Inseminazione in vitro con scambio di provette, a Padova. Per un errore. La madre, quando lo sa, rinuncia alla gravidanza. «Un fatto da brividi. Lo dico, ben s’intende, con tutto il rispetto per le persone coinvolte. Come si fa – si chiede Antonetta Dan – a volere un figlio a tutti i costi, procedendo con l’inseminazione in vitro, e poi interrompere la gravidanza perché il seme non è quello del marito?». La signora Antonietta è presidente provinciale del Movimento per la Vita di Padova e non si dà pace per quel bambino che poteva essere portato alla luce e, semmai, affidato in adozione. Un episodio che fa discutere tutta Padova. E non solo.

Una donna di 33 anni, impiegata, dopo ripetuti tentativi di rimanere incinta in una clinica privata, decide di sottoporsi ad inseminazione in vitro presso l’azienda ospedaliera del capoluogo patavino. Pienamente d’accordo, ovviamente, il marito, che dona il proprio seme. La decisione dopo che nel mese di luglio ha affrontato tutta una serie di verifiche e terapie sanitarie. In settembre, dunque, passa all’inseminazione. Ma l’operazione non dà il risultato sperato. In ottobre, pertanto, i medici consigliano alla donna di ripetere il tentativo per due giorni consecutivi. Ma ecco l’errore del personale dell’azienda ospedaliera di Padova, dove si svolge l’intervento. C’è lo scambio di provette tra quella col seme del marito della donna e quella col seme di un altro uomo. Nello stesso giorno, infatti, la clinica sta procedendo ad un’altra inseminazione.

Quando il personale si rende conto dell’incredibile errore, la donna viene subito avvertita. Immediata la decisione di rinunciare alla gravidanza, avvalendosi – su consiglio degli stessi medici – della pillola abortiva Norlevo. Per Matteo Mion, il legale che difende la coppia, si tratta di «un caso-limite» ma da parte sua è già pronta una richiesta danni all’ospedale che ha commesso il drammatico errore. «Se non si raggiungerà un accordo – anticipa l’avvocato – saremo costretti a intraprendere una causa civile».
Già ieri sono arrivate le scuse dell’azienda ospedaliera di Padova che in una nota esprime «forte rammarico per l’errore procedurale a causa del quale è stato utilizzato il seme di un donatore diverso dal marito». La direzione dell’ospedale conferma che la paziente è stata sottoposta presso Ostetricia e Ginecologia a procedura di inseminazione e che poi «la coppia è stata immediatamente e adeguatamente informata dai clinici sull’accaduto».

Dopo le opportune verifiche, l’Azienda tranquillizza: «Con certezza si può affermare che l’errore procedurale è circoscritto esclusivamente a questo caso».
La vicenda sta comunque sollevando profonde riflessioni. «Perché accanirsi ad avere un figlio, magari appunto con l’inseminazione artificiale e tutti i rischi che comporta? – si chiede la presidente di MpV Padova, Antonietta Dan – Ci sono tanti bambini abbandonati da poter adottare. Capisco la gravità dell’errore compiuto in ospedale, ma se così tanto si ama la vita, fino a desiderarla costi quel che costi, perché interrompere la gravidanza, anziché portarla a termine e poi mettere in adozione quel bambino?».


Francesco Dal Mas per Avvenire