minaccia nucleare resta. Giovanni Paolo II continuò sempre ad avvertire della possibilità di una “autodistruzione incalcolabile” del mondo.

 Il secondo volume che ho letto traccia le qualità soprannaturali del beato, forse ancora tutte da scoprire. Per i funerali di Giovanni Paolo II, l’allora cardinale Ratzinger poteva dire: “Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice”, e pare così viste le numerose testimonianze di grazie attribuite alla sua intercessione.